Titolo:
Era un'idea
sbagliata
Personaggi:
Lily Potter, Remus Lupin, (Sirius Black)
Pairing:
Remus/Lily
Conteggio
parole:
2066
Rating:
Arancione
per il contenuto di espressioni forti e per riferimenti sessuali
impliciti.
Genere:
Romantico, triste, drammatico
***
Remus
fece un sospiro affranto e scolò gli ultimi sorsi di Whisky
Incendiario con un gesto seccato. Si accorse appena della sensazione
bruciante che il liquido aveva provocato nella propria gola. Si
passò
la lingua sul labbro inferiore e scosse fra sé il capo.
Sei
un fottuto idiota, si ripeté per la centesima
volta.
Allungò
una mano verso la bottiglia e riempì il bicchiere fino
all'orlo.
Strinse le dita attorno al vetro freddo, ma rimase immobile, con il
braccio a mezz'aria, incerto su cosa fare. D'un tratto, lo
sbatté
con forza, rovesciando un paio di gocce ambrate sul legno tarlato e
affondò il viso nelle braccia, distrutto.
Mio
Dio, sono un fottutissimo idiota.
Non
riusciva a credere che fosse realmente accaduto.
Non poteva
credere di averlo fatto davvero, alla fine.
Ciò che era
accaduto la sera prima gli balenava insistentemente davanti agli
occhi, ma non riusciva a rendersi completamente conto di cosa esso
significasse. E dire che era sempre stato additato come quello
coscienzioso.
Quello
responsabile.
Quello
rispettoso.
«La
regola più vecchia del mondo è che le regole non
vanno sempre
rispettate» gli ripeteva sempre James, quando ancora
frequentavano
Hogwarts.
Remus
fece una smorfia triste e sorseggiò un altro paio di sorsi.
Le
regole non vanno sempre rispettate, Moony.
Cento
punti in meno a Grifondoro.
«Che
cazzo stai facendo, Moony?» sbottò Sirius,
entrando dalla porta
traballante della cucina e gettando malamente il giubbotto di pelle
di drago sullo schienale di una sedia.
I
suoi occhi grigi scrutarono circospetti la testa dell'amico,
sprofondata nelle braccia, fino a notare la bottiglia di Whisky
Incendiario, ormai vuota, che riluceva tetra alla luce delle candele
di fronte a lui.
«Moony?»
chiese di nuovo, spazientito. «Non fare l'idiota. Lo so che
non stai
dormendo».
Sebbene
con estrema fatica, Remus sollevò il capo dal tavolo e
inarcò un
sopracciglio in direzione di Sirius.
«Avrei
potuto farlo».
«Quando
dormi, ti agiti: saresti già caduto dalla sedia ed io ora
starei
tentando di rialzare in piedi un imbecille completamente
sbronzo»
spiegò Sirius con voce sarcastica.
Si
sedette sulla sedia di fronte all'amico e si spinse indietro, in modo
da ondeggiare sulle sole gambe posteriori. Incrociò le
braccia
dietro alla testa e iniziò a fissare Remus con aria
inquisitoria.
«Che
festeggiamo?».
Remus
gli rivolse un'occhiata stanca e scosse la testa.
«Va'
al diavolo» sbottò.
Fece
per alzarsi, ma Sirius si rivelò più rapido e gli
strinse il polso
con durezza. Remus dovette osservare la sua mano per qualche istante,
prima che la sua mente indolenzita dall'alcol recepisse il gesto
dell'amico. Quando sollevò gli occhi sul suo volto,
notò che
l'espressione irriverente di Sirius si era fatta molto più
scura e
severa.
«Che
diavolo stai combinando, Moony?».
Remus
deglutì a forza e tentò di liberarsi dalla sua
presa.
«Sto
cercando di andarmene a letto, Padfoot» ribatté
pungente. «Con il
tuo permesso, s'intende».
«Ieri
ti ho visto a Godric's Hollow» sentenziò.
Remus
sobbalzò come se Sirius avesse brandito una frusta contro di
lui. Lo
fissò negli occhi, nervoso, e non fu in grado di sostenere a
lungo
la sua espressione accusatoria.
«Non
dire stupidaggini, Padfoot».
La
stretta di Sirius si fece più forte attorno al suo polso.
«Non
è che ci stai fottendo tutti, vero, Remus?».
Di
nuovo, Remus trasalì. L'ingiusta calunnia di Sirius parve
dargli
l'energia per liberarsi di lui; strattonò con durezza il
braccio e
fissò con astio malcelato l'amico. Un'improvvisa ondata di
indignazione si levò d'un tratto nel suo petto e
provò il folle
desiderio di prendere Sirius a pugni.
«Mi
auguro tu stia scherzando» ribatté gelido.
«Come diavolo puoi pensare
che... oh, vaffanculo, Sirius. Tu e le tue uscite
del cazzo».
Sirius
mosse le mani in un gesto di indifferenza e si rilassò
contro lo
schienale.
«Ok,
Moony. Se lo dici tu, è ok» concluse con
semplicità – troppa,
secondo Remus. «Se non ci stai fottendo tutti, allora,
cos'è che ci
stai nascondendo?».
«Non
vi sto nascondendo un bel niente».
Si
diresse a passi svelti verso la porta della cucina, sperando che
Sirius si decidesse a chiudere la bocca. Era sull'orlo di una crisi
di nervi e questo, per lui, significava solo una cosa: rischiava di
perdere il controllo. Se fosse accaduto, la parte irrazionale e
brutale di sé avrebbe avuto un glorioso anticipo di
plenilunio e lui
avrebbe perso per l'ennesima volta.
«Moony»
lo fermò la voce di Sirius sull'uscio.
«Che
vuoi, Padfoot?».
Sirius
strinse gli occhi, guardingo.
«Non
è Lily, quella che ti stai fottendo, vero?»
sibilò minaccioso.
La
mano di Remus si strinse involontariamente contro lo stipite.
Socchiuse le palpebre e fece un respiro profondo.
«No»
mentì in un sussurro imbarazzato, prima di svanire nel buio
dell'ingresso.
Sirius
rimase ad osservare il bicchiere vuote dell'amico, scuotendo con una
smorfia indispettita il capo.
Viva
gli sposi.
Strinse
le mani affusolate attorno al suo collo, avvicinandolo a sé
e
schiudendo le belle labbra piene con un fremito sommesso. La
sensazione delle sue dita che scivolavano audaci sulle sue cosce le
stava lasciando un vago retrogusto amaro. Le sue carezze erano
pesanti – eccome, se pesavano. Pesavano
tanto nel piacere
che le procuravano quanto nella paura che le incutevano.
Estasi
e terrore.
L'eterno
binomio degli amanti.
Adulteri.
Per
Lily, fare l'amore con Remus aveva il sapore di una droga. Era
totalmente assuefatta dai suoi baci e dai suoi gemiti rochi; se ne
saziava quasi con ferocia. Ed ogni volta, per quanto tentasse di
ricacciare indietro il reale pensiero di cosa
stavano facendo,
si sentiva soffocare da un atroce senso di disperazione.
Non
avrebbe mai pensato che il rimorso potesse provocare tanto dolore.
Era
capitato che lei soffocasse le proprie grida nella federa del
cuscino; che graffiasse le lenzuola con tanta foga da strapparle,
quasi. Remus la bloccava solo quando intuiva che era in procinto di
fare male a se stessa e si stendeva accanto a lei, accarezzandole con
dolcezza i lunghi capelli rossi.
Dove
aveva sbagliato?
Per
l'ennesima volta, il piacere la invase con la stessa crudele
intensità dei morsi della propria coscienza.
Remus
si portò alle labbra una sigaretta un po' sciupata e
aspirò con
estenuante lentezza. La nuvola di fumo si disperse sfuggente attorno
alle loro teste.
«Sirius
è venuto a trovarmi, oggi».
Lei
esitò un attimo e sollevò lo sguardo dal suo
petto.
«Cosa
voleva?».
«Voleva
sapere chi di loro sto tradendo» rispose con uno sbuffo
triste.
Lily
si alzò con uno scatto nervoso e lo fissò con gli
occhi sgranati
dall'orrore.
«Credi
che sappia qualcosa?» bisbigliò in un sussurro a
malapena udibile.
Remus
la guardò intensamente un paio di istanti, prima di annuire
desolato.
«Temo
di sì» replicò mestamente.
«Ha detto di avermi visto uscire da
Godric's Hollow, ieri».
«Non
significa proprio niente» ribatté lei sulla
difensiva, scuotendo
decisa il capo.
«Sappiamo
entrambi che non è vero, Lily».
Lei
socchiuse gli occhi e strinse le labbra, disperata.
«Buon
Dio...» mormorò. «Remus, dobbiamo
smetterla subito».
Lui
aspirò un'altra boccata di fumo e le rivolse un sorriso
tirato.
«Ho
perso il numero delle volte in cui abbiamo tentato di
smettere».
Lily
si passò una mano fra i bel capelli rossi, se li
portò sulla spalla
sinistra e iniziò a pettinarseli distrattamente con le dita.
Fissava
il volto di Remus, ma lui immaginava che la sua mente fosse orientata
in un posto ben più distante del suo letto.
«Perché
adesso?» domandò infine.
«Perché non qualche anno fa?
Sarebbe stato tutto più facile».
Remus
sorrise sprezzante.
«Tu
credi?».
«Ne
sono convinta».
Lui
scosse il capo.
«Qualche
anno fa ero meno debole. Non avrei mai tradito James».
Lily
sobbalzò a quel biasimo diretto.
«Finiremo
all'inferno».
Remus
ridacchiò sommessamente e lei gli rivolse un'occhiata dura.
«Non
esiste l'inferno, Lily» commentò con voce
stranamente aspra. «E
non esiste il paradiso. Non esiste Dio, non esiste redenzione e non
esiste giustizia che qualcuno non possa comprare».
Lo
splendore dello sguardo di Lily venne offuscato da un'ombra
tormentata, mentre lo scrutava con aria stranita.
«Quando
sei diventato così cinico?».
«Non
lo so» rispose lui con dura ironia, concedendosi un'ultima
boccata
amara. «Quando ho visto dove può arrivare la
perversione umana,
credo. O quando mi sono imbattuto in ciò che restava di
Benji
Fenwick. Oppure, magari, quando ho visto i piccoli corpi dei figli di
Edgar Bones stra--».
«Smettila!»
strillò con foga Lily, sporgendosi verso di lui.
I
suoi occhi brillavano ferocemente di lacrime.
«A
volte mi chiedo che fine abbia fatto il ragazzino timido e sensibile
che sei stato un tempo, Remus».
Lui
sorrise tristemente.
«A
volte, me lo chiedo anch'io».
Lily
si strinse nella leggera vestaglia di cotone bianco e aprì
circospetta la porta. Quando riconobbe il profilo pallido di Remus,
il braccio che stringeva con prontezza la bacchetta scivolò
inerme
lungo al fianco sinistro.
«Remus!»
esclamò lei, sconcertata. «Cosa ci fai qui?
James--».
«--sta
per tornare. Lo so» la interruppe con voce roca lui.
«Ma non posso
più aspettare».
«Remus...»
protestò in un soffio Lily, facendolo entrare in casa.
«Per l'amor
di Godric, non--».
«Non
può andare avanti».
Lily
sgranò gli occhi, impietrita. Rimase immobile davanti alla
porta,
mentre la leggera brezza estiva le scompigliava la lunga chioma
ramata e faceva ondeggiare la veste. Scosse la testa, incapace di
credere alle sue parole.
«Che
stai dicendo?».
«Tutto
questo ci sta uccidendo» le rispose con uno sguardo grave.
«Non
possiamo continuare».
Lei
chinò il capo per evitare il suo sguardo, mordendosi agitata
il
labbro. L'amara consapevolezza di quanto lui avesse ragione le
bruciava ferocemente nel petto. Si appoggiò ai bordi
levigati della
credenza nell'ingresso e fece un respiro profondo.
«Mi
sono innamorata di te, Remus».
Lui
sobbalzò, visibilmente agitato. Si voltò
rapidamente e si avvicinò
alla finestra. Scrutò un paio di istanti fra i vicoli bui di
Godric's Hollow, tremendamente pallido. Quando parlò di
nuovo, la
sua voce vibrava di emozione.
«Non
è vero, Lily» disse. «Non è
di me che sei innamorata».
«E
di cosa mi sarei innamorata?» domandò piano lei,
muovendo qualche
passo verso di lui e posandogli una mano sul braccio.
«Remus?».
«Ti
sei innamorata di un'idea, Lily» spiegò
impaziente. «Ci siamo
innamorati della stessa idea sbagliata».
Lei
fece un sospiro rassegnato e posò la testa sulla sua spalla.
«Lo
so».
«Che
cosa faremo, ora?» domandò Lily dopo qualche
istante di tetro
silenzio. «Cosa dobbiamo fare?».
«Me
ne andrò» replicò lentamente Remus.
«Non appena questa maledetta
guerra sarà finita».
Lily
si allontanò di scatto da lui e lo guardò con
espressione
sconvolta.
«Cosa?»
chiese in un sussurro spaventato.
Remus
annuì, provato.
«Non
puoi andartene» riprese Lily, con voce rotta.
Lui
le sorrise con tristezza e le sfiorò una guancia,
scrutandola
dolorosamente e passandole un braccio intorno alla vita sottile.
«Non
posso rimanere» le soffiò in un orecchio,
stringendola
delicatamente e affondando il viso nei suoi capelli. «Non
potrei
sopportare di vederti accanto a James per tutta la vita».
«Non
voglio che te ne vada».
«Rimanere
sarebbe una condanna. Vederti ogni giorno mi ricorderebbe in
continuazione ciò che ho perduto».
Lei
voltò il capo e gli baciò appena le labbra.
«Portami
con te».
«Sei
la signora Potter, Lily» affermò tristemente
Remus. «Sei la madre
del figlio di James».
Lei
singhiozzò e lo baciò con febbrile desiderio.
«Buon
Dio, io ti amo...» mormorò.
«Mi
dispiace».
Lily
scosse il capo e sorrise senza gioia.
«Non
è colpa tua» mormorò. «Sono
io ad aver fatto la scelta
sbagliata».
Seduto
al rozzo tavolo della propria cucina, Remus fissava un punto
indistinto fra i fornelli di fronte a lui. I suoi occhi sembravano
spenti, distanti; la mano che portava alle labbra l'ennesima
sigaretta sgualcita tremava appena.
Due
candide dita affusolate si avvicinarono improvvisamente al suo viso e
gli sfilarono il filtro dalla bocca.
«Non
dovresti fumare, Remus» soffiò la voce di Lily al
suo orecchio.
Lui
fece una smorfia addolorata e strinse con forza la bottiglia di
Whisky Incendiario ormai vuota.
«Non
dovrei?».
«Finirà
per ucciderti».
Remus
rise senza allegria.
«È
la vita che mi ucciderà, Lily. Uccide tutti, prima o
poi».
Lily
si sedette nella sedia accanto e gli sfiorò il braccio con
aria
premurosa, con un angelico sorriso a illuminarle gli occhi verdi.
«Nessuno
di noi morirà».
«Buon
Dio, Lily» le parlò con fiacchezza Remus,
scrutandola in tralice
attraverso una ciocca di capelli biondi. «Tu sei
morta».
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