My
Never
Will
you think of me, In time? It's never my luck, So
nevermind. I wanna say your name, But the pain
starts Again, It's never my luck, So nevermind.
(Blue
October – My Never)
a
Michael/Nikita story from “La Femme Nikita”.
Missione suicida.
L'avevano spedita ad una missione suicida.
Aveva fatto degli
errori durante l'ultima missione però non pensavo che
Madelaine e Operation prendessero una decisione così drastica.
Poi l'ho vista. Lì
davanti a me con quei capelli biondi e quel sorriso ignara di tutto.
Mi chiese se andava
tutto bene, come poteva andare tutto bene?
Si e no due ore prima
eravamo nel suo appartamento, abbracciati, cercando di capire cos'era
questo sentimento così forte che ci univa e adesso dovevo
starmene fermo, immobile e fare finta di nulla, mentre l'unica
persona che contava qualcosa per me veniva spedita in missione senza
possibilità di ritorno.
Mi limitai a dirle che
andava tutto bene.
Non potevo rischiare di
rivelarle cosa stava succedendo, qualcuno ci stava sicuramente
osservando.
Ero sicuro di aver
visto Madeleine, infatti quando mi girai era proprio dietro di me. Le
feci un cenno con la testa e montai sul furgone.
Non c'è mai privacy nella Sezione.
Insieme a noi nel van
c'erano anche Walter e Birkoff, come gli altri non erano a conoscenza
del secondario scopo della missione.
Prima di far scendere
la squadra operativa sul posto previsto fermai Nikita.
- Cosa c'è
Michael?-
Non risposi ma le feci
scivolare in mano un PDA.
- Tienilo con te. Con
questo comunicheremo da qualsiasi parte ti trovi. Ora vai -.
La vidi perplessa ma si
allontanò comunque.
La guardai andare via e
dentro di me pregai, “fa che non le succeda niente”.
Rientrai nel van come
se nulla fosse successo e feci cenno a Birkoff di iniziare la
comunicazione con la squadra.
La missione consisteva
nel far detonare il rifugio della Freedom League con del C4 fornito
da Walter.
La prima parte andò
bene, non ci furono complicazioni e le bombe vennero innescate
tranquillamente.
Quello che non avevamo
spiegato, ne a loro ne a Walter e Birkoff, era che il tempo fra
l'innesco e la detonazione era insufficiente per far si che la
squadra riuscisse a scappare.
In parole povere,
dovevano saltare in aria con l'intero edificio.
Walter se ne rese conto
quasi subito visto che dallo schermo del portatile riusciva a
controllare il tempo rimanente delle cariche esplosive.
- Michael c'è
poco tempo, dobbiamo tirarli fuori di lì! -
Guardai Walter e scossi
la testa.
- Michael c'è
Nikita là dentro!! -
Sostenni il suo sguardo
e con aria fredda, fingendo che la cosa non fosse importante dissi:
- Lascia perdere.-
A quel punto si mosse
anche Birkoff che afferrò il computer, non avevo altra scelta.
Puntai la pistola
contro lui e Walter, smisero di opporre resistenza ma leggevo nei
loro occhi l'odio e il disprezzo che provavano verso la Sezione e,
perché no, anche verso di me.
“Missione
suicida. Scappa, sei libera.” corto e diretto. Schiacciai
invio e sperai che le arrivasse.
Mi dispiaceva
lasciarla, non vederla. Solo la sua presenza alla Sezione mi faceva
stare meglio.
Non lo davo mai a
vedere, ma tenevo a lei moltissimo.
Quella era l'unica
soluzione, lei desiderava la libertà fin dal principio. Lo
ripeteva sempre.
Adesso, finalmente, si
era avverato il suo sogno.
Lei era libera, io
restavo prigioniero.
Passò un mese,
poi due, poi tre... alla fine non avevo notizie di Nikita da ben sei
mesi.
L'ultima volta che l'ho
vista era nel van insieme agli altri operativi destinati alla
cancellazione.
Ero nervoso e in ansia.
Possibile che sia
rimasta uccisa? Possibile che non abbia lottato?
Riuscivo sempre a
controllare le mie emozioni durante le missioni, ma all'interno della
sezione era diverso. Tutto mi ricordava lei.
C'erano giorni in cui
fissavo per ore lo schermo del computer in attesa di un suo
messaggio.
Le scrivevo sempre le
solite tre parole da sei mesi: “Nikita ci sei?” ma
non ricevevo mai una risposta.
Non mi preoccupavo
nemmeno più di cosa potevano pensare gli altri. Nemmeno di
cosa pensavano Madeleine e Operation. Era colpa loro in fin dei conti
se io stavo così.
Ero arrabbiato. Con
loro, con Nikita che non si faceva sentire ma soprattutto con me
stesso.
Non dovevo affezionarmi
così a lei, non dopo l'esperienza con Simone.
Eppure fin dall'inizio
sentivo qualcosa.
Quando la vidi per la
prima volta, quella ragazza innocente rinchiusa in una cella.
Prima la cella della
prigione, poi quella della Sezione.
Quando vidi
l'espressione dei suoi occhi alla vista del posto dove c'era la sua
finta bara.
La rabbia quando le
dissi che, se non si atteneva agli ordini, sarebbe stata sepolta lì
davvero.
Mi accorsi di essermene
affezionato quando Operation mi disse di eliminarla perché
secondo lui non era adatta. Mi impuntai e lo feci desistere.
Arrivò subito un
avvertimento da parte sua, “lascia le emozioni fuori dal
gioco Michael”.
Freddo e calcolatore
com'ero risposi subito di si, che non ci sarebbero stati problemi.
Intanto, la mia
Nikita faceva progressi.
- Michael sei pronto? -
L'istruttore di karate
mi fece smettere di pensare. Risposi con un secco “si”
e mi difesi da calci e pugni del mio avversario.
Senza pensare, o forse
pensavo di sfogare la mia rabbia, li sferrai un calcio a tamburo sul
ginocchio.
Cascò a terra.
L'istruttore si chinò
per controllare e mi guardò scuotendo il capo.
- E' rotto. -
Come se nulla fosse,
risposi con un “mi dispiace” e uscii dalla stanza.
Mi rifugiai nel mio
ufficio e per l'ennesima volta scrissi il solito messaggio: “Nikita
ci sei?” e, come sempre non ottenni risposta.
END.
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