Volterra&Nomadi
Nick autore: Malika
Titolo: Io c’ero
Personaggi: Makenna,
Altro personaggio
Pairing: //
Genere: Triste,
Malinconico, Poesia
Raiting: Giallo
Avvertimenti: Flash-Fic
Lettera: L-Terra
Intro: Com’è, per un
immortale, veder continuare la vita delle persone che ama? Questo breve
scorcio, lo racconta.
E c’ero, quando poi sono scomparsa, quando hai pianto lacrime per me.
Non avrei voluto farti stare così male, avrei preferito saperti felice.
NdA: Ho deciso di
utilizzare questo personaggio perché è uno di quelli di cui, in assoluto, si sa
di meno. Mi sono sembrati adatti per questa storia un po’ diversa. P.S.: la
poesia in fondo è mia, scritta appositamente per questo contest.
Testo della storia:
Osservo la tua lapide, gli occhi lucidi di lacrime che non
verserò mai.
Neppure adesso, nel giorno del tuo ultimo saluto a questo
cielo grigio, che sembra quasi piangere la tua scomparsa, io posso essere lì
con te, per vedere il tuo viso un’ultima volta.
Quanto mi manchi…
Sai, io c’ero, tu non mi hai visto mai, ma io c’ero.
C’ero al tuo diciottesimo compleanno, c’ero, quando hai
conosciuto lui, che è riuscito a conquistare il tuo cuore, c’ero, quando ti sei
sposata.
Quel giorno, eri bellissima. Ma, per me, lo sei sempre
stata, anche quando, da bambina, ti sporcavi la faccia di fango e poi, se ti
sgridavo, facevi un visetto innocente e ti buttavi nel fiume con tutti i
vestiti.
Quante risate! Sembra ieri che sei cresciuta, che mi hai
detto: «Io non gioco più con il fango! E neanche con le bambole! Sono una
bambina grande, io!». Mi sono commossa così tanto, quel giorno, mi hai
ricordato me stessa, quando avevo la tua età.
E c’ero, quando poi sono scomparsa, quando hai pianto
lacrime per me. Non avrei voluto farti stare così male, avrei preferito saperti
felice, cosa che poi è successa: pian piano hai riacquistato quel tuo bel
sorriso, uguale a quello che mi hai sempre rivolto, quando eravamo bambine e tu
avevi quello tipico dei bambini, quasi completamente sdentato. E’ lo stesso
sorriso che ho visto molte volte, forse cresciuto, più maturo e consapevole del
mondo, ma sempre quello.
«Cenere alla cenere, polvere alla polvere.».
Le parole del sacerdote mi feriscono, nonostante sia
enormemente felice che tu abbia raggiunto il Paradiso, perché, ne sono certa,
sei lassù,mentre io neppure nella morte potrò starti accanto: sono condannata a
un’esistenza immortale su questa terra.
Ma sono felice anche perché so che finalmente hai raggiunto
i nostri genitori, tuo marito e tua figlia, morta prematuramente.
Ero in viaggio, quando successo; sono arrivata qualche
giorno dopo, mentre tu piangevi china sulla bara e tuo marito, di fianco a te,
tentava di consolarti, anche se le lacrime gli offuscavano la vista, mentre il
tuo bambino fissava il vuoto con occhi pieni di tristezza. Ero con te il giorno
in cui hanno trovato il suo assassino e quando, dopo lunghi anni, hai avuto la
soddisfazione di vederlo in prigione per averti ucciso la tua primogenita, una
dolcissima bambina che portava il mio nome, cosa di cui ti sarò eternamente
grata.
Ricordo che, durante la gravidanza, non facevi altro che
mangiare schifezze, visto che avevi voglia delle cose più assurde; il tuo
povero Peter non sapeva che pesci pigliare! Sai, era la stessa cosa che faceva
nostra madre, quando era incinta di te: andava in giro per casa con una
tavoletta di cioccolata o un tubetto di maionese (lei! Che non la sopportava!)
e ne mangiava parecchio! Una volta a chiesto al nostro povero padre le fragole
e un gelato alle more ed era dicembre! Papà, dopo qualche ora, è tornato, ma
lei non lo voleva più. Tu hai fatto esattamente la stessa cosa.
E quando hai partorito e ti hanno adagiato la bimba sul
petto, hai sorriso con così tanto amore che ne sono stata sopraffatta! Eravate
uno splendido quadro, tu, tuo marito e la vostra bambina tra le tue braccia. Vi
ho fatto una foto, la porto sempre con me.
Un po’ ti invidio, però… io non proverò mai le gioie della
maternità, anche se con Charles, mi sembra di avere a che fare con un bambino
capriccioso troppo cresciuto.
Hai avuto la stessa reazione quando è nato il piccolo John,
era così piccolo. Quanto ti ha fatto arrabbiare, da piccolo, quando pestava i
piedi e frignava. E da adolescente, quando tu gli dicevi di studiare ma lui
scappava di casa per andare alle feste con gli amici. Ricordo che c’è stato un
periodo in cui tu e Peter non sapevate che cosa fare con lui: era maleducato e
insofferente a tutto.
E adesso eccolo lì, avvocato di un’azienda, sposato da un
po’ e padre da qualche mese, mentre getta il primo pugno di terra sulla tua
bara.
E’ l’unico legame con te che mi è rimasto, se ne sono andati
tutti. Non permetterò che gli succeda qualcosa, non preoccuparti! Lo
proteggerò, insieme a sua moglie e ai loro futuri figli.
La fossa è quasi piena, non riesco a trattenermi oltre e comincio
a singhiozzare.
Sento Charles abbracciarmi e mi appoggio a lui, premendo la
fronte sul suo petto per togliermi da davanti agli occhi l’immagine della tua
lapide.
Un dolore mi dilania il petto, mentre penso che, se mai
morirò, non ti raggiungerò sotto terra, ma mi disperderò nell’aria.
«Andiamo.» mi dice Charles e io mi lascio trasportare via.
Tornerò, piccola Jenna. Tornerò, cara sorellina.
E chissà, forse un giorno ci rivedremo.
Occhi lucidi di
lacrime sparse,
E un sorriso pieno di
tristezza.
Ricordo le tue guance
arse
Dalla tua grande
contentezza
Di viver felice una
vita pura
Come la fresca
rugiada d’estate.
Ora ti ricopre terra
scura
E molte rose non
curate
La tua lapide come
foglie
D’edera la parete
ricoprono.
Di vedert’un giorno
le voglie
Da me desiderate
sono.
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