De Rerum Natura
Racconto revisionato e recensito da mattamaty
A Lyra e a Chica,
due fantastiche ragazze che ho conosciuto a Narnia
- * ✿ De Rerum Natura ✿* -
Lucy Pevensie non era più una bambina.
Questo era un dato di fatto,
avendo da poco compiuto i suoi sedici anni. Peccato che nessuno della
sua famiglia se ne fosse accorto, o meglio, non avesse voluto
accorgersene.
Era sempre e solo Susan la bella
di casa e per quanto la sorella minore si fosse impegnata, nelle studio e nelle gare
sportive, sentiva ancora di essere solo la “piccola Lucy”.
I suoi genitori la trattavano con
affetto, i suoi fratelli erano sempre molto protettivi nei suoi
confronti e la stessa Susan le dedicava molto tempo, sistemandola nell'aspetto e
pettinandole i capelli, acconciandoli nella maniera più alla
moda: ma Lucy era insoddisfatta, almeno quanto lo era stato Edmund, i
primi tempi dopo l’ultimo ritorno dalla terra di Narnia.
L’aver toccato con mano la
condizione di Re e Regine di un regno favoloso, per poi tornare ad
essere comuni ragazzi nel mondo reale, era stato frustrante.
I due maggiori tra i Pevensie
avevano accettato il loro vecchio ruolo con maggior condiscendenza, al
contrario dei più piccoli, forse perché si erano imposti
di reagire con più maturità al divieto, espresso da
Aslan, di tornare a Narnia altre volte.
Tutto sommato, anche Edmund era
rientrato presto nei canoni, sebbene non avesse certo dimenticato le
incredibili avventure vissute in quella terra fantastica. Ciononostante,
adesso avvertiva meno la competizione con Peter.
L’unico problema rimaneva
Lucy: ogni volta che si guardava allo specchio, le tornavano alla mente
le sagge parole del Leone e una buona dose di conforto le arrivava al
cuore, per quanto questo sollievo venisse puntualmente annullato da
qualsiasi commento sull’indiscutibile bellezza della sorella.
«Dovremmo andare a prendere quel
vestito azzurro che ho visto in una vetrina sul corso.» proruppe una
sera la signora Pevensie, durante la cena. «Ti starebbe benissimo
Susan! E poi, ti serve un vestito nuovo, il generale Mc Coy darà
una festa presso l’ambasciata americana, alla quale ci ha
invitato. Dovrai presentarti nella tua veste migliore, dato che ci
sarà anche Richard Lane.»
Richard Lane era un giovane
ufficiale della marina statunitense, ultimo rampollo di
un’illustre famiglia, nonché quasi fidanzato ufficiale di
Susan Pevensie. Si erano conosciuti in America, durante la trasferta
del padre di Susan nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
La ragazza atteggiò le labbra rosee ad un sorriso sognante: quel ragazzo doveva piacerle molto.
«Edmund, tu avrai
l’occasione ripresentarti al nostro generale, affinchè
possa prendere in considerazione la tua proposta di arruolamento.»
ricordò il signor Pevensie.
Un lampo passò per gli occhi del ragazzo: stava arrivando il suo momento.
«Sul serio?»
«Certamente, figliolo.»
«Bravo Ed! Così finalmente arriverai al traguardo che ti sei imposto!» si congratulò Peter.
«Anche la nostra piccola Lucy
potrà venire. E’ giusto che anche lei conosca la vita di
società.» annunciò il padre dei fratelli Pevensie.
«Ma caro, sicuro che abbia l’età giusta?» fece dubbiosa la madre.
«Per par condicio, dobbiamo dare
quest’opportunità anche a Lucy. Susan aveva sedici anni,
quando la portammo alla prima festa mondana.» replicò
l’uomo irremovibile, annunedo.
Sua moglie decise di non
ribattere, d’altra parte cominciava a rendersene conto: sua
figlia non era più una bambina.
Dopo cena, le due sorelle aiutarono la loro mamma a sparecchiare la tavola.
La signora Pevensie e Susan
chiacchieravano gaiamente della festa, dei vestiti e di Richard, mentre
Lucy se ne stava in silenzio, pensando a quando frequentava le vere
feste, nel castello di Cair Paravel.
Musiche, danze e colori: i fauni suonavano, le ninfe ballavano leggere tra ori, arazzi e persone felici.
Ah, quanta nostalgia dei bei
tempi! Che cosa le era rimasto di quel periodo? Nulla, solo tanti bei
ricordi da conservare nel suo cuore.
Una risata più acuta di Susan riportò Lucy alla realtà.
«Mamma, tu credi davvero che Richard potrebbe…»
«Saranno presenti anche i suoi
genitori e il discorso, che ha fatto a tuo padre l’altra volta,
lascerebbe supporre che volesse annunciare pubblicamente il vostro
fidanzamento. Quale migliore occasione della festa del generale?»
Dunque era vero. Susan lo aveva fatto.
Aveva dimenticato Narnia, aveva dimenticato Caspian.
Il cuoricino di Lucy si
velò di tristezza. Durante la sua ultima visita a Narnia non era
riuscita a dimostrare al Re di essere cresciuta, nonché di
essere bella almeno quanto la sorella.
Sebbene fossero passati due anni, ricordava ancora tutto alla perfezione: Caspian viveva nel ricordo di
Susan e per un bel po’ non era riuscito a trovarsi una degna
regina, anche se la figlia di Ramandu, incontrata alla fine del viaggio
del Veliero dell’Alba, aveva suscitato in lui un discreto
interesse.
Lucy si era sentita inadeguata,
perché troppo piccola e insignificante. Non era riuscita a
competere con sua sorella, che era pur sempre una comune mortale,
figuriamoci con una stella!
«Lu?» la chiamò Susan.
«Uh? Eh?»
«Andiamo? E’ ora di mettersi
sotto le coperte, domani ci aspetta una giornata intensa per le vie di
Londra!» esclamò la ragazza, allegra.
Lucy ubbidì e seguì la sorella su per le scale.
«Ma a te piace sul serio quel Richard?» chiese Lucy, mentre Susan le stava pettinando i capelli.
Quest’ultima si fermò.
«Certo, è un ragazzo in
gamba e con una posizione. Inoltre, credo che tenga veramente a me.
Perché mi fai questa domanda?»
«E non ti importa niente di Caspian?»
Susan Pevensie sussultò.
Pensava di aver dimenticato quel nome, ed ora la sorella lo aveva
riportato alla sua memoria. Ormai amava un altro ragazzo ed era sicura
che anche Caspian avesse trovato una compagna adatta a lui. Non era
stata proprio Lucy a nominare una certa Liliandil, la quale aveva fatto
breccia nel cuore del Re?
«Lucy…» iniziò
lentamente la ragazza, mettendole le mani sule spalle e avvicinandosi a
lei «Narnia è stata una bella avventura, ma noi abbiamo la
nostra vita e dobbiamo viverla. Il ricordo di quello che è stato
rimarrà per sempre nei nostri cuori, ma la realtà attuale
è un’altra storia. Considera la natura delle cose, Lucy.
Noi siamo qui, in Inghilterra, nel nostro mondo, nel mondo che al quale
apparteniamo.»
«No!» gridò Lucy, scattando in piedi «Noi siamo le Regine di Narnia, quello è il nostro mondo!»
«Lucy…» ripetè Susan, ma la sorella non volle ascoltarla, scappando via, in lacrime.
La ragazza non tentò di
fermarla: sapeva che forse sarebbe stato meglio che la piccola sfogasse
tutto il dolore che covava dentro.
Lucy correva per i corridoio, con
la vista annebbiata. Come avevano potuto i suoi fratelli dimenticare
Narnia? Dimenticare Aslan?
Se solo le fosse stata concessa la possibilità di parlare con il Leone un’ultima volta…
Un tonfo. Lucy aveva urtato contro
un gradino ed ora si ritrovava a ruzzolare per le scale. Altro dolore
fisico che si sommava a quello interiore.
Atterrò di schiena, avvertendo una fitta lancinante che andava prendendo possesso di ogni estremità del suo corpo.
Le mancava il respiro, avrebbe voluto urlare ma la voce le morì in gola. Dolore, solo dolore e poi più nulla.
Un profumo dolciastro, come d' incenso, la svegliò.
“Sono morta ed ora sono in chiesa, al mio funerale” pensò la giovane Pevensie, riprendendo i sensi.
Ma in realtà non si trovava in nessuna chiesa.
Aprì gli occhi e
scoprì di essere sdraiata su un enorme letto a baldacchino, in
una stanza enorme avvolta dalla penombra.
Si sollevò, mettendosi
seduta, e si rese conto di essere riccamente abbigliata: un lungo
vestito bianco e celeste, dal soffice e leggero tessuto cangiante,
legato in vita da una cintura di broccato.
Si portò una mano ai
capelli e scoprì che questi erano acconciati con dei morbidi
boccoli, tenuti fermi da alcuni piccoli fermagli. Sulla testa aveva la
sottile corona d’oro bianco che ornava il capo quando era stata
Regina…
Lucy sobbalzò: si trovava a Narnia.
Scese dal letto e si infilò
le eleganti scarpe che erano state deposte lì vicino, quindi si
diresse con sicurezza verso la porta e l’aprì con
decisione, ritrovandosi in uno degli ampi corridoi del castello.
Una musica soave proveniva dal
salone principale; la ragazza richiamata da quel dolce suono si
lasciò trasportare verso la sorgente.
Dopo aver percorso due rampe di
scale elicoidali, Lucy giunse presso un’immensa porta bianca,
alta almeno quattro metri, completamente intarsiata di stucchi dorati.
A vederla sembrava piuttosto
pesante e la ragazza si avvicinò lentamente. Poggiò una
mano su uno dei due battenti e con sua enorme sorpresa, entrambi si
aprirono non producendo il benché minimo rumore.
Le si presentò davanti agli
occhi una visuale straordinaria: fauni, ninfe, nani e animaletti
parlanti che danzavano festosi, lanciando in aria margherite e petali
di rosa.
Era in corso una festa, una di
quelle meravigliose feste che si facevano a Narnia, alle quali Lucy
aveva partecipato innumerevoli volte.
Non appena si accorsero della presenza della Regina, tutti s fermarono e si formarono due ali di folla.
«La Regina Lucy, la Valorosa!» annunciò un fauno a gran voce.
Immediatamente, i sudditi si inchinarono al cospetto della loro sovrana.
Il cuore di Lucy era pieno di gioia: era tornata a casa!
Una figura alta le venne incontro: era un ragazzo sulla ventina, dai bei lineamenti, fiero ed elegante.
«Caspian!» esclamò la ragazza.
«Ben arrivata, Regina Lucy, ti stavamo aspettando.» disse il re, prendendole un mano e conducendola in mezzo alla sala.
«Mi stavate aspettando?» domandò Lucy, sorpresa «Ma io non sarei mai dovuta tornare qui!»
«Non tormentare la tua mente con
questi quesiti. Ti aspettavamo perchè una festa in tuo onore.» le
rispose cortesemente Caspian. Era esattamente come lo ricordava, di una
rara beltà, degna di un autentico Re di Narnia.
«E i miei fratelli? Non aspettiamo anche loro?»
«La festa è solo per te.»
continuò il ragazzo, fermandosi al centro del salone; fece un
cenno ai fauni e la musica riattaccò. «Mi faresti l’onore di concedermi questo ballo?»
Lucy guardò Caspian, sciogliendosi in un dolce sorriso.
«Con molto piacere.» disse infine con un filo di voce.
Il Re le fece scorrere un braccio
intorno alla vita e con l’altro la guidava nei passi. Man mano
che passava il tempo, la Regina cominciava a ricordare come si
danzasse ad una festa di Narnia, cosicché cominciò a
prendere il ritmo.
Che incredibile sensazione,
ballare con il suo Re! Lucy temeva che da un momento all’altro
svanisse tutto, ma per fortuna, almeno per quel lasso di tempo, la
magia sembrava destinata a continuare.
«Sei molto bella, quasi stentavo a
riconoscerti... devi essere cresciuta dall’ultima volta che ci
siamo visti. Quanto tempo è passato nel tuo mondo?»
«Due anni.» rispose sicura.
«Qui solo due mesi.»
Il tempo a Narnia trascorreva in
maniera differente. In teoria, doveva essere Lucy la più grande,
ma facendo un paio di conti pratici, in realtà era Caspian ad
avere in più quattro dei nostri anni.
Continuando con questo ragionamento, la differenza tra i due era diventata accettabile.
«Come stanno Re Peter e Re Edmund?» chiese Caspian, continuando a danzare.
«Bene, stanno realizzando entrambi quello che si aspettavano per il futuro.»
«Mi fa piacere. E la Regina Susan?»
Lucy ebbe un attimo di esitazione: che cosa avrebbe dovuto dire?
«Ecco, Susan…»
«Ha trovato un ragazzo che sia degno di starle accanto?» chiese serenamente il Re.
«A dire il vero sì… è imminente un loro fidanzamento ufficiale.» rispose con riluttanza Lucy.
Caspian sorrise.
«Non temere. Quello che provavo
per tua sorella è solo un caro ricordo, che serbo nel mio cuore.
La nostra storia è finita ancor prima di cominciare, ma sono
convinto che fosse così che dovesse andare. Sono lieto che abbia
trovato qualcuno che possa farla felice.»
La giovane rimase colpita dallo
spirito di serena rassegnazione con la quale Caspian aveva accettato la
situazione. Ma questo poteva dare anche a lei una piccola
speranza…
«Senza contare, che anch’io ho aperto il mio cuore ad un’altra ragazza.» proseguì il re.
«Liliandil?» azzardò Lucy.
«Liliandil mi è stata data
dal destino, ed io l’ho accettata perché so che è
giusto così, che sarà la scelta giusta per mantenere
l’ordine delle cose. Ma il mio cuore è appartenuto prima
ad una graziosa e dolce creatura. L’ho vista crescere e ho
imparato a volerle bene nel corso del tempo, finchè me ne sono
innamorato, senza nemmeno che me ne accorgessi. E’ una ragazza che
ama Narnia con tutta sé stessa… e quella ragazza
sei tu, Lucy la Valorosa.»
Lucy sentì il cuore smettere di battere, non poteva crederci: Caspian le aveva appena detto di amarla.
Incapace di emettere una sola sillaba, la Regina si limitò a fissare il ragazzo nei suoi grandi occhi scuri.
«Ma la sorte è a noi
avversa, mia cara Lucy. Però io ti dico di non smettere di
sperare, a volte non tutto è perduto.»
La ragazza non si era resa conto
di non trovarsi più all’interno del castello, bensì
su una delle tante terrazze fiorite, arricchita da incredibili fontane
sgorganti acqua.
«Caspian, io…«
«Noi non potremmo mai stare insieme, almeno non con questa combinazione di eventi.»
Lucy sentì le lacrime pizzicarle gli occhi: aveva appena trovato il suo grande amore e doveva già separarsene.
«Lucy, promettimi che manterrai viva la speranza.»
«La speranza?»
«Sì, Lucy. Non
perdere la fiducia nel futuro e vedrai che tutto sarà meglio di
come l’hai immaginato.»
Come era delicato nel parlare Caspian, il ragazzo che aveva sempre sognato da quando aveva capito cosa fosse l’amore.
Peccato che stesse per perderlo.
Le lacrime cominciarono a scendere copiose dagli occhi, senza che
potesse fare nulla per fermarle.
«No, Lucy, non piangere, non
voglio ricordarti così. Desidero imprimere, nella mia mente e
nel mio animo, l’immagine della solare e piccola Lucy«
La Regina si sforzò, riuscendo a regalare a Caspian un sorriso bellissimo.
Il Re sorrise a sua volta: « Brava, così ti voglio.»
Si chinò per regalarle il primo e ultimo bacio, ma Lucy si ritrasse.
«Cosa c’è?»chiese Caspian con premura« Sono forse stato troppo avventato?»
«No, è che… non ho mai baciato un ragazzo e ho paura di sbagliare.» ammise, facendosi rossa.
L’espressione di Caspian
assunse i toni di una grande tenerezza unita ad una triste dolcezza:
quella ragazzina era stata la cosa più bella che potesse
capitargli. Solo, rimpiangeva dei essersi accorto di quanto fosse
importante per lui così in ritardo.
«Non preoccuparti e fidati di me.»
Lucy decise di abbandonarsi e di
chiudere gli occhi. Caspian la baciò delicatamente, come se
temesse che potesse andare in mille pezzi, se avesse osato di
più.
Un bacio salato, che sapeva di lacrime; un bacio dolce, che sapeva di speranza; un bacio amaro, che sapeva di addio.
In quella notte stellata si
sollevò una leggera brezza estiva. Quando Lucy aprì gli
occhi, Caspian non c’era più: se ne era andato per sempre.
«Non essere triste, mia piccola Lucy.» disse una voce conosciuta alle sue spalle.
«A«Aslan!»
esclamò la ragazza, correndo incontro al Leone e sprofondando
nella sua folta e soffice criniera dorata.
Pian piano, la terrazza
cominciò a sparire e il Leone e la fanciulla si ritrovarono in
uno spazio avvolto dall’aurora boreale.
Lucy singhiozzava.
«Non piangere per ciò che
non è stato! Guarda la vera natura delle cose: tu hai conosciuto
Narnia e grazie a lei potrai muoverti bene ance nel tuo mondo.»
«Ma come farò senza di te… senza Caspian…«
«Abbi fede. A volte le cose
cambiano solo nome, ma la loro entità rimane la stessa.» la
consolò il grande Aslan: il suo manto rifulgeva di luce beata e
questo trasmise alla ragazza una grande tranquillità.
«Re Caspian, i Narniani, ed anch’io rimarremo al tuo fianco.»
Lucy riemerse dalla criniera guardando il Leone nei suoi grandi occhi.
«Perchè mi hai riportato a Narnia? Avevi detto che non vi sarei più tornata!»
«Mia cara, in effetti non
sei tu che sei tornata a Narnia, direi piuttosto che è Narnia ad
essere venuta a te!»
La ragazza cominciò a respirare più regolarmente.
«Piccola Lucy, conserva il
ricordo di Narnia nel tuo cuore e cerca i suoi tesori nel tuo
mondo.»disse Aslan, con tono solenne.
Lucy si asciugò le lacrime e si tirò su.
«Non ci rivedremo più, Aslan?»
«Non nel modo in cui tu ti aspetti.» sentenziò il Leone.
La fanciulla annuì: il mistero di Narnia sarebbe perdurato ancora.
«Ti auguro ogni bene, bambina mia e ricorda di non smettere mai di sperare.»
Detto questo, Aslan la baciò sulla fronte.
Lucy si sentì pervadere da
un grande calore rassicurante e cadde in una sorta di torpore che la
cullò, trascinandola nell’oblio.
«Si è mossa!»esclamò Peter Pevensie, concitatamente.
«Lu, ti prego, dì qualcosa!» la implorò Susan, tra i singhiozzi.
Edmund rimproverò sua madre:«Perché hai passato tutta quella cera, mamma?»
«Non prendertela con lei, Ed! Come avrebbe potuto immaginare?»rispose Peter a tono.
«Ragazzi, basta! Questo non aiuterà vostra sorella!»tuonò il signor Pevensie.
«Piccola mia…» mormorò la signora, straziata.
Lucy aprì lentamente gli occhi e si trovò cinque visi spauriti che la scrutavano dall’alto.
«Guardate, si sta riprendendo!» notò Susan, sollevata.
«Che è successo?» chiese Lucy, abbastanza intronata.
«Hai fatto un bel volo dalle
scale e sei stata fortunata a non romperti l’osso del
collo.»disse schiettamente Edmund.
«Ed! Cerca di avere più
tatto!» lo rimproverò Peter, non smettendo comunque di tenere
una mano della sorella minore.
«Io sto bene… ho solo la testa che mi gira un po’.»
«E’ naturale, tesoro. Su,
vieni qui che il papà ti dà un’occhiata.»
affermò il signor Pevensie mentre afferrava lo stetoscopio.
«Si può sapere
perché avevi tutta quella fretta?» domandò Edmund,
preoccupato «Avresti potuto farti del male sul serio!»
«Temo che sia colpa mia« ammise mestamente Susan.
«No… non è
vero. La colpa è solo mia, avrei dovuto fare più
attenzione.»sussurrò Lucy.
«Poco importa di chi è la
colpa, quello che conta è che tu stia bene.»fece la signora
Pevensie carezzando la testa della figlia minore «Vado a fare della
camomilla per tutti, dopo questo spavento è proprio quello che
ci vuole.»
La mamma dei Pevensie lasciò la sala, mentre il padre visitava Lucy e i fratelli smaltivano l’ansia.
Lucy decise di non
raccontare a nessuno del sogno che aveva vissuto: in fondo si trattava
di qualcosa di strettamente personale.
La signora riemerse dalla cucina
un quarto d’ora dopo, con in mano un vassoio contente sei tazze
fumanti. Edmund la guardò stranito.
«Ma l’hai fatta veramente? Non ci credo… io non la berrò manco morto. Odio la camomilla!»
Il vasto giardino dell’ambasciata americana era addobbato a festa: ghirlande, nastri e fiori decoravano l’atmosfera.
Tavoli rotondi rivestiti di candide tovaglie finemente ricamate, coperte da piatti contenenti ogni genere di leccornia.
In un angolo, sotto un gazebo, l’orchestra aveva intonato un’allegra musichetta dal ritmo coinvolgente.
La gente chiacchierava animatamente, si respirava un clima di gioia e serenità.
Ufficiali della marina americana
passeggiavano al fianco di graziose fanciulle inglesi, discutendo
affabilmente del più e del meno.
L’arrivo dei Pevensie giunse
quando la festa era ormai iniziata da un pezzo: i quattro
fratelli attirarono immediatamente su di loro l’attenzione
delle persone partecipanti.
Edmund e Peter, perfetti nelle
loro giacche nere, si guadagnarono generosi sguardi dalle fanciulle
presenti, colpite dal loro comportamento regale.
Ma si sa, quando si diventa Re e Regine di Narnia, si è Re e Regine per tutta la vita.
Susan e Lucy non furono da meno,
soprattutto la più piccola: al contrario della sorella, era la
prima volta che veniva presentata pubblicamente ad una festa e la sua
fresca bellezza adolescenziale suscitò tante espressioni di
meraviglia.
Susan avanzava, nel suo mirabile
vestito azzurro, e ben presto le si affiancò un bel giovane moro
in divisa bianca: doveva essere certamente Richard.
Si guardarono sorridenti, mentre
il ragazzo la prendeva sottobraccio. I due giovani presero a
passeggiare, non smettendo di scambiarsi teneri sguardi.
Lucy, invece, era accanto a suo padre,
bella come un’autentica regina di Narnia: i capelli erano
morbidamente piegati in soffici boccoli ramati e indossava uno degli
abiti di Susan, che questa aveva comprato per capriccio e non aveva mai
messo, finchè il vestito non le era andato più bene,
fornendole una valida scusa per archiviarlo definitivamente.
Era davvero molto bello, di fine tessuto verde chiaro, lungo quanto bastava.
Peter ed Edmund si fecero largo
tra la folla, raggiungendo, il primo, alcuni amici di vecchia data, il
secondo, la fitta schiera del generale Mc Coy. I coniugi Pevensie attaccarono
discorso con un collega del padre, un altro medico che aveva prestato
servizio al fronte durante la guerra.
Per non annoiarsi, Lucy decise di
seguire i fratelli e vedere cosa stessero combinando: sarebbe rimasta
in silenzio, ascoltando solamente e non intervenendo.
Peter era impegnato ad illustrare
il corso dei suoi studi agli amici che si erano arruolati, portando
avanti una discussione dal ritmo incalzante.
«Questa è tua sorella?» chiese di punto in bianco un ragazzo che stava ascoltando Peter.
Il giovane Pevensie si girò, trovando dietro di sé Lucy.
«Lu!»esclamò il ragazzo «Sì, è mia sorella minore, Lucy.»spiegò agli altri,
tornando a voltarsi verso di loro.
«Sei davvero fortunato! Hai due
sorelle, una più bella dell’altra,« affermò un
altro ragazzo del gruppo« e tuo fratello vuole arruolarsi, per
dimostrare il suo valore e dare un contributo al paese. Una famiglia
eccellente, Pevensie!»
Peter sorrise, abbracciando Lucy.
«Già, sono molto fiero dei miei fratelli.»
Lucy lo guardò, raggiante: Peter era come un secondo padre per lei, e sapere di avere la sua stima la riempiva di gioia.
Si congedò dai ragazzi, passando oltre.
Edmund stava tenendo un discorso
molto impegnato, al cospetto del generale Mc Coy.
Dall’espressione soddisfatta dipinta sulla faccia
dell’uomo, la ragazza poté dedurne che il fratello stesse
riuscendo nell’intento: il generale si lisciava i baffi bianchi, annuendo compiaciuto.
«Io sono pronto a servire il mio
paese, per la libertà, per i miei compatrioti, per i giusti e i valorosi, per la mia
famiglia.» stava dicendo Ed.
«Giovane Pevensie, dimostri
di avere carattere, abbiamo bisogno di un ragazzo in gamba come
te!» rispose deciso l’uomo.
Lucy ascoltava attentamente: il
desiderio di Edmund era quello di affermarsi per il suo valore, ed era
certa che ce l’avrebbe fatta.
«Farò il possibile per portare lustro alla Gran Bretagna.» promise solenne Edmund.
«E questa bella signorina, chi sarebbe?» domandò il generale, scorgendo Lucy oltre la spalla di Edmund.
Il ragazzo si voltò.
«Ah, questa è mia sorella Lucy, la più giovane della nostra famiglia.»
«Molto piacere.» disse Lucy facendo una piccola riverenza.
«Il piacere è mio
signorina.» sorrise Mc Coy «Edmund Pevensie, vostro padre
deve essere molto fiero dei suoi figli.»
I due fratelli si gonfiarono
d’orgoglio: ricevere un complimento così dal generale era
il più bel regalo che potessero fare ai loro genitori.
Edmund fu invitato a parlare da
altri ufficiali d’alto grado, mente Lucy si congedò anche
questa volta, proseguendo il suo passeggiare. Anche il fratello aveva trovato la
sua strada… ora rimaneva solo Lucy, affinchè tutti i
giovani Pevensie raggiungessero i propri obiettivi.
Sullo sfondo del giardino, Susan e
Richard camminavano felici: probabilmente stavano solo aspettando il
momento opportuno per annunciare il loro fidanzamento, così che
il padre del ragazzo, anch’egli ufficiale di marina, potesse
dedicarsi ai convenevoli pubblici che erano riservati a queste
occasioni.
Lo sguardo di Lucy spaziò sul limitare del giardino, laddove iniziava una specie di foresta.
La ragazza sospirò: pensare alle lussureggianti selve di Narnia le venne spontaneo.
Quanto le mancava tutto quello…
Si girò per tornare
indetro, convinta che i suoi si stessero chiedendo che fine avesse
fatto, quando fu travolta da qualcuno che correva.
«Ahi!»gemette la ragazza.
«Che male!» si lamentò l’assalitore.
«Murray! Ma è possibile che tu sia sempre così sbadato?» sibilò una seconda voce.
«Hai travolto la signorina, che modi!» si aggiunse una terza.
Lucy, stordita, sentì qualcuno che si avvicinava a lei.
«E poi, per cosa correvi?
Perché ti sembrava che stessero servendo i dolci? Così
attirì il disonore sull’intero esercito!» gridò
adirato colui che aveva parlato per secondo.
La ragazza trovò la forza
di schiudere le palpebre, sopportando il dolore, ma rimanendo comunque abbastanza
frastornata: seduto sull’erba, accanto a lei, c’era un
ragazzo piuttosto grosso, stretto in una bianca uniforme. A
rimproverarlo era stato un ragazzo alto, biondo, dall’aria
distinta e l’espressione molto contrariata.
«Chiedi scusa alla signorina!» continuò, ringhiando contro l’amico pasticcione.
«Si è fatta male?» chiese, soavemente, la terza voce.
Lucy si voltò verso
quest’ultimo per replicare, ma non appena incrociò due
occhi scuri e dallo sguardo intenso, appartenenti a l’ultimo che
aveva parlato, sentì il sangue congelarsi nelle vene.
No, non poteva essere…
«Caspian!» esclamò al culmine dello stupore la fanciulla.
Il ragazzo la guardò perplesso.
«No, ma ci è andata vicino.
Mi chiamo Christopher O’Connor, lieto di servirla.» disse lui
gentilmente, offrendole la mano per aiutarla a rialzarsi.
Lucy accettò e lasciò che il giovane la tirasse su.
Ma lo sgomento non era diminuito:
quel ragazzo aveva le stesse fattezze di Caspian, gli stessi occhi, gli
stessi capelli, la stessa espressione dolce e al contempo determinata.
«Tutto a posto, miss…» ripetè la domanda, reticente, invitando Lucy a dirgli il suo nome.
Lucy continuava a guardarlo come se si trovasse davanti ad uno spettro, ma si impose di non passare per maleducata.
«Pevensie, Lucy Pevensie. Comunque, credo di essere tutta intera.»
«Avete un bellissimo nome, miss.» rispose cortesemente il giovane, guardando Lucy negli occhi.
Un sogno. Quel ragazzo era il continuo del suo sogno.
«O’Connor, accompagna la
signorina Pevensie alla festa. A questo impiastro ci penso io… a
proposito, non ti ho sentito chiedere scusa!» fece il ragazzo biondo.
«Non sono un impiastro!» protestò a viva voce Murray « E mi scusi, signorina!»
Il suo superiore scosse la testa, facendo segno a Christopher di andare.
Egli ubbidì, porgendo il braccio a Lucy, la quale riservò un’occhiata caritatevole al suo assalitore.
«Vogliamo andare?» la esortò il giovane.
La fanciulla si appoggiò timidamente al braccio offertole, esitando e arrossendo lievemente.
Egli incurvò le labbra perfette in un dolce sorriso rassicurante e la condusse via.
Dopo qualche minuto di silenzio,
mentre camminavano, il ragazzo le chiese all’improvviso: «Non mi
prenda per sfacciato, ma devo farle una domanda: io ho
l’impressione di averla già vista, le pare possibile?»
«Non saprei,» rispose Lucy, evasiva. «Ma credo sia improbabile dato che non ho mai preso parte ad eventi come questo.»
«Eppure ha un viso
familiare… Non vorrei sembrarle inopportuno, ma sento che è
come se fosse destino che dovessi incontrarla, prima o poi.»
«Anch’io credo al destino, non si preoccupi.»
Christopher assunse un’aria più rilassata.
«Se proprio vuole saperlo, lei mi
ricorda molto una persona che conobbi tempo fa.»se ne uscì Lucy.
Di solito non era una ragazza che parlava con gli estranei delle sue
vicende personali, tuttavia anche se era abbastanza difficile da
spiegare il perché a parole, con quel ragazzo si sentiva davvero
a suo agio.
«Il Caspian di prima?» chiese il giovane.
Lucy annuì.
«La vita è un bel mistero
ed è molto difficile capire la vera natura delle cose, miss.»
affermò Christopher.
Quelle parole erano molto simili a quelle che avevano pronunciato Caspian e Aslan… curioso.
«La prego,» proruppe Lucy «non mi da del lei, mi chiami per nome, sono io che le devo rispetto.»
«Lo farò solo se anche lei mi chiamerà Chris.»
«Ma io…»
«Quanti anni hai?»
«Sedici.»
«Abbiamo solo quattro anni di differenza, credo che si possa fare, senza risultare sconveniente, non trovi?»
La ragazza fece segno di sì, spostando lo sguardo in basso e con le guance che si colorivano di un tenue rossore.
«Va bene… Chris.»
L’ufficiale inclinò il capo, soddisfatto.
Quell’incontro non poteva essere una semplice coincidenza…
«Sembra che stiano per fare una
comunicazione importante!»considerò il ragazzo, scrutando la
folla che si stava riunendo accanto ai tavoli.
«Probabilmente, mia sorella Susan e il suo promesso stanno per annunciare il loro fidanzamento.»
Nell’udire il nome della
maggiore tra le sorelle Pevensie, Chris non fece una piega:
probabilmente la conosceva, ma non lo aveva interessato. Per fortuna.
«Forse dovremmo sbrigarci. Penso
che tua sorella ti voglia presente, se deve fare questo genere di
annuncio. Lucy, dammi la mano.»
Il giovane prese la ragazza con sé per guidarla, affrettando il passo.
Il calore di quel tocco convinse
Lucy che il suo destino si stesse compiendo, non a Narnia, bensì
nel suo mondo. Accanto a quel ragazzo si sentiva al sicuro, si sentiva
bene.
Stava aspettando proprio lui e solo ora capì fino in fondo quello che aveva voluto dire Aslan.
Si voltò a guardarlo,
mentre accorrevano presso la folla che si radunava, nello stesso
momento in cui anche Chris si stava girando verso di lei: si
scambiarono un dolce sorriso che valeva più di mille parole.
Il suo principe era arrivato, era lì per lei e per nessun’altra.
In lontananza, le parve di udire un leone ruggire.
Salve!
Sono nuova della sezione, ma amando profondamente "Le Cronache" (sia
libri che film) e cogliendo l'occasione dell'uscita del terzo capitolo
cinematografico, non ho potuto fare a meno di scrivere una piccola
storia sulla mia coppia preferita da sempre.
Lo so che è molto inusuale, ma a me piace, è sempre
piaciuta (sin dal lontano 2005, quando lessi "Il Viaggio del Veliero"
per la prima volta), e spero che l'abbiate gradita un poco anche voi.
Pensavo di essere la prima a proporla, ma noto con piacere che
c'è un'altra storia che parla di loro due. Bene. Significa che
non sono la sola ad amarli!
Di solito (leggete = mai), non scrivo cose troppo romantiche, e mi
auguro di non aver
fatto un pastrocchio, data la mia poca esperienza con questo genere di
creazioni. Il titolo l'ho preso in prestito dall'opera del
mio adoratissimo Tito Lucrezio Caro... Non importa che sappiate chi
sia. E' grande, ve lo garantisco.
Ringrazio tutti coloro che sono riusciti ad arrivare fin qui,
sopportando una shot quaresimale e non avendo mandato al diavolo me e
le mie idee molte righe fa.
Se volete farmi sapere cosa ne pensate, anche con pareri completamente negativi, non potrà farmi che piacere!
Aspetto le vostre impressioni.
Tolgo il disturbo e vi saluto!
Halley S. C.
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