Breathing...
But not alive
Timothy
era un ragazzo diverso da tutti gli altri... Fin da piccolo era stato
interessato al mondo degli adulti e quella curiosità lo
aveva
portato ad imparare a leggere e scrivere con grande anticipo rispetto
ai suoi coetanei: passò i primi anni della sua vita
domandando ai
suoi genitori cosa significassero quelle strane lettere che trovava
sui giornali e sui cartelli.
Mentre
tutti gli altri bambini passavano le giornate giocando a pallone, lui
leggeva. Faceva molta fatica ma pian piano tutti quelle arcane
lettere gli diventarono familiari, al punto di riuscire anche a
controllarle lui stesso ed essere già in grado di scrivere.
Il
primo giorno di scuola tutti i maestri avevano preparato una sorpresa
in atrio: una cinquantina di palloncini colorati con scritto sopra il
nome di tutti i nuovi allievi. Timothy corse subito a cercare il suo
e rimase sorpreso del fatto che gli altri non lo facessero o che
prendessero il palloncino con sopra un altro nome. Possibile che non
sapessero leggere?
Decise
di prendere in mano la situazione, chiese a tutti il nome e
consegnò
il relativo palloncino ad ognuno di essi. Si sentiva superiore,
quella superiorità che solo i bambini sanno provare quando
riescono
in qualcosa.
Anche
nel proseguo del suo percorso scolastico si mise sempre in risalto
per la sua diversità nei confronti degli altri: era sempre
il primo
della classe e tutti i maestri lo adoravano.
Era
felice, tutti i suoi compagni lo invidiavano e rimanevano a bocca
aperta quando ascoltavano i suoi interventi. Lo invitavano spesso per
passare dei pomeriggi insieme al parco o davanti alla Playstation.
Timothy
continuò la sua placida esistenza nella convinzione di
essere
superiore e che tutti i suoi amici lo ammirassero, cercando di
tenerselo più vicino possibile.
Arrivò
la Quinta Elementare, ormai erano quasi tra i più grandi e
in molti
decisero di iscriversi all'Estate Ragazzi, un'insieme di corsi
organizzati da dei ragazzi delle Medie e delle Superiori con lo scopo
di far passare a tutti un'estate insieme ai propri amici. Anche
Timothy si iscrisse, precisamente andò ai corsi di pallamano
e di
calcio. Sapeva di non essere il top in questi campi ma lo sport gli
piaceva e, sebbene non fosse di certo snello e slanciato, si
impegnava molto. Sapeva anche che la maggior parte degli iscritti ai
suoi stessi corsi praticava quelle discipline a livello agonistico,
ma era comunque fiducioso.
Gli
bastarono due partite per capire di non essere proprio al loro
livello. Non solo, sembrava quasi che tutti facessero apposta ad
ignorarlo e non passargli la palla. L'unica cosa che faceva era
arrancare su e giù sperando che qualcuno si accorgesse della
sua
esistenza in campo.
Ma
non fu quello ad abbatterlo, la sua prima delusione avvenne nei
commenti del dopo partita. Si lamentò del fatto tutti
sembravano
ignorarlo e quello che era uno dei suoi più cari amici lo
guardò
stupito, aggiungendo candidamente che nessuno fingeva di non vederlo,
sapevano benissimo che c'era anche lui e lo snobbavano di loro
volontà. Ci rimase male certo, però non voleva di
certo mollare e
continuò a presentarsi all'Estate Ragazzi noncurante del
fatto di
essere invisibile per gli altri.
Il
Sabato era il giorno dedicato allo svago: tutti si recavano in un
locale vicino al parco in cui erano state preparati dei videogiochi e
dei Calcio Balilla. Chi voleva poteva comunque recarsi al parco e
giocare a calcio.
Timothy
aveva fatto amicizia con alcuni ragazzi della sua età
considerati
dagli altri dei reietti e stava passando quella mattina insieme a
loro quando notò che i compagni di classe non si trovavano
più
nella sala con i passatempi. Decise di andare verso il parco, dove li
trovò tutti impegnati in una partita di calcio. Rimase
deluso nel
vedere che loro, le persone per cui nutriva tanta amicizia lo avevano
abbandonato così, non era stato avvertito da nessuno.
Mentre
restava fisso a guardare gli altri giocare, uno di loro gli venne
incontro a grandi passi urlando che non sarebbe dovuto venire li e
che ora tutti gli altri avrebbero chiesto di unirsi alla partita.
L'aria sembrò fermarsi, gli animatori non erano presenti e
si stava
formando un cerchio di persone intorno ai due ragazzi. Timothy non
cercò nemmeno di scusarsi, pensava che andandosene avrebbe
risolto
tutto ma evidentemente non era così... Appena si
voltò uno dei suoi
compagni di classe lo afferrò per la spalla e lo costrinse a
girarsi
verso di lui, dopodiché un diretto secco lo colpì
in faccia,
spezzandogli un dente.
Il
povero ragazzo non disse niente, tenne bassa la testa e se ne
andò.
Fortunatamente non perdeva molto sangue quindi nessuno si sarebbe
accorto di ciò che era successo. Meglio così, ai
suoi genitori
avrebbe raccontato di essere caduto sbattendo la faccia su dei sassi.
Non voleva causare altro disturbo a quelli che aveva considerato i
suoi amici, ne tanto meno ai ragazzi che avevano organizzato l'Estate
Ragazzi.
Continuò
a frequentare i corsi, ma con scarso entusiasmo: ormai non ci provava
nemmeno più a giocare, si sedeva in disparte ed osservava
gli altri.
Era
possibile tanto odio? Per quale motivo poi? Non aveva il coraggio di
chiederlo per paura della risposta. Poteva solo immaginarne i motivi:
pensò che era a causa della sua diversità in
termini di interessi
oppure semplicemente perché avevano trovato un ragazzo
debole e che
non sapeva difendersi. Aveva avuto a che fare con diversi episodi di
bullismo, ma erano cose di poco conto... Non erano mai arrivati a
picchiarlo prima d'ora, non con tanta violenza e determinazione.
La
cosa che lo feriva di più era l'assenza di un motivo valido.
Lui si
fidava di quelle persone, erano i suoi amici o almeno credeva che lo
fossero. Erano sempre stati gentili con lui, quando organizzavano
delle partite di calcio al parco lo chiamavano sempre. Cos'era
successo? Ora non riusciva più a vederli come amici,
diventarono dei
semplici compagni di classe. Delle persone che, finito il periodo
scolasti se ne sarebbero andate.
Per
la prima volta da quando era nato un gelò gli
penetrò nel petto. Si
sentiva solo.
Quella
che doveva essere un'estate da ricordare divenne un incubo, ma
passò
e Timothy si ritrovò alle Medie. Erano degli anni di grande
esaltazione per tutti, si sentivano già grandi e
cominciavano ad
organizzare i primi festini in cui iniziava a girare alcol. Sempre
durante questo periodo cominciarono a fiorire i primi amori.
Una
nuova speranza era nata nel cuore del ragazzo. Era stato messo in
banco assieme ad una ragazza bellissima e soprattutto intelligente,
per questo anche lei era stata emarginata dai loro compagni di
classe. I due fecero subito amicizia e la portarono avanti anche
all'infuori della scuola.
Ma
tanta affinità non passò inosservata agli occhi
dei loro compagni
che iniziarono a schernirli raccontando in giro malignità su
loro
due. A loro non importava, si sentivano forti perché si
davano forza
a vicenda e avevano creato un loro piccolo mondo, in cui gli altri
non esistevano.
Non
aveva mai notato quella ragazza, Alyssa, perché dopo essere
stata
esclusa dal gruppo aveva deciso di evitare il più possibile
altri
atti di emarginazione e cercava sempre di fare il possibile per
essere inosservata. A differenza di Timothy lei non voleva mischiarsi
agli altri, non ci sarebbe mai riuscita e si sarebbe solo coperta di
ridicolo. Questa filosofia piacque molto al ragazzo, al punto di
adottarla lui stesso. Ora si sentiva di nuovo superiore, stavolta non
era nemmeno da solo e poteva smettere di far finta di essere un altro
per essere accettato. Aveva la sua amica e ciò gli bastava.
Il
ragazzo adorava scrivere: trovava ogni scusa per comporre degli
auguri particolari e farli leggere alla sua amica. Questa sua
abilità
nello scrivere gli dava l'opportunità di ottenere alti voti
nei temi
in classe, al punto che la sua professoressa di italiano gli propose
di iscriversi ad un concorso di scrittura a livello provinciale.
Timothy
era felicissimo di ciò. Dedicò anima e corpo alla
stesura di un
racconto in cui, ispirandosi ad una storia vera, un anziano signore
ormai giunto alla fine dei suoi anni narrava ai giovani la sua vita,
fatta di fatiche e stenti, allo scopo di insegnar loro cosa
significasse vivere.
Dopo
un mese di lavoro lo portò alla professoressa. Era pieno di
fiducia,
sapeva di aver scritto un racconto notevole, molto probabilmente il
migliore che avesse mai fatto. Lo lesse in classe perché
almeno per
una volta voleva avere un motivo di vanto verso i suoi compagni
decisamente non portati per la scrittura, voleva umiliarli
così come
loro avevano fatto con lui.
Ma
fu uno sbaglio, aveva sottovalutato la loro malignità.
Non
appena ebbe finito e ancor prima che la professoresse potesse
parlare, una sua compagna di classe lo accusò di aver
copiato.
Mentiva ovviamente, lo stava facendo per dispetto e ripicca, ma era
così sicura di se che tutti finirono per crederle e darle
corda.
Disse di aver letto una storia molto simile su un vecchio calendario,
ne era certa perché il linguaggio usato dal ragazzo non era
contemporaneo e non poteva di certo conoscere vocaboli usati decenni
fa.
Timothy
non riusciva a crederci, quel racconto l'aveva scritto lui! I
vocaboli vecchi se li era andati a cercare sui libri vecchi
anch'essi, lo aveva fatto per dare più realismo alla sua
storia: un
anziano che usasse un lessico attuale sarebbe stato molto
improbabile. Ma il giudizio che contava veramente era quello
dell'insegnante. Il ragazzo la fissò speranzoso ma nei suoi
occhi
vide solo rabbia. Gli fece una lunga ramanzina dicendogli di
vergognarsi per aver pensato di vincere utilizzando un testo
già
scritto e che non gli avrebbe più proposto un concorso di
scrittura.
Di
nuovo quel gelo al petto, gli era stata tolta una delle cose a cui
teneva di più. Ma non disse niente e abbassò la
testa,
ripromettendo a se stesso che non avrebbe più scritto niente
all'infuori dei temi in classe. Distrusse quel racconto bruciandolo e
mentre lo vide in mezzo alle fiamme scoppiò a piangere.
Quello era
più di una semplice storia: era un pezzo della sua anima,
era il suo
sogno di diventare uno scrittore di successo, era l'unica cosa buona
che aveva fatto nella sua vita.
Timothy
si ritrovò all'ultimo anno delle Scuole Medie. La sua
amicizia con
Alyssa andava avanti bene e non aveva paura di ritrovarsi solo
durante il passaggio verso le Scuole Superiori. Era quasi contento,
finalmente il prossimo anno se ne sarebbe andato e non avrebbe
più
avuto nulla a che fare con i suoi compagni di classe.
Ormai
l'abuso di alcol alle feste era diventata una cosa comune. Molti
coetanei del ragazzo si ispiravano a ciò che vedevano nei
film
americani e organizzavano delle mega feste in cui venivano invitati
quasi tutti gli allievi della scuola, con tanto di invito ufficiale e
gadget in ricordo della serata. Solitamente tutto ciò finiva
in
un'orgia collettiva a causa delle ragazze che perdevano i freni
inibitori a causa dei troppi superalcolici.
Gli
organizzatori, spesso ragazzi bocciati, sapevano di avere il potere
in mano decidendo chi poteva partecipare e chi no. Spesso si
divertivano a fare scherzi crudeli come preparare gli inviti anche
per quelle persone considerate “ sfigate “ solo per
incenerirli
sotto i loro occhi e ridere delle loro reazioni.
Ovviamente
Timothy era fra di esse, ma a lui non importava. Semplicemente aveva
iniziato ad odiare le feste.
La
tenera amicizia per Alyssa che coltivava con tanta cura era fiorita
ed ora, per la prima volta, provava dell'amore per quella ragazza ma
era troppo timido per confessarle tutto.
Voleva
dirle che era l'unico filo che lo manteneva in vita, che la amava e
che desiderava passare la vita con lei. Non l'aveva mai fatto per il
timore della sua reazione, continuava ad adorarla in silenzio, senza
che lei se ne accorgesse. D'altronde anche se fossero rimasti per
sempre amici non avrebbe sofferto, era comunque l'unico motivo che lo
faceva andare avanti. Anche in mezzo ai quei compagni di classe
così
spietati e crudeli sapeva di poter contare sempre su di lei.
Purtroppo
negli ultimi tempi, grazie al Softball, la sua Alyssa aveva
conosciuto un'amica nuova: Samantha. Erano subito diventate grandi
amiche, anzi, diventò subito la sua migliore amica. Timothy
venne
completamente messo in disparte, ormai era trattato alla strenua di
uno zerbino ma aveva un carattere troppo debole per dirle di smettere
e continuò a subire a testa bassa.
Rimaneva
immobile mentre la sua migliore amica, la sua sorella, il suo grande
amore cambiava per colpa di quella sua nuova amicizia. Non si faceva
più sentire, continuava ad inventare scuse per evitare di
passare
del tempo con lui, il suo cellulare non funzionava ma solamente
quando doveva scrivergli e iniziò ad uscire insieme alle
brutte
compagnie che la sua nuova amica le aveva fatto conoscere.
In
una di queste uscite, più precisamente ad un concerto di un
gruppo
in cui il cantante era un amico comune, Alyssa bevve molto. Samantha,
che da mesi faceva di tutto per fare in modo che la sua amica si
fidanzasse in modo da organizzare uscite a quattro, ne
approfittò e
la incoraggiò ad andare a parlare al vocalist. Fatto sta che
quella
sera non fu la ragazza a parlare, e non solo, ma l'alcol e Samantha
trovò finalmente la quarta persona tanto cercata.
Quando
glielo dissero, Timothy non la prese bene... Aveva perso ogni cosa,
ogni passione. La sua vita si era svuotata di ogni senso e non aveva
più uno scopo per andare avanti. Anche l'ultima persona che
gli era
rimasta fedele lo aveva tradito così. In quell'occasione il
gelo
penetrò più a fondo: quella era la sua amica e
gliela avevano
portata via così, in maniera improvvisa.
Non
pianse, ormai aveva speso così tante lacrime quando la sua
Alyssa lo
ignorava da non averne più.
Ormai
quella condizione era insostenibile, era tornato ad essere solo...
Anzi, si rese conto di essere sempre stato solo. Ancora non capiva il
motivo di tutti i comportamenti tenuti da quelle persone che lui
considerava amiche, ma ora era arrivato ad una conclusione: il
problema era lui. Gli altri si comportavano così
perché avevano a
che fare con un peso, una persona brutta e di cui vergognarsi. Cosa
ci stava a fare lui in un mondo come questo? Non voleva essere
più
un peso, per nessuno...
Si
alzò presto e salì fino in soffitta. Da qui
raggiunse il tetto
attraverso una botola. Si fermò a fissare di sotto: ironico,
la sua
vita era iniziata con la convinzione di essere superiore ed ora si
trovava effettivamente sopra tutti gli altri. Allargò le
braccia. Il
vento gli scompigliava i capelli e il cielo era sgombro da nuvole. Il
sole stava sorgendo e l'orizzonte lentamente stava assumendo un
colorito dorato. Non sapeva per quanto tempo rimase li, forse era
così vigliacco da non avere nemmeno il coraggio di
uccidersi? Prese
un profondo respiro, non poteva più tornare indietro a
quella
vita... Vita? Respirava certo, ma non viveva... Non più...
Aveva
sempre cercato di scendere dalla sua superiorità e buttarsi
da
coloro che erano più in basso di lui, finendo sempre per
schiantarsi
contro di essi.
“ Dannata
vita... “ pensò
prima di
toccare terra “ Sei riuscita a farmi
morire come ho
sempre vissuto... “
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