Strappata via;

di Rosebud
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Kate rideva, tirando la testa all’indietro, strizzando i grandi occhioni verdi.
Il viso era invaso da disordinati capelli rossi e, quasi per nascondersi, lo poggiò sulla spalla del ragazzo, tenendosi vicino al collo, per sentirne ancora una volta il profumo.
Poi si volse, quasi malinconica, e guardò fuori dalla finestra, osservando il panorama nei suoi minimi particolari.
Si decise.
Si alzò di scatto e prese il ragazzo per un polso, portandolo fuori, sulla terrazza.
Qui il caldo cominciava a non farsi più sentire, come è solito nelle ultime sere d’estate.
Davanti a loro una collina, ricca di viti che presto avrebbero offerto un’infinita quantità di uva.
Il sole stava pian piano cedendo il posto alla notte, il cielo giocava con colori e ombre, creando un’atmosfera dolce e quieta;
Lo scenario era molto più che pittoresco.
Senza proferire parolalui la prese per i fianchi, stringendola a sé;
sapeva benissimo che non ci sarebbe stata una prossima volta.
Sapeva che quello spettacolo non l’avrebbe rivisto.
Sapeva che non l’avrebbe più rivista.
Per questi motivi decise di rimanere in silenzio,
temeva di dire qualcosa di troppo banale, troppo scontato.
Ma Kate non l’avrebbe mai pensato; aveva imparato a non dare niente per scontato.
Gli occhi di Kate brillavano e David sarebbe rimasto ore a guardarli, a scrutarli.

Un ultimo bacio,
un ultimo abbraccio,
poi Addio.

L’Ospedale era gelido,
i corridoi sembravano infiniti.
Il letto era bianco, come tutta la stanza di Kate
e creava un senso di angoscia lacerante.
L’orologio scandiva il tempo,
la fredda macchina quello di Kate.
Si salutarono così,
le parole non sarebbero servite;
a lei, non sarebbero servite.
La malattia aveva voluto portala via con sé,
le aveva concesso poco tempo,
le aveva negato troppe scelte.

INGIUSTO! – Gemette David;
non sentiva più il calore e la stretta nella mano di Kate.
Solo quel suono frastornante della macchinettaBiiiiiiiiiiiiiiiip .

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