3- Proposte
Proposte
"Sono sempre stata abituata a considerare l'esistenza
come una sfida giornaliera."
(Haruka a Minako, episodio 100)
Poco meno di un anno dopo erano ormai in sesta (¹), ed entro
alcuni mesi avrebbero iniziato le scuole medie. Il fatto di essere un
anno più vecchio dei suoi compagni di classe non era mai
stato un peso per Kafuu: diversi problemi di salute lo avevano
costretto a cominciare la scuola un anno più tardi, ma quello
che sulla carta risultava essere un anno era in realtà un solo
mese di differenza con Haruka: anche lei avrebbe avuto dodici anni per
quando sarebbero entrati alle medie; quindi che differenza faceva?
Il giorno del suo compleanno, lo stesso della prima, vera trasgressione
della sua vita, aveva anche deciso che forma avrebbe avuto l'oggetto
che da anni aveva intenzione di costruire. I vari libri sull'argomento
li sapeva ormai a memoria, e si era consultato con il padre per le
misure e i materiali del progetto.
Quando Haruka era venuta a casa sua il giorno dopo Capodanno, la
struttura di base era ormai completata: aveva un impianto a forma
esagonale, ancora scoperchiato perché al tetto aveva appena
cominciato a dedicarvisi.
- Vedi? Devo stare attento a misurare bene i listelli di legno,
perché voglio che sporgano di un paio di centimetri – le
stava dicendo, concentrato nel tagliare un minuscolo triangolino col
traforo.
- Sì, ma... - fece Haruka, osservando quel lavoro appena cominciato – Che cosa dovrebbe rappresentare?
- Te ne accorgerai – rispose Kafuu – Se sarà un buon lavoro, ad un certo punto lo vedrai da sola.
- Va bene, artigiano – si arrese lei – Vuoi una mano?
- Se finisci di tagliare questo, io controllo le misure – disse, porgendole il traforo.
Haruka lo prese senza una parola e cominciò a tagliare abilmente
il legno, attenta a seguire il contorno delineato dalla matita.
- Ehi, Kafuu, com'è che l'altro giorno eri con quella senpai
(²) delle medie? - domandò poi, con studiata indifferenza.
- È la presidentessa del club di musica: ho saputo che la sua
famiglia possiede diversi negozi di strumenti, e nei loro laboratori
artigianali costruiscono anche carillon. C'è gente che ha
imparato in Europa, capisci? Mi ha promesso che la settimana prossima
mi accompagnerà a vederne uno, e potrò osservarli
lavorare.
Kafuu era al settimo cielo per il suo progetto, ma sapeva che Haruka
aveva ancora qualcosa da dire; e infatti il suo commento non si fece
attendere:
- Hai fatto colpo, non c'è che dire.
- Guarda che puoi venire anche tu – rispose lui, fingendo di
essere concentrato sui suoi fogli ma in realtà attentissimo ad
ogni espressione di Haruka – Gliel'ho chiesto, e mi ha confessato
di averti notata al festival sportivo d'istituto. Sei tu che hai
un'ammiratrice, non io.
Haruka non rispose, ma a Kafuu non sfuggì l'espressione
compiaciuta sul volto dell'amica, e nemmeno un leggerissimo rossore
sulle guance già colorite dal vento.
Sospirò piano, cercando di riconcentrarsi sull'angolazione del
tetto; ma non poté fare a meno di chiedersi se lei l'avrebbe
voluto ancora, quando tutto ciò sarebbe uscito alla luce del
sole.
Perché Haruka era sveglia, questo sì. Intelligente come
un lupo, pronta a tradurre in azione ogni suo pensiero. Ma tante cose
di sé forse non le aveva ancora capite.
In effetti Kafuu aveva notato che, se andavano a vedere la partita di
calcio di una qualche squadra delle medie, Haruka non degnava di uno
sguardo gli aitanti ragazzi in pantaloncini, interessatissima invece
alle tattiche di gioco.
Si era accorto che, quando incontravano un gruppetto di ragazzine della
loro età o più grandi, Haruka lanciava loro le stesse
occhiate dei suoi coetanei maschi, soffermandosi più a lungo se
nel gruppo ce n'era qualcuna con i capelli lunghi e ondulati.
Aveva notato tutto ciò, e se n'era fatto una ragione. In fondo,
si diceva, alla sua età ben pochi potevano dire di passare la
maggior parte del loro tempo con la ragazza di cui erano innamorati.
Ben pochi potevano dire che questa fungesse allo stesso tempo da
migliore amica e migliore amico.
E non era nemmeno convinto che sarebbero riusciti a comprendere un
concetto tanto semplice e allo stesso tempo tanto complicato.
Perciò aveva sempre preferito tenerlo per sé.
Anche se poi solo gli estranei si arrischiavano a chiamarla
"Haru-chan", e lui doveva farsi in quattro per evitare un bagno di
sangue; per non parlare poi di quando le dicevano che sarebbe stata davvero carina con i capelli lunghi. In quei momenti
rischiava seriamente la tachicardia; ma per il malcapitato di turno.
Ogni tanto si chiedeva come facesse la gente ad essere così
cieca. C'era un motivo se quando la scambiavano per un maschio Haruka
sogghignava, compiaciuta e quasi lusingata, specialmente se a farlo era
una ragazza.
- Ah, domani non ci sono – ricordò all'improvviso,
distogliendosi a forza dai suoi pensieri di inizio pubertà
– Devo andare dal dottore.
- Tutto bene? Tua madre non si è... - fece Haruka, lanciandogli un'occhiata eloquente che lui colse al volo.
- No, tranquilla. Non sospetta niente della missione "ventisette-dodici" – rispose Kafuu con uno sguardo complice.
Eppure, a pensarci una settimana dopo, si rendeva conto di quanto erano
stati incoscienti. Sapeva bene che chi soffriva di cuore era fortemente
scoraggiato dal salire su alcune giostre, anche se non erano poi
così pericolose, e di sicuro averlo fatto senza nemmeno metterne
al corrente sua madre rientrava nella categoria "azioni trasgressive e
potenzialmente rischiose". Un po' come mettersi a camminare sul bordo
di un tetto, tanto per far arrabbiare i genitori; o per sfuggire al
loro controllo.
- Meglio così. Sai, mi sta simpatica, e mi dispiacerebbe molto se tentasse di uccidermi...
- Che sciocchezza! A volte mi chiedo se non preferisca te a me, a dire il vero.
- Sul serio? - il tono di Haruka voleva essere indifferente, ma Kafuu
sentì che quel commento l'aveva lusingata parecchio.
- Può darsi...
- Ah, senti, Kafuu – fece all'improvviso lei, cambiando discorso.
- Che c'è?
- Cosa vuoi fare il giorno del mio compleanno?
- Eh?
- Ma sì, non fare quella faccia – ribatté Haruka
– Dato che al tuo compleanno abbiamo fatto quello che volevo io,
quando arriva il mio sceglierai tu. D'accordo?
Scegliere. Che bella prospettiva.
- Qualunque cosa? - si assicurò.
- Sì, beh... nei limiti del possibile – rise lei –
Ti ricordo che non hai il passaporto, nel caso volessi andare
all'estero, e che fa ancora freddo per tuffarsi nudi nel Sumida
(³).
- Il che farebbe bene all'apparato circolatorio, comunque.
- Sì, se riesci a non morire assiderato!
- Va bene, allora... ci penserò.
Si finse tranquillo, ma in realtà quella proposta l'aveva letteralmente esaltato: nessuno
di sua conoscenza aveva mai sentito Haruka Tennō dire che avrebbe fatto
ciò che voleva qualcun altro... aveva del surreale, a pensarci
bene.
Rise sotto i baffi, tentando di riconcentrarsi sul proprio lavoro:
avrebbe dovuto rifletterci con attenzione, perché ci sarebbe di
certo voluto un altro anno perché Haruka ripetesse tale offerta.
- Ho deciso.
Era passata solo una settimana; si erano incontrati al cancello della
scuola e si stavano dirigendo verso l'entrata. Il freddo era pungente,
e l'idea che l'inverno sarebbe durato ancora due mesi avrebbe fatto
scoppiare a piangere anche i più stoici.
- E quindi? - questo non valeva per Haruka: sembrava più a suo agio di un ermellino in mezzo alla neve.
- E quindi – rispose Kafuu, con un sorriso sornione – il giorno del tuo compleanno verremo a scuola.
- Tutto qui? - l'attimo dopo Haruka aggrottò la fronte,
riflettendo su qualcosa – Ma... il ventisette è domenica.
- Appunto. Verremo a scuola.
Non furono necessarie altre spiegazioni, perché entrambi si
scambiarono un sorriso complice; quello di Haruka sembrava quasi
orgoglioso.
- Ah... se lo sapesse tua madre! - commentò, prendendolo in giro.
- Tale circostanza non è contemplata – ribatté lui
con voce nasale, imitando l'insegnante di storia di entrambe le sezioni
della sesta.
- Va bene, allora... - Haruka era perfettamente tranquilla, come se non
ci fosse stato niente di complicato nel cercare di entrare a scuola di
nascosto in un giorno di vacanza – Lascia fare a me!
(¹) In Giappone le elementari durano sei anni; di conseguenza i ragazzi entrano alle medie all'età di dodici anni
(²) Senpai: studente più anziano
(³) Il Sumida è il fiume che attraversa Tōkyō
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