Dopo esserci sorbite per anni la scena tagliata, ecco come sono andate
realmente le cose. (Non ho mai letto questa scena ma non posso credere
che nessuno l'abbia
mai scritta. E' di una banalità sconcertante!)
Quando
Kirk entrò nella sala
comando dell’incrociatore Klingon, l’ultima cosa
che si aspettava di trovarvi
era il suo ex primo ufficiale, migliore amico e Compagno di una vita
Spock. La
poltrona del capitano si voltò lentamente e Kirk se lo
trovò davanti, composto
e perfettamente stirato, come sempre, come se arrivasse dal suo
alloggio dopo
una notte di sonno e una doccia, invece che da una lunga serie di notti
insonni,
lunghi giorni di combattimenti e preoccupazioni e la perdita di un
fratello.
"Spock!" esclamò Kirk e si
avvicinò a lui che si era alzato dalla poltrona e lo
osservava dall’alto della
sua statura. Sul suo viso c’era un leggero ma inequivocabile
sorriso.
In
quel momento Kirk sentì scivolargli
via tutta la stanchezza e la rabbia e il dolore di
quell’ultimo periodo, di
quell’incubo che era iniziato quando l’Enterprise
era stata presa in ostaggio
da Sybok ed era terminato pochi
minuti prima, con la punta di un cannone Klingon a pochi metri dalla
sua testa.
In
quel momento, con gli occhi
di Spock di nuovo fissi nei suoi e la sua presenza rassicurante, Kirk
si rese
conto di quanta paura avesse avuto.
“Questa
volta ho avuto paura di
morire” disse e Spock scosse impercettibilmente il capo.
“Impossibile.
Non sei mai stato
solo” disse il Vulcan e Jim si sentì scaldare il
cuore e un groppo gli salì
alla gola.
Lo
sapeva. Sapeva che Spock non
lo avrebbe lasciato solo. Sapeva che, ovunque fosse, in qualsiasi
situazione si
trovasse, Spock sarebbe andato a riprenderlo. Avrebbe rivoltato
l’universo ma
lo avrebbe riportato a casa, come aveva sempre fatto. E come lui aveva
sempre
fatto per Spock. Dopo tanti anni insieme il Legame che li univa era
più forte
che mai, poteva sentirlo come qualcosa di fisico attraverso
l’aria pesante e
disgustosa del ponte. Si avvicinò a Spock e alzò
le mani per stringere le sue
spalle forti, e alzò il viso con le
labbra dischiuse. Aveva bisogno di baciarlo, aveva un disperato bisogno
di
sentirlo vicino ancora, di ringraziarlo per averlo salvato, di
dimostrargli ancora
una volta che il loro Amore era intatto e indistruttibile. Si
avvicinò ma
quando le sue labbra furono solo a pochissimi centimetri da quelle di
Spock,
lui lo fermò.
“Per
favore, capitano. Non
davanti ai Klingon”. Kirk si immobilizzò e
guardò Spock, il cui viso brillava
di divertimento trattenuto. Si allontanò appena e si
ricompose, poi lanciò una
rapida occhiata intorno e annuì pieno di imbarazzo. Nella
sua forte emozione si
era completamente dimenticato dei Klingon.
Ma
in quel momento udì qualcuno
schiarirsi la gola e si voltò per trovarsi faccia a faccia
con il capitano Klaa
e mezzo equipaggio del vascello. Il capitano lo guardava con un grande,
terrificante sorriso (a Kirk venne in mente una frase che aveva sentito
durante
una lezione di xenobiologia del Dott. McCoy a cui aveva assistito
all’Accademia
della Flotta Stellare: “I denti dei Klingon sono tutti
canini”). Al suo fianco la
sua femmina, il primo ufficiale Vixis, sorrideva a sua volta e li
guardava con
occhi grandi e brillanti da fangirl (ma che cavolo di parola era
‘fangirl’ e da
dove gli veniva?) Gli altri semplicemente li fissavano come in attesa
di
qualcosa.
“Prego
capitano” grugnì il Klingon
“fate come se noi non ci fossimo”
Kirk
sollevò le spalle. Non
capiva cosa ciò potesse significare, poi scorse i brutti
ceffi che li stavano
osservando. Anche se non era facile interpretare le varie espressioni
(sembravano sempre semplicemente furiosi), in quel momento sembravano
più che
altro delusi e contrariati.
Il
generale Korrd fece loro un
gesto come a dire “continuate” e il sorriso da
squalo della femmina divenne più
grande. Kirk, confuso, si rivolse a Spock, speranzoso che il Vulcan
avesse una
risposta.
“Capitano,
temo che i Klingon
siano contrariati dal fatto che io abbia fermato la sua dimostrazione
di
affetto nei miei confronti e si aspettano che lei porti a termine
ciò che ha
iniziato”
Kirk
spalancò gli occhi.
“Spock,
mi sta dicendo che i Klingon
si aspettano che io… la baci… qui…
davanti a tutti loro?”
“Temo
di si, capitano. Ma in
fondo è ciò che stava per fare”
“Lo
so! Ma non mi ricordavo
della loro presenza. Adesso che lo so…” Li
passò in rassegna di nuovo e vide,
preoccupato, che le loro espressioni erano sempre più
arcigne e infuriate.
“Sono
contrariati, eh?” chiese.
“Direi
di si, Jim”
“E,
mi dica, Spock, quali
potrebbero essere le conseguenze se noi… hem… ci
rifiutassimo di farlo?”
“Le
conseguenze potrebbero
essere gravi, capitano. Potrebbero andare dalla nostra uccisione ad un
nuovo
incidente diplomatico fino ad una nuova guerra” rispose Spock
imperturbabile.
“Allora
suppongo che io e lei…
adesso… dobbiamo baciarci…”
“Si”
fu la lapidaria risposta.
Kirk
si ricompose, si voltò
verso Spock e raddrizzò le spalle. Intorno a lui i Klingon
si erano avvicinati
di un passo e li fissavano con anticipazione, per lo più
sorridendo in modo
inquietante. Le femmine in particolare sembravano piuttosto eccitate
dalla
situazione e si scambiavano sguardi e gomitate.
“Non
mi sembra il caso di
provocare un incidente diplomatico, Spock”
“No,
capitano”
Kirk
si avvicinò ancora e
afferrò di nuovo le spalle del suo Compagno. Alzò
il viso verso di lui (la nuca
gli formicolava dalla quantità di sguardi che si sentiva
addosso) e posò le
labbra su quelle di Spock. Si baciarono dolcemente per qualche secondo.
Poi
Spock portò una delle sue mani sul fianco di Kirk e
l’altra dietro la sua nuca
e lo baciò più profondamente. Ad un tratto
intorno a loro non c’era più niente,
ne il vascello, ne i Klingon, ne null’altro. Solo loro e il
loro Legame, loro e
il loro Amore. Quando si staccarono, ansimanti e sorridenti, qualcuno
cominciò
ad applaudire. Poi iniziarono i fischi e i commenti osceni (che in
Klingon
sembravano ancora più osceni), e in breve furono sommersi da
uno scroscio di
applausi e un putiferio di fischi e voci e grida e numerose pacche
calarono sulle
loro spalle. Kirk temette di avere una spalla slogata o un polmone
staccato.
Quando il tifo da stadio terminò, finalmente,
l’incrociatore fece rotta verso
il territorio federale.
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