He never ever saw it coming at all
He never ever saw it coming at all
He never ever saw it coming at all…
Il
telefono squillava a vuoto da due lunghissimi, eterni minuti.
Dom…
Un
tuu tuu regolare ma non ritmato che gli stava letteralmente bucando la
testa.
Dom,
Cristo…
Rispondi…
Il
suono di una campana a morto.
Dom,
cazzo!
Sbatté
giù la cornetta e se la rimise subito vicino
all’orecchio, picchiando
nervosamente sui tasti per comporre il numero di Chris.
Almeno
tu…
Squillava,
perdendosi in un’eco che gli parve lontanissima.
Ti
prego…
-
Matt! –
-
Oh Chris, grazie al cielo! Senti, ti devo dire… -
-
Tutto bene? Ti sento agitato. Non che questo costituisca una
novità, ma… -
-
…Tutto bene? Oh, beh, presumo di sì…
Cioè no… Insomma, è complicato. Hai un
minuto? –
Un
rombo assordante coprì la sua risposta.
-
Chris, ci sei? –
-
…eno. –
-
Cosa, Chris? Non capisco! –
-
…In treno! Sono in galleria! –
-
Oh, cazzo… -
-
…Inea… Ere… -
-
No, cazzo, è il momento sbagliato, ho bisogno di…
-
-
Mi sa che sta per cadere la linea! –
-
Allora fa’ qualcosa, sorreggila, dalle una mano! Per favore!
–
-
Ti richiamo, Matt, non ti sento più! –
-
No! Io… -
Click.
Matt
fissò disperato la cornetta del telefono, reggendola con
mani tremanti
all’altezza delle ginocchia. Perfetto. Era solo. Solo in uno
dei momenti più
incasinati della sua intera esistenza.
Si
stese sul letto, passandosi una mano sugli occhi stanchi. Il soffitto
sembrava
incombere sulla sua testa.
Solo…
Riaprì
lentamente le palpebre. Lo stomaco, contratto in una morsa spietata da
ormai
tre ore, si rilassò timidamente.
Solo?
Si
rimise seduto. Concesse una lunga, dubitosa occhiata al telefono
appoggiato sul
comodino, dopodiché si morse le labbra e allungò
una mano verso la cornetta.
Compose il numero lentamente.
Forse
no.
Gli
avrebbe risposto, dopo tutto quel tempo? Dopo tutto quello che era
successo?
Dopo tutto quello che non era
successo?
Forse…
E
poi la sua voce. Strafottente. Nasale. Quasi cacofonica, distorta dal
rimbombo
metallico dell’apparecchio.
-
Guarda guarda… Chi non muore si rivede. –
La
cosa più famigliare e meravigliosa dell’intero
universo.
-
Matt, ci sei? –
-
Io… Sì. Sì. Ciao, Brian. –
It’s
allright
It’s allright
It’s allright
It’s allright
It’s allright
It’s allright
It’s allright
It’s allright
It’s allright
It’s allright
It’s
allright.
Una
ciocca dei
suoi capelli gli aveva sfiorato il collo, mentre lui si chinava a
sussurrargli qualcosa
all’orecchio.
-
Guarda. – gli disse,
divertito, indicando un punto di fronte a loro.
Matt
aveva seguito
con lo sguardo la direzione indicata dal suo dito, percorrendo tutta la
fila
del supermercato che portava alla cassa. A tre metri di distanza,
saldamente
piantata sul seggiolino del carrello, stava una bimba molto graziosa
che poteva
avere due anni. Una bimba che si succhiava avidamente il pollice e
contemplava
Matt con due enormi occhi di un azzurro entusiasta.
-
Guarda come le
piaci. – aveva ridacchiato Brian, poggiando il cesto con le
spesa ai loro
piedi.
Effettivamente
la bambina sembrava non voler distogliere un attimo lo sguardo da Matt,
calamitata da qualcosa che la stupiva piacevolmente. Matt sorrise
imbarazzato; lei
sorrise di riflesso mostrando tutti i suoi pochi, ma bianchissimi,
dentini.
-
Hai attirato
la sua attenzione. – proseguì Brian, sempre
attaccato al suo orecchio, il mento
che gli sfiorava la spalla in un gesto quasi tenero. – Si
vede che sei la cosa
più interessante che vede qui intorno. Dille qualcosa,
vediamo come reagisce. –
Matt
inclinò
leggermente la testa, imitando la posa affascinata della bambina,
sorrise
timidamente e sussurrò: “Ciao”.
La
bimba scoppiò
in una risata e batté le mani sul manico del carrello. I
genitori si voltarono
a guardarla, distogliendo per un attimo l’attenzione dalla
spesa.
Brian
le fece un
cenno di saluto con la mano.
-
Ci sai fare
coi bambini. – disse, lo sguardo fisso sul papà
della piccola che dopo essersi
rimesso il portafoglio in tasca la stava prendendo in braccio per
metterla giù.
Matt
arrossì.
-
Ma se non ho
fatto niente! – biascicò, confuso.
-
Beh, a loro
piaci. Quella bimba era letteralmente innamorata. –
-
E che vuol
dire? –
-
Vuol dire che
se mai un giorno diventerai papà, partirai avvantaggiato.
–
-
Av…
Avantaggiato…? –
-
Sì… Stabilire
un’intesa sarà più semplice. –
Matt
stette in
silenzio e cominciò a passare le bottiglie di vino alla
cassiera, pensieroso.
Brian accanto a lui sorrideva ancora e probabilmente, si disse, pensava
a Cody.
-
Ciao, Matt. A cosa devo l’onore? –
-
Beh, io… Come stai? –
-
Splendidamente, ti ringrazio. Cody sta bene, il nuovo disco sta andando
a
meraviglia, la mia bronchite ultimamente dà meno noia. Fine
dei convenevoli.
Ripeto: a cosa devo l’onore? –
-
Oh, insomma, non sai neanche cosa vuol dire un po’ di
civiltà! –
-
Sì che lo so. Ma so ancora meglio cosa voglia dire essere
Matthew Bellamy. Non
mi freghi, tesoro. –
-
Beh, ma… -
-
Che è successo? –
-
…Anch’io sto bene, grazie, con Kate è
una favola e l’ultimo singolo è in vetta
alle classifiche! Cristo! Sei una fottuta macchina! –
-
…Del sesso, sì, niente di nuovo da parte tua.
Come al solito. –
-
Ma perché mai ti ho chiamato… -
-
Ottima domanda. –
-
E va bene. Va’ a farti fottere. Ora metto giù.
–
-
Va bene. –
-
… -
-
… -
-
Io… Ho… Bisogno di parlare con qualcuno.
–
-
Ti passo il numero della mia psicologa, se vuoi. E’ un genio.
Con me ha fatto
miracoli. –
-
E dov’era quando serviva? –
-
Ah ah ah. Molto bene. Ci hai messo un po’ ma finalmente stai
cominciando ad
ingranare, Mattie. –
-
Beh, sai,è un sacco che non ci sentiamo. –
-
Sì. –
-
… -
-
Dove vuoi che ne parliamo, di questa cosa? Davanti a una birra?
–
-
Io… Non ho molta voglia di uscire, in realtà. Ti
spiacerebbe venire qui? –
-
Maaaatt… -
-
Ehi, niente doppi fini. Sono un uomo impegnato. –
-
Lo eri anche prima… -
-
Diciamo che il fatto che io sia molto
più
impegnato di quanto lo fossi prima costituisce una buona
parte di quel che
ti devo dire. –
-
… -
-
Allora? –
-
Spero, prego Dio che non sia
quello
che penso. –
-
L’unico modo per scoprirlo è venire qui.
–
-
Ma… Kate? E’ mezzanotte! –
-
E’ da sua madre. -
-
Cristo. –
Matt
staccò l’orecchio dalla cornetta e la
fissò con un sorrisetto ironico.
Aveva
messo giù.
-
Trovato
qualcosa? – articolò a fatica, reggendo fra le
braccia una pila di libri alta
almeno cinquanta centimetri. Brian lo guardò e
scoppiò a ridere, continuando a
tenere aperto davanti a sé uno scarno volumetto bianco.
-
Ti servono per
mettere qualcosa sotto i piedi sbilenchi del tuo pianoforte? –
-
Molto
spiritoso. –
-
Che hai preso?
–
-
Un po’ di
roba. Un romanzo che mi ha consigliato mia madre, un regalo per il
compleanno
di Kelly e tutto quello che sono riuscito a trovare di Asimov. Sai, per
il
tour. –
Sorrise,
avvicinandosi per sbirciare oltre la sua spalla. – E tu?
–
Brian
fece una
smorfia e cominciò a leggere, schiarendosi la voce.
-
“I miei capolavori
sono i miei bambini. Nessun libro, disco o film eguaglierà
mai la loro
bellezza. Nessun quadro mi procurerà mai la stessa
sensazione di meraviglia. Il
giorno in cui è nata mia figlia, ho capito che
l’arte era una cosa ridicola di
fronte al mistero insensato di uno sgorbio coperto di sangue che sbava
su sua
madre in lacrime. Da quel momento, guardo a tutti i giorni della mia
vita come
ad un’opera incomprensibile e magica. Qualche volta ci sono
dei momenti morti,
delle ripetizioni, del cattivo gusto. Gli attori sono sempre stanchi,
le
scenografie povere. Lo stile spesso fa difetto. Ma è meglio
di Picasso,
Fellini, Proust e i Beatles messi insieme.” –
Matt
lo guardò
riflettere sulle parole che aveva appena recitato in silenzio, il libro
sempre
ben stretto fra le mani.
-
Ti piace? –
domandò, incerto. Brian sembrò riscuotersi,
sorrise ed emise un piccolo sbuffo.
-
Beh, non è
male per un cinico egoista bastardo che non ha figli e nemmeno li
vuole. –
rispose, rimettendo il libro al suo posto.
- AND NOW YOU DO WHAT THEY
TOLD YA! -
Quando
Brian arrivò sul pianerottolo dell’appartamento di
Matt, un fracasso assordante
gli colpì le orecchie come una granata.
Ma
che cazzo…!
-
NOW YOU’RE UNDER CONTROL! -
Bussò;
la porta si aprì sotto il suo primo tocco. Entrò
di soppiatto e percorse a
lunghe falcate il corridoio che portava al salotto. La musica era
talmente alta
da essere quasi insopportabile.
-
AND NOW YOU DO WHAT THEY TOLD YA! -
E
poi lo scorse, sdraiato sul divano, un braccio sotto la testa e
l’altro che
sfiorava casualmente una bottiglia di whisky vuota per tre quarti
poggiata sul
pavimento. Tentò di fare mente locale: prima di tutto,
l’album che gli stava
sfasciando i timpani era il primo dei Rage Against The Machine
– uno dei
preferiti di Matt – e la canzone precisa era Killing
In The Name Of. Poi, proseguendo con ordine, Matt doveva
essere ubriaco, o se non lo era ancora meditava di esserlo presto, e
Santo
Cielo perché c’era un pacchetto di sigarette
appoggiato sul tavolino dei
telecomandi?
-
NOW YOU’RE UNDER CONTROOOOL! -
-
Tu non fumi! – sbraitò, tentando –
inutilmente – di sovrastare le urla di Zack
De La Rocha, - Tu non fumi e come se non bastasse hai rotto il cazzo a
me per
anni sul fatto che il fumo rovini la voce e faccia venire i denti
gialli e il
cancro e bla bla bla! Dunque che diavolo
stai facendo con quelle sigarette?! –
Matt
girò la testa nella sua direzione con un movimento esausto.
- FUCK YOU I WON’T DO WHAT
YOU TELL ME! –
-
E’ una situazione molto particolare. –
enunciò flemmatico, la voce impastata
dall’alcool.
- Eh?! -
- FUCK YOU I WON’T DO WHAT
YOU TELL ME! –
-
Ho detto che è una situazione molto particolare! –
ripeté in tono leggermente
più alto, svogliato.
-
SPEGNI QUESTA CAZZO DI MUSICA! –
-
MOTHERFUCKEEEEER! –
Esasperato,
Brian corse con le mani sulle orecchie a spegnere il monumentale
impianto hi-fi
che troneggiava accanto alla tv. Quando la musica smise
all’improvviso Matt
lanciò quello che sembrava un lungo ululato di dolore.
-
No, ma perchééé… -
-
Perché è l’una di notte, testa di
cazzo! E poi perché rischiavi di diventare
ancora più scemo di quanto tu lo sia già!
– sbottò rabbioso Brian,
avvicinandosi al divano e sfilandogli da sotto il naso la bottiglia di
whisky.
Matt tentò di riflesso di riacchiapparla e così
facendo crollò per terra atterrando
malamente sul fianco destro. Brian alzò gli occhi al cielo e
si mise
ginocchioni di fianco a lui, ignorando spietato i suoi gemiti di dolore.
-
Matt. – lo apostrofò, esaminando con occhio
clinico – e, con suo grande sforzo,
non affettuoso – i suoi capelli scomposti, i suoi occhi
lucidi, la sua camicia
cui era saltato il terzo bottone e le sue lunghe dita di un pallore
quasi
innaturale. Lui alzò lo sguardo fino a incrociare
stancamente il suo.
-
Eh. –
-
Sei ubriaco? –
-
Veramente non so, se vuoi quando riesco a rialzarmi provo a mettermi in
equilibrio su un piede solo… - biascicò,
appoggiando la schiena a terra e
allargando le braccia sul parquet. Brian sbuffò.
-
Perché sei ubriaco? –
-
Non sono ubriaco. –
-
Perché stai tentando di diventarlo? –
-
Perché non sapevo cosa fare mentre ti aspettavo. –
rispose Matt, lo sguardo
fisso sul soffitto. Brian si prese un minuto di pausa per riflettere.
C’era
qualcosa, nel suo tono di voce, che gli faceva pensare che quel che gli
stava
dicendo era vero in maniera inquietante.
-
Beh, ora sono qui. – disse, secco, - Dio, guardati, fai
schifo… -
Matt,
la testa rovesciata all’indietro, contrasse la bocca in una
smorfia sarcastica.
-
Grazie, mio unico compagno di sventure. –
sussurrò, lasciandosi sfuggire una
risatina. Brian non poté fare a meno di sorridere a sua
volta. Matt addolcì la
sua smorfia e gli rivolse un’occhiata di una
luminosità quasi struggente.
-
Sono felice che tu sia qui. – sussurrò, le labbra
socchiuse. Brian rabbrividì
suo malgrado.
-
Io invece non lo so ancora. – disse, rialzandosi in piedi e
porgendogli una
mano. – E ora datti una pulita. Non intendo parlare con una
che puzza come il
cesso di una discoteca. –
-
Pronto? –
-
Lena? Ciao,
sono io. –
-
Ciao, Bri.
Tutto bene? –
-
Bene, sì,
grazie… Ti dovrei chiedere un favore. –
-
Dritto al
punto, come sempre. –
-
Ti piacevo per
questo, no? –
-
Immagino di
sì. Spara. –
-
Non riesco ad
arrivare per sabato. Puoi tenere tu Cody fino a domenica mattina?
–
-
Brian, Santo
Cielo, anch’io devo stare dietro a quella cosa chiamata
“lavoro” nella vita… -
-
Mi spiace, un
impegno improrogabile. –
-
Sì, certo… Oh,
al diavolo, vorrà dire che lo porterò da mia
madre. Sarà al settimo cielo,
pensa: potrà spupazzarsi Cody e trovare un altro pretesto
per insultarti allo
stesso tempo. –
-
Come se non ne
avesse già abbastanza. –
-
Ti sei sempre
scavato la fossa con la tue mani. –
-
Mi ha sempre
odiato. –
-
Sei tu che ti
sei fatto odiare – tu, e tutta la merda che spalavi su
quell’”inutile
istituzione borghese” chiamata matrimonio. –
-
Mai che tu mi
avessi dato man forte, eh!... Eppure saresti morta piuttosto che
sposarmi! –
-
Non si può
dire che non avessi le mie buoni ragioni, no? –
-
Colpito e
affondato. Ti adoro. –
-
Io ti odio,
invece. Bastardo contaballe. –
-
Un bacio
virtuale. Sulla fronte. –
-
E io un calcio
in culo. Il prossimo mese lo tieni per tre week-end. –
-
Agli ordini. –
-
Brian, sono
seria. Non è un pesce rosso a cui basta il cibo e una boccia
coll’acqua, è un
bambino. Un bambino che non si merita di crescere senza un padre -
nemmeno
senza un padre come te. –
-
… -
-
Sono stata
abbastanza chiara? –
-
Cristallina. –
-
Bene. Perché
non voglio essere di nuovo costretta a rispondere al suo ennesimo
“perché il
papà non c’è”. Tantomeno con
un’ennesima bugia. –
-
Sì. –
-
Ciao, Brian. –
-
Ciao. –
-
E dì a Matthew
che può ricominciare a ridere, lo so quanto gli piacciono le
nostre
conversazioni da sit-com sulle famiglie allargate. –
-
E tu come… -
-
Salutamelo. E
digli che “Knights Of Cydonia” è la cosa
più kitsch e geniale che abbia mai
sentito, per me salva tutto l’ultimo album. –
-
No che non
glielo dico! Helena! –
-
Ciao, Brian. –
Brian
si
allontanò la cornetta dall’orecchio, basito.
Dietro di lui, coperto solo dal
lenzuolo, Matt rideva così tanto che si domandava se avrebbe
mai più smesso.
Sentendo
scattare la porta del bagno, Brian spense la sigaretta nella tazzina
che aveva
adottato come posacenere putativo e si alzò in piedi. Matt
spuntò con
l’accappatoio allacciato in vita e i capelli bagnati sparati
in aria dalla frizione
dell’asciugamano.
-
Aaaah, ci voleva. – esalò, sedendosi a peso morto
sul divano.
Brian
lo fissò circospetto. Sembrava molto stanco, molto
affaticato: gli occhi erano
ridotti a due fessure e se possibile era ancora più magro di
come lo ricordava.
Eppure,
ammise a malincuore, anche così, sfatto, a pezzi, con
indosso solo un
accappatoio a fiori che presumeva – sperava
– dovesse appartenere a Kate, era bellissimo.
Come
sa renderti
sentimentale la lontananza, Molko…
Lo
osservò buttare giù un altro sorso di whisky, gli
occhi azzurri vuoti ed
evasivi.
-
Allora – esordì, sedendosi al suo fianco con la
tazzina in grembo e sfilandogli
la bottiglia di mano, - giostriamocela da uomini. Un bicchierino, una
sigaretta, e dopo aver espirato scenograficamente una nuvola di fumo in
faccia
all’altro, la rivelazione.
–
concluse, con enfasi. Matt lo guardò stupito e
scoppiò a ridere.
-
Mi piace. –
-
Lo immaginavo, megalomane che non sei altro. –
-
Tu mi piaci… Non mi ricordavo neanche quanto. –
aggiunse, abbassando la voce e
rubandogli nuovamente la bottiglia di mano. Brian sorrise e gli si fece
più
vicino, sfiorandogli una spalla con la propria, poi gli porse il
pacchetto
aperto di sigarette e gli accese quella che Matt si infilò
in bocca. Lui lo
guardò accendersene una a sua volta.
Brian
fece uscire il fumo dalle in piccole, graziose volute, in attesa. Matt
non gli
toglieva gli occhi di dosso.
-
Allora? – chiese, spezzando il silenzio denso di sottintesi
che si era creato.
Matt
ridacchiò nervosamente.
-
Ho paura. – ammise, tirando una boccata incerta dalla
sigaretta. Brian aggrottò
le sopracciglia.
-
Di cosa? –
-
Che questo cambierà tutto. Che niente sarà
più come prima, tra noi. –
-
Scusami, devo essere rimasto indietro col gossip…
C’è mai stato un “noi”?
–
-
…Che probabilmente non mi vorrai più. –
lo ignorò Matt, lo sguardo fisso
davanti a sé. Brian emise un verso di insofferenza.
-
Te lo chiedi solo adesso? Ma bene… Io me lo sarei chiesto
nel momento in cui mi
fossi messo a scopare con una qualunque attricetta americana non
facendomi più
sentire per sei mesi e costringendo l’altra persona a
scoprire tutto da
internet o dai tabloid. – sputò fuori, tirando
un’ultima boccata rabbiosa dalla
sua sigaretta e spegnendola con un gesto violento nella tazzina
appoggiata fra
le loro gambe. Matt abbassò la testa. – Ma magari
sono solo io, eh, sia mai che
Matthew Bellamy riesca a comportarsi con un minimo di coerenza.
–
-
Mi dispiace. – disse velocemente Matt, la voce roca.
-
A me no. Almeno hai avuto il merito di mettere subito le cose in
chiaro. –
-
Mi mancava Gaia. Mi mancava una donna. –
-
Non mi sembra una giustificazione pertinente! –
sbottò Brian, rivolgendogli uno
sguardo duro. Il labbro inferiore gli tremava. – Non me ne
frega più un cazzo,
Matt, è passato tanto tempo e non voglio né le
tue scuse – che sono patetiche,
lasciatelo dire - né altro. Non servono. Non
c’è mai stato niente, tra noi,
sapevamo entrambi che prima o poi qualcuno… -
Tu…
Ho sempre
creduto che saresti stato tu.
-
…Avrebbe dato un taglio netto. In un modo o
nell’altro. –
Matt
soffocò un’esclamazione che decise di tenersi per
sé. Brian in fondo al suo
cuore si trovò a ringraziarlo.
-
Perché mi hai chiamato? – gli chiese,
più dolce, avvicinando il proprio viso al
suo. – Ero riuscito a non pensarci più. Ero
riuscito a non pensarti più. E ora…
-
Matt
scoppiò in una risatina isterica, passandosi una mano sugli
occhi. Brian lo
sentì prendere dei gran respiri.
-
Matt… -
-
Sai – lo interruppe lui, il volto tirato in
un’espressione sofferente, - penso
di averlo capito solo adesso il vero motivo per cui ti ho chiamato.
–
Brian
si impose di non sembrare così impaziente come dentro di
sé si sentiva di
essere.
-
E cioè? –
Non
dirmelo.
-
Non era finita, sei mesi fa. –
Non
dirmelo…
-
Per me non è mai finita. –
Non…
Farlo…
-
Avevo bisogno di dirtelo, prima di… Di… -
Non…
-
Matt… -
-
Mi accendi un’altra sigaretta, Bri? E’ tempo della
rivelazione. –
Di
nuovo…
Si
rimise l’accendino in tasca, allontanandosi dalla nuvola di
fumo che era
sfuggita dalle sue labbra. I suoi occhi azzurri lo perforavano,
spietati,
inesorabili.
-
Kate è incinta. –
Brian
rimase immobile.
No one’s got it all
No one’s got it all
No one’s got it all
No one’s got it all
No one’s got it all
No one’s got it all.
-
Sai cosa gli
piacciono da morire? I Beatles. Dio, è fantastico. Quella
piccola peste mi
rende più fiero di lui ogni giorno che passa. Insomma, ti
pare possibile?
Niente Aristogatti, niente Sirenetta, niente Cenerentola: no, lui vuole
solo
Yellow Submarine. Ne va pazzo. L’ha visto che lo guardavo una
volta che mi
annoiavo sul tourbus e da allora è il suo film preferito. Mi
ha costretto a
vederlo con lui milioni di volte… Sai come sono i bambini,
no, Matt, sì, forse
non lo sai, ma vedi, loro si fissano periodicamente con qualcosa
– un gioco,
una videocassetta, un gioiello, un animale – e vogliono solo
quel qualcosa per
giorni e giorni, e non c’è modo di
staccarli… Mio figlio… I Beatles… Non
è
meraviglioso? –
-
Beh, sì…
Almeno non ti annoi troppo. –
-
E’ un bambino
prodigioso. Un genio. Tutto suo padre. –
-
Giuro che se
anche un mio ipotetico figlio un giorno farà così
con, che so, Rachmaninov o i
Rage, gli compro tutta Disneyland. –
-
Non esagerare.
Yellow Submarine è quasi un film per bambini. Non era
così impossibile che gli
piacesse!... Ma non puoi sperare di farlo addormentare con Guerrilla
Radio,
rischi di fargli venire serie turbe psichiche – se non le
avrà già congenite,
povera creatura, visto che è tuo figlio… -
-
Incinta… Di te? – articolò, a fatica.
-
No, di Thom Yorke. Sai, un frontman vale l’altro… Ovvio che è incinta di me!
–
-
Di te?! –
-
Sì, di me! Ti pare così impossibile
l’idea che possa fare sesso con qualcuna,
per caso? –
Brian
scoppiò a ridere.
-
Cristo, sì… -
Matt
gli lanciò una gomitata.
-
E’ tutto quello che sai dire a proposito? –
-
Beh, no… Che si dice in questi casi? Auguri? Vento in poppa?
Speriamo che gli
ovuli della tua ragazza siano tipi tosti, così almeno ci
sono qualche speranze
che venga un po’ più simile a lei e un
po’ meno a te…? –
-
Brian, sapevo che la notizia ti avrebbe sconvolto, ma non
così… -
-
Non sono sconvolto! –
-
Sei isterico! –
-
Io sono sempre isterico, me l’hai detto tu! –
-
Sì, ma era una cosa detta con affetto! Una cosa tenera!
–
-
Ma, Santo Cielo… Perché? Non state insieme
neanche da un anno! –
-
Si è… Dimenticata di prendere la pillola.
–
-
Oh, perfetto! Il frutto
dell’amore
fra due persone mature ed equilibrate!... Per favore, Matt, fate a
quella
povera ignara creatura il favore di trovarle un orfanotrofio
confortevole! –
-
Dio, Brian, sei una persona orrenda! –
-
Sono solo obiettivo! –
-
No, sei proprio stronzo, invece! –
Matthew
gli lanciò un’occhiataccia e gli
strappò di mano il pacchetto di sigarette,
prendendosene una con stizza. Brian lo guardò allibito, poi
la sua espressione
si addolcì lentamente, diventando seria e un po’
malinconica.
-
Kate che ne pensa? – chiese, cullante. Matt fece scoccare la
fiamma
dell’accendino con un gesto lento.
-
E’ entusiasta. – rispose, incerto. –
Raggiante. –
-
E tu? –
-
Io… Beh… Non lo so ancora. Da una parte il solo
pensiero di avere un bambino,
un… un… Cody…
- disse, lanciandogli
uno sguardo timido, - …qualcosa che sia come Cody per te, mi
fa impazzire di
gioia. Dall’altra parte… Non so se amo davvero
Kate. E per queste cose sono
sempre stato tremendamente rigido, lo sai. –
-
Lo so. – annuì Brian, sfiorandogli i capelli con
una mano, - E’ una dei lati di
te che mi è sempre piaciuto di più. O tutto o
niente. O sei la mia vita o non
conti un cazzo. O insieme… -
Matt
voltò il viso verso il suo e gli sfiorò il naso
con il proprio.
-
Temo di amare ancora te. – disse, alzando le spalle in un
gesto innocente, come
un bambino colto con le mani nella marmellata. Brian alzò
gli occhi al cielo.
-
Oh, Cristo… -
-
Temo di non avere mai veramente smesso. –
-
Matt… -
Ma
Matt era inarrestabile.
-
Temo… Di star preparando mio figlio a una vita fatta di
bugie. Temo di fare gli
stessi errori di mio padre. Temo di non sapere nemmeno come prenderlo
in
braccio, quando verrà il momento. Temo di non essere in
grado di insegnargli
nulla. Temo di deluderlo. Temo di ingannarlo. Temo di dovergli dire un
giorno
che non era voluto. Temo di dovergli confessare, se mai me lo
chiederà, di aver
tradito sua madre con l’unica persona che per me in quel
momento contava
qualcosa, una persona che non mi meritavo e che ho preferito lasciarmi
sfuggire
dalle mani. Temo di dirgli che appena ho saputo di lui, del fatto che
sarebbe
nato, accanto a me ho voluto fra tutte quella stessa persona,
perché sapevo che
era l’unica che avrebbe mai potuto capirmi davvero. Temo
quello che succederà
ai Muse. Temo quello che dirà Dominic, temo quello che
dirà Chris… Più di
tutto, temo quello che stai per dirmi tu adesso. –
esalò, senza fiato,
piantando gli occhi nei suoi con un coraggio che a Brian parve davvero
straordinario. Perché Matt temeva un sacco di cose, ed era
vero, perché la sentiva,
la sua paura, ma Matt aveva già
scelto. Ed aveva scelto bene. Per la prima volta nella sua vita, forse,
non
aveva scelto unicamente per sé stesso.
-
Sarai un buon padre. – sospirò Brian, accendendosi
un’altra sigaretta e
fissando lo sguardo sulla tv davanti a loro – ogni cosa, pur
di non dover
guardarlo negli occhi. – Farai un sacco di casini, ti
dimenticherai di andare a
prenderlo a scuola, imbarazzerai le sue prime ragazze che saranno
divise fra
l’ammirazione sconfinata che proveranno per una rockstar e le
bieche maniere in
cui cercherai di metterle a proprio agio, ti farai sorprendere a letto
con la
tua amante, non andrai alle sue partite di calcio perché
sarai sempre in tour,
alla sua festa di laurea ti dimenticherai la cravatta… Ma
sarai un buon padre.
Se ho capito bene, sai dell’esistenza di questo marmocchio da
a malapena tre
ore e già ti preoccupi troppo per lui. – disse,
ridacchiando di fronte all’espressione
incredula che Matt aveva assunto, - Tipico atteggiamento da padre.
–
Si
lasciò andare con le spalle sul divano, esausto. Qualcosa
gli ribolliva in
fondo allo stomaco, qualcosa che sapeva quella notte non
l’avrebbe lasciato
dormire.
-
Mi stai davvero dando la tua benedizione? – tentò
incerto Matt, ancora confuso
dalle sue parole. Brian gli sorrise.
-
Sì. –
-
Cioè mi stai lasciando andare. –
-
Sì. –
-
Perché? –
-
Perché sei già di qualcun altro. –
-
Io non… -
-
Oh no, non di Kate… Magari anche di Kate, in futuro,
chissà. E’ pur sempre la
madre di tuo figlio… Queste cose donano un non trascurabile
fascino alle donne,
sai? –
-
Io volevo che tu ti arrabbiassi. Che mi facessi una scenata di gelosia.
Che mi
volessi a tutti i costi con te. – ribatté Matt,
cocciuto, sedendosi
nervosamente sulle ginocchia. Brian gli lanciò uno sguardo
quasi commosso.
-
Ehi, sono padre da molto più tempo di te. Penso di saperle
meglio certe cose,
non trovi? – disse ridacchiando, alzandosi in piedi e
sistemandosi con fare
distratto i pantaloni. Matt lo guardò con aria quasi
disperata.
-
Non voglio che finisca. – dichiarò, serio. Brian
scosse la testa.
-
Avrai altre priorità nei prossimi mesi, fidati. Le voglie
mattutine di Kate, le
raccomandazioni di tua madre, orde e orde di fan incazzate come
bestie… -
-
Non voglio che finisca! – sbottò Matt, alzandosi
in piedi a sua volta e
facendosi pericolosamente vicino. Brian lo fissò con sguardo
sprezzante.
-
E’ già finita, Matt. Cresci un po’. Non
c’è spazio per me nella tua nuova vita,
ed è giusto che sia così. – lo
rimbrottò Brian, costringendolo ad abbassare lo
sguardo.
-
Sembra che non ti dispiaccia. – mugugnò lui, la
voce rotta.
-
Perché è così. Sono felice per te. E
poi, andiamo, sei mesi senza neanche una
chiamata… Non mi stai spezzando il cuore. Il terreno era
già preparato da
tempo. –
Raccolse
il cappotto che aveva appoggiato sulla poltrona e gli si
avvicinò con lentezza.
-
Buona fortuna, mi sa che ne avrai bisogno. –
-
Brian… -
Si
baciarono in fretta, senza lacrime, senza nemmeno pensarci troppo. Era
qualcosa
che andava fatto per tutti e due. Qualcosa che non aveva molto senso,
in quel
momento, ma qualcosa che entrambi avvertivano come necessario. Brian
d’altronde
non se ne sarebbe mai andato senza smentire almeno in parte
ciò che aveva
appena detto: non gli era mai piaciuto davvero saper fingere
così bene.
Voleva
che Matthew sapesse. Ma Matthew, lo seppe per certo, non lo
ascoltò – forse non
lo volle nemmeno ascoltare.
Si
separarono bruscamente. Brian alzò la mano in un cenno di
saluto, infilò la porta
senza voltarsi e si gettò dentro l’ascensore.
Rimirò a lungo il proprio profilo
nello specchio. Dio, che pena.
Sembra
che non
ti dispiaccia.
Perché
è così.
Trovò
la forza di sorridere. Chissà in quali e quante maniere il
figlio di Matthew
avrebbe saputo infinocchiarlo a tempo debito.
I’m the hero of the story
Don’t need to be saved.
Note
dell’autrice:
…e
poteva mancare la mia personale versione Mollamy della notizia? Ma
certo che no
XD
La
canzone che da’ al titolo alla fic e che viene citata
più volte all’interno
della stessa è “Hero” di Regina Spektor
– bellissima, tra l’altro, ascoltatela
<3 – mentre il libro che legge Brian è
“L’Egoista Romantico” di
Fréderic
Beigbeder. Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuta, anche
perché il tema è
decisamente inusuale e io stessa non so cosa pensarne, di questa
storia. In
qualche modo tenero, mi piace. In un altro modo meno tenero –
quello happy end!Mollamy
– mi distrugge, invece XD
Nella
mia testa, mentre scrivevo la storia, Brian crede tutto il tempo che ci
sarebbe
potuta essere un’altra chance – e invece, beh, Matt
gli dice quel che devo
dirgli e Brian si accolla il lavora sporco ç_ç
Che dolore scrivere queste cose
ç_ç
Saluti
a tutti, e buon 2011!
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