servitus
Capitolo I “L'arena e
l'inizio di un nuovo destino”
Le urla della folla nelle
orecchie,nelle narici l'odore ferroso del sangue che le imbrattava le
mani e la spada,la polvere le annebbiava la vista e la bocca era
secca.
Un giorno come un altro.
“Che schifo di vita” pensò,mentre si allontanava
dall'arena,dirigendosi verso le gallerie buie e fresche che
ospitavano gli spogliatoi.
“Uccidere,uccidere e
uccidere per sopravvivere. L'unico vantaggio è la sorpresa,non sai
mai chi affronterai e chi guarderai morire: un romano? Un africano?
Un leone o una tigre? O forse un greco come me?” Il pensiero della
Grecia le fece mutare espressione e i suoi occhi divennero più
tristi e malinconici. Le mancava molto la sua vita semplice e
spensierata,la locanda di sua madre Irene,le cavalcate e le
amichevoli scazzottate con suo fratello Leuco,che l'aveva sempre
amata e che aveva sacrificato invano la sua vita per lei. Molto
spesso si domandava perchè mai avessero scelto proprio
lei,un'innocente ragazza di Anfipoli con la passione per
l'equitazione e le armi. Atene era sicuramente stracolma di persone
come lei,ma il destino era stato ironico e inevitabile come sempre.
Zenos,il famoso mercante di schiavi, aveva infatti deviato il suo
cammino,non si era diretto né ad Atene,nè a Corinto,nè a Micene,ma
ad Anfipoli e l'aveva vista. Mentre trangugiava avidamente la
rinomata zuppa di farro della locanda di Irene,non le aveva staccato
gli occhi di dosso. Aveva deciso che quella ragazza mora e dagli
occhi di ghiaccio sarebbe stata la sua merce migliore,da offrire ai
clienti più facoltosi o alle arene più importanti. Tuttavia dopo
una lunga meditazione aveva scelto la seconda possibilità. “Non si
vedono tutti i giorni ragazze come lei e l'istinto mi dice che dietro
la sua gentilezza si nasconde una vera tigre. Stanotte sarà mia.”
Il rumore delle catene la
riportò alla realtà. Le capitava spesso di perdersi in pensieri
oscuri e il suo passato sicuramente non alleviava le sue sofferenze.
Sebbene fossero trascorsi molti anni,le ferite del cuore sanguinavano
ancora copiosamente. Arrivata nello spogliatoio,si stiracchiò e si
sedette,cominciando a detergersi la pelle dal sudore e dalla sabbia.
(al sangue avrebbe pensato dopo,era il più difficile da pulire e le
sue mani ne erano ormai totalmente impregnate)
Un applauso poco distante
la distrasse. Un uomo di mezza età,ancora bello e prestante,stava
comodamente appoggiato ad un colonna e la guardava compiaciuto.
“il tuo combattimento mi
ha deliziato,complimenti. Non è da tutti sconfiggere in così breve
tempo un gladiatore come Assan,era molto famoso sai? Il guerriero del
faraone.... ma a quanto pare non ha potuto competere con te,la tigre
di Anfipoli!
Xena la principessa
guerriera!”
Xena fece una
smorfia,abituata a ricevere complimenti di quel genere. Il
combattimento con Assan era stato molto più semplice del previsto e
“la tigre di Anfipoli” aveva sbranato un altro sparuto pulcino
nell'arena.
“Bene...hai finito? Non
ho bisogno dei tuoi complimenti e sinceramente le tue chiacchiere mi
fanno solo perdere tempo.” esclamò,continuando a massaggiarsi il
braccio con noncuranza. L'uomo si staccò dalla colonna e si avvicinò
di più a lei. I suoi occhi furbi la squadrarono da capo a piedi e
apprezzarono la sua bellezza. “Da vicino sei ancora più bella,non
te l'ha mai detto nessuno?” domandò con voce suadente,carezzandole
una coscia. Una rabbia irrefrenabile si impadronì di lei e con un
pugno fortissimo colpì l'uomo allo stomaco. “Non osare toccarmi di
nuovo brutto porco schifoso!! Se pensi di poterti approfittare di
me,perchè sono una gladiatrice e tu un uomo libero,ti sbagli di
grosso!!! Non provare mai più a ...” Ma una violenta sferzata la
interruppe. Sentì il sangue caldo colarle sulla schiena. Zenos era
arrivato e si era presentato a suo modo. “Smettila Xena. Quante
volte devo ripeterti di abbassare la testa di fronte ad un uomo?
Ricorda che ho i fili del tuo destino nelle mie mani.... posso
tagliarli quando voglio.” La sua attenzione venne catturata
tuttavia dall'estraneo che,nonostante l'età apparente,si era ripreso
con molta facilità dal copo subito. “E tu chi saresti? Perchè
stai importunando la mia Tigre?” chiese sospettoso.
L'uomo sorrise “Vorrei
comprarla e farla diventare mia schiava”. La semplice risposta fece
scoppiare Zenos a ridere “Tu? Tu vorresti comprare la mia Tigre?”
si battè la gamba divertito e cercò di darsi un contegno
“Scordatelo. E' troppo importante per diventare una misera schiava.
E poi costerebbe troppo per te...” L'uomo si toccò il fianco e si
staccò dalla cintura un sacchetto tintinnante. “I soldi non sono
un problema. Questi sono tremila sesterzi. Ti bastano?” Zenos aveva
gli occhi brillanti,ma scosse la testa spazientito “Tremila? Vuoi
scherzare? Ne vale almeno quattromila!!!Non è facile rimpiazzare una
come lei.”Il romano sorrise e sfoderò il gladio,puntandolo alla
gola del mercante “Tremila andranno benissimo,non è vero? Il fatto
che io sia ricco non ti autorizza ad imbrogliarmi... Mi hai preso per
un sciocco forse?” Zenos deglutì visibilmente spaventato “Ma
certo che no. Stavo solo scherzando!! Tremila sono più che
sufficienti. Complimenti la Tigre di Anfipoli è tua!!” e con una
spinta fece avanzare Xena verso il misterioso compratore. L'uomo
annuì soddisfatto e chiamò a gran voce un altro servo,che si
presentò prontamente con una pesante catena in mano. Era alto e
forte,ma Xena notò sulla sua schiena,lasciata scoperta dalla tunica,
molte cicatrici sovrapposte. La voce forte del suo nuovo padrone che
le intimava di procedere la distolse dai suoi pensieri.
Zenos,però,incuriosito e non ancora del tutto soddisfatto, richiamò
la loro attenzione con un leggero colpo di tosse “Ora che hai
comprato la mia merce migliore,vorrei sapere chi sei per essere tanto
ricco da portare in tasca tremila sesterzi....” Il giovane schiavo
ad un minimo cenno del padrone rispose meccanicamente “Inchinati di
fronte a lui,stolto,egli è Marcello,console della Repubblica
romana.” Goccioline di sudore freddo imperlarono la fronte di Zenos
“Tu sei quel Marcello che possiede quella villa enorme sul colle
Celio? Quello che ha sconfitto Annibale a Nola e che tutta Roma
teme?” Xena rimase interdetta: tutti avevano sentito parlare di
quell'uomo e dei suoi prodigi militari. Persino lo storico Tito Livio
aveva speso lodi per lui e l'aveva definito la spada di Roma. Le
parole di Marcello confermarono i suoi pensieri “Ti avevo detto che
non sono uno sciocco mercante. Vedo con piacere che la mia fama è
arrivata sin qui a Capua!! Bene.... forse non sai che a Roma sono
conosciuto anche per altri motivi....” rivolse il suo sguardo a
Xena “Per esempio per l fatto che i miei schiavi sono i migliori di
tutta Roma.Nessuno di loro si è mai permesso di fuggire,non è vero
Manlio” domandò,dando una sonora pacca sulla spalla del giovane
fermo al suo fianco. “E' assolutamente vero. Sei un padrone giusto
con noi schiavi.” la voce di Manlio era atona e il suo volto privo
di espressione. Chiaramente mentiva.
“Molto bene ora basta
chiacchiere. Manlio facci strada e sorveglia la nostra tigre,non
vorrei che cominciasse a ruggire sin dal primo giorno....” Xena
sospirò: la voce di quell'uomo era troppo suadente e melliflua per i
suoi gusti. Già lo odiava e sapeva che da quel giorno la sua vita
sarebbe stata dura. Vivere nell'arena era sicuramente più rischioso
e difficile,ma Zenos non le faceva mancare nulla per timore che la
sua preziosa tigre non fosse più la migliore gladiatrice di Capua.
Avevano trascorso parecchio tempo nello spogliatoio e il sole stava
per declinare:l'orizzonte era ormai rosso fuoco. Xena si voltò
indietro e osservò l'arena che si allontanava di più ad ogni passo.
Solo in quel momento comprese che quella era stata per lei una casa.
Polverosa,fredda e cupa...ma pur sempre una casa.
Colle Celio,Casa di
Marcello
Il sole morente illuminava con i suoi ultimi bagliori la
campagna circostante. Una giovane donna,avvolta in una leggera tunica
azzurra,osservava il panorama da una finestra. I suoi occhi
verdi,splendenti come due smeraldi,guizzavano da una parte all'altra
lungo l'orizzonte. Ogni giorno era sempre uguale al precedente e
nulla sembrava poter incrinare quella monotonia innaturale e
snervante. Nonostante la giornata fosse calda,un brivido le percorse
la schiena. Cominciò a vagare lungo il corridoio e si diresse verso
il cortile,specchiandosi nel piccolo laghetto di acqua piovana. Il
suo riflesso annoiato la squadrò senza espressione. Scosse la testa
e distolse lo sguardo,sentendosi ancora più sola. In quell'enorme
casa che tutti invidiavano le ore trascorrevano lente,troppo lente.
Non aveva nessuno con cui parlare e il suo consorte non era mai in
casa. “Troppo occupato ad ottenere il potere per curarsi di me!!!”
pensò con rabbia. Essere la moglie di un console e per di più del
famosissimo Marcello non era poi così entusiasmante. La politica
aveva trasformato totalmente l'uomo che amava,facendolo diventare un
pallido spettro del passato. Ormai nervoso,borioso e superbo,lui che
era sempre stato pacato e umile. Tra loro non c'era più il
sentimento gioioso di un tempo,solo rancore e rabbia. “Se solo non
fosse diventato console!!! Se solo non avesse sconfitto Annibale!!!
Forse Roma sarebbe caduta...ma lui sarebbe rimasto l'uomo di un
tempo.... gentile e dolce. Cosa mi è rimasto ormai? Pensa di
comprare il mio affetto con i doni,non fa regalarmi gioielli e
vestiti... Crede forse che io non lo capisca??? La sua non è
gentilezza... è spavalderia...è superbia!!! Solo perchè ora può
ottenere con il denaro tutto ciò che desidera pensa di comprare il
mio rispetto!!! Se qui avessi qualcuno con cui sfogarmi... qualcuno
che possa comprendere il mio dolore... qualcuno che possa curare il
mio cuore ferito!!” Lacrime lente scesero lungo le sue guance. Si
sedette sconsolata su una panca,mentre il vento le scuoteva i lunghi
capelli biondi. Non c'era nessuno,era sola e lo sarebbe sempre stata.
Quante volte aveva pensato di fuggire nelle lunghe notti trascorse
insonni!!! Ma non l'aveva fatto... Si illudeva ogni volta che suo
marito potesse cambiare,tornare quello di un tempo. Credeva ogni
mattina che la giornata che stava per cominciare sarebbe stata
diversa dalle precedenti... Ma si sbagliava e la sua vita
trascorreva piatta. Sapeva che stava sprecando gli anni più belli
della sua vita,chiusa in un palazzo da un uomo che non la amava e non
la rispettava. Era sua moglie,eppure doveva sopportare i suoi
continui tradimenti. Sebbene fosse già maturo con gli anni,Marcello
era molto avvenente e tutte le donne cascavano ai suoi piedi. Chissà
quante volte si era recato in un lupanare a sua insaputa!! Un'altra
donna aveva dormito al suo fianco e aveva assaporato i suoi baci e i
suoi abbracci. Quel tempo per lei era finito. Come un oggetto vecchio
era stata messa da parte. “Tra qualche giorno Marcello tornerà a
casa. Chissà cosa avrà fatto a Capua.... Non voglio nemmeno
immaginarlo. Il suo ritorno metterà tutti in subbuglio e in questa
casa vuota tornerà un po' di vita... o almeno spero...” Le tenebre
scesero intorno a lei e le fiaccole vennero accese nel cortile dagli
schiavi. Con un ultimo sospirò si alzò e si diresse in
casa,ritirandosi nell'oscurità delle sue stanze.
Capua
“E' troppo tardi per mettersi in viaggio.” sentenziò
Marcello,osservandosi intorno. Si erano fermate in un grande spiazzo
verde non molto distante dalla via Appia,la strada che li avrebbe
condotti sino a Roma. I suoi occhi vispi si soffermarono a lungo
verso l'orizzonte,mentre Manlio era intento a montare per lui una
grande tenda. “Le tenebre scenderanno presto e preferisco evitare
di cavalcare di notte. Non si può mai sapere... tu che ne dici
tigre?” Il silenzio della giovane lo divertì ancora di più “Ahaha
che succede? Hai perso la voce e non riesci più a ruggire?” Xena
lo fulminò con lo sguardo:quel tono sornione non faceva che
aumentare la sua rabbia. “Te l'ho già detto una volta,non mi
sfidare. Ora mi hai comprato,ma non sarai mai padrone della mia
mente.... Mai...” Le parole di Xena furono stilettate pungenti per
l'orgoglio di Marcello. Il suo viso divenne furioso “Tu... lurida
schiava... come ti permetti di parlare in questo modo al tuo
padrone?” urlò rabbioso,dandole uno schiaffo. Il labbro cominciò
a sanguinarle,ma i suoi occhi rimasero fermi ed impassibili. “Non
mi fai paura,Marcello. Forse a Roma sei temuto e rispettato,ma per me
sei solo un romano come gli altri. Niente di più... Nessuno può
piegare il mio animo e tu di certo non sei un'eccezione. Leggo la
paura nei tuoi occhi....” Marcello digrignò i denti furioso
“Paura? Tu non sai nemmeno cosa sia la paura. Hai mai partecipato
ad una battaglia? Sai forse cosa vuol dire perdere in due minuti le
persone più importanti della tua vita? No che non lo sai...” Xena
si asciugò il sangue che le colava sul mento impassibile “Si che
lo so. Sono una schiava,una gladiatrice. Credi forse che una lotta
nell'arena sia meno pericolosa di una guerra. A Capua la morte ti
guarda ogni giorno negli occhi,aspettando di coglierti impreparato ad
ogni istante. Non ho nulla da imparare da te. Ti atteggi a
grand'uomo,ma sei solo incattivito dall'odio e dalla superbia.”
Marcello scosse la testa e si allontanò da lei “Ah
cara Tigre... cominciamo molto male...Manlio fa quello che sai.” Il
giovane annùì e piegò Xena in avanti,bloccandole le braccia
nonostante le catene. Violente sferzate colpirono ripetutamente la
schiena della giovane,che ben presto si riempì di piaghe
sanguinanti. Marcello colpiva con sempre maggiore forza e con
un'espressione folle dipinta in viso: malmenare uno schiavo era il
modo migliore per farlo sentire importante e potente. Xena non emise
nemmeno un lamento,limitandosi a tenere gli occhi chiusi e i denti
stretti. Sebbene Zenos l'avesse spesso frustata per il suo
caratteraccio,Marcello era sicuramente più violento. Era l'odio e la
superbia a muovere il suo polso,che seguiva ritmicamente il movimento
della frusta. Finalmente Marcello si fermò. Goccioline di sudore gli
scendevano lungo le tempie. “Ora basta. Come primo giorno credo sia
stato istruttivo per te,Tigre. Questo era solo un assaggio per
dimostrarti quello che potrebbe accaderti se mai proverai a
ribellarti al mio volere. E non osare mai più parlarmi in quel
modo!!! Sono stato abbastanza chiaro???” Xena lo ignorò,intenta ad
osservare il cielo stellato. Ma una lieve pressione alla scapola,le
suggerì di rispondere. “Certo padrone.” e si allontanò scortata
da Manlio. “Perchè mi hai stretto la spalla?” sussurrò al
giovane quando si sistemarono sotto un albero poco distante. Manlio
sollevò le spalle e,presa una benda dalla sua sacca,cominciò a
tamponarle le ferite “Semplice. Per suggerirti di rispondere. Non
ti conviene sfidare Marcello.So quello che pensi...ma lui può essere
davvero crudele. E le mie cicatrici lo dimostrano. Quando ero
piccolo,mi ha punito molte volte...” Xena osservò il suo viso alla
luce della luna: non doveva avere più di vent'anni,anche se i suoi
lineamenti erano stati induriti dalle sofferenze e dalla fatica. “Da
quanto sei suo schiavo?” domandò curiosa. “Ah da sempre. I miei
genitori erano suoi schiavi. Io ovviamente sono di sua proprietà.
Come ben sai a Roma quelli come noi non possono considerarsi genitori
dei propri figli. Si limitano a procrearli,è il padrone che decide
se devono vivere o morire,rimanere o essere venduti. Io sono sempre
stato uno dei suoi preferiti,poichè ho sempre sgobbato più degli
altri. E' per questo,credo,che sono stato risparmiato,anche se ho
tentato tante volte la fuga....” La sua voce divenne un sussurro e
il silenzio che li circondava venne spezzata dal lieve rumore del
vento. Anche lui doveva aver avuto una vita difficile,senza mai
conoscere la libertà. “E i tuoi? Sono ancora in vita?” chiese
Xena,distendendo le spalle e appoggiandosi a terra nel tentativo di
trovare una posizione comoda. Le ferite bruciavano terribilmente.
Manlio la imitò e rimase per un po' in silenzio. Dopo un po' si
decise a rispondere “Non lo so. Sono stati entrambi venduti. Prima
mio padre e poi mia madre. Lei se n'è andata quando io avevo dodici
anni. Non l'ho mai più rivista. Io invece sono rimasto con Marcello.
Ormai sono diventato un uomo di sua fiducia,quasi come se fossi un
suo figlio. Anche se ovviamente i trattamenti che mi riserva non sono
poi così gentili e affettuosi...” “Si. Il suo tocco è delicato
come una rosa...” esclamò ironica Xena,facendo scoppiare Manlio in
una grossa risata. “E tu invece? Come sei diventata la tigre di
Anfipoli?” La domanda raggelò il viso della donna. “Non mi va di
parlare della mia storia.” rispose fredda e si alzò,dandogli le
spalle. Il ragazzo la seguì e si posizionò davanti a lei. “Senti,io
non voglio impicciarmi,ma sappi che di me ti puoi fidare. E
credimi,la fiducia è fondamentale tra noi servitori.,perchè
dobbiamo aiutarci in tutte le cose. Quando arriveremo a Roma,vedrai
che a casa di Marcello noi schiavi siamo una grande famiglia. Ognuno
darebbe la vita per l'altro. Se non vuoi dirmi nulla,non mi offendo.
Me lo dirai quando lo riterrai opportuno,ma sappi che la vita non ha
offerto niente di bello a nessuno di quelli come noi. Credo che tu lo
sappia. Ora però è meglio che tu vada a dormire. La notte avanza e
domattina presto inizierà il tuo cammino verso un nuovo destino.
Marcello è molto mattiniero e pretenderà di partire presto. Riposa
e rifletti. Ti servirà del tempo per comprendere a cosa vai
incontro.” Xena lo vide allontanarsi e cominciare a preparare un
fuocherello per la notte. La tigre di Anfipoli sbuffò e scosse la
testa. Le parole del giovane schiavo l'avevano colpita nel
profondo,anche se odiava ammetterlo. Il suo destino era davvero così
oscuro e nebuloso? “Stai a vedere che sentirò la mancanza di
Zenos...” pensò incredula e allo stesso tempo rassegnata “Domani
mattina presto inizierà il tuo cammino verso un nuovo destino”
aveva detto Manlio. Ma cosa le avrebbe riserbato il fato? Nuove
sofferenze oppure speranze inaspettate? Con una smorfia di dolore si
sdraiò nuovamente e si fece cullare dalla fresca brezza che le
sfiorava la pelle. Sentiva nel profondo dell'anima una grande
agitazione. Era l'incertezza a renderla così inquieta? Non riusciva
a darsi una risposta. “Supererò anche questa. Come ho sempre
fatto.” si disse coraggiosamente e si lasciò andare al
sonno,pensando che il verde delle foglie era il colore più bello che
avesse mai visto.
La mattina seguente
Il risveglio non fu piacevole come desiderava. Un forte
colpo allo stomaco la riscosse dai suoi sogni turbolenti e oscuri.
Aprì gli occhi,ma la sua mente era ancora sconvolta dall'immagine di
sua madre sofferente e in lacrime. Un secondo colpo seguì il primo.
“Insomma vuoi svegliarti si o no misera schiava???” La voce di
Marcello le tuonò nelle orecchie. “Ah già di buon
umore,padrone??” domandò la ragazza ironica mentre si alzava dal
misero giaciglio di foglie. Manlio intervenne in tempo per calmare il
suo padrone. “Padrone le cavalcature sono pronte.Possiamo partire.”
La mano di Marcello si fermò ad un soffio dal viso di Xena. “Bene.
Abbiamo molta strada da fare. Andiamo,non voglio che Gabrielle
attenda troppo il mio ritorno. Muovetevi.” Xena sorrise grata a
Marcello: era la seconda volta che la aiutava in due giorni.
“Sai potrei abituarmi ad avere le spalle coperte da
te. Mi divertirei un mondo a stuzzicare quel bastardo di Marcello.”
Manlio salì a cavallo sorridendo sornione “Non credo che dovresti
abituarti,anche perchè se non la smetti di importunarlo,credo
proprio che ti ucciderà.” Xena squadrò il suo destriero senza
prestargli la minima attenzione. “E ora che hai? Non ti sarai mica
offesa? Stavo facendo solo una battuta...” La giovane balzò
agilmente sulla sella: l'espressione del suo viso cambiò nuovamente.
“Certo che sei strana... Un momento sei tranquilla,poi sei
triste,ora sei felice...”osservò Manlio perplesso. “Non è
niente. E' che questo cavallo è uguale a quello che avevo da
piccola. Me l'aveva regalato mia mamma... Ora basta
andiamo,altrimenti riceverai delle belle frustate anche tu.” tagliò
corto la mora,calciando forte nei fianchi del cavallo.
Manlio rimase indietro a guardarla. Sapeva di aver
incontrato una donna molto speciale,che nascondeva dentro tanta
sofferenza e rabbia. Il cuore si scaldò al pensiero della sera prima
e della sua pelle pallida,squarciata dai colpi della frusta.
“Manlio!!! Muoviti!!!” l'ordine imperioso di Marcello destò la
sua attenzione,facendolo avanzare al galoppo. Si affiancò a Xena a
poca distanza dal suo padrone. “Manlio.. Manlio.... hai fatto
arrabbiare il tuo padrone!!!” Le guance del ragazzo si
imporporarono “Non è certo colpa mia!! Stavo pensando ad altro.”
Xena lo guardò incuriosita,ma decise di non
approfondire l'argomento. “Comunque quanto dista Roma da Capua?”
Manlio emise un sospiro sollevato “Sono tre giorni a cavallo. Ma
sicuramente ci fermeremo per la notte. Viaggiare alla luce della
luna,sebbene sia suggestivo, è particolarmente pericoloso da queste
parti. La Via Appia conduce sino a Roma,è impossibile sbagliare.”
Rimasero per un po' in silenzio. Xena era intenta a
guardare il paesaggio assolato intorno a lei. La pianura verdeggiante
era spesso frastagliata man mano che si allontanavano da Capua. Fu
lei a rompere il silenzio “Chi è Gabrielle?” “Ma non ero io a
fare troppe domande????” esclamò Manlio piccato. Xena sollevò il
sopracciglio sinistro spazientita. “Allora mi vuoi rispondere o no?
O forse devo andare a chiedere informazioni a Marcello??” Il
ragazzo la guardò spaventato “Certo che no! Comunque Gabrielle è
la moglie di Marcello. E' una donna splendida,sembra un angelo.”
“Molto diversa da suo marito allora.” sbottò Xena incurante del
tono di voce. “Abbassa la voce!! Sei impazzita? Tu ci farai
uccidere tutti e due... Comunque stavo dicendo... è Greca come te.
Ma in questo periodo è sempre triste e abbattuta. E lui non migliora
di certo la situazione. Anzi è proprio a causa sua se soffre così
tanto.” Xena fece una smorfia di disgusto,voltandosi indietro per
osservare il suo nuovo padrone,che cavalcava poco distante da loro.
Marcello aveva infatti ordinato ai due di precederlo,perchè temeva
che la bella tigre potesse scappare dalla sua gabbia. Sebbene
sembrasse distratto,i suoi occhi freddi e pungenti scorgevano tutto
quello che c'era intorno a lui. Non aveva mai perso di vista nulla
durante la sua vita né sul campo di battaglia. Era come un
falco,costantemente all'erta,pronto a qualunque insidia gli si
presentasse sul cammino. Non esitava a travolgere tutto quello che
poteva ostacolare i suoi desideri e le sue ispirazioni. “O con me o
contro di me” soleva ripetersi ogni volta. Gabrielle non aveva
rappresentato un'eccezione. Quella ragazza era riuscita a piegare con
la sua bellezza il suo animo audace e conquistatore tanto da
convincerlo a sposarla,sebbene la loro unione fosse stata criticata
da molti. Marcello era molto più anziano della sua giovane sposa e
molti la consideravano più una concubina che una vera matrona. Per
lui non era stato così all'inizio. Ogni cosa aveva assunto un nuovo
significato da quando quella giovane greca era entrata con leggiadria
e grazia nella sua vita. Ma erano ormai passati mesi,anni da quei
momenti. Aveva acquisito tanta fama e potere che tutta Roma era ormai
ai suoi piedi. Aveva sconfitto Annibale ed era diventato console:più
di quanto avesse mai sperato. E aveva serrato il suo cuore all'amore.
Gabrielle era solo un bell'ornamento,un trofeo che rendeva la sua
vita ancora più invidiabile. Un ghigno malefico comparve sul suo
volto. Sapeva di aver fatto soffrire molto la giovane donna con i
suoi continui tradimenti,ma non gliene importava nulla. Contava solo
Roma. Era la sua città,era tutta la sua vita. Ovviamente cercava in
tutti i modi di dissimulare i suoi veri pensieri. Non faceva che
riempire la moglie di doni,regali costosissimi provenienti dai
mercati più importanti e distanti. La poveretta non faceva che
ringraziarlo con gli occhi lucidi,sussurrandogli all'orecchio dolci
parole. Lui la abbracciava e mentiva. Mentire e combattere erano
sicuramente le cose che sapeva fare meglio. “Marcello sei un
fottuto bastardo lo sai? Ed è questa la cosa migliore di te!!!” si
disse,rizzandosi sulla sella e sollevando fiero la testa. Lo sguardo
si posò su Manlio e su Xena,intenti a chiaccherare incuranti dei
suoi malvagi pensieri. Dalla sua posizione arretrata Marcello poteva
gustarsi lo spettacolo delle forme della sua nuova
conquista,compiacendosi di come era riuscito ad accaparrarsela. Il
denaro era sicuramente più potente della spada e lui ne possedeva
più che abbastanza. La sua fantasia si lasciò cullare dal ritmo dei
fianchi di Xena che ondeggiavano ad ogni asso del cavallo. Sarebbe
stata lei la sua nuova preda in un modo o nell'altro. L'avrebbe
sedotta in ogni modo oppure l'avrebbe costretta al suo
volere,incatenandola come si faceva con le vere tigri. Un'idea folle
gli sfiorò la mente “E se avesse ripudiato Gabrielle e avesse reso
Xena sua moglie? Avrebbe potuto liberarla,sposarla in seconde nozze e
presentarla come un nuovo trofeo. Tutti lo avrebbero lodato e
invidiato. E la sua povera moglie sarebbe ritornata in Grecia in
lacrime e abbandonata al suo destino. Chi avrebbe mai pensato a lei?
Chi lo avrebbe mai biasimato? Per lui ci sarebbero stati solo
elogi,lodi.... Roma sarebbe diventata la sua schiava,la sua più
grande conquista. E Xena lo avrebbe seguito nel suo folle piano o
sarebbe stata abbandonata come Gabrielle. O con me o contro di me
Xena. Sta a te decidere.”
Colle Celio,villa di
Marcello
Erano trascorsi tre giorni da quando Marcello era
partito da Capua e Gabrielle attendeva ogni giorno il suo ritorno.
Gli ultimi due giorni li aveva trascorsi piuttosto
penosamente,immersa nei ricordi del passato. Gli affreschi che
ricoprivano le pareti della casa erano ormai diventati gli spettatori
della sua disperazione,l'impluvium al centro del cortile aveva
raccolto l'acqua piovana mischiata alle sue lacrime...
Si stava facendo sopraffare dal dolore e dalla
disperazione. Si sentiva oppressa e circondata da un'aura buia e
misteriosa,che la schiacciava e la soffocava. Non sarebbe riuscita ad
uscirne... non questa volta... La solitudine era diventata la sua
amica più cara,ma la disperazione di quei giorni aveva raggiunto
picchi oltremodo elevati. Si stava consumando per un uomo che non la
desiderava né come amante né come moglie. La trattava come una
bambina da viziare con doni e regali,ma lei sapeva che erano solo
frutto della sua ipocrisia e della sua cattiveria. Non avrebbe
giovato al grande Marcello che il suo ritratto di uomo buono e
generoso venisse offuscato da una moglie insoddisfatta. Sebbene fosse
consapevole di tutto ciò, bastava un suo sguardo più gentile o una
parola più dolce per farla ricadere nuovamente in un limbo di
felicità che si frantumava ad ogni sua assenza. Quante volte lo
avrebbe perdonato? Quante volte ancora avrebbe sopportato? Quante
altre sere lo avrebbe accompagnato,felice al suo fianco,per poi
tornare a casa da sola,aspettando che tornasse il mattino successivo?
Non lo sapeva e odiava pensare che si sarebbe concessa a lui
infinitamente e che ogni volta lo avrebbe perdonato,donandogli tutto
il suo cuore e la sua anima. “Se solo qualcuno potesse ascoltare il
mio dolore! Se solo qualcuno mi comprendesse... Se solo non fossi
così sola...” Quelle parole le offuscavano spesso la
mente,facendola soffrire infinitamente.
Quella mattina il cielo era particolarmente limpido e il
sole illuminava la campagna circostante la casa,facendola apparire
come una distesa d'oro fuso. Gabrielle era distratta dai suoi tristi
pensieri,lo sguardo perso all'orizzonte,mentre il vento le
accarezzava le pallide gote. Ma qualcosa catturò la sua attenzione.
Tre figure,piccoli puntini neri in lontananza,rese informi dal
luccichio dei raggi solari,si stavano avvicinando a grande velocità.
Dopo pochi minuti il cuore di Gabrielle si riempì di gioia: aveva
riconosciuto Manlio,che pareva guidare la comitiva,aveva intravisto
Marcello e il suo destriero nero,ma non capiva chi potesse essere la
terza figura. A quanto sapeva non aspettavano ospiti e dubitava che
Marcello avesse invitato qualcuno dei suoi amici il giorno stesso del
suo ritorno. Strizzò gli occhi e concentrò la sua figura sul terzo
cavaliere. Rimase molto stupita quando realizzò che si trattava di
una donna. I capelli neri si muovevano leggiadri,mossi dal vento
impetuoso e la sua figura era maestosa e possente. Sembrava Diana,la
dea della caccia,pronta ad uccidere la preda che stava inseguendo. Un
brivido le attraversò la schiena. Non aveva mai visto una donna così
bella in vita sua. Quando giunsero nei pressi della domus,i tre
rallentarono la loro andatura e Marcello si pose davanti agli altri
due. Doveva essere il primo a varcare la soglia di casa. Manlio
rallentò e si posizionò rispettosamente dietro di lui,mentre
Xena,incurante,continuò a spingere i talloni nei fianchi del suo
cavallo. Non avrebbe mai concesso a Marcello quello che desiderava.
In pochi metri era riuscita ad affiancare e a superare il suo
padrone. “Schiava! Vieni immediatamente qui!!! Come osi superarmi?
Stiamo per giungere nella mia dimora,non dimenticarlo. Ti farò
frustare se non rallenti e non prendi il posto che meriti...dietro il
tuo padrone come fanno tutti i cani fedeli!” Xena non
rispose,limitandosi a sollevare le spalle e a correre ancora più
veloce di prima. Marcello la inseguì,sputandole contro tutta la sua
rabbia. Gabrielle osservava tutta la scena dal balcone e non potè
che provare ammirazione per quella misteriosa ragazza,che stava
deliberatamente ignorando gli ordini di suo marito. Marcello era così
infuriato che le urla giungevano fino alle sue orecchie.
“Schiava!!!!!!” Xena rideva a crepapelle: quella situazione stava
diventando sempre più divertente. Il suo sguardo era fisso sul
sentiero che li stava conducendo oramai all'entrata della domus. Fu
in quel momento che il mondo intorno a lei si fermò. I suoi occhi
istintivamente si erano staccati dal massiccio portone ed avevano
vagato lungo le pareti giallo ocra della casa,fissandosi poi sulla
creatura più bella che avesse mai visto. Appoggiata tranquillamente
al balcone,stava una fanciulla,i lunghi capelli biondi le ricadevano
sciolti su una spalla,lasciata scoperta dalla tunica verde smeraldo
che indossava. Fu tuttavia il suo sguardo,curioso e timoroso al tempo
stesso, a colpirla dritto al cuore e a farle rallentare bruscamente
l'andatura. Chi era quella splendida donna? I loro occhi si
incontrarono per la prima volta e il cuore di Xena cominciò a
martellarle furiosamente in petto. Era forse Afrodite,la dea
dell'amore in tutta la sua bellezza,ad osservarla? Un forte colpo
alla schiena le fece interrompere quel meraviglioso contatto visivo.
Marcello l'aveva raggiunta e non aveva aspettato a punirla per la sua
insolenza. “E questo è solo l'inizio!!! Te la farò pagare per
tutto quello che hai fatto fino ad ora!”
Gabrielle rizzò le spalle spaventata. La giovane,che
fino a quel momento l'aveva guardata intensamente fin quasi a
scrutarle l'anima,si era accasciata sulla sella. Marcello l'aveva
colpita talmente forte da farla svenire. Il cuore prese a batterle
furiosamente,mosso da una grande preoccupazione nei confronti della
giovane. Cosa le avrebbe fatto suo marito? Decise senza aspettare
oltre di scendere le scale e di andare alle stalle,poichè i
tre,entrati nel portone,erano ormai al di fuori del suo campo visivo.
Arrivata lì,ebbe solo il tempo di vedere Marcello scendere da
cavallo e spingere giù la donna dal proprio destriero,ordinando a
Manlio di trascinarla nelle segrete,dove era solito portare gli
schiavi ribelli. Il ragazzo,con il viso contratto dalla
tristezza,eseguì l'ordine a malincuore. Gabrielle si diresse
velocemente verso di loro. “Dove la stai portando?” domandò
nervosa,senza degnare nemmeno di uno sguardo il marito. Marcello
stupito dal comportamento della moglie ribattè “Ma insomma
Gabrielle!! Non sei contenta di rivedere il tuo sposo? Cosa ti
importa di questa schiava? Doveva essere un regalo per te,ma a quanto
pare ho fatto un cattivo affare...” Poi rivolgendosi con autorità
a Manlio,ancora immobile di fronte a lui,ordinò “E tu Manlio vuoi
muoverti? Portala immediatamente nelle cantine. Dopo che mi sarò
sistemato andrò a trovarla... Sbrigati!!!” Il ragazzo si limitò
ad annuire e,presa Xena per le gambe,cominciò a trascinarla
faticosamente. Gabrielle osservò la giovane,ancora
incosciente,passarle accanto e i suoi occhi si soffermarono sui
lineamenti perfetti e regolari del viso,sul corpo sinuoso e al tempo
stesso possente. Solo la voce del marito la costrinse a distogliere
lo sguardo da quella splendida visione. “Gabrielle si può sapere
che hai?” le aveva chiesto. La donna scosse la testa nervosa e
rispose distrattamente “Niente...non preoccuparti. E' tutto a
posto...”
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