Salve. Questa storia mi appassiona enormemente. E’ la
storia di un uomo forte come la dura roccia delle stesse montagne fuori, ma
fragile e debole dentro come una pallida margherita strappata dalla sua terra
da una Tempesta tonante…
Prologo
Lontano il sole calante illuminava di una fioca luce
rossastra le irte e dure montagne, imbrunite, a tratti, da pallide zone in
ombra macchiate di un triste viola o azzurro, mentre chiare zone allegre
irrompevano con violenza tra la natura. Alberi dalle foglie dorate e dal lungo
fusto in basso a fondo valle e vicino a dove il terreno comincia ad
arrotondarsi verso il cielo; altri gruppi di sempreverde un po’
più in alto, dove il verde scuro e antico della vegetazione nella sera,
s’incontra con il grigio e il bianco più chiaro della dura roccia,
decorata di neve. Nuvole veleggianti e bianche sopra la cima delle varie
montagne, e sopra le creste: attraversano sbrigativamente il cielo da una parte
all’altra senza degnare di uno sguardo le molteplici creste e i molti
speroni, passandole da parte a parte. Rapidi rapaci osservano minuziosamente
ogni cosa, trapassando col loro sguardo l’infinito, padroni del mondo.
Questo è ciò che Jack Dickinson
vedeva in quel meraviglioso istante tra il meriggio e la sera, affacciato
solitario sulla finestra di casa sua, le braccia incrociate sul petto, la
fronte corrugata da pensieri inafferrabili. Il portamento fiero e orgoglioso
era simile a quello cavalleresco dei principi e dei nobili signori del lontano
Medio Evo, così come le forti spalle e il robusto petto, facevano
pensare ai lontani uomini d’un tempo: duri come la roccia e onorevoli.
Gli occhi stanchi parevano quelli di un saggio studioso, che ha conosciuto
tutto della vita terrena e altro non vuole che spingere le sue conoscenze al di
la di qualsiasi nuvola, al di sopra di qualsiasi rapace.
Scarpe sporche e lacere in più punti, camicie
logorate dalle molte fatiche stropicciate e usurate dal tempo, pantaloni di
jeans duri e resistenti dall’aria di essere stati usate molte volte e di
essere stati lavati molte di meno; questo era l’abbigliamento tipico di
Jack. Ma ciò non preoccupava molto i suoi amici, che del suo
abbigliamento poco importava.
Sdraiato su una poltrona del salotto, stanco ma soddisfatto,
stava Cesare, un bellissimo pastore maremmano da più di una tonnellata
di chili con la lingua penzoloni e un serafico sorriso nel volto.
Effettivamente l’unico vero amico di Jack.
Infatti il possente uomo non conosceva da quelle parti
– stiamo parlando delle bellissime montagne colorate del Colorado,
colorate di oro dalle foglie dei loro bellissimi alberi – alcun uomo o
donna che si possa definir in tal modo.
Tagliava legna dai robusti alberi dei boschi, raccogliendone
i ciocchi robusti in corde molto resistenti che trasportava poi nella sua baita
posandosele sulla spalla destra, tenendole ferme con le mani. Spesso scoiattoli
o qualsiasi altro animale che potesse vivere in quei magnifici luoghi, vedeva
Jack camminare pensieroso per i molti sentieri che da solo aveva creato a forza
di camminare da quelle parti e che lui conosceva molto bene, lo sguardo perso
nella natura…completamente preso dal mondo di scricchiolii e sospiri che
lo circondava.
Un uomo molto solitario, che conduceva una vita – se
possiamo dire – in esilio, lontano dagli altri uomini, e felice di questa
lontananza.
Poggiato sulla finestra di casa sua sospirò,
emettendo dalla bocca un grumo d’aria ghiacciata, gli occhi sognanti
rivolti verso il vespro rossastro del tramonto.
<< Questa sera piove >> disse rivolto ad una
persona inesistente accanto a lui, grattandosi il volto. La sua voce sembrava
il rumore di un motore che a lungo non è stato usato.
Attese qualche attimo di silenzio, rotto solamente dal vento
tonante e dal verso stridulo di qualche uccello. Come se qualcuno gli avesse
sospirato qualcosa nell’orecchio, o come se stesse parlando con una
persona conosciuta solo che a lui e invisibile agli altri, piegò il capo
sorridendo.
<< Gia >> disse sognante, il pensiero rivolto
evidentemente a qualche ricordo antico della sua vita passata <<
sarà meglio chiudere le finestre e… portare dentro la biancheria
che sta asciugando…. Potrebbe bagnarsi… >> ben conscio del
fatto che biancheria ad asciugare non ce n’era.
S’allontanò verso una poltrona vicino al cane
Cesare, commosso evidentemente da qualche lontano pensiero, subito rimosso.
Accarezzò con aria triste il bel maremmano.
<< Solo tu sei rimasto a ballare con la
Tempesta… >> sussurrò all’amico, prima di
addormentarsi sulla poltrona lacera, disturbato solo moto incessante del vento
che ancora spirava sopra le montagne, la guancia arrossata dal freddo
trapassata da una trasparente lacrima di passione.
Jack Trussone