Un’ altra storia!!! Si spera anche che sia l’ultima, perché
proprio non ho più idee!!!
Un bacio, Mew!
L’Unico Inferno è Quello Nel Palmo Della Nostra Mano.
*°*
< Ti aspetto alle sette. Al belvedere.
Yoh. >
Ancora una lettera.
Un’altra volta la sua grafia, un’altra volta il suo profumo.
Le sembrava di impazzire, di lacerarsi lentamente.
Di non poter bloccare i suoi sentimenti, di essere in balia
di essi.
Come una persona che annega e che si attacca con le unghie
all’ultima zattera rimasta.
-Non posso farcela…- Anna Kyoyama non aveva desiderio di
recarsi a quell’appuntamento. Alla paura si sommava la diffidenza. Com’era
possibile…?
Yoh era morto.
Si, era morto sotto i suoi occhi. Aveva visto il corpo
martoriato e pieno di sangue, vicino al sorriso impertinente di Hao, che le
aveva chiesto di diventare la sua sposa.
Fino a prova contraria, i morti non scrivevano lettere.
Né le spedivano dall’ufficio postale di Izumo.
-Non posso farcela…- si ripeté nuovamente, in una nenia che
ormai durava da tempo. Soffriva, soffriva fino a che non cadeva nel sonno in
preda a incubi che neppure i suoi poteri riuscivano a scacciare.
A nulla servivano gli amici, a nulla erano valsi gli aiuti
di Jun.
La verità, l’unica, era nascosta dentro Anna stessa.
E a nessuno, mai, avrebbe permesso di vederla.
-Io esco…- mormorò chiudendosi la porta alle spalle, mentre
con passo veloce si recava nel negozio dietro l’angolo.
Appena fuori dalla portata visiva della casa, però, si
accasciò contro un muro, lasciandosi scivolare lentamente a terra. Con
movimenti dettati dall’angoscia si passò una mano sul volto, tormentandosi i
capelli biondi e lisci.
Una bambola.
Una bella bambola di porcellana.
Che poteva frantumarsi ad ogni soffio di vento che
annunciava tempesta.
C’era voluto molto tempo prima che quel qualcosa smuovesse
Anna. Per due anni era rimasta immobile, passiva, in balia degli eventi che la
sovrastavano più grandi di lei.
-Adesso basta!- sibilò, alzando con un movimento repentino
la testa e proiettando il suo sguardo oltre la strada gremita di gente. –Non
posso andare avanti così!- e si levò in piedi, portando il capo in alto,
assumendo di nuovo quel portamento regale che tanto la contraddistingueva.
Mentre un ringhio andava formandosi nel fondo della sua
gola, si trascinò lungo la via fino al negozio, detestandosi per quello che
rappresentava.
Lei, debole.
Non era nata per essere debole, ma bensì per comandare.
Sapeva che non sarebbe durata ancora per molto. O lei, o
l’onore.
Era evidente che uno dei due non sarebbe sopravvissuto.
Schiamazzando due bambini di sette anni o poco più le
passarono accanto, urtandola.
-Mi scusi signorina!!- uno dei due le si fermò davanti,
inchinandosi leggermente.
-Kai, forza sbrigati, sono quasi le sette!! Iniziano i
cartoni, dai dai dai!!!- lo richiamò l’altro, saltellando sui piedi in segno di
impazienza.
-Arrivo!!! Ancora scusi, signorina!!- e corse via,
dileguandosi nel tramonto.
Dal suo canto, Anna era rimasta paralizzata.
Le sette. Si trovava praticamente a due passi dal belvedere.
Come nella lettera… come in quella dannata lettera… il suo
soffio di vento che annunciava il temporale.
Rimase ferma, basita, in mezzo alla strada.
Interminabili attimi di indecisione le scivolarono addosso
senza riuscire a scuoterla.
Ovviamente, vinse l’onore.
E così, seppur con passo malfermo, si avviò verso il parco.
Alla sette in punto si appoggiò alla ringhiera del
belvedere, prendendo un profondo respiro.
-Come pensavo, era solo un scherzo…- i suoi occhi di
ossidiana si rattristarono un poco, velandosi di un alone scuro. –Qui non c’è
proprio niente… qui non c’è Yoh…- mormorò affranta, lasciandosi ancora
scivolare per terra.
Terribile.
-TERRIBILE!- urlò allora, odiandosi per quello che non
riusciva a non provare. –CHE SCHIFO DI PERSONA…. Che schifo di persona sono
diventata…- gemette, lasciandosi andare ad un pianto che sapeva tanto di
autocommiserazione.
Sapeva troppo.
Questa era l’ultima goccia….
-Adesso basta…- sussurrò, tirandosi faticosamente in piedi e
sporgendosi oltre il parapetto.
-Ne ho abbastanza di tutta questa schifezza.-
Con una lentezza inesorabile si eresse in tutta la sua
altezza, osservando il panorama.
-Ne ho decisamente abbastanza.- e con un movimento veloce si
sbilanciò oltre, cominciando a cadere.
E così sarebbe certamente andata, come una sedicenne che si
suicida così, senza un motivo apparente, se qualcuno non avesse afferrato al
volo la sua sciarpa rossa, tirandola indietro, lasciando che il suo corpo si
piegasse innaturalmente all’indietro.
-Anna!- una voce che veniva dal passato la richiamò con
forza.
-Lasciami, lasciami andare!! Non ne hai il diritto!-
strepitava lei, dimenandosi con tutta la forza che il so debole corpo ancora
disponeva.
-Il tuo sposo ha sempre il diritto di esercitare la sua
volontà su di te.-
Anna si bloccò, tornando a poggiare i piedi per terra. Un
sorriso amaro le si dipinse in volto, cancellando le smorfie che lo avevano
deformato poco tempo prima.
-Veramente non è mai stato così…- si voltò con calma,
reprimendo una risatina a fondo gola. –Yoh.-
-Beh si in effetti…- ridacchiò lui, passandosi una mano
dietro al collo con disinvoltura. –Ciao Anna, è tanto che non ci si vede.-
-Sei un cretino, Asakura…- mormorò lei, completamente
spiazzata dal comportamento dell’ex compagno.
Possibile… possibile che dopo due anni che non si vedevano,
lui riuscisse a comportarsi come se niente fosse?
Non espresse quel pensiero, anche perché la sua voce era
strozzata a causa dell’emozione.
Nascose il volto voltandolo verso il paesaggio, socchiudendo
gli occhi di fronte alla luce del sole che andava tramontando.
-Può darsi, ma sono sempre stato così…- minimizzò lui con
un’alzata di spalle.
-Come mai mi hai scritto quelle lettere…? Perché sei vivo,
Yoh?- gli chiese, mentre il desiderio di sapere e la remota speranza di tenerlo
sempre con lei le bruciavano le vene.
-Chi è morto con profondo dolore, Anna, può tornare in vita
con uno scopo.- la sua voce si fece più ovattata e amara, come qualcosa che
lentamente si spegne.
-Vuoi vedere il tramonto con me, vero Yoh? Quello che io ti
ho negato… solo questo…- disse con tristezza, mentre la vista le si offuscava
di dolore. Un peso le opprimeva in maniera insistente lo stomaco, impedendole
di respirare secondo i suoi desideri.
-Si Anna… sai anche tu che non posso tornare qui.-
-Nessuno ha mai detto di rivolerti indietro, Yoh….- rispose
lei secca.
Poi, improvvisamente, il profumo che stava cercando di non
respirare le riempì i polmoni. Le sue braccia forti le stringevano la vita,
schiacciandola a lui, schiena contro petto.
D’istinto, l’itako abbandonò la testa bionda nell’incavo del
suo collo.
-La mia piccola Anna… si vede che hai sofferto…- sussurrò
posandole un bacio sul collo, appena dietro l’orecchio.
-Io non ho sofferto…- mormorò lei, deglutendo con forza per
contrastare il blocco che sorgeva dentro la sua gola, senza che lei potesse far
nulla per impedirlo.
-Bugiarda… sei proprio una bugiarda… non è vero…?-
La stava uccidendo e non lo sapeva.
Stava facendo come, una anno prima, lei aveva fatto con lui.
Le stava mostrando un angolo di paradiso che presto la
ragazza avrebbe dovuto abbandonare.
-Si…- non ce la faceva più, voleva scoppiare a piangere.
Tuttavia qualcosa, dentro di lei, le impediva di farlo. Ancora l’onore
imperversava dentro al suo cuore.
-Guarda Anna….- lei levò lo sguardo umido verso il paesaggio
meraviglioso che le si stagliava davanti. Un tramonto pieno di rosso e
arancione, pieno di fuoco come il suo sangue.
-Sembrava il paradiso, e invece è ancora l’inferno, Yoh…-
sussurrò lei, piena di un sentimento che finalmente poteva esprimere. –Siamo
ancora ancorati a questo inferno di mondo…-
-Già, ma se vuoi, hai il potere di distruggerlo…- le disse,
mentre lentamente, piano, cominciava a dissolversi. La sua presa divenne sempre
meno forte, e il suo sorriso, insieme agli occhi di cenere, lentamente
sbiadivano.
-Va bene Yoh… buon viaggio.-
-Si Anna, lo sarà di certo.- e ridacchiando, come era solito
fare da vivo, lasciò quel posto che tanto aveva significato per lui.
Anna Kyoyama rimase ferma a lungo, pensando a quello che era
accaduto.
Poi, in un impeto di rabbia, ordinò ad uno dei suoi
Shikigami di distruggere la ringhiera di ferro che limitava il belvedere.
-Io posso distruggere tutto ciò, distruggendo me stessa.-
disse risoluta, lasciando che l’onore sbloccasse ogni suo timore.
E prese a camminare verso il luogo in cui era sparito il suo
amato.
Camminò ad occhi chiusi, lasciandosi andare a mille
sensazioni.
Camminò oltre quello che tutti potevano vedere.
Fino che non prese a volare.
.Fine
Mi rendo conto del fatto che è un po’ surreale, ma mi
piaceva così.
A LightAngel, che mi ha dato una < Piccola >
spintarella verso questo sviluppo della trama.
Un bacio bella.