Sei personaggi in cerca d'autore
Eravamo in sei all'inizio.
All'epoca ci conoscevamo solo abbastanza. Abbastanza per stare dentro
quattro muri e non sbroccare. Abbastanza per dirci come la pensavamo.
Eravamo in sei. Sei persone totalmente diverse, con una sola cosa in
comune: giocavamo con le parole.
Io ero lì, con loro.
C’era Luigi, Giovanni, un altro Giovanni e un ragazzo straniero
di nome Hector. Aron Hector. Il padre era tedesco, la madre era
italiana. E poi c’ero io. Mi chiamavano Corso.
Eravamo insieme, a lavorare sul nostro progetto, presso il domicilio di un altro nostro
amico. Alessandro. Lui però non c’era. Doveva
andare ad un matrimonio. Lo aveva promesso.
Quale progetto? Nessuno aveva
un'idea precisa sul perchè fossimo riuniti. Luigi,
quello più spiritoso e simpatico diceva sempre che eravamo
sei personaggi
in cerca di autore. Che umorismo. Personalmente gli avrei dato il nobel.
In
testa però. Non era un sentimento, era un avvertimento. Come gli
diceva sempre Giovanni.
Approposito. Come ho detto prima, di Giovanni ve ne
eran due. Uno era serio, severo, apparentemente
superdotato, diretto ed incapace di mentire. Lo chiamavamo Vero. E lo
chiameremo anche noi così, al fine di distinguerlo
dall’altro
Giovanni, che per comodità chiameremo... Giovanni. Giovanni era,
per dirla tutta… un bambino. Aveva subito un
grave lutto il giorno di S.Lorenzo. Questa perdita ha influenzato
totalmente la sua vita. Meglio non
parlarne.
"Giovanni! Wo sind die Biere?" disse Hector. "Na und? Ho sete! Ste birre? Schnell, su!"
Grande Hector. Un leader. Molto
riservato, ma per questo non meno geniale degli altri. Aveva ideato un modo
tutto suo di vedere le cose. Poteva sembrare un incapace a volte, ma
questo perché usava metodi suoi. Era una tecnica artigianale. Una
specie di morale che spiegava il comportamento. Non ci capivamo molto
agli inizi.
E poi c’ero io naturalmente. Io avevo solo ideato uno metodo personale di
raccontare la realtà e il mondo che mi circondava. Tutto qui. Trovavo il modo alternativo di dire le cose.
All’inizio vi ho detto che eravamo in sei. Orbene? Ne
manca uno direte. L’ultimo aveva un nome strano. Un nome che non
capii subito. Fu l’ultimo che conobbi. Credo si chiamasse
Durante. Se non sbaglio. Era il più vecchio tra noi. Apparteneva
ad un'altra generazione. Era comunque un tipo si che faceva dei trip
allucinanti. Si faceva certi viaggi che nemmeno Hector ed io
insieme
all’oktober fest riuscivamo a fare. Ed Hector era uno forte! Ad
ogni modo, Durante era innamorato di una
ragazza. Dir innamorato era dir poco. Era proprio sotto. Ma
proprio a livelli mai visti. Si chiamava Be.. Bi.. Forse Barbara, ora
nn ricordo. Era un sottone ma anche un vero genio della rima.
Nonostante
questo non riusciva mai a concludere con quella ragazza. Di cui era
follemente innamorato. Non
era del tutto reciproca la cosa. Ma sono sicuro che l’avrebbe
seguita all'inferno e ritorno.
Mi chiedo sempre per qual motivo ebbi la fortuna di lavorare con
loro. Vorrei precisare che noi siamo tutti scrittori e/o
poeti. Con diversi gradi di successo. In effetti alla
fine ognuno proseguiva per la sua strada. Ma fu proprio il fatto di essere
insieme che provocò la ricerca di differenti vie. E
l’individuazione di queste. Tuttavia anche varie conoscenze furono
determinanti. Come fu per Durante. Poverino!
Lo prendevamo tutti per il culo perché con lui non ci stava mai
nessuna. Barbara Portinari, la sua ultima musa, lo
denigrò miseramente. Per questo decise di buttarsi su Beatrice,
la sorella. Principiante. Di lei forse si innamorò ancora di
più. Ma
anche con ella non vi furono i risultati sperati… da lui.
Nonostante la
coprisse di regali, di attenzioni, di poesie… non riceveva
mai
niente in cambio. Marco Ferradini non era ancora nato allora.
Comunque lui dava, dava, dava… ma lei non aveva alcuna
intenzione di dargli una possibilità. E così, grazie a
tutto
questo dare, gli fu concesso il meritato appellativo di -Dante-.
"Dante! Scrivimi una poesia che devo scaricare una ragazza
stasera!" lo minchionava sempre quel minchione di Luigi,
col suo rinomato senso dell’umorismo.
"Dante…
portami una birra! Bitte!" gli ripeteva invece Hector. Quell’epiteto gli procurò una notevole
notorietà.
Mi sono ritrovato molte volte da solo con lui, a
parlare. Eternamente dileggiato, ma un vero genio. Mi
confessava spesso di essere convinto che quella, era davvero la donna della sua
vita. Che con lei era tutto migliore. Si sentiva anche di per sè
migliore. Che lo faceva sentire in paradiso. Ma alla fine lei si
stancò e lo mandò all’inferno. Allora mi sembrava
tutto assurdo. Col senno di poi…
Ironizzando con Luigi,
gli confessai che più che un dramma, mi sembrava una commedia. Luigi sosteneva invece che
gli sarebbe servito un intervento divino. Fu allora che il nostro Dante ebbe l'intuizione. Si
diede alla stesura di quella che all’inizio fu una poesia,
ma che si protrasse per una lunghezza davvero impressionante. E tutta in
rima! Rimasi davvero colpito da questa manifestazione di
bravura. Dalla dimostrazione della dote di cui gli parlavo spesso. Gli
confessai però che secondo me, tutta insieme era troppo.
Forse era meglio dividerla. Magari in tre parti. Gran bel
lavoro. Ma nulla mi toglie dalla testa una cosa. Chissà. Forse se Beatrice gliela avesse
data, non le avrebbe scritto rime tutta la vita! Almeno, è stato un bene
per la sua carriera.
Nel mentre stavo parlando con Hector, con il quale stavo stendendo
un’analisi schematizzata della psiche, un rumore freddo gelò i
nostri timpani. Come spesso capitava, Giovanni aveva turbato la quiete di
Vero. Vero era rincasato con l'ennesima nuova ragazza visibilmente
soddisfatta. Lei si accomodò sul divano mentre Vero andò a prenderle qualcosa da bere.
"Fanne due!" gridò Hector. Già che c'era.
Allora Giovanni, curioso come un gorilla bambino,
approfittò della breve assenza di Vero e si diresse verso la nuova
conquista. Vedendola così estasiata in volto, decise di togliersi un
dubbio. Così le chiese:
"Ma è vero che Vero ci ha
una bella verga??"
Vero, che fu di ritorno in tempo per assistere al
siparietto, sbottò. E tra le obese risate di Luigi, che stava
guardando la prima edizione di “chi vuol esser miliardario”, prese ad
insultare il povero Giovanni, mentre la nuova ragazza, sdignata, aveva guadagnato
l’uscita in tutta fretta. C’è da dire che era
vero, che Vero fosse
più che dotato, non era più solo una leggenda ormai. Data
per certa questa nuova scoperta, Luigi ed io lo ribattezzammo -il
Verga-. Intanto
continuavano a volare insulti a titolo gratuito. Il Verga mandò
a fanculo il povero Giovanni che, spaventato, corse via e si
chiuse in
camera. Hector, andò a calmare il Verga.
"Non te la prendere mein Freund!" gli disse. "Schnapp Sie sich ein Bier! Non
essere troppo verista!" Non ne sono sicuro, ma forse voleva dire veritiero.
Così toccò a me andare da Giovanni. C'era rimasto male, era stato offeso dalle
parole del Verga. Date le
condizioni del povero Giovanni cercai di rimediare.
"Su Giova, non te la prendere." gli dissi.
"Hai sentito?! Le ho solo posto una semplice domanda!"
"Si ma anche tu che domande vai a fare?"
"Ma mi ha testè mandato a fanculo!"
"No! Non ti ha mandato a fanculo..."
"Eh?"
"Ti sbagli. Ha detto fanciullo!" mi stavo arrampicando sugli specchi. "Si si. Fanciullo."
Ci misi un po', ma alla fine lo convinsi del
fatto che gli aveva solo
rimproverato di essere un fanciullo. E che a volte era vero. Non era
molto discreto nel relazionarsi con terzi. A volte ne combinava delle
belle. L’ultima volta, per fare un esempio, si barricò in
camera con le sue sorelle e minacciò di rimanerci per tutta la
vita (non so dirvi molto di loro, a parte che una era juventina). E per
cosa? Solo perchè Luigi lo aveva definito un idiota, reo di
avergli cancellato per errore, l'ultima puntata di Zelig che aveva appena
scaricato. Per
fortuna tutto si risolse per il meglio. Ma non fu facile. Dovemmo far
intervenire un amico di Hector, un certo Sigmund. Un grande.
Dopo alcune ore, lo
convinse ad uscire da quella stanza e a liberare le sorelle. Fortuna che c'era lui.
Comunque, riuscii a
ristabilire la pace tra il Verga e Giovanni con questo
compromesso. Sembrava funzionare. Però chiesi a Giovanni di
portare le sue scuse alla ragazza del Verga. Così
ottemperò alla mia richiesta regalandole un mazzo di tamerici, a
simboleggiare le
proprie scuse. Tutto si risolse ancora una volta. Feci un’altra
richiesta a Giovanni. Gli chiesi di riflettere sulla propria
condizione. Gli chiesi di scrivere le proprie impressioni su questa
critica mossa dal Verga, di fare un tema magari. Alla fine me lo fece
leggere. Molto bello.
Discutevo con Hector della complessità della mente.
"Hector, cosa ne pensi della spirale?"chiesi.
"Dunque... è uno strumento contraccettivo e intercettivo; esso impedisce la fecondazione oppure, laddove questa sia avvenuta, ostacola l'annidamento dell'embrione nell'utero. Dovresti chiedere al Verga."
"Intendevo per rappresentare il ricordo."
"Come?! Davvero?! Ragazzi! Corso ist betrunken! Nass! Evviva!"
"Ma non sono ubriaco..."
"Se non hai bevuto troppo, hai bevuto troppo poco.."
Non avevo bevuto. Ci volle un fitto dialogo col Verga per convincere
quel bilingue di Hector. Intanto Luigi se la prendeva con la
televisione.
"Chi ha procrastinato questo tv led?"
"Giovanni" rispose il Verga. "Per sollazzarsi alla 360 in hd."
"In hd? Ah si? Così posso gratificarmi di
codeste stronzate in alta definizione? Cosa mai è
questo grande fratello?"
Luigi inveiva spesso contro il palinsesto televisivo. A suo dire, era
in grado di fare meglio lui di qualsiasi messa in onda.
"Gente che abusa del proprio quarto d'ora di gloria per poi tornare nell'oblio."
"Ah si? E quali competenze figurano nei loro curriculum vitae?"
"Alcuna."
"Invero gente qualunque può prenderne parte?"
"Ma infatti così è..."
"E questa è l'immagine che viene del popolo?"
"Ognuno ha le sue realtà..."
"Una realtà non ci fu data e non c'è, ma dobbiamo farcela noi, se
vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di
continuo e infinitamente mutabile"
Era rincasato Alessandro.
Seguito da un giovane visibilmente devastato nelle emozioni. Renzo era il suo nome.
|