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di Smirne
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"Cosa vedi davanti a te?"
Terra.
"Descrivila."
Bruna, spoglia, sterile.
"E poi?"
Un tronco. Spicca in mezzo ad uno specchio d'acqua sporca.
"Sopra l'orizzonte?"
Cime appuntite, bucano le nubi. Sono bianche.
"Muoviti."
Fù in questo modo che iniziò quest'altra giornata, fù così che il sole stette di nuovo ad osservare Oraf imparare dal cieco a
vedere, ad espandere la sua mente sino a non aver più bisogno del piano fisico, godendo e traendo nutrimento solamente dai
pensieri, dai sentimenti, dagli impulsi e da tutte quelle altre cose che una mente non preparata non riesce a cogliere.
Ma adesso basta divagare, inizierò col descrivervi il loro primo, forse fortuito, incontro.

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Oraf stava seduto ad un tavolo, nell'angolo più estremo della sala, a sorseggiare da un boccale dell'Ojo scuro, dall'odore e
gusto caratteristico, contemporaneamente nauseante e narcotico.
Non "vedeva", non "sentiva", non "assaporava" la vita, non godeva di nessun agio, di nessuna passione, la sua esistenza era
tremendamente vuota, riempita dal lavoro stancante, dal sesso e dall'alcol scadente.
Nato 31 anni fa, è cresciuto nello stesso paese dove ha vissuto tutta la sua vita, passata a nascondersi sotto le sottane delle
signorine, sia in tenera età che ora.
Qualche anno orsono ha ereditato la locanda del padre, subito ceduta per pochi spiccioli ad uno zio, dal nome inutile da citare,
a causa dela sua totale apatia.
Tornando al tavolo di Oraf, stava a sorseggiare dal suo bicchiere senza interessarsi minimamente alla folla circostante, quando
un viandante piuttosto curioso entrò nel locale.




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