Wait me
Capitolo
VI
“E così Edward
è ricco.”
Era la terza volta che ripeteva la
stessa frase. O forse la
quinta, o la decima …
“Sì”
mormorai, leggermente infastidita.
Non sembrò notarlo.
“Oh, andiamo Bells, non
farmi fare la figura
dell’insensibile. E’ ricco, ricchissimo e
…”
“Non. E’.
Qui.” Sibilai, presa da qualcosa molto simile alla
rabbia. E dal dolore, e dal senso di colpa.
E da mille e altre cose cui non
sapevo ancora dare un nome.
“Bells
…”
Voltai la testa dall’altra
parte, fingendomi occupatissima
nel tagliare i funghi disposti scompostamente sul piano della cucina.
Lo sentii
alzarsi dallo sgabello, poi risiedersi.
“Bella”
sussurrò “Non intendevo …”
“Hai lasciato la tua casa.
La tua famiglia. Il tuo branco.
Mi sembra una giustificazione più che logica”
replicai infantile, alla
disperata ricerca di un coltello che tagliasse decentemente quei
dannatissimi
funghi.
Lo sentii alzarsi per davvero e
andarsene.
Sospirai.
Sarebbe tornato, ridendo. Mi avrebbe
sorriso. E sarebbe
bastato. Ma non quel giorno.
Non bastava che Edward mi avesse
abbandonata, no. Lui mi
aveva pagato l’università, lui mi aveva lasciato
uno splendido bracciale. E io
mi sentivo così sciocca …
E Renesmee era lì. Senza
un padre.
Non ce la potevo fare, da sola. Non
con il mondo che girava
nel verso contrario, proprio adesso …
Proprio quando credevo che fosse
tutto finito.
“Perché
i Volturi se
ne sono andati, Edward?”
“Non
lo so.”
Sì
che lo sai, Edward.
Scuoto la testa.
“Non
lo so.” Ripeto.
Ma la
verità, è che
loro vogliono me.
Fissavo ancora i miei funghi, arenati
sulla superficie
bianca accanto al lavello, lo sguardo fisso e spalancato nel vago
tentativo di
non piangere, quando Jacob tornò in cucina.
Strinsi automaticamente le dita
attorno al coltello,
cosciente che la sua lama seghettata, quella dannatissima lama che non
mi aveva
permesso di tagliare decentemente i funghi, non avrebbe fatto alcuna
differenza, nella ignota possibilità di un violento litigio
tra me e il mio
migliore amico.
Sbattei le palpebre, gli occhi ancora
puntati sulla cena
incompleta, e le lacrime scivolarono delicatamente sulle mie guancie.
Senza
accorgermene, lasciai andare la mia insolita arma, che cadde
rumorosamente sul
parquet.
“Mi dispiace.”
“Lo so.” replicai
con un filo di voce.
E poi, fu silenzio.
Non so quanto rimasi lì,
le palpebre serrate e le lacrime a
scivolarmi sul viso.
Renesmee era fuori, tra la neve,
correndo qua e là con il
sorriso più bello del mondo. La sentivo saltare, correre,
ridere. Jacob aveva
raccolto il coltello, e si stava adoperando per mettere insieme una
cena
decente.
Aprii gli occhi e lo fissai,
adorabile nel buffo tentativo
di aprire un barattolo di fagioli e di controllare allo stesso tempo
Renesmee,
pronto a scattare in caso le fosse successo qualcosa.
Incrociò il mio sguardo.
“Bells …
Tranquilla, qui faccio io.” mi sorrise.
“No” replicai
“Va meglio, ora.”
Ci guardammo ancora e lui,
lentamente, annuì.
Gli tolsi il barattolo ,
l’apriscatole in una mano. Sorrisi
ancora.
“Faccio io”
spiegai “Tu va da lei.”
Feci un cenno verso la finestra che
dava sul giardino, da
dove una bambina dai capelli d’oro rosso ci fissava curiosa.
Annuì ancora.
E sentii che in qualche modo, eravamo
una famiglia.
Era sera, quando mi decisi ad aprire
la valigia e a disfare
i bagagli. Lasciai per ultima la borsa di stoffa, curiosa e diffidente
verso il
suo contenuto.
Alla fine, però, la
dovetti aprire, lentamente.
Ritrovai delle vecchie foto, il
portafoglio, il cellulare.
Recuperai un vecchio portachiavi e i passaporti di Jake e Nessie.
Infine, trovai il piccolo baule.
Ci misi molto, prima di aprirlo,
spaventata e attratta dai
segreti celati al suo interno. Alla fine, vinse l’istinto, e
mi ritrovai a far
scattare la serratura e a sollevare il coperchio.
Gioielli, qualche sciocco gingillo,
qualche biglietto.
Poi, il bracciale.
Il ciondolo del lupo, il cuore di
cristallo e, infine, lo
stemma della famiglia Cullen.
Rilessi lentamente
l’incisione.
‘I
promise the lamb will be a lion’.
Un leone. Un vampiro.
Qualcosa di simile
all’amore, all’istinto, alla speranza si
fece strada dentro di me. Edward, Edward, Edward.
Solo lui.
Sarebbe tornato?
Non lo sapevo, non potevo saperlo. Ma
lui c’era, in qualche
modo. Strinsi a me il gioiello e lo infilai al polso.
Lui c’era.
Jacob mi ritrovò, minuti
dopo, distesa sul letto tra ricchi
gioielli di cui non mi importava niente, rigirandomi tra le mani
vecchie foto e
contemplando un piccolo bracciale, con un cuore di cristallo.
Non era il mio bracciale, quello con
i tre ciondoli, bensì
quello che Alice aveva trovato dentro il pianoforte, l’ultimo
regalo di Edward
a sua figlia.
Lo sentii aprire lentamente la porta
della camera da letto,
poi richiuderla, vedendomi così assorta.
Non fece in tempo, perché
lo richiamai.
Senza una parola, gli consegnai il
bracciale di Renesmee.
Lui mi fissò, confuso.
Sorrisi.
“E’ per
Nessie” spiegai “la ami, un giorno glielo
regalerai.
Prenditene cura.”
Ed entrambi sapevamo che non stavamo
parlando del gioiello.
Erano
lì. Così belle.
Dovevo
proteggerle. E
volevo.
Mi voltai e
scomparvi
nella neve.
Perdonatemi
per il
ritardo. Perdono, peeeeeerdono!
Missy =)
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