Paura del Buio

di RedJoanna
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PAURA DEL BUIO


-Ci può essere stata una microesplosione causata da una fusione nucleare nella rete elettrica, che ha causato un corto circuito!-.
-Sì, certo-.
Entrarono nell'ascensore. Beckett premette il pulsante. Era mezz'ora che Castle formulava teorie astruse su come le telecamere della sorveglianza non avessero ripreso l'omicidio.
-Oppure... oh, aspetta: oppure c'è stato un blackout spaziale istantaneo che ha provocato il buio più totale su tutta la Terra e ha fatto spegnere tutto, stelle comprese, solo per quei pochi secondo necessari a compiere l'omicidio!-.

Le luci si spensero e l'ascensore si bloccò.

-Wooow! Ero a conoscenza del mio talento di leggere nel pensiero, ma non di quello di dirottare il volere degli ascensori!-.
-Castle!-.
-Sì?-.
-Taci e premi il pulsante di allarme!-.
Castle obbedì solo al secondo ordine della detective. Il verbo "tacere" non figurava nel suo vocabolario. Accese la lampadina del suo cellulare. Gettò uno sguardo alla detective e capì che era compito suo impegnarsi per uscire di lì... solo che, beh... sotto sotto non ne aveva nessuna voglia. Era quello che aveva sempre inconsciamente desiderato. Rimanere completamente solo con Kate. Sì avvicinò alle porte dell'ascensore.
-Ho visto un film, un po' di tempo fa, in cui c'erano due che rimanevano bloccati nell'ascensore e, per aprire le porte, usavano una carta di credito-.
-Di cui tu sei pieno, suppongo-.

Castle estrasse una delle card stipate nel suo portafogli e la infilò in tutte le fessure possibili e immaginabili, facendola scorrere come negli scanner ottici dei negozi. La detective si lasciò scivolare sul pavimento dell'ascensore, con la testa tra le mani, nello sconforto, non tanto perché era bloccata nell'ascensore, ma perché era bloccata nell'ascensore CON LUI. Ma non sapeva spiegare quelle farfalle nello stomaco.
-Ops, direi che non funziona-.
-Maddai?-.
Castle rinfoderò la card e si accoccolò sul pavimento dell'ascensore, non vicinissimo alla detective, ma comunque abbastanza per sentire quel suo profumo di ciliegie per cui impazziva. In quel momento, sul cellulare di Castle apparve la scritta "Batteria Scarica" e si spense. Beckett emise un gridolino esasperato.

-Se hai paura del buio, puoi abbracciarmi-.
-Castle, combatto il crimine ogni giorno e dovrei avere paura del buio?!?-.
-Ma quel gridolino così sexy...-.
-NON ERA UN GRIDOLINO SEXY!-.

Castle sbuffò, quasi deluso. Beckett gli fece eco. Uno spiffero raffreddò l'aria stantia dell'ascensore. La detective, che portava una camicetta a maniche corte, rabbrividì e, quasi involontariamente, si raggomitolò su se stessa e perse l'equilibrio, finendo dritta nel caldo abbraccio dello scrittore.

Occhi negli occhi. Farfalle nello stomaco. Guance che vanno a fuoco. Cuori che battono all'impazzata, ma in sincrono.

"Ma quanto può essere fragile?"
"Ma quanto può essere bello?"

Castle sorrise.

-Ma allora hai davvero paura del buio-.
-In genere no... solo quando ci sei tu ad abbracciarmi-.

Lo scrittore avvicinò il capo a quello della sua musa. Aspirò il suo profumo di ciliegie. Chiuse gli occhi. Anche la detective chiuse gli occhi.

-Ragazzi! Come state?-.

Un fascio di luce aveva invaso la cabina dalle porte aperte dal detective Esposito. Fine dell'incantesimo.

Castle sbuffò e Beckett si distaccò bruscamente da lui.
-Abbiamo interrotto qualcosa?-.
-Ma quando mai, Esposito!-.

Lo scrittore si rialzò e uscì dall'ascensore. Ci mancava così poco...

-Castle! Che fai, non vieni nel mio ufficio?-.

La detective sollevò un sopracciglio e sulle sue labbra si dipinse un sorriso che di ingenuo aveva ben poco, che illuminò lo sguardo dello scrittore. Senza quasi accorgersene, Castle seguì Beckett lungo il corridoio.

"Spero che l'ufficio sia al buio"...




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