Lost
souls swimming in a fish bowl.
Ridusse
gli occhi a due fessure, affinando la vista, cercando di distinguere
la moltitudine di capelli neri e perfettamente arruffati di Juliet in
quella piazza gremita di persone che, tendenzialmente, entrambi
cercavano di evitare. E quello era il primo segno di quando Juliet
dovesse essere sconvolta.
La
individuò appoggiata ad un monumento raffigurante Nettuno,
che
rideva con una bottiglia in mano, circondata da ragazze e ragazzi con
i capelli perfetti e le scarpe eleganti.
Ahia.
Si
avvicinò quasi correndo, e senza dire neanche una parola
l'afferrò
per un braccio portandola via.
«Ehi,
Matt! Mi stavo divertendo!» si lamentò, corrugando
la fronte in
segno di rimprovero.
«Sei
ubriaca» constatò.
«Non
quanto vorrei» gli rispose, e prese un altro sorso dalla
bottiglia
che aveva in mano.
La
guardò con aria di rimprovero e le arpionò un
gomito. «Vieni,
andiamo a casa».
Juliet
protestò un po', ma si lasciò trascinare.
«Perché dobbiamo
tornare a casa? Non lo sai che potrebbe entrare l'uomo nero?».
«Qui
l'uomo nero non ha neanche bisogno di entrare»
replicò, alzando gli
occhi al cielo.
«Se
mi deve prendere tanto vale risparmiargli qualche fatica,
no?».
La
fece sedere in macchina, e si affrettò a mettere in moto.
«Allacciati
la cintura» le ordinò.
Si
voltò a guardarlo con il broncio. «Non ne ho
voglia».
«Juliet»
la rimproverò, con lo sguardo serio. Il labbro della ragazza
ancora
terribilmente sporgente. «Juliet, o te l'agganci tu, o
l'aggancio
io».
Sbuffò.
«Ma che senso ha? Tanto voglio morire».
«Non
è vero che vuoi morire. Vuoi solo andare a dormire e
dimenticare
tutto».
«E
non è la stessa cosa?».
Si
voltò a guardarla, interrompendo la sua meravigliosa uscita
dal
parcheggio. «No, non è la stessa cosa. Adesso
andiamo a casa, ti
fai un bagno, affoghiamo i dispiaceri nel gelato alla crema e ce ne
andiamo a dormire».
Juliet
si agganciò la cintura e prese un altra sorsata dalla
bottiglia.
«Perché parli al plurale? Non sei mica tu quello
ubriaco».
«Neanche
tu sei ubriaca, o avresti iniziato i tuoi strampalati discorsi sugli
alieni».
«Li
stavo facendo a quel ragazzo laggiù, i discorsi sugli
alieni. Ho
pensato di risparmiarti questa rottura. Sei tanto carino con
me...»
sussurrò, chiudendo gli occhi. «Lo sai che da
piccola mi sono persa
sulla spiaggia?».
Matt
sorrise, gli occhi ancora fissi sulla strada. «E chi ha avuto
la
malsana idea di ripescarti?».
«Mi
ci dovresti accompagnare, sai Matt? Magari tu puoi aiutarmi»
mormorò, gli occhi socchiusi.
«A
fare che?».
«A
ritrovarmi. Secondo me è lì che son
rimasta».
Espirò,
lui, pesantemente, e cambiò idea all'improvviso sui piani
della
serata. Mise la freccia per svoltare a destra, verso il grande campo
di grano in cui Juliet correva col vestito di lino nei giorni
d'estate. «Secondo me non è vero che ti sei persa.
Hai solo l'anima
che gioca a nascondino, dentro di te».
Juliet
rise. «Le anime non giocano a nascondino, stupido. O ce l'hai
dentro
o non ce l'hai più. Talvolta puoi credere di averla anche se
non
c'è, ma le opzioni finiscono qui. L'alcol aiuta tanto a
capire, sai?
Tieni, bevine un po'».
Gli
porse la sua bottiglia di whisky, sorridendogli, e lui fece di no con
la testa. «Devo guidare. Quando arriviamo ne prendo un
sorso».
«Sei
troppo responsabile, Matt. Non capirai mai come va il mondo se non
bevi un po' di whisky».
Lui
roteò gli occhi, quasi divertito dalla sua filosofia
spicciola di
cui si sarebbe sicuramente vergognata in altri momenti, e
sistemò la
macchina sul ciglio della strada.
«Dove
siamo?» domandò la ragazza, quando lo vide tirare
il freno a mano.
«In
un luogo in cui potremo finalmente porre fine alle nostre crisi
mistiche» rispose, andando ad aprirle la portiera.
Scese
dall'auto, barcollante, e lo guardò come se lui avesse
appena rotto
il vasetto della marmellata. «Il che significa che stiamo per
entrare nella fase “Crisi esistenziale”.
Ottimo».
Matt
rise e la condusse attraverso le spighe, con le stelle sulla testa, e
forse una o due pure dentro agli occhi.
Juliet
si fermò di colpo, ed accarezzò una spiga.
«Io qui ci sono già
stata».
Il
sorriso che si vide rivolgere le fece venir voglia di non aver bevuto
niente, che almeno il giorno dopo non avrebbe dovuto vederlo sbiadito
dall'alcol. «Ci siamo stati l'anno scorso d'estate, e tu hai
ballato
col vento che ti faceva ondeggiare il vestito e poi abbiamo cantato e
suonato la chitarra».
«Tu,
hai suonato la chitarra» lo corresse. «Io non sono
capace».
«Dettagli
insignificanti».
«Nessun
dettaglio è insignificante». Prese un altro sorso
dalla bottiglia e
quasi si strozzò. «Ma è qui che abbiamo
sacrificato la mia sciarpa
in onore di John Lennon?».
«Proprio
qui. Un giorno potremmo venire a cercarla con una pala. Era
bellissima quella sciarpa rossa».
«No,
lasciala lì. Magari nasce un albero di sciarpe»
rispose, sedendosi
in terra.
Lui
la guardò perplesso, poi si sedette accanto a lei.
«Inizio a
chiedermi se sia davvero colpa dell'alcol».
«No,
non è l'alcol. È che una volta che hai visto il
sole tramontare su
un campo di viole o diventi filosofo o perdi il senno, e io di
filosofia ne ho piene le palle» rispose, e si
sdraiò.
Matt
la guardò, i jeans chiari che le fasciavano le gambe, il
maglioncino
pallido che le copriva i fianchi sporgenti e una canotta bianca che
le marcava i seni, e corrugò la fronte, ma sorridendo.
«Ti adoro
quando sei così criptica».
Lei
rise e lo guardò negli occhi. «Io invece ti odio,
come la
mettiamo?».
«Ah,
mi odi, eh?».
Si
sdraiò su di lei ed iniziò a pizzicarle i
fianchi, che lui a fare
il solletico non era capace, ma Juliet rideva sempre, anche se i
fianchi glieli accarezzavi soltanto, e a lui a sentire Juliet ridere
veniva una cosa allo stomaco che somigliava a quelle famose farfalle,
ma più che farfalle erano pterodattili, e ogni volta si
chiedeva
dove diamine si fossero nascosti, quei benedetti dinosauri, quando
gli han fatto la lavanda gastrica due anni prima che aveva mangiato
il salmone salvo poi ricordarsi, poco dopo, che lui al salmone era
terribilmente allergico.
Juliet
rideva e sentiva le dita di Matt sui fianchi, e voleva supplicarlo di
smetterla, ma rideva così tanto che proprio non ci riusciva,
a
trovare le parole. Maledette parole, che, da lei, non si facevano
trovare mai.
Lui
si fermò e si sdraiò accanto a lei, sperando di
vedere le stelle,
ma rideva così tanto che l'unica cosa che vide era un aereo
che
volava lontano, chissà se diretto in America o in Norvegia,
e chissà
se le persone stavano partendo o tornando a casa, e chissà
poi dove
stava la differenza.
«Matt,
ma è vera quella cosa dell'arcobaleno?» gli
domandò, terribilmente
seria, con la voce priva di qualsiasi traccia delle risate di poco
prima.
E
mentre si girava a guardarla, con i polmoni che cercavano di
ritrovare il loro ritmo, si chiese come faceva lei a smettere
così
in fretta, di fare quello che stava facendo, o in generale come
faceva lei ad iniziare così presto qualsiasi cosa volesse
fare,
eccezion fatta per l'essere comprensibile al resto del mondo,
ché
quello aveva smesso all'età di sei anni e non aveva mai
avuto
premura di ricominciare.
«Che
esce sempre dopo la pioggia?».
«La
metafora che ci hanno costruito sopra».
Matt
vide l'aereo scomparire nel nero del cielo, confuso dietro centinaia
di stelle e satelliti, e sospirò.
«Non
ti dimenticherai mai tutto questo, Juliet. Non te lo dimenticherai e
forse è un bene, che il ferro perché diventi
un'armatura dev'esser
fuso, anche se brucia. Però un giorno, e questo te lo giuro,
te lo
giuro su Luke Pritchard,
che ti guarderai indietro e non ti ricorderai perché cazzo
tu sia
stata così male, e ti prometterai di non farlo mai
più, capito?».
E
Juliet sorrise. Sorrise e basta, che le stelle s'incazzarono pure un
po', perché, cavolo, loro erano lì a lavorare,
non è che può
arrivare lei così a brillare più di loro, che
cent'anni di
esperienza dovrebbero avere un certo valore. «Ma io non sto
male,
Matt. Non ho dolore, dentro, perché ci sei tu. Sei bravo, lo
sai? Mi
proteggi a dovere. Solo che tu non puoi aiutarmi a trovare quel che
sto cercando. E allora ho pensato di socializzare col whisky che, a
proposito, aspetta ancora che tu prenda quel famoso sorso».
«E
cosa stai cercando, Juliet? La tua anima?».
«Ma
no, te l'ho detto, Matt. L'anima o ce l'hai o non ce l'hai, o al
massimo dici a te stessa d'averla anche se non realtà non
è così,
che poi sarebbe il mio caso. Io cerco un motivo, sai? E non per
alzarmi dal letto, che quello basta pensare alla rottura di palle di
John se non volendo arrivo tardi al lavoro. Ma per... non lo so. Ci
dev'essere un motivo di base, no? Non voglio pensare che la vita sia
come diceva la mia professoressa del liceo, che diceva che l'essere
umano deve nascere, riprodursi e poi morire, e lì ha
esaurito il suo
scopo. Non è triste, Matt? Io non voglio essere
triste».
La
guardò e pensò che due occhi così
farebbero innamorare anche
Narciso, distraendolo dalla sua immagine riflessa, e si chiese
perché
lei dei suoi occhi non riuscisse ad innamorarsi. Forse
perché lei di
solito s'innamorava dei sorrisi della gente, e forse della gente in
generale, e il cuore ha i suoi limiti.
«Neanch'io
voglio che tu sia triste». L'abbracciò, facendole
appoggiare la
guancia sul proprio petto, e prese quel benedetto sorso di whisky.
«Allora
accompagnami».
«Dove?»
le domandò, accarezzandole i capelli.
«A
Neverland».
E
lui si limitò a fissare le stelle, mentre il respiro di
Juliet
diventava più regolare, ma non pesante, che Juliet era
così
delicata e fragile che persino il suo apparato respiratorio faceva
piano, per non svegliarla, per non turbarla, ché la terra
era tonda
e non si sa mai dove si scatena poi l'uragano causato dal suo cuore
che batteva come ali di una farfalla, e si chiese cosa mai aveva
fatto lui, di buono, per meritarsi una creatura così, e se
mai
sarebbe stato all'altezza, lui, di una creatura così.
Che
alla fine, chissà se erano arrivati poi, quei tizi
sull'aereo.
Avevo
un sacco di dubbi su questa shot, e ne ho ancora un paio, ma la
volevo pubblicare e vabbè.
Non
ho tanto da dire, solo:
a)
Il titolo è una citazione -e che novità.
È una frase di 'Wish you
were here', dei Pink Floyd.
b)
Juliet e Matt non sono nati come coppia. Nella mia testa sono amici,
intimi ma pur sempre amici, però, ecco, giacché
non sono stata
chiara, voi immaginateli come vi pare.
Niente,
fatemi sapere qualcosa, magari. Che questo qualcosa sia “Mi
è
piaciuta” o “Vai al primo ponte che trovi e fai
bungee-jumping
senza elastico” non è poi così
rilevante.
Thank
you,
Human_
(che ancora sta
pensando a cambiare nick ma è troppo
pigra per farlo).
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