Seconda classificata al Free
Contest indetto da AliH sul forum di EFP e vincitrice dei
Premi Miglior Stile e Miglior Introspezione
Parola/e
scelta:
58. Morte; 7. Vita
Citazione
scelta:
33. Respiro la bestia che è in te, e
l’amo. (la citazione è proprietà di
Alih)
Introduzione:
tutte le madri donano la vita. Alcune lo fanno due volte.
NdA:
in questa fanfiction ho descritto le ultime ore della signora
Crouch,
quando decide di sostituire il figlio ad Azkaban e morire al posto suo.
Il tema della morte in effetti è più sviluppato,
ma
quello della vita è collegato al primo, perché la
signora
Crouch decide di sacrificarsi proprio per permettere al figlio di
continuare a vivere. E' molto drammatica, vi avverto!
La madre che amava troppo
Fa freddo.
L’aria ghiacciata attraversa i
miei vestiti, penetra attraverso la pelle, giungendo fin dentro le ossa
di un
corpo che non è il mio. Le pareti della cella sembrano
stringersi intorno a me,
senza lasciarmi via di scampo.
Un brivido mi percorre la schiena
mentre un’ombra silenziosa passa dietro la porta. Poi un
respiro, quasi un
rantolo, annuncia il sopraggiungere di una nuova ricaduta nella
disperazione. Nella
mia testa echeggiano urla, pianti, una supplica.
Scuoto il capo, decisa a non
cedere. Non ho nulla di cui disperarmi: lui è salvo, non mi
importa di nient’altro.
L’ombra passa, ma un altro tipo
di tremore mi assale.
Infilo la mano sotto il mantello.
Le dita stanno tornando ad essere esili e rigide come quelle di un
cadavere: ho
appena la forza di tenere la fiaschetta senza farla cadere. La porto
alle
labbra pallide e screpolate, bevendo una sola goccia della pozione.
Un secondo Dissennatore si
sofferma fuori dalla mia cella, trascinando con sé un gelo
che sa già di morte.
Sento le poche forze che mi
restano venire meno e la mia mente si riempie di immagini e suoni.
« Sei
sicura? »
Una domanda posta
già un milione di volte, sempre con lo stesso tono
incerto e la voce rauca.
«
Sì ».
La risposta
è secca e decisa. Sembra strano che a pronunciarla sia
stata una donna pallida e in lacrime, una donna in procinto di
congedarsi dal
mondo.
Marito e moglie
camminano fianco a fianco. Lui la sorregge perché lei
non ha la forza di procedere sulle proprie gambe.
Passano davanti a
decine e decine di celle. Ogni tanto, tra una sbarra
e un’altra si affaccia un volto devastato. Alcuni prigionieri
si lamentano,
farfugliando parole incomprensibili.
L’uomo
li fissa: il suo sguardo trasmette odio e disgusto. Ricorda ogni
singola sentenza emessa contro di loro. I prigionieri ricambiano
l’occhiata,
biascicano insulti e promettono vendetta.
La moglie lo
supplica con lo sguardo: devono affrettarsi o sarà troppo
tardi.
Raggiungono
l’ultima cella, dalla quale proviene un silenzio
assordante.
Credo di avere la febbre.
Sono costantemente scossa dai
brividi, mentre un sudore ghiacciato mi imperla la fronte, mischiandosi
al bollore
della pelle. Il pavimento umido sembra congelato al contatto con la mia
guancia,
che sta lentamente perdendo il suo calore, proprio come la mia vita che
si sta
affievolendo, soffocata dalle spire gelide della morte.
Sento il fragore del mare in
tempesta che circonda la prigione di Azkaban; il freddo e
l’umidità mi fanno
soffrire ancora di più. Cerco conforto nel calore del
mantello, ma non è
abbastanza lungo da coprire sia la testa che i piedi.
A nessuno importa, comunque. Qui
dentro siamo dannati, maledetti e dimenticati. Nessuno ci considera
più esseri
umani. Siamo soltanto bestie e come tali dobbiamo vivere, almeno per il
poco
tempo che ci resta.
Non avrei mai immaginato di
trascorrere i miei ultimi giorni in una cella di Azkaban, né
di essere
considerata come una dei tanti prigionieri. Ma io sono diversa da loro.
Sono
l’unica innocente e l’unica ad essere entrata di
mia spontanea volontà.
Ma non sono pazza. Sono soltanto
una madre che ama troppo il proprio figlio.
La donna entra
nella cella, il cuore che le batte all’impazzata.
È uno
spazio piccolo e angusto, con le pareti sudice e incrostate di
salsedine. Non ci sono brandine, solo il freddo pavimento di pietra.
Accanto ad un
vassoio di cibo ancora intatto, è seduto un ragazzo con
le gambe flesse e la testa reclinata sulle ginocchia.
Quando sente il
rumore della porta che si apre, alza il volto cereo e
lucido di pianto.
« Barty
» sussurra la madre, inginocchiandosi accanto al figlio che,
per lo stupore, non ha ancora mosso un muscolo.
Lei lo stringe in
un abbraccio soffocante, l’ultima scintilla di
vitalità
in mezzo a tutto quel gelo colmo di angoscia.
Superato il primo
attimo di smarrimento, Barty ricambia l’abbraccio e
si aggrappa disperatamente alla madre, la quale trema quanto lui.
In quel momento
alla signora Crouch non interessa più nulla; non vuole
sapere se lui è colpevole o innocente. Preferisce negare la
realtà, perché le
sembra impossibile che quel ragazzo che ora appare così
debole e spaventato
possa essere un Mangiamorte crudele e senza pietà. Non suo
figlio…
Barty si
irrigidisce all’improvviso: ha appena visto suo padre, che
è
rimasto per tutto il tempo sulla soglia.
La signora Crouch
coglie un’espressione di profondo odio negli occhi
del figlio e cerca di recuperare la sua attenzione.
Gli spiega il
motivo della loro visita mentre lui ascolta in silenzio,
il viso contratto in un miscuglio di emozioni,
dall’incredulità alla speranza e
al terrore.
Forse sono davvero pazza. Inizio
a vedere una realtà distorta, senza capire se la colpa sia
dei Dissennatori o
di allucinazioni create dalla febbre.
Nella mia cella è apparso
all’improvviso un ragazzo. È talmente giovane e
sano che stento a riconoscerlo.
Mi guarda e sorride.
Io cerco di avvicinare la mano al
suo viso disseminato di lentiggini e ai suoi capelli color paglia, ma
sono
troppo debole per raggiungerlo.
La sua presenza, anche se
fittizia, mi conforta. Ogni tanto gli rivolgo qualche sussurro che solo
lui può
sentire. Mi basta guardare la vita che scorre nei suoi occhi per
sentirmi
meglio.
Barty.
Sei tu l’unico ricordo che i
Dissennatori non riescono a portarmi via. Si sono accorti che sto per
morire.
Sono eccitati come non mai.
Sono creature orribili e non
posso pensare che tu abbia dovuto sopportarli per tanto tempo.
Mi è stato raccontato che nei
tuoi primi giorni di prigionia mi chiamavi di continuo. Il fatto che io
non
abbia potuto risponderti in quel preciso momento in cui invocavi il mio
nome
non mi dà pace. Ma adesso sono venuta a salvarti e tu non
devi preoccuparti
ancora, perché non vedrai più queste creature
senza anima.
E io, nonostante questa lunga
agonia che mi sta consumando, sono felice perché tu sei
vivo. Sei tornato a
casa, lontano da qui, dove i Dissennatori non potranno più
farti del male.
Non volevi lasciarmi morire qui,
esattamente come non lo voleva tuo padre, ma è
così che deve andare. Con te ad
Azkaban sarei morta lo stesso.
Io ormai sono vissuta a
sufficienza; tu invece hai ancora un’intera esistenza
davanti.
Adesso sei finalmente libero di
ricominciare. Spero solo che tuo padre te lo permetta…
gliel’ho fatto
promettere.
Le pozioni sono
pronte, è ora di scambiarsi i ruoli.
Madre e figlio si
stringono in un ultimo abbraccio, più intenso del
precedente. Lei gli accarezza il viso, intenzionata a tenere stretto
quel
ricordo fino all’ultimo respiro.
«
Promettimi che ti comporterai bene, Barty » lo supplica, in
un
momentaneo sprazzo di lucidità, perché non
può sempre mentire a se stessa:
nemmeno lei è sicura che suo figlio sia del tutto innocente,
anche se non vuole
ammetterlo.
« Lo
prometto, madre » risponde lui, ma senza guardarla negli
occhi. La
promessa di un ingrato è la parola di un bugiardo.
Per quel solo
istante la donna coglie qualcosa di strano in lui. Il
sospetto la ossessiona. Suo figlio potrebbe essere in
grado di torturare e di uccidere?
“No”
pensa, rifiutandosi di vedere quello che l’istinto le sta
suggerendo. Si rende volontariamente cieca e sorda ai segnali che suo
figlio, eccezionale
mentitore, è sempre riuscito a nascondere a tutti, esclusa
lei.
Ma
l’amore materno le offusca la mente, impedendole di vedere la
realtà
dei fatti. Avverte la crudeltà nei suoi occhi, ma non la
riconosce come tale.
Respira la bestia
che è in lui, e l’ama.
Poi la donna si
rivolge all’uomo che fino a quel momento è rimasto
in
completo silenzio. Ha il volto livido e contratto in una smorfia di
dolore, e
la guarda come non ha mai guardato nessuno. L’unica parte del
suo cuore che non
è ancora morta sta per essere lasciata per sempre in quella
cella, accanto a
sua moglie.
« Vi
prego » dice lei, senza aggiungere altro, perché
entrambi hanno
già capito la sua richiesta silenziosa: ciascuno deve
concedere una seconda possibilità
all’altro.
Padre e figlio
annuiscono, ma senza guardarsi tra loro. Si detestano.
La donna si chiede come faranno a vivere di nuovo sotto lo stesso
tetto, dopo
tutto quello che è successo, e spera che Winky si prenda
cura di entrambi.
Dopo aver bevuto
la Pozione Polisucco e prima di uscire insieme dalla
cella, i due Barty si voltano a guardarla.
« Non
preoccupatevi per me » li rassicura lei.
Bartemius Crouch
senior non riesce a nascondere l’espressione di dolore
e rabbia dipinta sul suo volto. Ritiene che stiano commettendo un
enorme
sbaglio.
Nemmeno lei
è convinta del tutto che quella sia la cosa giusta da fare
ma, osservando l’espressione spaesata di loro figlio, sa che
non lo avrebbe mai
potuto abbandonare lì ad Azkaban.
Il mio tempo qui è giunto alla
sua conclusione. Gli ultimi stralci di vita stanno per abbandonarmi.
Avvicinati, Barty, tienimi la
mano.
Non ho paura di morire; per te
morirei altre cento volte. Ho solo il rimpianto di non poterti
più vedere.
O forse, chissà,
avrò la
possibilità di restarti sempre accanto, anche se tu non
potrai vedermi. Sarò
un’ombra che ti seguirà, qualunque cosa tu faccia.
Non ti lascerò solo.
Ti ho donato la vita quando sei
nato; adesso sto morendo per offrirti una seconda occasione; muoio
affinché tu
viva. Non rendere vano questo mio sacrificio.
Ecco.
Un velo nero sta calando davanti
ai miei occhi. Dove sei finito? Non riesco più a scorgere il
tuo viso.
Un’ultima, estrema domanda sorge
spontanea dai recessi della mia mente prima che io possa impedirlo: ho
fatto la
cosa giusta?
Ma ormai non importa più. Sono
tua madre e ti ho salvato, donandoti la vita per la seconda volta. Sta
a te
fare in modo che non sia stato uno sbaglio.
*Angolo autrice*
Sono davvero
felicissima di aver
pubblicato questa storia, che ho scritto niente meno che ad agosto.
Erano secoli che volevo scrivere una storia
sui Crouch, nello specifico su quella
poveretta che andrebbe fatta santa solo per aver sopportato un marito
del genere e un figlio ingrato.
Alla fine la sua scelta di salvare il figlioletto si è
rivelata
un grosso errore, ma lei non poteva sapere di contribuire al ritorno di
Voldemort, insomma.
Stranamente vado
molto fiera di questa fic. La Rowling ha insistito
molto sul rapporto madre-figlio, sia tra Lily e Harry sia tra Narcissa
e Draco, per non parlare di Molly, e anche questa povera donna meritava
un po' di spazio. Per come la
vedo io, voleva troppo bene a Barty per ammettere quello che era
diventato, e Barty era troppo ossessionato dall'odio per suo padre da
non rendersi conto che qualcuno che gli voleva bene c'era eccome.
Vi lascio ai giudizi e ringrazio Alih
per aver indetto questo splendido contest!
Seconda
classificata - La madre che amava troppo - JuliaWeasley
Grammatica: 10/10
Stile e lessico: 10/10
Attinenza al tema: 10/10
IC e Caratterizzazione
del Personaggio: 10/10
Originalità:
18/20
Giudizio personale: 5/5
Punti bonus: 3.5/3.5
Totale: 66,5
Il viaggio che io ho
compiuto
inabissandomi all'interno della tua Fan Fiction, che oserei definire
con il termine 'claustrofobica', è stato allucinante
all'inverosimile. È stato come immergersi in una storia che
gronda allo stesso tempo sia amore che morte; una storia in cui una
madre prende il posto di suo figlio per salvargli la pelle, per dargli
una nuova occasione per riscattarsi.
Costretta –
giustamente –
a vivere come un animale in gabbia, come una qualsiasi prigioniera.
D'altronde è stata proprio lei a scegliere il suo destino, a
decidere di salvare il suo adorato figlio. Quello che forse avrebbero
fatto altre madri, così come ha fatto lei.
Prendiamo Cissy, ad
esempio. Non
è lei che mente e che complotta per salvare il suo amato
Draco?
Sì, è lei. È lei che stringe con un
patto sgreto
con Severus Piton, perché suo figlio abbia salva la vita.
Aveva
bisogno di certezze. Della certezza che suo figlio Draco fosse rimasto
in vita e che avrebbe superato l'esame a cui Lord Voldemort voleva
sottoporlo.
Ho ritrovato questo
stesso amore
disperato per un figlio nella tua storia, che però si basa
sul
rapporto tra Barty Crouch, il Mangiamorte, e sua madre.
Bellissima storia, tinta
di un velo dark che incanta il lettore, e molto ma molto introspettiva.
Grazie per aver
partecipato a questo Contest!
Miglior
Stile:
JuliaWeasley
Perché il tuo
stile è
descrittivo ma mai superfluo e, soprattutto, riesce a catturare
perfettamente l'attenzione del lettore, incatenando alla lettura della
storia – bellissima storia – che ha di fronte.
Miglior
Introspezione:
Julia Weasley
Perché hai
scavato nell'anima
quasi completamente distrutta di una madre, e lo hai fatto con una
meticolosità e una forza impressionante, ma senza scadere
nelle
banalità.
C'è dramma
nella tua storia: un dramma tangibile che avrei potuto toccare con le
dita.
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