How Can You Mend A Broken Heart?
Si
è spezzato. A giudicare dal rumore, devono essere almeno un milione di pezzi. Un
milione di frammenti di cuore che continuano a ballonzolarti nel petto senza
darti tregua. Devono essere frammenti minuscoli, se sono così tanti, eppure
fanno male.
Ti sorprendi immobile davanti al
computer, imbambolata di fronte al lavoro che si è accumulato durante i giorni
di festa. Giorni in cui ti sarebbe stato più gradito rimanere in ufficio, per
tenere occupata la mente e non ripensare a quella maledetta sera.
Andava tutto bene. Era tutto
perfetto. E invece il tuo cuore è andato in mille pezzi, facendo un rumore
molto simile alla suoneria del tuo cellulare.
Come
si ripara un cuore rotto?
“Sarah, nel mio ufficio” ti impone
Harry, passando accanto alla tua scrivania a passo di marcia.
Come un soldatino, ti alzi e lo
segui. Esattamente come sette settimane fa, quando ti ha convocata per
chiederti di ‘fare un favore all’ufficio’ e darti una mossa con Karl. Sai che,
esattamente come sette settimane fa, ti darà una bella strigliata. E tu ti
sentirai peggio di prima.
“Allora?” ti chiede, appoggiandosi
alla scrivania e incrociando le braccia, come aspettando la rivelazione del segreto
di Tutankhamon.
“Allora cosa?”
“Non fare la finta tonta. Perché non
stai scorrazzando per l’ufficio in preda ad un’euforia incontrollata,
strillando il tuo amore per Karl e mostrando uno scintillante anello di
fidanzamento a tutti, compresa la macchinetta del caffè?” Però, Harry ha
davvero una sfrenata fantasia.
“Non… Karl e io non siamo fidanzati,
Harry.” Natale è passato da due settimane, la sera che tu cerchi di dimenticare
da un po’ di più.
“Come sarebbe a dire che non lo
siete?” ti domanda Harry, visibilmente alterato.
“Sarebbe a dire che non ci
frequentiamo” rispondi, cercando di sembrare naturale.
“Ok. Che diavolo hai combinato?”
“Ehi, un momento! Perché dovrebbe
essere colpa mia?” sbotti, contrariata.
“Non sono io quella innamorata del
capo designer da due anni, sette mesi,
tre giorni e circa un’ora e mezza” risponde, scimmiottandoti. “Anche se il
conteggio dovrebbe essere aggiornato, visto che sono passati quasi due mesi, da
allora” aggiunge, sovrappensiero.
“Harry…” tenti, con scarsa
convinzione.
“No, Sarah. Ascolta, io ti voglio
bene, sei come una sorella. Anche se sei con noi da poco, tengo molto a te” ti
interrompe, facendosi improvvisamente serio e paterno. Riconosci subito la preoccupazione celata nelle sue
parole: hai perso tuo padre troppo presto, quando ne avevi ancora bisogno, e in
ogni uomo cerchi quel senso di comprensione e di protezione che ti sta
dimostrando Harry. “Che cos’è successo? Karen mi ha detto che quella sera ti ha
chiesto di ballare…”
“Sì” ammetti, lasciandoti cadere su
una poltroncina. “Abbiamo parlato un po’, poi mi ha accompagnata a casa, e… abbiamo
quasi fatto sesso.”
“Quasi?
O lo avete fatto, o non lo avete fatto” osserva lui, ancora appoggiato alla
scrivania.
“Non lo abbiamo fatto” ammetti.
Le pupille di Harry si dilatano in
modo allarmante al di là delle lenti. “Non ti sarà suonato il cellulare?”
domanda, a voce alta, conoscendo benissimo la risposta.
“Harry, lo sai, è mio fratello, non
potevo…” cerchi di giustificarti, alzandoti in piedi e iniziando a gesticolare
e balbettare.
“Che cosa voleva?”
“Voleva… parlare con il Papa” sussurri, con un pizzico di vergogna. Non vergogna
per le condizioni di tuo fratello, ma per il fatto di non riuscire ad
affrancarti da quella responsabilità. “Per un esorcismo” aggiungi, come se quel
particolare potesse giustificare la situazione. Harry si porta una mano davanti
al volto, sconcertato. “Harry, non potevo…”
Harry alza l’indice davanti al tuo
volto, invitandoti al silenzio. “Tu”
inizia, puntandoti contro il dito, “hai lasciato un uomo nudo nel tuo letto –
un uomo che tra l’altro ami – perché
tuo fratello voleva essere esorcizzato dal Papa?”
Vista così, in effetti sembra una
cosa stupida. “Non era nudo” puntualizzi. “Non ancora” specifichi, captando lo sguardo di Harry.
“Vattene” ti dice, facendo il giro
della scrivania e tornando a sedersi. “Torna al lavoro, e cerca di riflettere
sulla stupidità di quanto hai fatto. Io nel frattempo cercherò di rimediare, in
qualche modo.”
“No, Harry!” esclami, appoggiando le
mani sulla scrivania. “Non voglio che tu faccia nulla. Non voglio passare per una stupida adolescente che si fa
aiutare dalle amiche per conquistare il ragazzo che le piace.”
“Non mi sembra che tu sia andata
molto lontano, da sola” osserva, lanciandoti una delle sue solite occhiate
sarcastiche. “E ora fuori, ho da fare. Lavoro”
specifica, convinto di fugare i tuoi dubbi.
Torni dietro alla tua scrivania,
ormai spoglia di qualsiasi decorazione natalizia. Hai spazzato via ogni ammennicolo
già il secondo giorno dell’anno, sperando di spazzare via anche i ricordi –
quelli brutti e quelli belli. Purtroppo, togliere agrifoglio e brillantini non
ha cancellato un bel niente: né i ricordi, né il senso di imbarazzo che provi
ogni volta che, per sbaglio, incroci gli occhi di Karl.
Proprio mentre cerchi di ritrovare
la concentrazione necessaria per sbrigare il tuo lavoro, Karl si alza e inizia
a camminare verso di te. Le mani iniziano a sudarti, mentre la gola si fa più
asciutta del deserto e il cuore inizia a battere così forte che probabilmente
anche da Buckingham Palace possono sentirlo. Ma lui non punta verso di te. Ti
supera, riservandoti nulla più di uno sguardo fugace, e raggiunge l’ufficio di
Harry. Senti la porta chiudersi e ti volti di scatto a guardare, ma il caro
Harry, incrociando il tuo sguardo, chiude le veneziane.
Con uno sbuffo, torni al lavoro.
Come
si ripara un cuore rotto?
Trascorri la giornata lavorando
sodo, fissandoti piccoli obiettivi facilmente raggiungibili e sbrigando uno
alla volta tutti i tuoi doveri. Il cellulare squilla una volta sola, verso le otto
di sera. Sei rimasta al lavoro di più, come al solito, ma questa volta hai una
ragione: troppo lavoro arretrato da sbrigare. E certo, vuoi tenerti lontana da
quell’appartamento in cui hai quasi fatto
sesso con Karl. No, in cui non hai
fatto sesso con Karl. Purtroppo Harry ha ragione: certe cose o si fanno o
non si fanno, non ci sono vie di mezzo.
“No,
tesoro, non credo di poterti reperire il numero del capo di Scientology”
rispondi a tuo fratello, piuttosto stancamente. Gli occhi si posano, senza
volerlo, sul tavolo da lavoro di Karl. Anche lui è rimasto di più in ufficio:
lo fa spesso, il che potrebbe far pensare che non ha altro da fare, o… no, ti
imponi di non pensarci più. Per la tua
salute mentale. “No, tesoro, ascolta… no, credo… credo che dovremmo smettere di
vederci e di sentirci così spesso.” Sulle prime, non riesci a credere alle tue
parole. “No, tesoro, io ti voglio molto bene. E’ proprio perché ti voglio bene
che lo dico. No, tesoro, non…” Non riesci a finire, perché ha riattaccato. Rimani
ad osservare il telefono con circospezione, quasi avessi paura di venirne
azzannata. Forse questo farà diminuire le chiamate.
Cerchi
di tornare a concentrarti sul lavoro, ma un movimento davanti a te cattura la
tua attenzione. Karl si sta alzando: lo guardi sistemarsi il cappotto, la tracolla,
lo guardi spegnere la luce. Abbassi lo sguardo, mentre lui si avvicina a te.
Perché si sta davvero avvicinando a te,
adesso. “Buonanotte, Sarah” dice, appoggiando una busta chiusa accanto alle tue
mani.
“Buonanotte,
Karl” rispondi, alzando gli occhi e cercando di non tremare.
Se
ne va, e di lui non resta che una busta. E la scia del suo profumo. Il profumo della sua pelle, che continui a rivedere
davanti ai tuoi occhi, come frammenti di una pellicola rovinata. Chiudi gli
occhi per un istante, e senti le sue mani sui tuoi fianchi, le sue labbra sulle
tue, gli occhi scuri così vicini e brillanti… riapri i tuoi, e ritorni dietro
la tua scrivania, nella semioscurità dell’ufficio.
Come si ripara un cuore rotto?
La
busta bianca non era un sogno: è ancora lì, a pochi centimetri dalle tue mani. C’è
il tuo nome scritto al posto del destinatario, vergato dalla sua calligrafia
ordinata e sottile. Lasci perdere il lavoro, e mentre spegni il computer cerchi
il tagliacarte. Ti è sempre piaciuto il rumore di una busta che viene
strappata, ma non sei mai stata più agitata. Ne estrai un foglio, piegato con
cura in tre parti. La stessa calligrafia ordinata e sottile ti osserva dalla
pagina bianca – un semplice foglio per fotocopie –, e un po’ ti spaventa.
Leggi
con attenzione ogni parola, osservi ogni virgola, e per sicurezza rileggi il
tutto altre tre volte. Poi afferri il telefono e componi il numero di casa di
Harry. “Ciao, Karen. Sono Sarah, scusa il disturbo. Posso parlare un secondo
con Harry?”
“Certo,
te lo passo. Tesoro, è Sarah.”
Aspetti
il passaggio di cornetta, e lo senti sbuffare. “No, non ti aiuterò a cercare un
esorcista per tuo fratello” esordisce.
“Che
cosa hai detto a Karl stamattina?”
“Abbiamo
parlato della nuova campagna pubblicitaria per i chewing-gum al mirtillo.”
“Bugiardo.”
“E
gli ho fatto capire che avrebbe dovuto fare il primo passo, se era ancora
interessato a te.”
“Capisco.
Quindi, tu non gli hai ordinato di
scrivermi una lettera, o altro?”
“Certo
che no. Può darsi che la lettera fosse compresa nell’elenco di cose che gli ho
suggerito di fare per conquistarti, insieme al lasciarti un mucchio di rose
rosse sulla scrivania e aggredirti mentre rientravi dal lavoro, ma…”
“Harry,
mi stai prendendo in giro?”
“Certo
che no. Allora, che dice il nostro enigmatico capo designer nella lettera?”
“E’…
è semplicemente bellissima. Devo averla letta almeno quattro volte” ammetti,
con la voce appena incrinata dall’emozione.
“Avanti,
rendimi partecipe della tua felicità.”
“No,
Harry, non credo che tu voglia sentire quello che dice.”
“E
invece voglio. Avanti, leggila.”
Ti
schiarisci la voce e metti il foglio sotto la luce della lampada, per assicurarti
la massima visibilità, poi inizi. “Cara
Sarah, sono passate un po’ più di due settimane dalla festa di Natale dell’ufficio,
e tu non sai quante volte mi sono trovato a ripensare a quello che è successo. O
che non è successo, dipende da come la vedi. Ho ripensato così tanto a quella
sera che sarebbe consumata, se fosse un oggetto. Forse abbiamo corso troppo,
quella sera. Forse avrei dovuto corteggiarti un po’ meglio, prima di cercare di
infilarmi nel tuo letto. Sicuramente avrei dovuto corteggiarti. Il fatto è che sono
sempre stato un disastro in queste cose, e per me riuscire a rivolgerti la
parola, riuscire a ballare con te… era già una forma di corteggiamento. Per questo
mi hai visto irritato, dopo la chiamata di tuo fratello. Ero arrivato ad un
punto che non avevo mai osato nemmeno immaginare, e improvvisamente tutto stava
svanendo davanti ai miei occhi. Ho sentito il cuore spezzarsi, mentre parlavi
con lui. È andato in un milione di pezzi. Pezzi che continuano a fare un rumore
infernale. E da quella sera non faccio che pormi una domanda: come si ripara un
cuore spezzato?” Fai una pausa e prendi fiato. “Come si ripara un cuore spezzato? Non sono ancora riuscito a trovare
una risposta. La sola cosa in grado di consolarmi è che forse – se sei la donna
che ho imparato a conoscere e apprezzare – tu ti senti esattamente come me. E allora
rivolgo a te quel problema che io non sono in grado di risolvere: come si
ripara un cuore spezzato?” Ti fermi, e assapori ancora una volta il suono
di quella frase – una frase che ti ha accompagnato per l’intera giornata.
Mentre
aspetti un parere di Harry, in sottofondo senti quella che assomiglia alla voce
del Primo Ministro: “Accidenti, è un poeta!” esclama.
“Harry,
chi è stato a parlare?” domandi, sospettosa.
“Mio
cognato. È qui a cena con la sua fidanzata.”
“Tuo
cognato… il Primo Ministro?”
“Esatto.
Oh, mi sembra doveroso informarti che sei in viva voce.”
“Come
sarebbe a dire? Vuoi dire che tutti hanno sentito la lettera? Sei un brutto
figlio di…”
“Ci sono i miei figli” ti interrompe.
“E poi sono il tuo capo.”
Ti copri il viso con una mano,
sconvolta. Il Primo Ministro ti ha appena sentita leggere una lettera in cui
Karl si scusa per i tuoi errori. E sua
sorella, la moglie del tuo capo, ti sta dando il parere che tu avevi chiesto a lui. “Sarah, io credo che Karl sia
davvero preso. Insomma, si vede.”
Si
vede? E allora perché tu, in quasi tre anni, non te ne sei mai accorta? “Che
cosa devo fare?”
“Chiedo scusa per l’intromissione”
esordisce il Primo Ministro, schiarendosi la voce, “ma io le suggerisco di
andare a parlare con quest’uomo. Insomma, non sono cose che si possono
risolvere per lettera. Ma questo è solo il mio parere.”
Pagheresti, per vedere la tua
espressione in questo momento. “Oh, io… io la ringrazio, signor Primo Ministro.”
“Magari Harry potrebbe darle il
numero di telefono di questo…”
“Karl” lo informa Karen.
“Karl”
ripete il Primo Ministro. “Magari potrebbe chiamarlo, e potreste fissare un
appuntamento.”
“Esatto, sarebbe un’ottima idea!”
esclama Harry, che subito dopo ti legge le cifre del numero di Karl.
Dieci minuti più tardi, ti stupisci
di te stessa. Hai appena inviato un sms – anonimo – a Karl.
Come si ripara un cuore spezzato? Non
lo so. Forse possiamo scoprirlo insieme.
Note
dell’Autrice
Ho adorato questo
film dal primo all’ultimo istante, compresa la scena in cui il Primo Ministro
balla per i
corridoi di Downing Street ^^
Però non sono mai
riuscita a digerire il fatto che Sarah e Karl non siano riusciti
a combinare nulla.
Non è giusto, punto e basta.
E allora,
basandomi sul titolo di una celebre canzone di Al Green,
ho scritto questa
ff.
Speriamo in bene.