Acqua alta.
In questa stagione succede
spesso. I
Veneziani non ci fanno neppure troppo caso. Tirano fuori gli stivali
di gomma e proseguono lungo le loro vite.
È bello stare a
guardarli, ai margini
delle loro esistenze.
Raccolgo la gonna con una
mano, se si
infradicia tende ad appesantirsi e diventa fastidioso camminare con
del tessuto bagnato che sbatte contro le caviglie.
Non mi piace questa figura,
ma immagino
di dovermi ritenere fortunata. In passato ci dipingevano come
scheletri calcinati, vestiti in tonaca nera e con una falce fienaia
in mano. La falce mi è rimasta, anche se non fa
più parte
dell'equipaggiamento d'ordinanza. Preferisco avere le mani libere
quando lavoro, se di lavoro si può parlare. Accompagnare chi
passa
oltre e si libera della carne è più che altro
volontariato. Nessuno
diventa una Guida o un Custode del Viaggio senza volerlo intensamente
e in ogni caso nessuno ci paga per farlo. Semplicemente si comincia
aiutando gli altri trapassati... e d'improvviso ci si ritrova in
grado di percepire dove qualcuno sta per distaccarsi dal suo corpo.
È
più facile aiutarli, se si arriva in anticipo. La falce
è un
vecchio orpello che mi sono ritrovata in mano esattamente dopo il mio
terzo... intervento. E' stato allora che ho cominciato a cambiare.
Cammino verso la fermata
del traghetto,
sciaguattando scalza nell'acqua che mi arriva alle ginocchia. Sono in
anticipo, posso godermi tutto il giro panoramico sul Canal Grande.
Gli altri non capiscono la mia fissazione per i mezzi pubblici quando
potrei tranquillamente essere dove desidero senza pensarci per
più
di un paio di secondi. Fingo di essere viva, ancora? Forse. O forse
mi piace semplicemente guardare le persone mentre vivono.
Mi incuriosisce vedere come
ci cambiano
i ricordi e le aspettative dei viventi. In questa era di emo gothic,
le Guide delle Anime hanno guadagnato una pelle pallidissima, una
magrezza anoressica, un seno abbondante, occhi e capelli neri, un
trucco piuttosto pesante e abiti similmedievali. I Custodi del
Viaggio, la nostra controparte maschile, ha subito l'influsso di Brad
Pitt in Meet Joe Black, così ora la maggior parte di loro
appare
vestita con costosi abiti firmati e scomodissime cravatte. Sono quasi
tutti biondi. Nei miei ricordi sono ancora una ragazza bassina e
rotondetta, non particolarmente notevole eccetto gli occhi. Mi sono
sempre piaciuti i miei occhi nocciola. Gli specchi non mi riflettono
più. Ciò che vedo nelle cornici e nelle vetrine
non sono io... ma
ciò che i morti si aspettano di trovare: una donna
nè vecchia nè
giovane, con lunghi capelli neri, occhi vuoti e un abito nero
incollato ad un corpo impossibile. Odio questa figura, ma so che con
gli anni cambierà. L'immaginario è argento vivo
nelle mani dei
media.
Le pale del traghetto
martellano
l'acqua. Dove nelle altre città arrivano gli autobus, a
Venezia
approdano i traghetti. Mi confondo tra gli altri passeggeri quando
salgono a bordo. Qualcuno mi urta, ma sarà convinto di aver
urtato
la persona dietro di me. Evito di sedermi. Ai vivi parrà una
sedia
vuota su cui non se la sentono di accomodarsi e non voglio lasciare
in piedi nessuno.
Ho preso il traghetto
panoramico e mi
godo, appoggiata al parapetto del ponte, la vista sul Canal Grande.
Piazza San Marco coperta d'acqua si apre davanti alla Basilica, e
anche se sono morta sento il cuore cadermi dal petto.
La piazza era
identica. Ero in piedi
su una passerella di fronte alla Basilica e abbracciavo il ragazzo
biondo. Le sue labbra erano calde sulle mie. Sapeva di menta e un
vago odore di tabacco gli aleggiava attorno.. Masticava chewingum per
coprire l'odore del fumo, ma amavo quell'odore su di lui, mescolato
al dopobarba al pino.
Non mi ero nemmeno accorta
di aver
chiuso gli occhi. I ricordi della vita sono sempre così...
violenti,
improvvisi, come se quel momento fosse intatto, cristallizzato nel
tempo. La bancarella di cazzate per turisti sfila davanti ai miei
occhi quando il traghetto la supera. È chiusa, chiaramente.
Nessuno
si mette in piazza a vendere stupidi oggetti in verofinto vetro di
Murano. Porto la destra al collo ugualmente, incontrando un oggetto
duro, liscio, caldo del mio corpo.
Non si era mai
materializzato prima e
me ne chiedo il motivo, seppure sia troppo abituata ai mutamenti di
questo... corpo per stupirmi davvero. Lo accarezzo a lungo,
riconoscendo le forme tondeggianti del mio portafortuna a forma di
cuore. È di vetro bianco, ma all'interno una sottile
polverina
dorata disegna una fiamma al centro.
La bancarella
grondava chincaglieria
made in China. Oramai era difficile distinguere il vero vetro di Murano
dalle carabattole contraffatte vendute dai pachistani. Mentre
osservavo distrattamente gli orecchini a forma di maschera conficcati
in un supporto di velluto, un raggio di sole fu catturato dal
supporto con i ciondoli appesi a semplici nastri di organza nera. In
mezzo agli altri un bagliore dorato calamitò la mia
attenzione. Un
piccolo cuore di vetro che intrappolava una polverina scintillante.
Era bello, mi sarebbe piaciuto portarlo. Chiesi il prezzo, con il
solito imbarazzo che mi assaliva quando trattavo con persone che a
malapena capivano la mia lingua, come se fossi io in difetto.
-Oto euri-
Otto euro erano
abbastanza da far
scattare la mia coscienza economica. Il dispiacere mi si leggerva in
faccia quando Marco mi raggiuse. Non disse nulla quando tornai ad
appendere al supporto il cuoricino con l'aria di qualcuno che stesse
seppellendo un parente.
Posso
quasi sentire
di nuovo le sue dita calde accarezzarmi il collo per legarvi il
cordoncino, il peso freddo del ciondolo che mi si annida sul petto
riscaldandosi al calore del mio corpo. Fa male, quel ricordo. Me
l'aveva regalato per il mio compleanno, due settimane dopo. Due
settimane prima che morissi.
Scendo
davanti alla
Basilica, tornando a sciaguattare nell'acqua senza curarmi di
sollevare la gonna. Non mi importa. Non mi importa più di
nulla di
quello che accade a questo corpo morto. Potrei buttarmi nell'azoto
liquido e non succederebbe un accidente.
Se il
mio
portafortuna è comparso una ragione c'è. Le Guide
delle Anime
vengono definite da ciò che coloro che stanno per morire si
aspettano. E nessuno.. a parte una persona.. potrebbe desiderare di
vedermi in quel momento. Nessuno potrebbe focalizzare tanto bene quel
ciondolo che portavo sulla pelle nuda, sotto i vestiti, sempre, a
parte quel primo giugno dove faceva abbastanza caldo per indossare un
prendisole. Giallo.
Era
giallo.
Il sole entrava
dalla finestra,
filtrato dalle tende rosse accostate. Una sedia davanti alla porta
dava l'illusione di essere soli. Mia madre non c'era. Marco mi
sfilò
la maglietta dalla testa e mi accarezzò la schiena con la
punta
delle dita, come se fossi fatta di vetro soffiato. E mi sentivo come
uno di quei graziosi calici, in quell'istante, arroventato dal fuoco,
forgiato dal soffio e fragile come un sogno. In quell'istante il mio
ciondolo catturò di nuovo il sole, e Marco sorrise scendendo
a
baciare l'incavo dei seni dove si annidava la punta del mio cuore
portafortuna.
Entro
nella
Basilica. I volti dei santi a mosaico sembrano guardarmi dall'alto,
sbirciando dai costoni delle volte a crociera. Il pavimento coperto
dall'acqua è ondulato per i cedimenti del fondo sabbioso
della
laguna. Dolci curve che i mosaici che componevano anche il pavimento
seguivano senza spezzarsi. Lo sento sotto la pianta dei piedi, come
se avesse ancora senso per me stare attenta a non scivolare.
La
gente viva viene
qui per pregare o ammirare le opere d'arte. La gente morte viene qui
per incontrarsi e parlare. Sia chi ha avuto fede, sia chi non ne ha
mai avuta prima o poi viene qui. Noi siamo oltre il tempo.. ci sono
morti che vengono qui e vi rimangono per talmente tanto tempo da far
pensare che siano sempre stati lì.
Scorro
con gli
occhi le panche. Non ci sono vivi, oggi, come mi aspettavo.
L'uomo
seduto
sull'altare sembra stranamente in accordo con l'ambiente. Veste un
tunicone di lino grezzo e un paio di sandali di legno e corda. Joshua
ha sempre un certo grado di senso dell'umorismo. No, non è
Gesù
Cristo Morto e Non Risorto. Anche se l'età è
quella giusta e ha la
barba e i capelli di un figlio dei fiori, in vita era un barbone
morto di freddo a metà degli anni Quaranta.
E'
semplicemente
qualcuno che da morto si diverte molto più che da vivo.
-Ciao
Josh- La mia
voce rieccheggia lungo le navate più di quanto sarebbe
lecito.
Un'altra delle aspettative dei defunti recenti.
-Morte
Misericordiosa, seducimi!- Scoppia in una risata calda, quasi
sensuale. Prima di morire doveva essere un disastro, come tutti i
Clochard. Adesso è quasi un bell'uomo. E' singolare come a
parte le
guide delle anime, che vengono marchiate dai pensieri dei morti di
giornata, i defunti con l'andare del tempo scelgono il loro aspetto,
non ho ancora compreso se consciamente o inconsciamente. -Cosa ti
porta qui, Sarà? Sei alla ricerca di una nuova mistica
condizione?-
Mi
chiamo Sara...
ma Joshua ha la tendenza a chiamarmi con una variante francese
maccheronica del mio nome. Tutto sommato mi piace. Joshua è
stato il
mio Custode del Viaggio, ma in modo del tutto involontario. Mi
spiegò
candidamente che mi conveniva trovarmi qualcosa da fare,
perchè
visto che il suicidio non era più praticabile, stare tutto
il tempo
a piangermi addosso lacrime ectoplasmiche era la via più
breve per
far impazzire me e lui.
-Il mio
portafortuna. È riapparso.- scandisco soltanto.
Si
avvicina. Mi
guarda. Sorride, poggiandomi le mani sulle spalle. Possiamo toccarci
tra noi.
-Quando
succede è
una bella cosa, Sarà. Hai aspettato anche troppo, per conto
mio.-
-Cosa
intendi?-
Aggrotto le sopracciglia
-Che se
i Morti non
trovassero il loro paradiso, prima o poi... il mondo oltre la morte
sarebbe dannatamente affollato.- Ride. E scompare.
Ed io
sono ancora
più confusa di prima. So che ad un certo punto i Morti
spariscono,
ma non ho mai compreso perchè questo avvenga. Ho paura.
Mia
Madre e mio
padre in lacrime, là, sulle panche. Due bare affiancate
sotto
l'altare. Aperte. Io e uno sconosciuto, o quasi.
Ricordavo
a
malapena l'incidente, sulla strada per Jesolo. Avevo messo il
prendisole giallo, i sandali alti, quelli che mi facevano camminare
come una modella se mi impegnavo un pochino. Era il nostro
anniversario e il mio compleanno era passato da poco. Festeggiare
entrambi in quella gita in spiaggia era sembrato quasi logico. Quel
che non era logico era perchè all'ultimo incrocio fossi
volata fuori
dal parabrezza senza romperlo, rotolando sull'asfalto, mentre il mio
corpo restava prigioniero delle lamiere accartocciate. Marco era
vivo, ma incosciente. Cercai di strattonare la portiera per tirarlo
fuori, ma vi passai attraverso come fosse di fumo... ma ero io ad
essere evanescente. Urlavo e urlavo, tanto da non accorgermi
immediatamente che qualcuno stava urlando accanto a me.
Era
un
ragazzino. Soltanto un ragazzino, con la macchina del padre, la
patente appena stampata, che aveva travolto l'utilitaria di Marco
come se fosse di carta, per poi andarsi ad accartocciare contro il
guardrail dall'altra parte della strada. Era stato scaraventato fuori
assieme al suo corpo e ne era uscito strisciando. Aveva diciott'anni,
ma ne dimostrava quindici con gli occhi gonfi di lacrime,
terrorizzati, stravolti. Avevo voglia di colpirlo, massacrarlo a
pugni, fargli sputare quei bei denti raddrizzati dall'apparecchio,
lui che con la sua spocchia aveva distrutto quel sogno di una
giornata passata al calore del sole. Era a questo che pensavo, non
alla mia vita. A quel giorno felice mancato, come se la morte fosse
stato un brutto temporale che costringe a tener chiusi gli
ombrelloni. Lo ascoltai urlare e strepitare, mentre i soccorritori
portavano via Marco. Corsi dietro l'ambulanza, ma allora era troppo
veloce per me. Mi lasciai cadere sulle ginocchia scoppiando in
singhiozzi, finchè il mio assassino venne ad inginocchiarsi
accanto
a me.
-Perdonami...
Perdonami...Perdonami...Perdonami-
Ricordo
di avergli
urlato contro, di aver inveito e imprecato. E di averlo perdonato,
dopo. In ogni caso non c'era nulla che potessi fargli ed eravamo
soli, o almeno così credevamo. In fondo, avevo compassione
per lui,
mi faceva pena. Era stato soltanto incosciente. Non era ubriaco
nè
drogato... soltanto... un ragazzo. Un ragazzo che credeva di essere
immortale e indistruttibile.
Forse
fu allora che
diventai una Guida. Ci aiutammo a vicenda. Lo rivedo ancora nei panni
di Custode del Viaggio e mi saluta sempre con un certo imbarazzo.
Marco
non si è più
svegliato da allora. Il suo corpo vive per scherzo, e il suo spirito
resta lì, aggrappato. Non l'ho mai visto uscire, anche se in
quella
clinica privata ne ho visti tanti alzarsi dalla loro carne e
guardarsi intorno, allontanandosi per un po' da quei gusci vuoti, per
discorrere tra loro. Lui no. E questo mi ha quasi fatto impazzire.
Forse era troppo vivo per farlo, o come credo ora, forse temeva di
svegliarsi e scoprire che io non c'ero più, mentre ero
lì accanto a
quel corpo di carne che non avrebbe potuto vedermi nemmeno se
l'avesse desiderato con tutto sè stesso.
Mi
basta chiudere
gli occhi per essere dove devo essere.
Ci sono
tre letti
nella stanza. Oggi non c'è nessuno accanto a Marco.
Aspettare il
risveglio di una persona in coma è come aspettare un treno
in un
giorno di sciopero. Nessuno sa se passerà. Il suo corpo
è
invecchiato, disseccato, i capelli radi, la pelle cadaverica, come se
avesse cominciato a morire già da giorni. Appeso sopra il
suo letto
il mio portafortuna cattura un raggio di sole e splende d'oro,
riflettendosi negli occhi aperti e vuoti di Marco.
Del suo
corpo non
mi interessa più.
Lui
è lì... mi
guarda confuso, con un sorriso felice e perplesso.
-Sara...?-
Il mio
nome. Anche
questo stavo dimenticando. Lo riprendo dalle sue labbra, in un bacio
dolce e feroce. Ho aspettato dieci anni per questo. Forse adesso ci
sarà tempo anche per quella giornata a Jesolo. Tutto il
tempo del
mondo.
Il
mondo dei morti
non è diverso da quello dei vivi. Continuiamo ad esistere al
vostro
fianco, vi guardiamo vivere, osserviamo e aspettiamo. Il vero
paradiso è quando siamo accanto a coloro che amiamo. Sempre,
sia
nella vita che nella morte. Fissate il vostro paradiso. Se lo volete
davvero, lo avrete.
Prima...
o anche
dopo.
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