file 05
Nuovo File … e finalmente arriva Abel!!! Adoro questo
personaggio, e i modi in cui mi farà impazzire il buon Vaclav!!!
XD
Allora, dato che alla fine non ho scoperto che armi usa Havel, ho
deciso di usare una mia assunzione: riguardando bene l’immagine
dell’artbook da cui è nata “Memories”, mi pare
che Vaclav non abbia il bastone (o quello che è!) come Pietro,
ma a ben guardare, anche la sua divisa da Inquisitore è
piuttosto differente da quella degli altri Inquisitori. Può
essere per il fatto che non è un Inquisitore di Roma? O
perché ci sono degli anni di differenza, e la divisa è
cambiata? O perché è di un rango differente? Boh, dato
che non so… provvedo con la mia fantasia.
Comunque, ho trovato che la spada funziona bene per la mia fic, e
almeno per questa mia storia, ambientata ai tempi in cui è un
Inquisitore, prenderò la cosa per buona, e lo renderò uno
spadaccino.
Ho anche un altro piccolo dilemma: in TB, non è chiaro se
i preti e le suore del Vaticano si possano sposare o meno. Con una mia
amica ho avuto questa discussione, e siamo arrivate alla conclusione
che i voti di celibato e castità siano stati o eliminati, o resi
facoltativi. In fondo parliamo di un futuro post-apocalittico moooolto
lontano. Anche la Chiesa può fare qualche cambiamento, no?
Una delle cose che mi fa pensare questo è la motivazione
per cui Alessandro viene fatto Papa, e non Francesco. Da quel che ho
capito, Francesco non viene fatto Papa perché è un figlio
illegittimo del vecchio Papa. Ma se questo avesse preso i voti da
sacerdote, ovvero non potersi sposare ecc. allora anche Alessandro
sarebbe stato un figlio illegittimo! Invece, da quel che ho capito, il
fatto è solo che Francesco ha una madre diversa da Alessandro e
Catherina. Mi sembra anche strano che non sia stata eletta Catherina,
ma forse, il ruolo di Papa, dato che deve rappresentare San Pietro in
terra, è l’unica carica, in questo mondo dove le donne
possono essere cardinali, in cui deve essere eletto un uomo. O forse
è anche lei una figlia illegittima… accidenti, tutto
troppo complicato e poco spiegato.
Boh. Ipotesi mie. Comunque, se in TB ci fossero i voti di
castità, sarebbe davvero uno spreco coi bei tipi dell’AX e
non solo! Soprattutto credo che Leòn finirebbe per entrare in
una depressione profondissima!!! XD
Se qualcuno sa qualcosa di più, può farmi sapere? Mi sarebbe molto utile per il continuo dei ricordi…
Ok. Momento di pazzia finito. Si torna al File.
File 05
- ABEL’S RETURN -
Il parco di Villa Sforza era, nel pomeriggio soleggiato, un
piccolo paradiso terrestre. L’aria era piacevole, non fredda, ma
neanche afosa. Un venticello allegro sembrava accarezzare il tardo
pomeriggio, assieme alle piccole creature che si affaccendano prima
della sera, in un clima di pace e serenità, dove persino i
compiti scolastici apparivano sotto una luce meno disgustosa. Per
questo Catherina aveva deciso di seguire la sua guardia del corpo
temporanea, l’Inquisitore Vaclav Havel, nel parco, portandosi
dietro i libri di scienze.
Beatrice aveva dovuto guardare due volte prete e Duchessa, per
essere certa di aver visto proprio loro due uscire assieme dalla villa.
E senza scannarsi. O meglio. Senza che Catherina cercasse di scannare
Vaclav. Sebbene nell’ultimo mese, i due fossero diventati sempre
più vicini, soprattutto dopo una certa serata in un certo
locale, era ancora dura per il personale domestico accettare che i due
non fossero più l’una alla gola dell’altro. Ma che
anzi, certe volte era difficile intuire se era l’Inquisitore ad
essere l’ombra della Sforza, o il contrario. I battibecchi
c’erano sempre, a volte anche violenti (da parte della Sforza) ma
ciononostante, era diventato difficile vedere la Duchessa senza la sua
“ombra capellona”, come Irene continuava, imperterrita, a
chiamare Padre Havel.
-203 … 204 … 205 …- Il prete contava le
flessioni, incurante del sudore che iniziava a farsi strada sulle
tempie. Essere in servizio come guardia del corpo non era una scusa
accettabile per non mantenersi in forma. Anzi, semmai era una
motivazione in più. Non poteva mai sapere quando sarebbero stati
richiesti i suoi talenti di soldato della Santa Inquisizione, ed era
meglio essere pronti a ogni evenienza.
Senza contare che l’allenamento aveva sempre avuto un
effetto calmante su di lui. Il movimento sempre uguale, apparentemente
monotono, era familiare e la fatica rinvigorente. In un certo qual
modo, non lo considerava diverso dalle preghiere. Quasi una
meditazione, ma, oltre che dello spirito, anche del corpo. Così,
tunica da allenamento rossa ma senza paramenti sacri, Padre Havel aveva
approfittato del pomeriggio libero di lezioni per fare un po’ di
esercizio nel verde, seguito dalla duchessina.
Vaclav si lasciò andare a un sorriso sereno, mentre
cominciava a sentire i primi effetti benefici degli esercizi. I muscoli
che cominciavano a scaldarsi a dovere, rendendo minore la fatica, la
pelle che traspirava umidità, la mente che si svuotava…
-Ne hai saltata una.- Puntuale, la voce della giovane Sforza
distrusse la piccola serenità che andava formandosi
nell’Inquisitore.
-Non mi pare.- Sibilò Vaclav, con un tono che celava
“sono io quello che fa fatica quindi non immischiatevi!!!”,
ma che la bionda aveva deliberatamente ignorato.
-Invece è così. L‘hai contata, ma non
l‘hai fatta. Hai barato.- Havel abbassò il capo,
soffocando in un sofferto sospiro la voglia di strangolare quella spina
nel fianco ricciuta che era il suo incarico.
-Mi sembra che si stia prendendo un po’ troppe confidenze, Duchessa.-
-Mi pare naturale.- Rispose la ragazza, senza neppure sollevare
gli occhi dal libro. -Sei la mia guardia del corpo, quindi devo passare
quasi tutto il mio tempo con te alle calcagna. È solo
fisiologico che mi prenda qualche piccola libertà.-
-”Piccola”?!?- Il sibilo minaccioso dell’Inquisitore venne del tutto ignorato da Catherina.
-Non vedo cos’hai da lamentarti tanto!- Sbuffò la
ragazza, sfogliando una pagina, e iniziando un nuovo capitolo. -In
fondo io me ne sto solo qui, buona buona a studiare, mentre tu fai i
tuoi esercizi.- Ora la pazienza di Havel, di solito piuttosto
abbondante, era diventata tragicamente scarsa. Una vena in rilievo su
una tempia, e tic al sopracciglio.
-E deve proprio studiare sulla mia schiena?!- Ringhiò,
girando la testa quel tanto che il collo gli consentiva, cercando di
fissare con aria feroce la sedicenne che aveva preso la sua colonna
vertebrale per una panchina.
-Mica è colpa mia se ha scelto l’unico angolo del
parco senza panchine, Padre Havel.- Ribatté la giovane, senza
neppure alzare gli occhi dal suo libro. Ricacciando in gola un ringhio,
l’Inquisitore girò la testa. Quanto detestava quando la
Duchessa aveva ragione … in un modo malato e piuttosto
fantasioso, ma pur sempre ragione. Uno strano verso gli scappò
quando il tacco basso di una delle scarpette ducali andò a
colpirgli una costola.
-Almeno non dondoli le gambe!!!- Sbuffò
l’Inquisitore, tornando ai suoi esercizi, tristemente rassegnato.
La ragazza roteò gli occhi al cielo.
-Non ho fatto forte, non posso averti fatto tanto male…- E
così dicendo, all’opposto delle sue parole, scostò
delicatamente alcune ciocche di lunghi capelli bruni dal collo del
prete, lasciato scoperto dalla tunica da allenamento, quasi una carezza
di scuse. Rapido come se fosse stato colpito da una scossa elettrica,
il ragazzo incassò il collo tra le spalle, lasciandosi sfuggire
dalle labbra un sibilo. Gli occhi grigio azzurri si spalancarono a
dismisura, sorpresi, per poi assottigliarsi, mentre la biondina
ripeteva l’operazione, ricevendo la stessa identica reazione. Le
iridi chiare scintillanti di maligna comprensione.
-Tu soffri il solletico!!!- Ad avergli tirato una bastonata, il
prete era sicuro che avrebbe sofferto meno. Quella della Duchessa non
era una domanda. Ma una sentenza. Il corpo di Vaclav si irrigidì
come una statua. Il sudore dell’allenamento trasformato in sudore
freddo. Si trovò a deglutire a vuoto. Non aveva bisogno di
voltarsi, per vedere il sorriso sadico e che si era formato sulle
labbra rosa della Sforza.
Da parte sua, la Duchessina stava assaporando ogni aspetto della
sua scoperta. Ora capiva: dondolando le gambe, non stava facendo male
al prete … gli stava solo facendo il solletico!!! La piega delle
labbra si accentuò, mentre capiva il perché della lotta
continua dell’Inquisitore col suo colletto. Di sicuro
l’indumento pizzicava come un’ortica, e con un collo
sensibile, doveva essere pura tortura. E ora, era venuto il momento di
godere di questa scoperta. Senza perdere tempo, iniziò a passare
le dita sottili sulla pelle scoperta del collo del prete.
-La … la smetta subito!!!- Uggiolò dopo pochi
istanti di coraggiosa resistenza il prete, tentando un tanto istintivo
quanto ridicolo tentativo di scostare il collo dalle mani implacabili
della ragazza, intramezzato da imbarazzanti risate isteriche,
impossibili da soffocare del tutto.
Catherina, da parte sua, non aveva alcuna intenzione di smettere.
Se era possibile, quella era la scoperta più divertente che le
avevano regalato gli ultimi tempi, decisamente migliore
dell’Heaven’s Door, e non aveva di certo in mente di
terminare tanto presto il suo divertimento. Non mentre Vaclav era alla
sua totale mercè.
-Signorina! Ma che mi sta combinando?!?- Carlo fissava i due
totalmente allibito, i lunghi baffi facevano apparire la bocca
più spalancata di quanto non fosse in realtà. La ragazza
smise un momento il suo assalto, e il prete approfittò
dell’attimo di distrazione per scrollarsi la Duchessa di dosso.
-Hey!!!- Catherina emise un’esclamazione sorpresa,
trovandosi all’improvviso con il ducale fondoschiena per terra.
Un’occhiata glaciale raggiunse Vaclav, che però era troppo
sollevato dall’essere fuggito alla tortura, per esserne davvero
colpito.
L’anziano autista, intanto, fissava con disapprovazione la sua Duchessa.
-Signorina. Mi indigno per il suo comportamento.- Catherina ebbe
la decenza di arrossire, consapevole dell’infantilismo delle sue
azioni. Carlo sbuffò, non ancora soddisfatto. -È ancora
troppo giovane per molestare sessualmente gli ospiti della casa!-
Entrambe le mascelle di Inquisitore e Duchessa caddero a livello
ginocchia, inorriditi e allibiti, mentre i volti prendevano una tinta
bordeaux. Il grido partì all’unisono.
-CARLO!!!-
-Non faccia tanto la scandalizzata, Signorina!- Rise il vecchio,
la sorpresa e la severità di pochi istanti prima sostituiti da
un sorriso malizioso sul volto rugoso. -È così che vostro
padre ha concepito vostro fratello Francesco … e anche lei, se
è per questo. Il piccolo Alessandro, invece, è stato
concepito in maniera meno appariscente… e dopo il matrimonio con
la cara Duchessa Sforza.-
-CARLO!!!- Le corde vocali di prete e Duchessa sembravano
incantatesi solo sul nome dell’anziano, i volti, se possibili,
ancora più paonazzi. Catherina per l’imbarazzo e
l’accusa di essere paragonata al lato dongiovanni del carattere
paterno, Vaclav perché per nulla interessato al modo in cui il
suo capo e il suo incarico erano venuti al mondo. C’erano cose
che era sempre meglio non sapere. E lui non era mai stato un tipo
troppo curioso. Non d quel genere d’informazioni, almeno.
Divertito dalle reazioni attenute, e dal passo buono di distanza
preso uno dall’altra dai due giovani, l’autista tirò
fuori dalla tasca due buste.
-Venendo a cose più serie, sono appena stato in
città, e sono passato a ritirare queste. Sembra che il Santo
Padre sarà presto a casa.- Catherina prese con mani tremanti le
buste. Una le era stata spedita da suo padre, il Papa, come
testimoniava lo stemma sulla carta, mentre l’altra…
-È di Abel!!!- Esclamò quasi in un cinguettio la giovane, aprendo subito la busta, impaziente.
Cara Catherina,
Come promesso alla mia
partenza, ho fatto più in fretta che ho potuto, e difatti la mia
missione si è conclusa prima del previsto.
Ti scrivo questa lettera
proprio mentre sto partendo. Può darsi che quando ti
arriverà, io sarò già alle porte di Milano. O,
ancora meglio, di Villa Sforza.
Sono stato veloce come promesso, no?
Affettuosamente,
- Abel.
Solo poche parole, scritte in una calligrafia che a malapena si
poteva definire leggibile, ma che la ragazza lesse e rilesse più
volte, un’espressione incredula e al tempo stesso gioiosa sul
volto fanciullesco.
-Buone notizie, Duchessa?- Chiese Vaclav, notando
l’espressione estasiata sul volto della bionda. Troppo felice per
pensare alle formalità, Catherina gettò di slancio le
braccia attorno al collo del prete, dimostrando una notevole elevazione
nel salto, data la differenza d’altezza tra i due.
-Abel ritorna!!!- Stupito e mezzo soffocato
dall’inaspettato gesto d’affetto, il giovane Inquisitore
rischiò momentaneamente di perdere l’equilibrio, ma
rispose con un sorriso gentile e ricambiando educatamente
l‘abbraccio.
-Sono felice per lei, Signorina forza.- Per i minuti successivi,
Catherina non riuscì a fare a meno di sorridere, così
felice da avere la sensazione che l’emozione fosse troppa
perché il suo corpo potesse contenerla. Carlo e Havel ben felici
di vederla, per una volta, piena dell’allegria tipica della sua
ancora giovanissima età.
Senza neppure che il terzetto se ne fosse accorto, il sole aveva
iniziato a tramontare, colorando di una tiepida luce arancione ogni
cosa. Così, prete e duchessina, iniziarono a raccogliere le
proprie cose. Una volta pronti, la ragazza, spinta da un’insolita
spensieratezza, lasciò indietro l’autista e la sua guardia
del corpo, senza riuscire a smettere di saltellare di tanto in tanto.
Il solito passo marziale e sicuro, sostituito da una camminata allegra
e quasi fanciullesca. Carlo e Vaclav, intanto, parlavano placidamente
tra loro.
-Allora Padre, sa già quale sarà la sua prossima
destinazione?- Chiese Carlo, senza accorgersi dell’improvviso
irrigidimento della Duchessa, a pochi passi di distanza dai due uomini,
a perfetta distanza orecchio. Vaclav scosse il capo, un sorriso mesto
sulle labbra sottili.
-No, non ancora.-
-Quale destinazione? Che volete dire?- Catherina raggiunse
all’istante i due uomini, gli occhi chiarissimi concentrati sulla
figura alta e longilinea dell’Inquisitore, mentre un forte senso
di inquietudine le si stava formando in petto. Vaclav dovette fare uno
sforzo per non rinnegare ogni parola detta. Quegli occhi grigi lo
fissavano in maniera così preoccupata, pregandolo quasi, per
cosa non sapeva neppure lui, che anche parlare gli era diventato
difficoltoso. Ma non poteva esimersi dal raccontare la verità.
-Una volta che Abel, la sua legittima guardia del corpo,
sarà tornato, il mio compito di sostituto sarà finito.
Immagino per allora mi verrà affidato un nuovo compito.
Probabilmente a Roma, o nel mio paese natale.-
-C… capisco…- Una mano invisibile sembrò
serrarsi attorno al giovane cuore della Duchessa. Sapeva bene che la
presenza di Vaclav nella sua vita sarebbe stata solo momentanea. Ma con
tutte le cose che erano capitate loro, se ne era completamente
dimenticata. Che lo ammettesse o meno, aveva finito per affezionarsi
davvero all’Inquisitore. Era tanto tempo che non le capitava
più di legare così tanto con qualcuno. Ovvero da quando
Abel era entrato nella sua vita. Anche Isabella, Arianna e Irene, erano
sue amiche già da prima dell’orrida notte in cui aveva
perso, oltre ai suoi cari, anche la capacità di affezionarsi
agli altri.
Carlo fece un sospiro. Da una parte non poteva che essere felice
della reazione della sua Signorina. Era molto tempo che la giovane non
lasciava entrare qualcuno nella sua scorza, a parte Abel, ovviamente.
Aveva ripreso ad affezionarsi alle persone, e questo era solo un bene.
Ma allo stesso tempo, una separazione in un momento così
delicato per il totale recupero emotivo della ragazza, poteva causare
danni ancora maggiori.
I tre ripresero a camminare in silenzio. Ora la Sforza non
saltellava più. Una parte di lei continuava a farlo, impaziente
e felicissima di rivedere il suo adorato Abel, mentre un’altra,
quella che si era affezionata all’Inquisitore, pregava che il
prete occhialuto aspettasse ancora un po’ a tornare. E questa era
la parte che più odiava. Si sentiva come se stesse tradendo Abel
e questo era qualcosa che non poteva accettare.
Le prime ombre stavano scendendo sul giardino, quando
l’Inquisitore si bloccò di colpo. Il viso improvvisamente
trasformato in una maschera severa. I muscoli tesi, pronti a scattare.
L’udito, la vista, e ogni senso pronto a captare il minimo
segnale. Le iridi scure scansionavano le ombre della sera, mentre
rivolgeva una preghiera silenziosa al cielo. Sperava di essersi
sbagliato. Lo sperava davvero. Ma l’esperienza e
l’addestramento degli anni passati come prete guerriero non
davano possibilità di errore. Nel giardino non erano soli.
Catherina emise quasi un grido, quando il prete sguainò la
grande spada a due mani che era solito portare alla cintura.
L’arma ufficiale degli Inquisitori della Boemia. Più
elegante e meno vistosa dei bastoni della divisione romana, ma in una
lega d‘argento estremamente resistente e letale per ogni Vampiro.
E la bionda sapeva che l‘improvvisa entrata in scena
dell‘arma poteva voler dire solo una cosa…
Erano sotto attacco.
-Carlo. Portate via la Duchessa. Ora.- La voce di Vaclav quasi un
sussurro, ma talmente autoritaria da non lasciare adito a repliche.
Catherina era già pronta a ribattere, ma due figure saettarono
fuori dai cespugli ben curati, le zanne e le unghie affilate
scintillanti nella fievole luce, ormai innocua, del tardo tramonto.
Gli occhi chiari della giovane si allargarono a dismisura, mentre
un terrore istintivo s’impadroniva di lei. Era anche peggio di
quel che temeva.
Methuselah.
E dal modo in cui le vene erano in rilievo, le zanne evidenti, e
le pupille ridotte ad una linea verticale appena accennata, dovevano
anche essere in preda a un forte attacco di Sete.
Avrebbe voluto gridare. Ma le corde vocali erano paralizzate come
il resto del suo corpo. Ricordi del passato che si mescolavano al
presente, gelidi e spaventosi.
Solo il clangore degli artigli dei Methuselah contro la spada
dell’Inquisitore la fece tornare alla realtà. Vaclav si
era subito parato di fronte a Duchessa e autista, deciso a non far
avanzare oltre i due intrusi, che si ritrovarono ad indietreggiare,
momentaneamente confusi dalla reazione del prete. Evidentemente non si
aspettavano resistenza.
-Andate. Ora!!!- L’ordine di Havel fece scattare Carlo, che
afferrò gentilmente per un braccio la Sforza e la costrinse a
seguirlo di corsa. Catherina lanciò un’ultima occhiata
alla sua guardia del corpo, mentre i Vampiri, ripresisi, si lanciarono
in un attacco feroce. Fece in tempo a vederlo mentre ne trafiggeva uno.
E per un istante le mancò il fiato. I lunghi capelli mossi al
vento, il volto severo su cui gli occhi scurissimi scintillavano, fieri
e concentrati nella battaglia. In quel momento, Vaclav era il ritratto
vivente di un guerriero dei tempi antichi. Di quei paladini di cui
narravano storie ben più antiche dell’Armageddon. Questo
fu il pensiero della bionda. L’Inquisitore non era soprannaturale
ed etereo come il suo Abel, il suo Angelo, ma era comunque
affascinante. Doveva ammetterlo, per quanto fuori luogo fosse la sua
considerazione. Una fitta al cuore. Quanto avrebbe voluto che ci fosse
anche il suo angelo a proteggerla, assieme all’Inquisitore…
Insulti e frasi minacciose urlate dal Vampiro ancora in vita, e
la giovane si mise a correre dietro al vecchio autista, una preghiera
rivolta al cielo, perché questo incubo improvviso avesse presto
fine.
Solo pochi passi, e un terzo Methuselah si parò davanti ai
due fuggitivi. Decisamente, quella sera, il Signore non aveva voglia di
ascoltarla.
Con un grido agghiacciante, uno dei vampiri venne trapassato
dalla lunga spada. Un movimento brusco, e il prete estrasse
l’arma, solo per infierire nuovamente sul vampiro caduto,
terminandone la vita. Con la colonna vertebrale spezzata, gli aveva
tolto ogni possibilità di rigenerarsi. Un’uccisione
veloce. Il Vampiro non aveva neppure considerato la lunga spada
dinnanzi a sé, lanciandosi a capofitto contro il prete. La Sete
lo aveva reso imprudente. E Vaclav lo sapeva, come ogni Inquisitore.
Quando in preda alla Sete, le capacità soprannaturali dei
Methuselah aumentavano in maniera naturale, risvegliate dal bisogno di
sangue. Ma questo a discapito del pensiero razionale. Molti Vampiri
usavano la Sete come una droga da combattimento, per avere più
forza e coraggio, ma come ogni droga, era un’arma a doppio
taglio. Il Vampiro affetto, non era più in grado di valutare
lucidamente le situazioni di pericolo, e finiva ucciso a causa di
ciò. Come era accaduto in quel momento.
La lama lasciò di nuovo il corpo ora senza vita della sua
vittima, l’Inquisitore pronto a confrontarsi anche con
l’altro Methuselah.
Ma un grido lo fece voltare. Fu con orrore che vide un terzo
Vampiro troneggiare su Catherina e Carlo, bloccando loro la via di
fuga. Solo i riflessi allenati impedirono al moro di finire infilzato
dai lunghi artigli del Vampiro con cui stava combattendo, decisamente
inferocito dall’uccisione del suo compagno.
Ciononostante, la mente dell’Inquisitore era molto
più concentrata su Duchessa e autista. Come poteva salvarli?
Come? Era lontano. Troppo per intervenire in tempo, anche se fosse
riuscito a liberarsi in un sol colpo del Methuselah che aveva davanti.
Non avrebbe mai fatto in tempo. E anche lasciare il combattimento in
corso, era solo un suicidio inutile: il Vampiro avrebbe approfittando
subito della schiena scoperta del prete e lo avrebbe ucciso ben prima
che avesse raggiunto Carlo e Catherina.
Che cosa doveva fare? Cosa?
Chiuse gli occhi. Pochi, decisivi, frustranti istanti per prendere la sua decisione.
Gli occhi del Vampiro erano malevoli, le sottili pupille appena visibili nelle iridi dorate.
-Fine della corsa, Terran.- Le parole dette con disgusto, quasi
come se Duchessa e autista fossero stati macchie di fango su un
bell’abito. Catherina voleva chiudere gli occhi. Davvero.
Perché vedere di prima persona la stessa fine che aveva fatto
sua madre era davvero troppo. Era l’incubo peggiore che il suo
subconscio avrebbe potuto procurarle. Ma non era un sogno. Era reale. E
questo significava che non c’era risveglio, non c’era via
di fuga. E lei non era una ragazza che scappava. Mai. Di fronte a
nulla. Avrebbe visto la propria morte in faccia, qualunque essa fosse.
Perché il coraggio era l’unica qualità che poteva
trovare in sé stessa. O almeno, l’unica che voleva
disperatamente avere.
Quando vide le unghie del Vampiro allungarsi fino a diventare
lunghi artigli affilati, ne fu certa. Era arrivata la sua ora. E
questo, stranamente, la calmò. Non c’era più modo
di fuggire. Era un fatto ineluttabile. Scappare, combattere,
disperarsi, tutto inutile. Solo attesa.
Non ebbe neppure il tempo di stupirsi per questa sua reazione di
fronte alla morte, che un fascio di luce argentea le passò
accanto. L’orrido rumore di ossa spezzate e carne infilzata. E
una spada d‘argento, lanciata come un giavellotto, aveva
trapassato il Vampiro.
Il tempo di un battito di ciglia. E l’espressione
sprezzante del Methuselah si trasformò in una di sorpresa prima,
e di dolore poi. Le mani cercavano ancora di raggiungere
l’impugnatura per estrarre l’arma, mentre cadeva a terra.
La vita ormai sfuggita dal corpo, mentre il sangue si espandeva sul
prato erboso.
Vaclav si concesse un sospiro di sollievo. Li aveva salvati. Ma
il sollievo fu di breve durata, mentre il Vampiro superstite, colto da
furia vendicativa, lo attaccò. Il prete riuscì a
scostarsi di lato appena in tempo, ma gli artigli riuscirono ad
affondare nella carne tenera del braccio. Un sibilo di dolore
uscì dalle labbra dell’umano. Disarmato e ferito, seppure
non gravemente, il prete fece l’unica cosa che poteva fare al
momento: evitare al meglio gli artigli dell’avversario, e dare a
Carlo e Catherina il tempo di arrivare al sicuro, sperando che non ci
fossero in giro altri Methuselah.
L’odore del sangue caldo ebbe come un effetto eccitante sul
Vampiro, che cominciò ad attaccarlo con maggiore fervore, senza
dargli tregua. Presto Vaclav iniziò a sentire la stanchezza, i
movimenti sempre più lenti e difficoltosi. Non avrebbe potuto
evitare ancora a lungo gli assalti…
-Vaclav!!!- Al suono del suo nome, il prete si voltò, solo
per vedere la giovane Duchessa, a soli pochi passi dal cadavere del
Vampiro infilzato nella spada, Carlo che cercava di trascinarla via a
forza.
Mille pensieri affollarono in un istante la mente di Havel.
Perché Catherina era ancora lì? Perché non era
scappata? Perché Carlo non l’aveva trascinata via subito?
Non ebbe il tempo di rivolgere alcuna domanda. Evitò un
nuovo attacco all’ultimo istante, perdendo l’equilibrio e
cadendo a terra. Fece appena in tempo a mettersi in ginocchio, quando
realizzò l’errore commesso: era finito in una posizione
vulnerabile. E il ghigno sul volto del Vampiro era la prova che anche
il suo avversario lo sapeva.
Il Methuselah sorrise. Alla fine il Terran si era distratto, e
proprio a causa delle stesse persone che stava cercando di salvare.
L’Inquisitore si sarebbe accorto dell’errore commesso
troppo tardi. Aveva abbassato la guardia, e il Vampiro non aveva
intenzione di lasciarsi scappare l’occasione. Ora non aveva solo
una missione da svolgere. Ora aveva anche da vendicare due compagni
caduti. La mano già alzata, gli artigli sguainati.
Poi uno sparo.
Un altro.
E un altro ancora.
E il Methuselah cadde a terra, registrando appena il dolore
infuocato dei proiettili d’argento che gli bruciavano le carni,
prima che l’oscurità eterna lo inghiottisse.
Padre Havel fissò stupito il cadavere che solo fino a
pochi istanti prima minacciava di ucciderlo. Alzando lo sguardo, vide
il suo salvatore. Pistola ancora fumante in mano, le lenti rotonde
degli occhiali riflettevano la luce della luna, come i capelli
argentei. Il crocifisso al collo risaltava sulla divisa scura da prete
errante.
Per un momento l’area fu immersa nel silenzio, interrotto
solo dal fruscio dei passi del nuovo arrivato che si avvicinava ai tre.
E quando fu a una distanza minore, Vaclav poté vederne il volto.
La pelle diafana, quasi quanto i capelli, e dietro le lenti, due grandi
occhi azzurri, che, appena abbassata la pistola, presero un aspetto
mansueto, in contrasto con la letale precisione dei colpi che erano
appena partiti dalla sua arma.
L’Inquisitore sapeva chi era quell’uomo.
L’aveva visto più volte, in alcune fotografie mostrategli
da Catherina.
-Abel!!!- La giovane Duchessa di Milano corse a perdifiato verso
la sua guardia del corpo, quasi placcandolo. L’alta figura del
prete albino barcollò leggermente all‘indietro, travolto
dall‘irruenza della ragazza.
-Catherina!- Rise l’uomo, aggiustandosi gli occhiali,
mentre la ragazza lo lasciava leggermente andare. -Sono stato veloce
come avevo promesso, no?-
-Anche di più!- Sorrise la Sforza, gli occhi grigi
scintillanti. -Proprio come avevi detto nella lettera!- Rassicurato
dalla familiarità della bionda, Havel si concesse un sorriso e
un sospiro di sollievo. Di certo, la guardia del corpo della Sforza
aveva la qualità di arrivare nei momenti giusti.
Se qualcuno avesse chiesto ad Abel quale fosse la cosa più
bella del mondo, il prete non avrebbe avuto dubbi. L’espressione
di pura gioia leggibile nel volto fanciullesco della giovane Sforza,
sarebbe stato un lavoro degno dei più grandi artisti. E, seppur
non avesse uno specchio per verificarlo, era certo di avere
un’espressione molto simile in volto. Facendo fare una mezza
giravolta alla ragazza, la posò gentilmente a terra.
-Allora, Duchessa. Come è andata mentre ero via?-
Catherina stava per buttarsi nei racconti, ma un mugolio alle sue
spalle la interrupe. Il moro si stava alzando in piedi, una mano sul
braccio ferito, Carlo accanto, pronto ad aiutarlo, se avesse avuto
sbandamenti.
-Padre Havel!!!- Neanche il tempo di lasciare aprir bocca
al prete albino, e la giovane Sforza era schizzata al fianco
dell’Inquisitore, ed esaminava con occhio critico e preoccupato i
tagli lasciati dal Vampiro, senza vedere la mascella penzolante di
Abel. Da quando la sua Catherina si preoccupava per gli scagnozzi di
Francesco? Perché, nonostante il pensiero comune, Abel sapeva
essere piuttosto sveglio, e non serviva un genio per riconoscere, nella
tunica rossa e nell’efficienza nell’uccidere Methuselah, un
membro della Santa Inquisizione. E Catherina aveva di certo contribuito
con varie lettere riguardanti Padre Havel. Ma da quello che aveva
capito tra i due regnava una sorta di faida. Quindi, la preoccupazione
evidente della ragazza aveva lasciato a dir poco sconcertato Padre
Nightroad.
Ignara della confusione del suo più caro amico, Catherina
aveva terminato di esaminare, per quanto possibile nel crepuscolo, la
ferita di Vaclav. Non era nulla di grave, un taglio poco profondo, ma
che sanguinava dannatamente.
-Stai sanguinando troppo.- Gli occhi grigi della ragazza fissi su
quelli ebano del prete. -Devi subito farti vedere da un medico!-
-La ringrazio delle attenzioni, ma non è il caso. È
solo un graffio che sanguina un po’. Nulla di cui preoccuparsi.-
Rispose con un sorriso il prete, per poi lasciarsi scappare un sibilo e
una smorfia di dolore quando il dito della ragazza andò a
piantarsi nella ferita. Carlo e Abel non poterono evitare una smorfia
molto simile, improvvisamente solidali con l’Inquisitore.
-Visto? Ti fa soffrire. Devi subito farti portare dal medico!-
Continuò, imperterrita, la bionda, ormai entrata nel ruolo di
crocerossina che non sentiva ragioni.
-Non farebbe così male se qualcuno non ci piantasse le
dita!!!- Ringhiò piano Havel, pazienza ridotta a brandelli.
-Quel che si dice “mettere il dito nella piaga”
…- Borbottò Carlo, accarezzandosi i baffi. Abel non
poté essere più d’accordo con il vecchio autista.
Forse la Duchessa non si stava preoccupando poi così tanto per
la salute dell’Inquisitore… Intanto Catherina restava
ferma nelle sue posizioni.
-Devi farti curare! Non fare il testardo!- Le iridi scure
dell’Inquisitore fecero un guizzo. Ma guarda te da che
pulpito…
-Da qualcuno avrò imparato, negli ultimi tempi…-
-Non da me!- Ribatté sfacciatamente la Sforza, incrociando
le braccia e impuntandosi. Havel emise uno sbuffo irritato dalle
narici. Pazienza ormai ridotta ad un velo di fumo.
-Questa è la battuta del secolo…- Il gelo artico
che trapelava dagli occhi grigi della ragazza fece capire al prete
quanto il suo commento fosse poco apprezzato. Havel stava già
per scansarsi, convinto che una sfuriata fosse in arrivo, magari ai
danni del suo braccio ferito, quando invece Catherina estrasse un
fazzoletto candido da una tasca della gonna.
-Fatti almeno fasciare con questo o dopo ti aizzo di nuovo contro Attila e Nerone…-
-Sempre troppo gentile…- Commentò il prete, ma si
abbassò comunque quel tanto da rendere più comodo per la
bionda raggiungergli la ferita. Quando rabbrividì a causa di una
stretta di troppo, Catherina bisbigliò un “scusa”
appena percettibile, a cui l’Inquisitore rispose con un
silenzioso cenno del capo e un lieve sorriso.
Entrambi erano ignari dell’esplosione silenziosa
scatenatasi nel prete albino, confuso oltre ogni dove. I due parlavano
come se fossero pronti staccarsi la testa a morsi a vicenda (o meglio:
come se Catherina volesse farlo!), ma si comportavano in maniera del
tutto inversa. La sedicenne teneva all’Inquisitore, ed era
davvero preoccupata per il suo benestare. E lui le era affezionato. Si
vedeva nella gentilezza e nella pazienza che dimostrava nei confronti
della ragazza. Il loro rapporto aveva una dinamica molto simile a
quello che c’era tra lui e Catherina, seppure in maniera molto
più aggressiva.
Era evidente che quella tra il moro e la giovane fosse ancora una
relazione acerba, certo. Ma questo non impedì ad Abel di sentire
una fitta di gelosia farsi strada dentro di sé. Era certo che
presto, quella relazione sarebbe maturata in un’amicizia molto
profonda.
Un fremito di paura e gelosia. Forse un’amicizia più
importante di quella che c’era tra lui e la ragazza? Scosse il
capo. No, non era possibile. Era un pensiero assurdo. Ma il tarlo
malefico aveva intaccato, e scavava nella mente e nel cuore del Krsnik.
-Sta riprendendo ad affezionarsi della gente.- La voce di Carlo
lo fece distogliere dai suoi pensieri velenosi. -Una bella cosa, non
crede, Padre?- Gli occhi sormontati da sopracciglia ispide fissarono
intensamente Abel. Il prete albino fu quasi certo che l’anziano
autista avesse intuito perfettamente ciò che gli passava per la
mente, e sapeva bene di aver dato una frustata alla sua parte
razionale, perché scacciasse quei sentimenti malsani, e lo
portasse ad un ragionamento più lucido.
E funzionò, almeno in parte. Una metà di Abel
sorrideva, felice e orgoglioso che la sua piccola Catherina avesse
finalmente ritrovato la forza di uscire dal suo guscio, e lasciare
avvicinare altre persone, oltre a lui. Aveva avuto l’onore di
essere l’unico punto di riferimento emozionale stabile della
Duchessa per due anni. Era tempo che altri si affacciassero nella vita
della giovane. Ma questo non significava che lui dovesse esserne felice.
L’atra metà del prete albino, infatti, avrebbe
voluto cacciare via l’Inquisitore, non disposta a lasciare posto
ad altri nel cuore di Catherina. Le aveva promesso di proteggerla. Lei
e tutti gli umani. La ragazza bionda dagli occhi grigi era la preziosa
depositaria della sua promessa, non poteva perderla. Per nulla al mondo.
Catherina intanto aveva terminato il suo lavoro sul braccio
dell’Inquisitore, fermando la fasciatura improvvisata con un
piccolo nodo. In pochi istanti, il fazzoletto stava prendendo una
colorazione carminia, tamponando goffamente la perdita di sangue.
-Devi comunque farti vedere.- Rimbeccò un’ultima
volta la giovane, fissando negli occhi Havel, con un’espressione
autoritaria, innaturalmente convincente nel volto di una sedicenne. Il
prete annuì rassicurante.
-Va bene, mammina…-
-E non sfottermi!!! Sei sempre un prete!!!-
-Un prete. Non un santo.- Puntualizzò Havel,
beccandosi un’occhiata inceneritrice, e una promessa di futuro
dolore da una Catherina improvvisamente pentita della gentilezza
mostrata verso la sua “guardia del corpo capellona”.
In lontananza, intanto, si potevano udire i latrati
inconfondibili di Attila e Nerone, accompagnati dagli ordini secchi e
le grida dei servitori della casa, allarmati dai rumori e dagli spari
di soli pochi minuti prima, e accorsi a cercare la loro Duchessa.
Poco dopo, un gruppo capitanato da una Beatrice armata di fucile,
aveva già raggiunto i quattro. Sospettosamente, sia Vaclav che
Abel fecero del loro meglio per stare a distanza di sicurezza da Attila
e Nerone, improvvisamente più interessati ai due preti che a
cercare eventuali intrusi.
-Vampiri! A Villa Sforza!!! E voi due, che stavate facendo?!?
È vostro compito tenere lontani quegli esseri dalla
Signorina!!!- La bisbetica governate aveva a malapena preso a riguardo
il ritorno di Abel. E solo per iniziare una ramanzina. Ai danni sia di
Vaclav che del prete occhialuto. Giusto per non farsi mancare nulla.
Havel se ne rimase in silenzio. E non per un mea culpa, come avrebbe
potuto dare da pensare il volto privo d’emozioni. Ma
perché troppo allibito dal fatto che la governante se la stesse
prendendo a quel modo proprio con lui e Abel, i due che si erano appena
misurati con tre Methuselah, per poter anche solo esprimersi. Intanto,
Padre Nightroad tentava goffamente di placare la furia femminile che
era la governante.
-Avanti, Signora Beatrice… non sia così arrabbiata…-
-Per l’amor del cielo, donna!!! Questi due ragazzi hanno
appena salvato la nostra Duchessa e questo vecchio ammasso di baffi e
demenza senile! Non fare la solita vecchia bisbetica, e vedi di essere
un po’ più riconoscente, miseriaccia!!!- Sia Vaclav che
Abel avrebbero baciato Carlo, se non avesse avuto i baffi. Ma Beatrice
non era per nulla felice dell’intervento dell’autista.
-Il loro compito è prevenire i pericoli!!! Non far
assistere la Signorina Sforza a certi spettacoli!!!- Ruggì la
donna, indicando i cadaveri dei tre Methuselah. Carlo sbuffò
come un toro, decisamente irritato dalla mancanza di buon senso della
governante.
-Meglio assistere a certi spettacoli che essere parte di certi
spettacoli!!!- Ribatté il vecchio baffuto. -E poi, mi spiega
come sono entrati, questi disgraziati?! Se non vado errato, tutto il
perimetro del parco dovrebbe essere sotto il controllo del sistema
d’allarme di cui Lei, Signora Beatrice, va tanto fiera!!!.-
-Ci… ci sarà stata di sicuro una falla, un
sabotaggio…- Borbottò la donna, rossa di rabbia e
vergogna.
-Insomma basta!!!- Esplose Catherina, stufa e per nulla
dell’umore adatto per sentire i battibecchi di Beatrice e Carlo.
Era stanca e spaventata, le immagini dell’attentato appena
sventato che andavano a risvegliare ricordi terribili sulla notte in
cui aveva conosciuto Abel. Voleva solo entrare in casa, tra le mura
solide e familiari, magari davanti ad una tazza di tè o
cioccolata calda, per cacciare via il freddo. Perché era solo il
freddo, che la stava facendo tremare come una foglia. Vero?
-La Duchessa ha ragione.- Intervenne Vaclav, impedendo a
governante e autista di ribattere, notando lo shock della bionda. -Non
c’è tempo per discussioni. Potrebbero esserci altri
Metuselah, e la Signorina Sforza va portata immediatamente al sicuro.-
-Finalmente qualcuno di buon senso.- Ringhiò Carlo,
lanciando un’occhiata di sbieco a Beatrice, che da parte sua
sembrava sul punto di usare il fucile sul vecchio. Havel
sospirò, disilluso, mentre recuperava la sua spada. Sentì
molti occhi puntati sulla schiena. Tutti aspettavano ordini. Era chiaro
da come i servitori seguivano ogni sua mossa. Perfino Abel e Catherina
lo fissavano, in attesa di una sua parola. Si lanciò una
maledizione. Aiutando la Sforza a mettere fine alla discussione tra
Carlo e Beatrice, aveva involontariamente preso il comando
dell’operazione. E il fatto che fosse l’unico soldato
presente, e per di più un membro della Santa Inquisizione, di
certo lo poneva come miglior candidato al ruolo di generale. Rassegnato
e per nulla felice della carica improvvisata, espose un piano. Semplice
e logico.
-Ci divideremo. Un gruppo con Beatrice e Carlo scorteranno la
Duchessa al sicuro nella Villa. Io e Padre Nightroad perlustreremo
nella direzione da cui sono spuntati i primi due. Il gruppo coi cani da
dove è spuntato il terzo.- Tutti annuirono, tranne Catherina e
Abel, che esplosero, oltraggiati.
-Cosa!? Stai scherzando! Sei ferito, devi farti vedere subito da
un medico!!!- Ruggì la ragazza, lo shock completamente
sostituito dalla rabbia. Anche il prete albino aveva le sue rimostranze.
-Ehi!!! Perché noi due da soli!?! Non è giusto!!!
Almeno prendiamo i cani!!!- Lo scatto delle fauci di Attila verso la
mano del prete fu udibile da tutti. -Va bene. Lasciamo perdere.-
Rettificò subito Abel, mettendosi a distanza di sicurezza dai
mastini.
Catherina fissò dritto negli occhi Vaclav per qualche
lungo istante. Iridi ghiaccio contro iridi mogano. Abel si
affiancò all’Inquisitore con un sorriso rassicurante. Alla
fine la Duchessa emise un lungo sospiro. La rassegnazione apparve sul
volto fanciullesco solo per un momento, subito sostituita da
determinazione. Fu come se gli anni avessero fatto un’improvvisa
corsa, rendendole il viso maturo e imperscrutabile.
-State attenti. Tutti e due.- I due preti annuirono,
rassicuranti. Né Abel né Vaclav potevano immaginare che
quella scena di commiato si sarebbe ripetuta, uguale, molte volte negli
anni a venire. Sia prima che dopo la creazione dell’AX. E prima
di ogni missione.
-Non si preoccupi! Ci penso io a Padre Havel…- Fece il
prete albino, mostrando un entusiasmo fuori luogo, e dando una pacca
giocosa sul braccio di Vaclav. Un mugolio di dolore in lingua
straniera. Cinquanta per cento di possibilità di errore. E Abel
aveva subito beccato il braccio ferito del prete in rosso. Con uno
scatto meccanico e uno “scusa” da morto vivente, o in
procinto di esserlo, l’occhialuto si costrinse a incontrare le
fessure scurissime che erano gli occhi dell’Inquisitore,
inquietantemente sullo stesso livello di quelli cerulei e colpevoli di
Nightroad. Un lungo momento di teso silenzio, poi Vaclav si
voltò, iniziando a incamminarsi nella direzione prescelta,
seguito a ruota da Abel.
La Sforza si lasciò scappare un sospiro. Ogni traccia di
impassibilità scomparsa, mentre Carlo la guidava gentilmente
verso la Villa. Non sapeva bene il perché, o meglio, lo sapeva,
ma non voleva ammetterlo, ma non era del tutto sicura che lasciare le
sue due guardie del corpo da sole e insieme fosse una buona idea…
Le stelle erano apparse in cielo ormai da un po’, e Abel
non riusciva più a mantenere la concentrazione. Gli occhi si
rifiutavano di indagare tra le ombre sempre più fitte della
sera, e le orecchie di individuare rumori fuori dalla norma.
L’eccitazione della caccia e delle ricerca ormai solo un ricordo
scomodo.
-Ci stiamo allontanando un po’ tanto dal gruppo… non
li sento quasi più…- Il mugolio scontento sembrò
raggiungere appena i padiglioni oculari di Vaclav, esattamente come i
latrati dei cani e degli uomini in perlustrazione dalla parte opposta
del parco, ormai in lontananza.
-Lo so.-
-Non crede che sarebbe meglio essere un po’ più
vicini? Sa, in caso di attacco… supporto a vicenda…- Per
tutta risposta, l’Inquisitore continuò ad ispezionare la
vegetazione, ignorando il suo compagno. La perlustrazione
continuò ancora per un tempo che, almeno ad Abel, parve
lunghissimo. Fino a quando questi esplose, annoiato e stanco.
-Ha intenzione di esplorare tutto il parco, Padre?! Sono decine
di ettari, lo sa?- Apparentemente, il prete bruno era insensibile ai
lamenti dell’occhialuto. -Insomma!!! Ho fatto un viaggio da tre
giorni in meno di ventiquattrore, non può avere pietà?!-
Gli occhi scuri di Vaclav continuavano ad esplorare
l’oscurità, l’orecchio più attento ai rumori
della notte che ai piagnucolii del prete albino. Alla fine chiuse la
palpebre con un sospiro. L’unica cosa che riusciva a sentire
erano i latrati dei cani e degli uomini che battevano la zona. Non che
potesse sentire davvero qualcosa, con tutto il baccano che stava
facendo l’albino.
-Almeno una pausa…- Il piagnucolio arrivò con la
mano dell’occhialuto, aggrappatosi disperato al braccio
dell’Inquisitore. Braccio ferito, ovviamente. Vaclav non seppe
mai da dove prese la forza di non abbattere sull’istante Padre
Nightroad. Ma questi seppe benissimo da dove riprese l’entusiasmo
di tornare a controllare l’area. Gli occhi sottili di Padre Havel
avevano la capacità pura e semplice di fargli produrre una dose
di adrenalina non indifferente. E anche gli epiteti lanciati in rumeno
e l’estrazione della spada dovevano averci qualcosa a che fare.
Con un sospiro esasperato, l’Inquisitore cercò di
evocare la sua logorata pazienza. Il dolore della ferita pulsante. Poi
, mentre rinfoderava la sua arma, notò che la mano del suo
collega si era sporcata di vermiglio.
-Veda di pulirsi la mano. Non è saggio avere addosso odore
di sangue.- Abel smise la sua agitata ricerca per fissare, timoroso e
stupito l’Inquisitore.
-Che… che cosa intende dire?-
-I Methuselah che ci hanno aggrediti erano tutti in preda alla
Sete. Se ce ne fossero altri, quasi sicuramente saranno nella stessa
condizione. E in questo stato, l’odore del sangue li
attirerà come api al miele.-
-Non pensa che possano essere andati a cercare Catherina, mentre
siamo qui?- Sibilò il prete albino, irritato per essersi fatto
riprendere da uno degli uomini di Francesco.
-No, non lo credo. In preda alla Sete, si saranno anche
dimenticati del motivo per cui sono qui, penseranno solo a cercare la
fonte di sangue. Che in questo caso, è me. Quindi, più la
Duchessa e ogni essere vivente mi starà distante, più
sarà al sicuro.-
-Per questo ha voluto allontanarsi…- Mormorò Abel,
colpito dal ragionamento di Padre Havel, ma altrettanto voglioso di
prendersi a calci da solo: non conosceva i Methuselah da due giorni.
Eppure non aveva pensato a quell’aspetto della faccenda. -Ma
perché non l’ha detto anche prima, con Carlo e
Catherina?!- Havel emise un lungo sospiro. Non gli era piaciuto
omettere tale informazione al suo incarico. Ma non aveva avuto molta
scelta.
-La Duchessa Sforza non sa che ora sono una calamita per Vampiri.
E quindi chiunque, compreso lei, Padre Nightroad, è in pericolo
accanto a me. Non credo avrebbe accettato di buon grado sapere che la
stiamo proteggendo da ulteriori nemici solo perché siamo uno
spuntino più appetitoso di lei. Meglio dirle che stiamo solo
cercando di coprirle il rientro alla Villa dando una mano agli altri
uomini. Darle preoccupazioni in più mi sembrava un’inutile
crudeltà. E poi non credo mi perdonerebbe il fatto che sto
mettendo in pericolo la sua guardia del corpo appena tornata a casa.-
Concluse con un sorriso gentile il prete. Abel annuì,
comprendendo le ragioni di Havel. Ma dopo pochi istanti, il cervello
dell’occhialuto arrivò ad accendere una lampadina.
-Un momento!!! Allora vuol dire che fino a ora … sono
stato in compagnia dell’equivalente umano di un’esca viva
per Vampiri!?!- Il sopracciglio moro del prete boemo fece un tic
irritato.
-Non è che mi faccia impazzire l’immagine del
sottoscritto ridotto a paragone di una larva attaccata all’amo,
ma sì, è così.- Ci volle qualche lungo secondo
perché Abel digerisse l’idea. Solo per comprendere
un’altra cosa.
-Un momento!!! Ma allora… io fino a ora ero in percolo!!!
-Mi pare di avervelo appena detto…- Borbottò il
moro, gocciolone sulla nuca, stranito dalla lentezza di comprendonio
dell’albino, che ora puntava un dito accusatore contro di lui.
-E lei lo sapeva!!! E non mi ha detto nulla!!!-
-Effettivamente…- Ammise, Vaclav, portandosi una mano al mento. Un sorriso divertito sulle labbra.
-Ma come ha potuto!!! Perchè non ha preso qualcun altro
degli uomini!!! O i cani!!! Perché ha messo in percolo me!?!-
-Vari motivi.- Ammise l’inquisitore, senza mostrare molto
pentimento. -In primo luogo, mi fido di più di un Methuselah in
preda alla Sete che di Attila e Nerone.- E qui Abel non ebbe
possibilità di ribattere. -Secondo, nessuno degli uomini della
Villa è davvero preparato a un incontro con un Methuselah, e
sarebbe un problema serio in caso di un attacco. Il panico può
far fare errori letali. Lei era l’unica persona presente con la
preparazione adatta a fronteggiare un attacco, in caso di pericolo. Me
lo ha dimostrato salvandomi la vita, solo poco fa. Per, cui tra
l’altro, non ho ancora avuto modo di ringraziarla. E per
concludere, Catherina avrebbe accettato di buon grado di non
trascinarmi con lei da un medico, solo se fossi stato in compagnia di
qualcuno di cui ha fiducia totale. E quella persona è lei, Padre
Nightroad.- Abel rimase per qualche lungo istante in silenzio, colpito
dalle capacità analitiche dell’Inquisitore. Ma alla fine
non poté trattenere un sorriso.
-Però, davvero non me lo sarei aspettato un ragionamento
tanto fine da un soldato della Santa Inquisizione…- Fece il
prete occhialuto, dando una pacca al braccio del moro. Quello ferito.
Di nuovo. Un sibilo di dolore scappò tra i denti serrati del
prete. L’albino fece un balzo all’indietro, maledicendosi
internamente. Decisamente una parte di lui era fuori controllo, e
desiderava far del male all’Inquisitore. -Ah!!! Mi spiace, mi
spiace, non volevo…- Si affrettò a scusarsi
l’occhialuto, agitando istericamente le braccia. Vaclav dovette
raccogliere ogni goccia di autocontrollo rimastagli per non decapitarlo
all’istante.
-Non fa nulla. Solo non lo faccia di nuovo, va bene?- Il tono di
voce era sempre gentile, ma Abel capì dalle scintille omicide
che scaturivano dalle iridi ebano che in realtà, quello era un
ultimatum. E anche se poteva avere più di un motivo per avercela
con l’Inquisitore che gli stava rubando l’affetto della sua
Catherina, non poteva di certo dargli torto se era irritato con lui. Il
prete boemo era già abbastanza stanco e in pena da solo, senza
avere a che fare con la goffaggine del prete albino.
I due avanzarono, scrutando la zona ancora per alcuni minuti,
giusto per scrupolosità. Ma ormai era chiaro che non
v’erano altri Vampiri in zona. E tra le esultanze non troppo
silenziose di Abel, i due preti si avviarono in direzione di Villa
Sforza.
Buona parte del percorso passò in silenzio, per la gioia
di Vaclav. L’Inquisitore sentiva come il bisogno di pace.
L’effetto dell’adrenalina ormai esaurito e la perdita di
sangue, seppur non esagerata, lo avevano lasciato in uno stato di
spossatezza. La spada d’argento appesa al fianco pesava. Non
importava quello che gli avevano detto durante l’addestramento, e
ancora meno quello che veniva ripetuto dai suoi superiori a ogni
predica. I Methuselah erano persone. E lui quella stessa sera aveva
posto fine alla vita di due uomini. Sapeva di non avere avuto scelta.
Ma questo era il fatto che lo aveva spossato di più. Più
della fatica e delle ferite.
Si rese conto di essere immerso completamente nei suoi pensieri solo quando sentì Abel parlare.
-Scusi, può ripetere, Padre? Non stavo ascoltando.- Il
prete albino batté le palpebre, e ripeté la sua domanda.
-Volevo dire… da domani inizieremo a lavorare insieme, io
e lei, giusto?- l’Inquistore smise di camminare, del tutto
impreparato alla domanda.
-Non saprei, Padre Nightroad.- Ammise dopo pochi secondi,
riprendendo la marcia. -Il mio incarico con la Duchessa Sforza sarebbe
dovuto terminare al suo ritorno. Quindi, almeno in teoria, dovrei
essere già destinato all’assegnazione di un nuovo
incarico.-
-Ah… capisco.- Mormorò Abel, tornando a fissare il
sentiero. -E Catherina? Come crede che la prenderà?-
-Non capisco che vuol dire.- havel cercò di mantenere una
facciata neutrale, ma Padre Nightroad era bel lungi dal crederci.
-Insomma, Padre Havel! Non può non essersene accorto!
Lei… si è molto affezionata a voi, vero?- Un lungo minuto
di silenzio, e alla fine l’Inquisitore rispose.
-Sì.- La risposta ebbe l’effetto di una pugnalata al
cuore per il Krsnik. E le parole successive di altre coltellate. -Ma
mentirei se dicessi che il sentimento non è reciproco.-
-Capisco.-
-Ciononostante, non credo che la mia partenza sarà un
grosso problema.- Abel alzò gli occhi di scatto
sull’Inquisitore, per incontrare il sorriso gentile e allo stesso
tempo triste del prete dai capelli scuri. -Lei ora è qui. Ed
è la persona più importante per quella ragazza. La mia
presenza non è più necessaria. Sotto ogni aspetto.-
-Si sbaglia.- Si ritrovò a dire il prete Albino, prima
ancora di sapere di aver aperto bocca. -Anche lei è molto
importante per Catherina.-
-Importante. Non indispensabile.-
-Nessuno lo è al mondo.- Ribatté Nightroad. -Ma
Catherina deve poter fare affidamento anche su altre persone. E non
solo su di me.- Il mare di capelli bruni venne scosso da una cenno di
diniego.
-Questo discorso ha comunque poco futuro. Anche volendo, il mio tempo a Villa Sforza è finito.-
-No, non ancora.- Sbottò quasi in un ringhio Abel, stupito
egli stesso della sua determinazione a voler trattenere
l’Inquisitore.
-Cosa? Che volete dire?- Gli occhi ebano indagarono sospettosi
quelli blu dell’altro uomo. Qualcosa nel suo tono aveva fatto
scattare un campanello. Sentiva che Abel aveva trovato la fregatura.
-Se non sbaglio, il suo lavoro qui doveva durare due mesi,
giusto?- Chiese il prete albino, le iridi blu scintillanti, e un
sorriso maliziosamente felino che avrebbe fatto l’invidia dello
Stregatto.
-Sì, è così- Concesse il prete moro,
continuando a camminare. Il sospetto tutt’altro che accantonato.
-Dunque, almeno per poco meno di un mese, lei sarà destinato a stare qui.-
-Non se riceverò la comunicazione di un nuovo incarico.-
Precisò l’Inquisitore, mentre l’espressione complice
raggiungeva anche le sue labbra. Ora capiva dove l’altro stava
andando a parare…
-Oh, non lo riceverà, si fidi.- Ridacchiò il prete,
sistemandosi le lenti sul naso. -L’incarico le è stato
assegnato direttamente dal Cardinale Francesco. Anche se in teoria il
bisogno della sua presenza è terminato, Cardinale Medici
l’ha assegnata qui per due mesi. Per cui, fino al mese prossimo,
non riceverà un nuovo incarico, e resterà qui! Nessuno
dei suoi superiori oserà chiamarla al dovere prima del tempo
stabilito dal capo della Santa Inquisizione. Quindi questo vuol dire
che lavoreremo insieme ancora per un mesetto scarso!- Concluse
trionfante, il petto gonfio d’orgoglio per il cavillo trovato.
Vaclav intanto aveva un sorriso decisamente più deciso sulle
labbra sottili, contagiato dall’ottimismo del collega.
-E dopo? Cosa crede mi tratterrà ancora qui?-
-Beh, è del tutto inutile preoccuparsi prima del tempo,
no?- Rise Abel, dando una forte pacca giocosa sul braccio
dell’Inquisitore. Solo il ruggito di dolore a malapena soffocato
gli fece notare di aver colpito il braccio ferito. Di nuovo. Deglutendo
appena, e ben consapevole della gaffe fatta, si voltò lentamente
a fissare il volto del prete bruno. -L … Lo sa che non
l’ho fatto apposta, vero?-
-È per questo che le do dieci secondi di vantaggio.-
Sibilò Vaclav, tra denti stretti, mentre alzava le iridi mogano
a livello di quelle cristalline del prete occhialuto.
Alle porte della Villa, Catherina si aggrappò spaventata a Carlo, quando un razzo
in abito nero con sospettosi capelli candidi la sorpassò a
velocità supersonica, seguito esattamente dieci secondi dopo da
uno vestito di rosso con capelli bruni.
Attila e Nerone rimasero per un momento confusi. Ma subito si
ripresero, e abbaiando, scapparono al servitore che li teneva al
guinzaglio, le code e i nasi frementi per la caccia.
L’anziano autista emise un lungo sospiro, mentre la
Duchessa lo liberava dalla sua morsa. Le cose si sarebbero fatte molto
interessanti, da lì in avanti… non che prima fossero
noiose… ma a quanto pareva, quello era il destino di quella
villa e dei suoi abitanti.
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Gli occhi blu di Suor Esthel erano il ritratto vivente
dell’incredulità e del sospetto, mentre fissava Padre
Havel, che, pur mantenendo la solita espressione gentile, cominciava a
sentirsi a disagio.
-Ehm … qualcosa non va, Esthel?- Chiese Abel,
interrompendo momentaneamente il racconto. La suorina rossa scosse il
capo, ma non cambiò espressione.
-Nulla, Padre Nightroad. Solo che… Beh, non vorrei fare il
Leòn della situazione… ma non ci vedo Padre Havel a
perdere la pazienza a quel modo… e anche la Cardinalessa…
chiedo scusa, Eminenza, Padre, ma è davvero dura credere che il
racconto di Padre Nightroad sia su di voi…- La risposta
causò uno scroscio di risa da parte di Know Faith e Catherina.
-Forse le sembra che questa storia sia un poco inverosimile,
Sorella Blanchett, visto che ci ha sempre conosciuto come siamo
adesso…- Disse la Cardinalessa, una volta finito il momento
d’ilarità. Il volto rilassato, mentre nel raccoglimento
privato dell’infermeria abbandonava il peso del suo rango. A
Esthel parve anche molto più giovane. E forse la sedicenne di
cui Abel aveva parlato fino a quel momento, non era poi così
lontana. Questo pensiero causò una risata spontanea nella rossa.
-Oh, non tutta! La parte su Padre Nightroad era decisamente credibile…-
-Sorella Esthel!!!- Esclamò oltraggiato il prete albino, mentre Havel e Catherina scoppiavano nuovamente a ridere.
-Ammetto che la vicinanza con Padre Nightroad è stata una
vera scuola per la mia pazienza …- Fece il prete moro, scuotendo
il capo. Abel tentò di risollevare la propria dignità,
esasperato dall’opinione che avevano di lui i suoi colleghi e
amici.
-Vaclav, ti ci metti anche tu?! Non ero così
insopportabile!!!- Le iridi scure di Havel vennero attraversate da uno
scintillio malizioso e divertito.
-Vogliamo ricordare il giorno dopo il tuo ritorno? Quando abbiamo
portato insieme a scuola Catherina?- Il prete occhialuto tentò
ancora qualche debole protesta, ma oramai Padre Havel si era lanciato
nel racconto.
-Questo era un ricordo che preferivo evitare…-
Mugolò sottovoce la Cardinalessa, sentita solo da Esthel, che,
senza nascondere un sorriso, appoggiò il mento sulle mani,
pronta ad ascoltare.
Fine File 05
Chiedo scusa, avrei voluto inserire più cose in questo
file, ma veniva troppo lungo, e l’ho diviso in due. Spero di
riuscire a preparare il prossimo file al più presto …
Ringrazio sempre The_Dark_Side che ormai è la mia commentatrice ufficiale!
Grazie mille!!!
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