Esistere - verbo al passato, presente e futuro

di Julietts
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Alice è una ragazza qualunque. Vede, osserva, riflette. Rigorosamente in quest’ordine. È carina, ha bei lineamenti, bei capelli, belle gambe. È un po’ bassa, forse. Ecco, sì, pare un folletto in mezzo a uno sciame di fate. Solo che lei è più fata degli altri. Per questo sembra un folletto. Perché è una fata vera. Da grande, poi, non sa cosa farà. Ma sa cosa non farà.
Il medico. Odia il sangue.
Il muratore. Odia sporcarsi.
La commessa in un negozio di computer. Odia la tecnologia.
E cos’altro? Ah, sì, odia lui. Jasper, il figo della quarta D.
Colui che sembra galleggiare tra le lacrime delle ragazzine che ha rifiutato. Lei non si farà rifiutare da lui. Per non provare ad apprezzarlo (o amarlo?) preferisce odiarlo, lui con i suoi capelli biondi, gli occhi chiari, il fisico scolpito. Lo lascia perdere, e lui lascia perdere lei. Non si sono mai parlati. Forse, non lo faranno mai.
Alice ha diciassette anni e mezzo. Quasi diciotto. Mancano tre mesi, quindici giorni, quaranta minuti. La precisione piace, ad Alice. E a volte, a volte ha degli incubi. Le sembra di galleggiare nel vuoto più scuro, per poi mettere a fuoco degli occhi color dell’ambra, capelli biondi, sangue, urla, disperazione, e quell’altra cosa. Quell’altra cosa che le fa venire da piangere, al risveglio, e si sente incompleta. Come un dono, una possibilità, che sente sua, ma che non ha.
Quello che non sa, Alice, è che non sono incubi. Sono ricordi. Ricordi di un esistenza che non vivrà mai più.




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