Sfiorivano le viole

di la ragazza delle viole
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È tarda mattina; il vento soffia.

Non si ferma sui capelli biondi di una ragazza che aspetta.

Li scompiglia e passa oltre facendo volare gli uccelli e sbattendo a volte contro i cartelloni pubblicitari della stazione.

Fa volare via le foglie per portarle chissà dove e non si preoccupa se nel frattempo ha rubato il palloncino di una bimba che adesso piange sconsolata.

Lei è lì, seduta sulla panchina blu del binario sei della stazione. Aspetta da mezz'ora. Sta pensando che a volte è come se il vento che intorpidisce le mani le entrasse dentro attraverso gli occhi. Come se le spostasse il cuore e le rimpicciolisse lo stomaco capovolgendo i polmoni, bloccando il respiro. Nulla torna più al suo posto

E nel frattempo lei aspetta. Non un treno. Immobile con un diario tra le mani, guarda davanti a se e aspetta. Aspetta qualcuno; poi come d'un tratto, lo vede.

Lo vede dall'altra parte della banchina, jeans chiari e tracolla in spalla.

I loro sguardi si incrociano, è questione di secondi, forse attimi.

Arriva il treno, si ferma pochi istanti, e se ne va, lasciandole davanti un binario vuoto con una banchina deserta.

Tira fuori il telefono, scrive un messaggio « trovato. »

Non aggiunge altro e preme invio.

 

 

Seconda fermata del treno, oggi è più affollato del solito, pensa lui facendosi spazio tra la gente in piedi nel vagone. Trova un posto, vicino al finestrino, e vi si siede.

Apre la tracolla verde militare, trova l'ipod; s'infila le cuffie.

Il cellulare vibra qualche secondo.

« trovato. » legge sullo schermo.

Risponde.

« io non ti ho vista; ti ho quasi cercata; ma non so se saprei riconoscerti. Non vale: concedimi di vederti e parlarti almeno una volta. »

Invio.

 

 

Un iPhone nero da 8 giga vibra sul tavolo della cucina di vicolo San Francesco a Ripa numero 17.

Artemisia è tornata a casa da qualche minuto.

Mangia uno yogurt alla pesca, le gambe incrociate sulla poltrona blu del salone, e la testa poggiata all'indietro. A casa non c'è nessuno, non ha nemmeno acceso le luci. La luce del giorno filtra attraverso le persiane chiude della finestra, disegnando i contorni degli oggetti nella stanza come nei chiaroscuri di Caravaggio.

Pensa al suo amore appena terminato; si domanda perché non riesce a provare dispiacere per una storia finita. È quasi felice di esserselo tolto di torno, quell'idiota.

Lo ricorda come una persona mediocre e nulla più, nonostante tutto.

L'orologio del salone indica le quattro e mezza. Sono passate ore, e Artemisia è sempre lì, davanti al computer, carica vecchie foto, scrive su facebook a qualche amica.

Un rumore fastidioso interrompe i pensieri di Artemisia, una finestra di msn si apre.

« spero tu abbia letto il mio messaggio. »

Lei sobbalza. È lui. Sì, il messaggio l'aveva letto, ma c'è qualcosa che non va. All'improvviso sente i muri restringersi come in una scatola, l'aria inizia a mancarle, quella casa la sta facendo soffocare.

« si, l'ho letto. Però ora non ho molto tempo, sto scappando; devo andarmene via di qui il prima possibile. »

« che significa? »

« significa che me ne devo andare, punto. Questa casa mi si sta stringendo addosso e se non me ne vado mi soffocherà. »

Lui non capisce, o forse capisce tutto « ti va di prendere un treno? » chiede senza vergogna.

« si » risponde lei, ancor più senza vergogna

« da stazione Trastevere passa un treno ogni 15 minuti, binario 5. Prendilo, scendi una fermata prima del capolinea. Ti aspetterò lì. »

« a tra poco... » fa lei prendendo la borsa e le chiavi di casa, mettendosi il cellulare in tasca.

« tu sei completamente matta... » scrive poi lui, ma lei è già scappata via chiudendosi il portone dietro alle spalle, correndo per la tromba delle scale, di quei gradini di marmo levigati che tante volte ha salito con fatica.

E ora corre via, vola leggera dal portone a vetri dell'atrio senza paura, verso la fermata dell'otto che sta per passare, verso la stazione in cui prenderà un treno; e non ha paura di perdersi non ha paura di cadere, non ha paura di lanciarsi in un gioco... D'altronde... Artemisia ama giocare.

 

 





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