San
Valentino
Ran
fissava il calendario e teneva in mano il suo cellulare. Era
indecisa, ma sorrideva.
"Ehi,
Conan”, disse al bambino accanto a lei, che stava
disperatamente
cercando di nascosto il cellulare che usava con l' identità
di
Shinichi Kudo, “tu credi che debba chiamarlo?”
"Chi?”,
chiese lui, tentando di prendere tempo, anche se, in realtà,
sapeva a chi l' amica si riferisse.
"Il
ragazzo che mi piace”, sorrise lei.
"No!”,
esclamò d' impulso il piccolo, che voleva farle una
sorpresa,
“devi assolutamente aspettare che ti chiami lui!”
"Tanto
avrà il cellulare spento”, borbottò la
ragazza, “e,
secondo me, si è pure dimenticato che oggi è san
Valentino.”
"Perché
non gli dai più fiducia?”, fece Conan, che
finalmente aveva
ritrovato il suo “vecchio” cellulare e stava ben
attento che Ran
non lo notasse.
"Ora
vedo se ha il cellulare acceso”, lo ignorò la
figlia del
detective Mori, “gli faccio uno squillo.”
Il
bambino non fece in tempo a fermarla: subito, il cellulare che usava
da Shinichi Kudo iniziò a squillare. La ragazza lo
fissò,
inizialmente sorpresa, poi con l' aria di chi ha appena vinto una
battaglia. Con una certa certezza
che le brillava negli occhi.
"È...Ayumi!”,
mentì il piccolo, afferrando il cellulare che usava da Conan
Edogawa, “che coincidenza! Vado subito a
rispondere!”
Corse
velocemente nella sua stanza e rispose al telefono.
“Pronto”,
disse, a bassa voce, usando il farfallino che gli permetteva, grazie
a un congegno elettronico, di parlare con la sua voce da adulto.
"Ciao...Shinichi”,
mormorò Ran. Si capiva che sorrideva, ma sembrava triste.
"Ciao,
Ran!”, esclamò lui, fingendosi sorpreso.
“Stavo per
chiamarti...per augurarti buon...!”
"Sai,
Shinichi”, lo interruppe l' amica che, senza che lui lo
sapesse, si
stava dirigendo nella camera del bambino, “qui ho un amico
che...ti
somiglia molto.”
Lo
vide, il suo Shinichi. Conan era voltato di spalle, verso la
finestra, ma si vedeva benissimo che era lui che parlava al telefono,
con il farfallino in una mano e il cellulare nell' altra.
Era
lui. Lo sapeva. L' aveva sempre
saputo.
"Ah,
davvero?”, fece il piccolo Edogawa, un po' nervoso.
“Quello che
si chiama Conan, non è vero?”
"Sì”,
accertò lei sorridendo, osservando ancora il bambino che non
si era neppure minimamente accorto della sua presenza.
"Immagino
che avrai ricevuto da lui le mie...”
"Le
rose, sì”, lo interruppe la ragazza per la seconda
volta,
senza distogliere lo sguardo da Conan, “me le ha date
stamattina.”
Quella
mattina, infatti, il piccolo era arrivato da lei con un grande mazzo
di rose rosse fra le mani, dicendole, tutto rosso, che gliele mandava
Shinichi. La figlia del detective Mori si allontanò dalla
stanza del bambino, con un sorriso triste sulle labbra.
"Ran,
va tutto bene?”, domandò Conan, preoccupato.
"Shinichi?”,
disse lei, senza rispondere. “Girati.”
Il
piccolo Edogawa si girò, incerto. E trovò una
tavoletta
di cioccolato sulla sua scrivania, che fino ad allora non aveva
notato.
"Ran,
ma come...”, fece il bambino, incredulo.
"Ti
amo, Shinichi”, sussurrò la sua amata. Lui
sospirò e
si arrese.
"Ti
amo anche io, più di quanto tu possa immaginare. Buon san
Valentino, Ran”, disse, dolcemente.
Lei
sapeva. Era tutto ciò che bastava loro per essere felici. E,
infatti, la ragazza sorrise, mentre una lacrima le rigava il viso.
Una lacrima di gioia.
"Buon
san Valentino, Conan.”
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