Notturno
- Sai perché ti amo più di
me stesso?
- No, dimmelo.
Lui la tiene tra le braccia, nel buio. Un
solo, tiepido raggio di luna trafigge l'aria, impolvera un
vetro, si riversa sulla pelle di lei come ambra fusa.
- Perché odori di latte e pace.
Di ricordi.
Lei ride piano. Gli accarezza il petto. Da
quanto tempo stanno insieme, ormai? La luna corre alta nel cielo, fuori
i grilli hanno ripreso a cantare. C'è tanto caldo,
quest'anno, in città. Entrambi soffrono il caldo del
deserto, non sono mai riusciti ad abituarcisi.
- Esmeralda? - sussurra lui, con la bocca
al suo orecchio.
- Dimmi, amor mio.
- Non hai sonno?
- Neanche tu.
- Mai, quando sto con te.
La loro storia è la storia
dell'intreccio di due pruni gelati e della rosa che hanno fiorito
insieme.
- E' molto tardi, amore mio. Dovresti
cercare di dormire, o domattina non starai bene.
Scherzosamente, come sempre, lieve, lei
gli passa una mano sulle palpebre. Palpebre lunghe, affilate, sottili.
Cerchiano gli occhi di un azzurro così stanco che a volte
sembra opale di nebbia. Ma non esiste la nebbia nel deserto. Esiste
solo il caldo e l'amore.
- Cosa ti ha detto il Sultano, oggi?
- Che come medico faccio schifo.
- Certo. Tu non sei un medico, sei un
prete, ricordi.
- Ero
un prete, mia cara, molto tempo fa.
Lui ride piano, lei immagina le labbra che
si stirano un poco sopra i denti lievemente arcuati, da felino. E'
felice che lui sia sempre stato così: un uomo che non ride,
ma sorride.
- Sono anche un medico, comunque. E anche
bravo. Sono questi sciagurati Musulmani che non ne sanno un accidente,
di Chimica. Pensano solo a bere e a mangiare, e poi a me tocca
aggiustargli la pancia. Quanti anni sono ormai, che lo faccio? Venti?
Trenta? Questi zucconi non imparano niente ...
Ridono insieme, lei gli fa il solletico
dietro la schiena, dove sa che gli piace. In trentaquattro -
perché sono trentaquattro
- lunghi anni di convivenza, lui non le ha mai detto che cosa gli
piace. Lei sa benissimo dove ama essere baciato, dove e
perché rabbrividisce di piacere, quando potrebbe stare un
giorno intero ad ascoltare il rumore che la pelle fa contro la pelle.
Ma non lo dice, non glie l'ha mai detto. Perché Claude
Frollo, in fondo in fondo, è rimasto lo stesso impenetrabile
mistero che era tanti anni prima. Anche per lei, che qualche volta ha
creduto erroneamente di possederne le chiavi.
- Dovresti smetterla di fare il medico,
sei vecchio.
- Lo dici sempre. Lo dicevi anche quando
ci siamo incontrati. E vedi bene che alla fine mi hai voluto lo stesso,
con tutti i pochi capelli e le rughe. Eppure gli occhi li ho ancora
buoni, e anche le mani ...
La stringe in un punto molto preciso della
schiena. Su una vertebra che lui ha sempre adorato accarezzare,
chissà perché. Solo che adesso è un
pochino più fragile, e meno elastica.
- Stai fermo! Orribile! Orribile,
orribile, orribile! - lei ride tanto, come le prime volte.
Oh, santo cielo, che strane prime volte.
Lei che rideva di tutto quel solletico, e lui che non avrebbe certo
avuto la benché minima intenzione di farglielo. Ma sapete, a
trentasette anni - e dopo una vita passata a fare il prete - non
è che uno sia poi tanto pratico di tutte queste cose da
esseri umani. Di queste cose fatte di carne, le schiene e
i seni e le cosce. C'era voluto tempo per imparare. C'erano voluti anni
di carezze, risate, qualche piccola scaramuccia, a volte.
Perché alla fine erano entrambi estranei a quella cosa che
chiamavano Amore. Lui per non esserci mai passato in mezzo, lei per
paura e non sapere neanche cosa.
- Che cos'hai, mia diletta, per caso ti
sei incantata a guardare la Luna? E' l'Astro alchemico per eccellenza,
sai?
Le succedeva, ogni tanto. Anche lei adesso
cominciava a diventare vecchia. Molto più vecchia
dell'età in cui il fu Arcidiacono le era sembrato
già incredibilmente vecchio. Ormai lei aveva quasi
cinquant'anni, e lui più di sessanta. A guardare bene non
sembrava poi invecchiato troppo. L'aria dell'est doveva fargli bene.
Così come la posizione di Medico che il Sultano di quello
sterminato Impero era stato felicissimo di dargli non appena avuto un
saggio delle sue formidabili capacità di guaritore.
- ... e di alchimista ...
- Cosa dici, cara?
La luna è alta nel
cielo. Più rossa di quell'oro che lui migliaia di volte lui
ha cercato tra le fiamme. Un oro di cui, per anni e anni, ha invano
tentato la natura, sforzato gli intimi segreti senza mai riuscire a
dominarli del tutto.
- Cosa dicevi, mia cara? - ripete lui.
Ormai non ci sente più bene da un orecchio, e ha paura di
perdersi qualcosa. A volte sente come una mano gelida sul petto,
vicina, gelida, ma non gli fa paura, solamente vorrebbe poter
continuare anche di là ad ascoltare il verso roco di colomba
di Esmeralda, la sua Esmeralda, smeraldo lucente che ha
vestito di bagliori ogni sua notte, che si è infiltrata come
l'acqua in ogni sogno e ha scavato le montagne e lo ha reso quasi
estraneo a se stesso, certe volte. Volte inquiete in cui ha creduto di
morire per tutto quel piacere ed abbandono.
- Niente, amore mio, niente. Dormi - gli
soffia lei, piano, in un orecchio.
Lui l'abbraccia, affonda il naso tra i
capelli, come farebbe un bambino.
Sono tanti anni che sogna la Morte e la
Morte ha sempre il volto di lei.
- Forse la vita non è che un
sogno - mormora. Poi si addormenta.
Esmeralda sorride. Lo abbraccia forte,
come la prima volta.
- I sogni volano via, però -
sussurra piano. Poi chiude gli occhi anche lei.
La luna scorre coi sui tiepidi
arabeschi fuori dalle finestre aperte del palazzo. Tocca pian
piano i corpi vecchi dei due amanti, le forme colme e abbondanti di
lei, la leggerezza severa di lui. Se fosse umana potrebbe
perdere una lacrima per quell'antico sogno che è stato il
loro amore. Ma non è umana. Così si limita ad
illuminarli piano.
Prima che il giorno spunti, i loro cuori
avranno cessato di battere.
|