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Usagi cercò di liberarsi dal
violento tremore che si era impossessato di lei con un bagno bollente. Decise
comunque di non uscire dalla stanza per paura di incontrarlo per casa.
Indossò i jeans e il maglione
del giorno prima e cominciò a riassettare la camera. Piegò tutti i vestiti e li
ripose nell’armadio dove l’abito da sposa sembrava in agguato dentro
all’involucro trasparente di plastica. Come per magia le ritornarono alla mente
le parole della direttrice del pensionato dove aveva vissuto sei anni prima:
Cerca di fartene una ragione, tesoro. Il cielo ti ha dato la possibilità di
ricominciare tutto daccapo. Un giorno troverai un bravo ragazzo e lo sposerai e
insieme avrete tutti i bambini che vorrete.
Usagi chiuse gli occhi e si
sedette sul bordo del letto. Dopo qualche istante, si rialzò e prese l’abito,
l’adagiò sul letto con la ferma intenzione di ripiegarlo bene e infilarlo in
fondo ad un cassetto.
Non avrebbe indossato
quell’abito candido come la neve, né fra meno di un mese, né mai.
«Sono io che infrango le
regole, oggi» annunciò Mamoru aprendo la porta di scatto, ma il suo sguardo si
soffermò allibito sull’abito candido disteso sul letto.
«Cos’è questa?» domandò con
voce dura mentre Usagi si appiattiva contro la parete. «Un’altra delle tue
bugie? Non la smetti mai di prendere in giro la gente?»
«Solo tu ed io sappiamo che è
una bugia!» esclamò Usagi.
«Tu vorresti dire che…» disse
Mamoru lentamente guardandola negli occhi, «vuoi forse dirmi che Keiji non ti ha
mai sfiorato neanche con un dito e che non sa di non essere il tuo primo uomo?»
Usagi annuì in silenzio.
«Ma devi dirglielo!» disse
Mamoru esterrefatto, «non puoi fondare il tuo matrimonio su una menzogna. Se lui
ti ama, non gli importerà nulla.»
«E a te importerebbe?» chiese
lei sull’orlo di un pianto disperato.
«Sarebbe una cosa
irrilevante.»
«Anche se si trattasse di un
altro?» lo incalzò lei.
Il volto di Mamoru si fece
cupo. «Non credi che ti ami abbastanza, vero Usagi?»
Il silenzio fu la sola
risposta che Usagi poté dare.
Mamoru si avvicinò e le
appoggiò le mani sulle spalle. «Non puoi sposarlo se non lo ami. Dimmi la
verità, Usako. Se mi guardi negli occhi e mi dici che non mi vuoi, allora ti
lascerò andare. Ma questo tu non vuoi farlo, vero?»
«Ti supplico, Mamoru…»
protestò Usagi, ma proprio in quel momento la porta si spalancò.
«Siamo dovuto ritornare prima
a causa del maltempo. La porte era aperta e io…»
Keiji osservò la scena
impietrito sulla porta. «Cosa diavolo sta succedendo qui?» chiese con voce
indignata.
Mamoru si allontanò
lentamente da Usagi e sostenne lo sguardo furibondo di Keiji.
«Siamo tornati indietro di
sei anni» disse lentamente. «Questa volta tocca a te, Usako.»
Pur sapendo che insieme a
Keiji non avrebbe avuto un futuro felice, Usagi cercò con lo sguardo l’appoggio
di Mamoru, ma dall’espressione del suo volto capì che lo scontro finale era
inevitabile e carico di rischi.
Se solo le avesse fatto
capire di amarla, avrebbe rischiato tutto, ma ebbe la certezza che anche quella
volta si sarebbe ritrovata sola.
«Lasciaci soli, Mamoru» disse
Usagi con voce assente, «devo parlare con Keiji.»
Mamoru rimase colpito da
quelle parole, ma riprese il controllo della situazione.
«Se è così che desideri»
disse sottovoce. «Ti conviene trattarla bene, altrimenti te la farò pagare cara»
sibilò rivolto a Keiji mentre usciva dalla stanza.
Usagi si sedette su una sedia
stringendosi nelle spalle. Provava un freddo tremendo, come se una parte di sé
fosse morta per sempre.
Lentamente e con molto dolore
Usagi raccontò tutta la storia a Keiji, tralasciando solo il nome di Mamoru per
un oscuro senso di fedeltà. Osservò il volto di Keiji impallidire. Era pronta a
tutto, anche alla sua rabbia, ma non al suo disprezzo.
«Keiji, avevo diciassette
anni e Mamoru…»
«Mamoru» ripeté Keiji con
odio. «Hai avuto una relazione con lui, adesso e non sei anni fa! È stata una
fortuna che Minako sia dovuta andare via. Ti sei divertita moltissimo ad
architettare tutta questa storia!»
Usagi rimase in silenzio. Non
sarebbe servito a nulla spiegare a una persona che non voleva assolutamente
capire.
Keiji si avvicinò a lei con
una mano protesa in avanti. «Rivoglio l’anello» disse gelido, «non ci sarà
nessun matrimonio. A me non piacciono le briciole lasciate da altri.»
Il piccolo gatto alzò
indolente il muso e miagolò dolcemente, svegliato da qualcuno che era entrato
nel salotto. Usagi sentì qualcosa di metallico cadere con un tintinnio sul
divano.
«Le chiavi di Minako» disse
Mamoru, «non ne ho più bisogno.»
Usagi annuì. Non alzò neppure
lo sguardo, anche se sapeva che quella era sicuramente l’ultima volta che
l’avrebbe visto.
La mano di Mamoru si avvicinò
alla sua e la sollevò. «Hai restituito l’anello» disse guardandola con occhi
cupi, «cosa gli hai raccontato?»
«Tutto» rispose Usagi con lo
sguardo fisso su un punto lontano oltre la finestra.
«Tutto?»
«Sì, proprio tutto!” sbottò
Usagi scattando in piedi. «Ho raccontato di me, di te, del bambino…»
«Bambino?!» ripeté Mamoru.
«Quale bambino, Usagi?»
«L’ho perso» mormorò Usagi
chinando il capo, «un aborto spontaneo… dicono che sia abbastanza comune.»
«Santo Cielo, Usagi!» esclamò
Mamoru afferrandola per le spalle. «Era… era mio quel bambino?»
Usagi alzò il viso e Mamoru
vide le sue guance rigate di lacrime.
«Perché non me l’hai mai
detto? Perché?» chiese allibito.
«Anche se avessi voluto, non
potevo!» disse lei infuriata. «Eri partito per Yokohama facendo sparire ogni tua
traccia.»
«Il preside del liceo aveva
il mio indirizzo.»
Usagi lo investì con una
risata amara. «Ti sarebbe piaciuto che io fossi arrivata strisciando ai tuoi
piedi e ti avessi implorata di avere pietà di me, vero?»
Mamoru la lasciò andare e si
sedette su una sedia. «Sono andato a Yokohama perché mio padre stava male» disse
lui con un filo di voce, «è morto il giorno dopo il mio arrivo. Non c’era nessun
motivo che mi spingesse a tornare a Tokyo.»
Dopo un attimo di silenzio
Mamoru fissò Usagi con uno sguardo intenso.
«Ma tu non mi avresti
accettata se ti avessi cercato.»
«Perché no?» disse Mamoru
guardandola negli occhi. «Io sono ritornato per cercarti.»
Usagi rimase allibita dalle
implicazioni nascoste in quella frase. La mano di Mamoru l’attirò a sé e la
fece sedere al suo fianco.
«I miei veri genitori sono
morti molti anni fa, in un incidente stradale» confidò, e a Usagi parve di stare
ascoltando una storia familiare e sconosciuta allo stesso tempo. «Il fratello di
mia madre mi ha accolto a casa sua come se fossi suo figlio, e lui e sua moglie
sono stati gli unici genitori di cui ho memoria… Ho impiegato sei mesi per
sistemare tutto dopo la morte di mio padre. Mia madre ha avuto un esaurimento
nervoso e sono dovuto rimanere con lei. Confidavo nel fatto che avrei potuto
rintracciarti a casa tua, ma sei scomparsa nel nulla. Se avessi saputo del
bambino sarei tornato subito.»
«Tu mi avresti cercato?»
disse Usagi incredula. «Ma sei stato tu a rifiutarmi.»
«Non ti ho mai rifiutata,
Usagi» disse lui lentamente, «anche se non mi sono comportato come avresti
voluto tu… sarebbe stato troppo facile obbligarti a decidere con gli stessi
metodi di tuo padre. Dovevi decidere da sola.»
«Non capisco…» disse Usagi
con un filo di voce.
«Dovevo scoprire quali erano
i tuoi veri sentimenti. È un rischio insegnare a una cinquantina di ragazze
adolescenti, soprattutto se sono determinate come Rei. Dovevo accertarmi in
qualche modo di essere una cosa importante per te come tu cominciavi a esserlo
per me. Dovevi scegliere di stare con me, non perché ero più forte di tuo padre,
ma perché lo desideravi con il tuo cuore, indipendentemente dalle parole chi
chiunque…»
Usagi impallidì di colpo. Era
convinta che Mamoru Chiba l’avesse usata e poi gettata, quando invece aveva
cercato di darle il regalo più prezioso della terra: la libertà di scegliere di
rimanere accanto all’uomo che amava.
«Quando sono arrivato a casa
non riuscivo a dimenticarti e cercavo di convincermi che mi avevi usato contro
la tua famiglia. È stato tutto inutile e dopo qualche mese sono ritornato a
Tokyo. Sono passato da casa tua e tuo padre mi ha detto che eri andata a vivere
con qualcuno. Solo adesso ho capito che si trattava di Minako, ma allora…»
«Hai creduto che stessi con
un altro uomo!» sbottò Usagi indignata, ma si calmò subito alla vista
dell’espressione affranta di Mamoru.
«Che altro potevo pensare?»
Rimasero in silenzio per
quella che parve un’eternità, ognuno perso nei propri ricordi.
«Ho un regalo per te» disse
infine Mamoru. Si alzò in piedi e andò a prendere una busta marrone che aveva
appoggiato sulla valigia accanto alla porta.
«Il momento giusto per
dartela non arrivava mai» disse lui porgendogliela.
Usagi l’aprì lentamente ed
estrasse la foto che conteneva. Non appena la vide, le mani cominciarono a
tremarle e gli occhi le si riempirono di lacrime. Davanti a sé vide una ragazza
dallo sguardo tenero e provocante, il viso innocente e sensuale, la cui
espressione tradiva un tenero e profondo sentimento. Era l’immagine di una donna
innamorata e quello sguardo era rivolto a Mamoru, e a Mamoru soltanto.
«Allora tu l’hai sempre
saputo» sussurrò Usagi.
«Sì» rispose lui guardandola
con intensità. «Usagi, perché credi che sia venuto qui e abbia accettato il
lavoro da Sakage? Avrei potuto guadagnare dieci volte tanto rimanendo a
fotografare modelle e sfilate di moda.»
«Tu… tu…» balbettò Usagi
incredula.
«Sono venuto per cercarti»
disse Mamoru lentamente, «come potevo immaginare che eri tu la sposa che dovevo
fotografare? Ti amo, Usako! Ti ho sempre amata. Il mio modo di dimostrartelo non
è fra i più ortodossi, ma nemmeno tu sei uno zuccherino!»
«Dillo ancora» disse Usagi
facendo fatica a respirare.
«Sì, ti amo. Non riuscivo a
trovare il modo di toglierti quella maledetta maschera dietro alla quale ti
nascondevi. Ma ci sono riuscito, nonostante la linea di gesso… solo tu potevi
inventare una barriera così inutile» aggiunse sorridendo. «Dovevo solo aspettare
che tu la cancellassi di tua spontanea volontà.»
Usagi guardò quella linea
bianca, il simbolo di quanto aveva ostacolato il loro amore.
«Avrei dovuto toglierla molti
giorni fa» disse con un filo di voce, «quando ho capito che non avrei mai
sposato Keiji perché ti amavo ancora» aggiunse dirigendosi verso la porta.
«Dove credi di andare?»chiese
Mamoru afferrandola per le spalle.
«A cancellare quella stupida
riga!» esclamò lei con un sorriso abbandonandosi al suo tenero abbraccio.
«Non ti muoverai finché non
avrò infranto le regole una volta per tutte» le sussurrò all’orecchio mentre la
prendeva in braccio.
Il mattino successivo Usagi
si svegliò fra le braccia di Mamoru e provò una sensazione magnifica.
Si stiracchiò lentamente per
paura di svegliarlo, ma le sue forti braccia non accennavano a lasciarla andare.
«Serenity…» mormorò lui, e
Usagi provò un tuffo al cuore nell’udire quel nome. Sapeva che significava
qualcosa, qualcosa di importante… ma più si sforzava e più le immagini nella sua
mente erano sfocate e distanti.
Con mano tremante, accarezzò
il volto rilassato dell’uomo che aveva accanto. Chiuse gli occhi e posò un lieve
bacio sulle labbra di Mamoru.
«Mio principe… Endymion…»
Riaprì gli occhi, cercando di
capire perché avesse pronunciato quel nome, ma inutilmente.
Fu allora che si accorse di
un piccolo oggetto sotto il suo cuscino: era un carillon dalla melodia
dolcissima, la stessa che aveva sentito nel suo sogno la notte che aveva dormito
con Mamoru. Era sicura di non averlo mai visto prima di allora, però la sua
musica le era così familiare…
«Se non sbaglio» sussurrò
Mamoru con gli occhi ancora chiusi, «questo è il punto in cui tuo padre fece
irruzione a casa mia.»
«Non temere, questa volta non
succederà niente del genere» ribatté lei accarezzandogli i capelli.
«Allora nulla ci impedirà di
fare l’amore.»
«Proprio nulla» disse Usagi
facendosi piccola fra le sue braccia.
Proprio in quel momento il
campanello squillò.
«Non è possibile!» esclamò
Mamoru esasperato.
Usagi si mise a sedere sul
letto. «Minako!» esclamò colpendosi la fronte con una mano. «Mi sono scordata
che tornava oggi.»
Uscì dal letto e si infilò
una vestaglia, nella cui tasca infilò il carillon. «Sarà furiosa quando le dirò
che non ci sarà nessun matrimonio: ha comprato un vestito costosissimo!»
«Se fossi in lei non mi
preoccuperei tanto» disse Mamoru incrociando le mani dietro la testa.
Usagi si girò di scatto e gli
lanciò un’occhiata sbalordita.
«È facile ottenere una
licenza di matrimonio per metà del mese prossimo» spiegò lui con un ampio
sorriso, «sempre che tu voglia sposarmi!»
«Certo che lo voglio!»
esclamò Usagi precipitandosi verso il letto per baciarlo.
«Siamo d’accordo, allora»
sospirò lui estasiato mentre il campanello riprendeva a squillare. «Ti supplico
Usagi: vai ad aprire quella porta, altrimenti ti tengo qui con me e la povera
Minako dovrà aspettare fuori molto a lungo!»
Usagi fece per alzarsi, ma
dalla tasca della vestaglia cadde il carillon.
«Ti è caduto qualcosa …»
avvertì Mamoru alzandosi dal letto e indossando un paio di pantaloni beige e una
polo nera.
Usagi si inginocchiò per
riprendere da terra il piccolo oggetto che, nella caduta, si era aperto e aveva
iniziato a suonare.
Trascorsero lunghi istanti in
cui i due amanti furono troppo occupati ad ascoltare quelle note familiari per
poter anche solo respirare.
Usagi alzò lo sguardo verso
Mamoru, incurante delle lacrime che le rigavano il viso. «Endymion» sussurrò
nuovamente, e l’immagine di un principe si sostituì per un attimo a quella di
Mamoru.
Non riusciva a parlare, e
fece la sola cosa che il cuore le dettava: tenendo il carillon sul palmo della
mano lo porse a Mamoru, al suo principe.
L’uomo la osservò per qualche
istante con una strana espressione in volto, come se la vedesse per la prima
volta, dopo averla tanto attesa; poi allungò la mano verso quella su cui Usagi
teneva il carillon, e appena le sua dita sfiorarono il prezioso oggetto il tempo
si fermò.
Lo so, avevo
detto che questo sarebbe stato l’ultimo capitolo… ma stava diventando troppo
lungo, e mi avreste linciato di certo XD
Spero non vi
dispiacerà dovermi sopportare per un altro aggiornamento, ma stavolta garantito,
il prossimo (che è praticamente già scritto XD) sarà l’ultimissimo capitolo (giusto una paginetta per vedere cosa accade ^^ ) =)
Che dire?
Sempre un grazie
infinite a tutti voi, per aver letto fin qua e per avermi dato la spinta a
continuare questo progetto.
Un abbraccio, e a
presto :*
Bax, Kla
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