Autrice: SunlitDays (terachan)
Beta: Silice Title: Love is Us Ship: Harry/Ginny Rating: arancione Summary: essere padre non è come Harry aveva immaginato. N/A: questa fic è nata in inglese e, se siete interessati, potete trovarla qui, ma ci tengo a precisare che questa storia non è una traduzione, sia la versione italiana che quella inglese sono mie.
Edit: La Ginny della mia storia ha vinto il premio di Miglior Protagonista Femminile al contest Red Carpet - Notti Magiche per "... aver dato forza e spessore a un personaggio che nei libri risulta marginale e per avergli reso giustizia e ridato dignità agli occhi dei fanreader... ". Un milione di grazie alle giudici.
Se
Harry non avesse saputo in che condizioni si trovasse casa sua
nell'ultimo
periodo, appena entrato avrebbe tirato fuori la bacchetta. Era tutto in
disordine; giocattoli sparsi dappertutto, piatti ancora sporchi nel
lavello. Un
uragano non avrebbe potuto fare un lavoro migliore. Perciò,
si limitò a
sospirare e ad agitare la bacchetta per cercare di far sembrare il
posto
vivibile. Piatti incantati cominciarono a ronzare di vita, giocattoli
tornarono
al loro posto e - era sangue quello? Preoccupato, salì le
scale alla ricerca di
Ginny e suo figlio. Di sicuro James era di nuovo caduto sbucciandosi il
ginocchio. A metà scalinata, cominciò a sentire
il pianto di suo figlio. Harry
sospirò di nuovo. Era
una di quelle giornate.
Come previsto, trovò James piagnucolante seduto sul bordo
della vasca da bagno
e Ginny in ginocchio che gli disinfettava la ferita. "Tutto a posto?"
chiese. Sentendo la voce di suo padre, James pianse più
forte. Aveva imparato
da tempo che, tra i due genitori, Harry era quello dal cuore
più tenero, quello
che cedeva facilmente ad ogni suo capriccio. Ginny sbuffò.
Era in vestaglia, i
capelli scompigliati e tracce di trucco sciolto le macchiavano il viso.
"E'
caduto dall'altalena in giardino. Te l'avevo detto che non dovevamo
comprargliela. Posso dirgli di non andare troppo in alto un migliaio di
volte,
ma lui mi ascolta? Nooo". Il suo tono di voce era
teso. Harry
drizzò le spalle. Era
davvero una di
quelle giornate.
Si avvicinò a suo figlio e lo prese in braccio per
consolarlo. James nascose il
faccino nel suo collo e singhiozzò. "Mi fa-fa male" gemette.
"Tesoro", gli rispose Harry, "quante volte ti ho detto di dar
ascolto a tua madre? Su, su, adesso passa. Amore", aggiunse rivolto a
Ginny "devo fare la doccia, sono distrutto. Puoi pensarci tu?"
Ginny si alzò, stizzita, prese tra le sue braccia il bambino
e uscì dal bagno.
Harry li guardò andar via. Una voce nella sua testa gli
diceva di aiutare
Ginny, ma il mal di testa e la spossatezza ebbero il sopravvento.
Affamato e stanco, dopo la doccia Harry entrò in cucina. Un
piatto caldo lo
aspettava sul tavolo, la cucina era tornata immacolata. Ginny si
trovava in un
angolo, un mucchio di vestiti appena lavati la circondavano.
Oziosamente,
agitava la bacchetta piegandoli e accatastandoli l'uno sull'altro
ordinatamente. Il suo sguardo era smunto stanco e vuoto. Harry le si
avvicinò
per darle un bacio di saluto in ritardo, lei girò la testa,
così che le sue
labbra trovarono la sua guancia, invece.
"Sei
nervosa?" le chiese.
"Stanca", rispose concisa.
"E' stata proprio una giornata dura. Non siamo vicini a risolvere il
caso
come non siamo vicini a inventare le bacchette auto-incantanti". Ginny
emise un verso indistinto.
Cedendo alla fame, Harry si sedette a tavola e cominciò a
mangiare. "E' un
po’ salato" le disse, tanto per rompere il silenzio.
"Oh, chiedo perdono a messere Harry Potter se la sua cena non
è perfetta.
E' appena tornato dal suo faticoso lavoro e la sua ingrata moglie gli
offre un
piatto salato. Che non si ripeta mai più", disse, con un
tono fortemente
sarcastico.
"Ho solo fatto una constatazione, non volevo dire-", ma sua moglie lo
interruppe, la voce non più sarcastica.
"So bene cosa volevi dire. Volevi dire che sei stanco e che torni a
casa
trovandola un porcile, con un bambino che piange perché tu
l'hai viziato
e la cena non di tuo gradimento perché non sono brava come
mia madre. Beh, mio
caro, qui non sei il solo a lavorare. Stanotte non ho dormito
perché tuo figlio
ha deciso di passare la notte in bianco e non ho avuto il tempo di fare
il
bucato perché tuo figlio non si
è fermato un attimo e la cena è salata
perché non ho la capacità di pensare a
più cose contemporaneamente".
Disse, la voce che si alzava ad ogni sillaba.
"Non urlare" le rispose Harry, non avendo per nulla voglia di
litigare, troppo stanco anche per ascoltarla, "Sveglierai James e-",
di nuovo, Ginny non lo lasciò finire.
"E cosa? Tanto sarò io a restare sveglia ancora un'altra
notte, perché il
signorino deve lavorare domattina e ha bisogno di riposo. Non io, io
non
lavoro, sono solo una schiava-"
"Adesso basta Ginny! Fai così solo perché non
riesci ancora ad accettare
il fatto che hai dovuto abbandonare il Quidditch prima del previsto. Ho
solo
fatto una constatazione. Non farne un dramma come tuo solito. E non ho
mai
detto che tu non fai nulla. Lo so-"
"Il mio solito! Adesso sono una moglie pignola, una che non si
accontenta
mai-"
"Non ho detto questo-"
“Dimmi, Harry, quando è stata l’ultima
volta che hai passato del tempo con me e
James?” chiese, la voce gelida.
Harry non aveva risposta per questa domanda.
"Preparatela da solo la cena, domani, e dato che ci siamo, se
riesci
a trovare delle lenzuola pulite, preparati anche il divano.
Perché è lì che
dormi, stanotte. Io vado a letto"
Marciò fuori dalla cucina, lasciando Harry sconsolato e
arrabbiato con un
piatto salato e ora freddo che non aveva più voglia di
mangiare.
~~~~~
Quando la mattina dopo Harry si svegliò, di malumore e con
la schiena
intirizzita dolorante per aver dormito sullo scomodo divano, la casa
era
silenziosa. Salì in camera sua per cercare dei vestiti
puliti e trovò Ginny e
James che dormivano abbracciati. Era sempre così,
ultimamente. James aveva
ormai preso il suo posto. La stanza era in un caos tremendo. Ginny
doveva aver
passato un'altra notte in bianco e, a giudicare dai giocattoli sparsi
sul letto
e sul pavimento, a intrattenere
James perché non
piangesse. Sentì una morsa di colpa allo stomaco. Che
diritto aveva di
lamentarsi per il mal di schiena, quando Ginny non riusciva mai a
dormire? Ma
immediatamente mise da parte il sentimento. Non era colpa sua se
tornava stanco
da lavoro. Quello che faceva era importante. C’erano dei
bambini coinvolti. Sospirando,
si preparò per una nuova giornata di lavoro.
Se il litigio con sua moglie e il mal di schiena non avessero
contribuito
abbastanza al suo malumore, di sicuro la ramanzina ricevuta dal suo
capo avrebbe
completato la sua giornata. Non era colpa sua se la lentezza del
protocollo lo
aveva costretto a entrare
in azione e a
disobbedire agli ordini per l'ennesima volta. Aveva
trovato il Mago Oscuro che si divertiva a fare esperimenti sui bambini
e non aveva
avuto alcuna intenzione di lasciarselo
sfuggire in attesa di un foglio di pergamena. E non era vero che lui
non aveva
rispetto per le autorità. A volte Robards gli ricordava fin
troppo Snape. Come
se non bastasse, aveva avuto un battibecco con Ron. E non accadevano
mai cose
buone quando Harry litigava con Ron.
Non c’era da
stupirsi, quindi, se, quando Harry
tornò a casa quella sera, sperasse di trovare la scena che
aveva sognato il
giorno che Ginny gli aveva detto di aspettare un
bambino: sua moglie sorridente, che lo accoglieva con un bacio e una
cena calda
sul tavolo e suo figlio che gli correva incontro, allegro, ma
abbastanza stanco
da addormentarsi di lì a un’ora. Invece,
trovò qualcosa di inaspettato. Non che
la casa fosse in ordine, ma era troppo silenziosa. Un biglietto sul
tavolo lo
informava che James era malato, che lui e Ginny si
trovavano dai nonni e che la cena era in frigo.
Harry fece un pausa, combattuto. Voleva davvero controllare
che suo
figlio non avesse nulla di grave, ma era stanco e irritabile, e, sul
serio, che
differenza avrebbe fatto la sua presenza? Così, dopo un
veloce incantesimo di
Riscaldamento, mangiò e, nemmeno un’ora dopo,
dormiva.
Dei suoni attutiti lo svegliarono poche ore dopo. Girandosi, vide Ginny
seduta
sul letto che cullava James. Dovevano essere tornati mentre dormiva.
Provò un
moto di irritazione. Doveva dormire. Il giorno dopo avrebbe
interrogato il Mago Oscuro per scoprire dove aveva nascosto i bambini e
per
fare ciò doveva essere vigile. Costantemente.
Perché non poteva avere un
figlio come Teddy, che si addormentava ovunque, o come Victoire, sempre
dolce e
tranquilla?
Si girò dall'altra parte e strinse gli occhi. No, essere
padre non era come
aveva immaginato.
~~~~~
Come ogni mattina, quando Harry si svegliò, Ginny e James
dormivano. E, come
ogni mattina, era duro. Come gli mancavano i giorni in cui lui e Ginny
potevano
fare l'amore dolcemente e lentamente, prima di salutarsi. Dovevano
essere
passati almeno due mesi dall'ultima scopata, se non contavi la sveltina
nel
giardino della Tana, mentre James era occupato a giocare con Victoire.
Sospirando,
si rassegnò ad un'ennesima sega sotto la doccia.
Bagnato e infreddolito, dopo una breve e per nulla soddisfacente
doccia, Harry
si mise alla ricerca di un calzino. Cercò dappertutto, in
ogni cassetto,
nell'armadio, sotto il letto... dove diavolo era finito quel calzino?
Sospirò
per la seconda volta e, chiedendosi quanti sospiri gli mancassero prima
della
fine della giornata, decise che se non avesse svegliato Ginny, non
sarebbe mai
arrivato a lavoro in tempo.
"Ginny", disse a bassa voce, attento a non svegliare James,
"Ginny, non trovo il calzino", le scosse leggermente la spalla e
Ginny scattò seduta.
"Cos..." disse, gli occhi che scattavano subito sulla forma dormiente
di James.
"Shh, tranquilla, ma non trovo il suo compagno", le disse, alzando il
calzino solitario. Ginny si strofinò gli occhi, ancora
stordita, e disse,
"E' nel cassetto" e ricadde sul letto.
"Ho visto ma non c'è", le rispose.
"Mettiti degli altri", strascicò.
"Non ne è rimasto nemmeno un paio pulito", disse Harry,
impaziente.
Ginny sbuffò, si girò e lo guardò con
occhi arrossati, i capelli arruffati. La
sua espressione sembrava più disperata che arrabbiata.
"Allora lavateli e lasciaci dormire", disse. Harry non disse nulla
perché, anche se non era sua abitudine, sembrava che Ginny
stesse per piangere.
~~~~~
Sotto il cielo nuvoloso, la landa sembrava un posto tetro e solitario,
chilometri e chilometri di terra arida, non un albero, ciuffi
d'erbaccia che
crescevano qua e là, il tutto aveva un aspetto sinistro.
E' perfetto, pensò Harry. Perfetto per il
suo umore e per la scena a cui
aveva appena assistito. Se ne stava in piedi, a pochi metri dalla
baracca
abbandonata, a fissare l'orizzonte di questo territorio sabbioso, gli
occhi
spalancati. Se li avesse chiusi, avrebbe rivisto il corpo martoriato di
una
donna, la bocca spalancata per un ultimo urlo, le braccia tese di una
madre il
cui ultimo gesto era stato proteggere suo figlio. Come sua madre...
solo
che, questa volta, nemmeno l'amore materno era riuscito a salvare il
bambino.
Capelli biondi macchiati di sangue, gli stessi occhi di sua madre...
Un uomo era seduto sulle scale d’ingresso. Poteva sentire il
suo pianto
disperato, l’agonia di un padre che aveva perso tutto.
Harry strinse le labbra per non vomitare.
Quando Davies aveva confessato di aver ucciso i cinque bambini
scomparsi,
svelando dove aveva nascosto i corpi, Harry aveva saputo subito che gli
si
presentava una situazione difficile. Quello che Harry non aveva
previsto era
scoprire che il piccolo Evan era stato vivo fino a un'ora prima, che
aveva
sofferto una morte lenta e dolorosa, tra le braccia della madre defunta.
Mentre Harry interrogava il bastardo, Evan probabilmente giaceva in una
pozza
di sangue sussurrando il nome di sua madre e chiedendosi
perché il suo papà non
tornava a casa a salvarli.
Mentre Harry aspettava che la burocrazia facesse il suo corso e di
ricevere
l'ordine di entrare in azione, Evan moriva.
Perse la battaglia con il suo stomaco e vomitò.
Una mano sulla spalla lo riscosse, "Stai bene, Harry?", Ron lo
guardava con sguardo simpatico. Dopo anni di amicizia, non aveva
bisogno di
chiedergli cosa lo turbasse. Anche lui era un po' cinereo, ma
evidentemente era
più forte di Harry in questi casi.
"Hai bisogno di qualcosa?"
"Voglio solo tornare dalla mia famiglia", rispose, e si accorse di
quanto fosse vero.
Ron annuì, comprensivo. "Raduno tutti e partiamo subito alla
ricerca degli
altri bambini."
Si guardarono per un lungo istante, poi spostarono lo sguardo
contemporaneamente, imbarazzati.
"Bene. Dì alla squadra che li vedrò fra un mese.
Mi prendo una
vacanza". rispose Harry.
Ron annuì e senza aggiungere altro, si allontanò.
~~~~~
Un paio di ore dopo, Harry poté ammettere che era stata una
soddisfazione dire
a Robards dove doveva ficcarsi il suo protocollo.
Entrando in casa, l'unico suo desiderio era vedere sua moglie e suo
figlio. E
non importava se la casa era un disastro, non importava se James avesse
fatto i
capricci, non importava se Ginny era di malumore. Voleva solo vedere i
loro
visi.
Il solito uragano doveva esser passato in cucina e Harry si
guardò intorno,
incantato, a dispetto di tutto. La presenza di Ginny e James era
ovunque, nelle
riviste di Quidditch, nella bacchetta giocattolo, nella tazza di
tè vuota,
nelle macchie di pappina sul tavolo e sul pavimento.
Entrò in salotto, le dita che si contraevano dalla voglia di
toccarli,
gli occhi che saettavano in ogni angolo dalla brama di vederli.
Erano
entrambi sul divano, un libro fra di loro.
"-e da
allora in quel regno mai più una strega o un mago furono
perseguitati."
James emise una risatina deliziata, "Attra votta, attra votta",
disse.
Ginny sospirò esausta, ma sorrise dolcemente all'espressione
del bambino.
"D'accordo, ma solo una". concesse.
Harry entrò nel loro campo visivo, si fermò e non
si mosse, voleva solo
guardarli.
"Papà", James si liberò con estrema
facilità dalle braccia di sua
madre e raggiunse Harry. Gli si attaccò alla gamba e
saltellò, allegro e per
nulla stanco. Harry ne era grato.
Aveva le dita sporche d'inchiostro colorato e - quando era diventato
così alto?
"Come è andata la giornata?", gli chiese Ginny.
Lui alzò lo sguardo e incontrò il suo. I suoi
capelli rossi erano legati
disordinatamente, ciuffi ribelli le cadevano sul viso, cerchi scuri
incorniciavano i suoi occhi stanchi - quando era diventata
così bella? Non era
molto diversa, davvero. Ma c'era qualcosa, qualcosa
che non era lì quella
stessa mattina. O
forse erano gli occhi di Harry
ad essere cambiati?
"Come è andata la tua?", le chiese, non volendo parlare di
bambini
morti e di sangue, ed essendo davvero interessato alla risposta. "Come
si
sente James?"
Quando era stata l'ultima volta che lo aveva chiesto? Quando era stata
l'ultima
volta che aveva giocato con James e aveva abbracciato Ginny con affetto
e non
con l'intenzione di fare sesso? Sarebbe successo anche a loro? Un
giorno si
sarebbe seduto sui gradini d'ingresso a piangere e maledire il tempo
che aveva
perso?
"Oh, sta bene, era solo un po' di febbre", gli rispose Ginny.
"Abbiamo passato una giornata come le altre".
Harry si chinò e prese in braccio suo figlio.
"Perché non vai a fare un
bagno caldo? Penso io a raccontare la storia a James e a metterlo a
letto"
Ginny lo guardò interrogativamente, aprì la bocca
per parlare, ma sembrò
ripensarci. Annuì e si diresse in bagno.
"Papà, papà, 'contami Baba Laba e i Ceppo
Gnignante" James sembrava
fuori di sé dall'eccitazione.
E non c'è da stupirsi, pensò
Harry, quando è stata l'ultima volta che
gli ho letto una storia?
"Calma, peste, adesso te la racconto, ma prima andiamo nella tua
stanzetta
a mettere il pigiama".
Mentre leggeva, tra le tante interruzioni e domande di James, Harry si
rese
conto di quanto gli fossero mancati quei momenti,
mentre giocavano a lanciarsi i cuscini e ridevano come non avevano riso
da tempo, Harry
ricordò che il giorno della
nascita del bambino aveva promesso a se stesso che sarebbe stato il
padre che
non aveva mai avuto. Mentre James chiudeva gli occhi e si addormentava,
Harry
scoprì che no, essere padre non era come aveva immaginato,
era molto meglio.
~~~~~
"Dorme?" gli chiese Ginny appena Harry entrò in camera. Era
a letto,
una rivista di Quidditch sul grembo, i capelli sparsi sul cuscino come
tante
lingue di fuoco.
"Come un angioletto. La battaglia con i cuscini lo ha stravolto". Si
stese sul letto, al fianco di Ginny e affondò la mani nei
suoi capelli. Aveva
sempre adorato farlo. Lanciò dall'altra parte della stanza
la rivista e la
baciò dolcemente, mentre la mano scivolava sul suo fianco.
Erano diventati più
tondi dopo la nascita di James. Ginny se ne lamentava, ma Harry li
trovava
tremendamente sexy.
Si tirò indietro e la guardò.
"Ti amo", le disse.
"Si, lo so", rispose Ginny.
"No! Ti amo" enfatizzò.
Ginny ridacchiò, "Ho capito".
"No! Non hai capito. Ti amo"
"Harry", disse Ginny, guardandolo con quello sguardo duro e
splendente che sembrava leggerlo dentro.
"Cosa è successo?"
Prese un respiro profondo, disperato, doveva capire.
"E' successo che ti amo. Io- tu e James siete la mia vita e mi dispiace
-
mi dispiace se non ti sono stato vicino, mi dispiace se ho perso tutti
i
progressi di James nell'ultimo periodo, mi dispiace se se-"
"Harry" disse Ginny e anche lei ora sembrava disperata. "Lo
so!", girò il volto dall'altra parte per
nascondergli le lacrime. Ma
Harry le voltò il viso, voleva guardarla,
anche le sue lacrime erano
preziose.
“Dispiace anche a me. Mi sono comportata come una moglie
brontolona e non ho
tentato di capirti. So che stai lavorando su un caso di bambini
scomparsi e so
quanto ti tocchi il soggetto e-“
Harry la baciò. Non avevano bisogno di altre parole.
"Ricordami", disse, "ricordami questo momento quando mi
comporterò da stronzo e trascurerò te e James".
"Te lo ricorderò. E tu ricordami di questo momento quando
dimenticherò il
motivo per cui ho sacrificato la mia carriera. Ti amo, Harry".
L'amore, quella notte, fu lento e passionale, frenetico e aggressivo,
fu
carezze e parole, lacrime e risate. L'amore, quella notte, fu solo
Harry e
Ginny. |