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Questa è la
mia prima Fanfiction in questa
sezione, pertanto siate clementi. Seguo questo sito da anni, ma solo da
poco ho
trovato il coraggio di pubblicare i miei lavori.
Ho visto per la prima volta questo anime quando
ero una bambina. Immediatamente non compresi la grandezza di
quest’opera, perché,
a mio avviso, è una storia estremamente adulta. Credo che la
storia di Oscar e
Andrè sia una delle più romantiche e tristi di
sempre e che il personaggio di
Andrè sia, anche da solo, un inno all’amore.
La mia storia si colloca dopo l’assalto alla
carrozza in cui viaggiavano Oscar e Andrè, a Parigi. La
nostra eroina per la
prima volta si ritrova davanti all’evidenza dei suoi
sentimenti per Andrè.
Mi sono presa la licenza poetica di cambiare i
fatti e di decidere per un corso diverso degli eventi.
Spero vi piaccia. Buona
lettura.
-
m00nlight -
Una melodia sconosciuta.
Le mie dita scorrono veloci sui
tasti del
pianoforte.
Si susseguono note alte e veloci.
E’ un tempo allegro.
La melodia è triste.
Il ritmo è sostenuto.
Regolo il tempo al mio battito, che
oggi
sembra inarrestabile.
Nessuno spartito da seguire. Questo
pezzo è
mio.
E’ frutto del mio
tormento. E’ figlio delle
mie tribolazioni.
La musica stanotte è
l’unica via per
esorcizzare le mie pene.
Ho lasciato aperte le finestre dei
miei
appartamenti. La luce della luna basterà a illuminare questo
posto. La voce del
vento, che soffia fra i rami degli alberi della tenuta, accompagna la
mia
composizione. Crea scompiglio tra i miei fogli, gonfia le tende, muove
i miei
capelli.
Bianco e nero si alternano sotto le
mie
mani.
Più veloce.
Bianco.
Come la luce della luna. Come la
mia pelle,
in questo sinistro gioco di luci.
Comandante Oscar
Françoise de Jarjayes. Nobile
per nascita.
Nero.
Come la notte, seducente e
misteriosa. Come
i suoi capelli corvini.
Andrè Grandier. Nobile
di cuore.
Passo il tempo a riflettere. Mi
perdo in un
flusso di coscienza senza senso.
Come si può pensare che
il bianco e il nero
siano compatibili?
Il sole e la luna riusciranno mai a
coesistere nello stesso cielo?
Ci sarà sempre un mare a
dividerli.
Chi nasce nobile non può
permettersi di
volgere lo sguardo in basso, al popolo. Lo dice l’etichetta.
Lo diceva Sua
Maestà, Luigi XV.
Siamo individui superiori, distinti
dal
rozzo volgo. Nelle nostre vene scorre il sangue puro delle famiglie
più potenti
di Francia e portiamo nomi pesanti e rispettabili.
Nobiltà e miseria, ci
sarà sempre un mare a
dividerli.
Credo che per quanto la condizione
di
nobile possa rappresentare un vantaggio, la libertà, quella
vera, è solo un
privilegio di pochi.
Ai nobili è negato il
diritto di amare.
Matrimoni
combinati. Ecco la piaga del mio
secolo.
Se tutti gli uomini potessero
scegliere chi
amare, forse ci sarebbe meno odio in questo mondo. Se il bianco e il
nero, se
la notte e il giorno riuscissero a incontrarsi, la notte sarebbe meno
buia e il
giorno meno abbagliante.
Quanta filosofia spicciola a
riempire
questa notte. Pensieri tristi.
Tutta colpa di questa melodia.
Rallentano le mie dita sui tasti.
Nell’aria
una musica più dolce, lenta.
Qualcuno bussa alla porta.
-Avanti- senza distogliere lo
sguardo dal
pianoforte.
Le mie mani sfiorano delicate lo
strumento.
Non ho bisogno di voltarmi per sapere chi sta avanzando oltre la soglia
dell’ingresso ai miei appartamenti. Continuo a suonare questo
motivo che ora
diventa insostenibilmente commovente. C’e tenerezza,
dolcezza, dolore,
tormento. C’è una sensualità disarmante
in queste note.
Suono per lui, che ora è
lì alle mie
spalle. Siede su una delle poltroncine ai piedi del mio letto. Non mi
vede, ma
mi ascolta.
Ho sempre suonato per lui, che io
ne abbia
memoria.
Quando suono, metto a nudo
la mia anima.
Lascio che la musica parli al posto mio. Anche questa melodia contiene
la forza
di mille parole, tutte quelle che non riesco a dire, quelle che non
voglio
dire.
Suono l’amore e forse non
me ne rendo conto.
Suono per lui.
Suono l’amore per lui e
forse non me ne
rendo conto.
Amo lui e non me ne rendo conto.
In quella stradina di Parigi,
l’ho sentito
dire alla mia voce: “Lasciatemi andare! Il mio
Andrè è in pericolo!”
Il MIO Andrè. Che modo
curioso di esprimere
l’appartenenza.
E’ acqua gelida sulla
pelle. E’ ghiaccio
nelle vene. La violenta presa di coscienza che la sua vita è
la cosa più
importante che ho. Non la proprietà sullo schiavo, ma la
tenera cognizione del
fatto di essere legata a quella vita irrimediabilmente. Uomo e donna.
Il mio
uomo.
Sorgi cuore di donna, da tanti anni
assopito. Sorgi e ama.
E il mio cuore di donna non tarda a
svegliarsi e si nasconde lì, nelle lacrime che ora si
raccolgono negli angoli
dei miei occhi.
In queste tenebre Andrè
non può vedermi, ma
può sentirmi.
-Oscar- la sua voce, la
più bella fra le
melodie -… perché piangi?-
Dannazione, Andrè. Sono
un libro troppo
facile da leggere per te, anche al buio. Non ho nessuna voglia di
lasciarti
decifrare i miei pensieri, stanotte. Mi accorgo che si tratta di una
battaglia
persa sul nascere.
-Ho temuto di perderti per sempre-
e mi
sembra come se sia stato qualcun alto a pronunciare quelle parole
così dirette.
-Oscar …- ancora il mio
nome sulle sue labbra
-Oscar sono qui. Come sempre–
E’ un attimo e sono in
piedi. I miei pugni
violenti a colpire i tasti del piano.
Si aggrovigliano mille note stonate
nel mio
impeto. Poi silenzio.
-Se solo ti avessero fatto del male
io …-
stringo forte le mani come a voler trattenere la rabbia che divampa
nella mia
mente a quel pensiero.
-Tu cosa, Oscar?-
-Io avrei cercato vendetta,
Andrè– Trasparente,
come sempre con te.
-Non avrebbero esitato a spingerti
sulla
forca, Oscar. Sarebbe stato un gesto inutile e insensato–
Insensato? Non avrei
avuto più nulla da perdere. Non ho il coraggio di dirglielo.
-Non avrebbero dovuto prendere
anche te.
Dannazione! Indossavi la divisa dei soldati della Guardia. Tu non sei
un nobile–
e mi rendo conto di quanto possano ferire le parole che ho appena
pronunciato.
-Lo so, Oscar- amarezza, tanta
amarezza e
delusione –La furia del popolo è ormai
incontenibile. Che differenza vuoi che
faccia se chi viaggia a bordo di una carrozza con uno stemma nobiliare
sia
nobile o meno?-.
La sua voce si macchia di rabbia.
La rabbia
di chi condivide le stesse idee di quella gente. La rabbia di un ideale.
Si alza dalla poltrona e mi volta
le
spalle. Il suo comportamento lascia intendere che si tratta di discorsi
che una
come me non potrà mai comprendere. E’ un idealista.
-Ero venuto qui perché
Nanny mi ha chiesto
di portarti il tuo the e per comunicarti che tuo padre questa notte si
tratterrà a Versailles per ordine del generale
Lafayette–
Ed ecco l’umile servo
Andrè Grandier.
Credo che Andrè
rappresenti una dei
significati più controversi del concetto di servo.
Umile di nascita, ma cortese nei
modi.
Se la nobiltà in questo
tempo fosse ancora
un valore morale, potrei affermare, certamente, che Andrè
Grandier è il più
nobile fra i miei conoscenti. Come se non bastasse, i suoi tratti
gentili
sottolineano l’appartenenza a una classe superiore.
Andrè non è nato nobile, ma
lo è sempre stato più di tanti altri.
-Posso fare altro per te, Oscar?-
la
domanda di rito prima di congedarsi da me.
-Mi dispiace- so che quello che ho
detto l’ha
ferito.
-Ti dispiace per cosa? Per avermi
dato del
servo? Conosco il mio ruolo, Oscar. Ora, con il tuo permesso, mi ritiro
nella
mia stanza-.
Si dirige verso la porta.
-Andrè, io …-
annaspo nei miei pensieri e
mi perdo in concetti troppo difficili da esprimere.
Avanzo nel buio. Sono
più vicina. Ancora un
passo. Assecondo questa mio desiderio di sentirlo qui. Devo avere la
certezza
che lui sia qui e non si tratti semplicemente del frutto della mia
immaginazione. Allungo la mano alla ricerca di una prova tangibile
della sua
esistenza e trovo la sua camicia. Stringo con forza quel lembo di
tessuto e
lascio che la mia fronte si poggi alla sua schiena.
Maledizione, non può
andare via adesso.
Sento i suoi muscoli tendersi sotto
la
stoffa. Percepisco con chiarezza la sgomento nel suo corpo.
Non una parola dalle sue labbra.
Prosegue in direzione della porta,
ma
questa volta la mia mossa non lascia dubbi. Cingo il suo corpo con le
mie
braccia e abbandono la testa sulla sua spalla. E’ un gesto
che non mi
appartiene, ma non posso fare a meno di cedere all’istinto.
-Non andare- il tono non
è quello giusto.
La mia voce risuona imperiosa nel silenzio.
-E’ un ordine questo,
Oscar?- sembra quasi
sardonico.
-Non andare- ed è una
preghiera la mia.
Afferra i miei polsi e con grande
facilità
si libera dalla mia morsa.
-Buonanotte, Oscar- nessuna
emozione nelle
sue parole.
La mia battaglia non è
ancora giunta al
termine, Andrè.
Non stasera. Non ora che il mio
cuore di
donna ha ripreso a battere. Questa notte il cielo mi ha donato
un’opportunità ed
io non ho intenzione di lasciarmela scappare.
Imprigiono la tua mano poggiata
sulla
maniglia nella mia.
Il buio gioca a mio favore,
perché so che
non riesci a vedere e che i tuoi movimenti sono dettati dalla memoria e
dall’abitudine.
Avverto quel fremito che ti scuote
al mio
contatto.
Che cos’è,
Andrè? Desiderio?
-Andrè …- un
sussurro.
Sono forte in
quest’oscurità. Sono più
forte di te, Andrè. Posso nasconderti il mio volto e tu non
puoi leggermi
l’anima in questo momento, come hai sempre fatto.
-Ti prego, Oscar, lasciami
andare– mi
supplica in preda al nervosismo.
E’ la mia vicinanza la
causa di tanta
agitazione?
-Non prima che io abbia avuto la
certezza
di non averti ferito–
Esplode in una risata fragorosa,
che mi
spiazza.
-Questo non è un
problema tuo, Oscar. Sono
un servo. Ricordi? Che differenza fa?–
Ti prendi gioco di me, ora? Giochi
con i
miei sensi di colpa?
Colpita e affondata,
Andrè.
Qual è la pena per
espiare il mio peccato?
-Perdonami, Andrè-
-Sai, Oscar. E’ pungente
l’ironia delle tue
parole– scorgo l’ombra di un sorriso amaro sul suo
volto –Vuoi che ti dimostri
che non sono ferito? E dimmi, Oscar, ti accontenti di poche parole o
pretendi
una dichiarazione su carta?–
Veleno. Quanto veleno sulle sue
labbra.
-Cosa stai dicendo,
Andrè? Smettila. Parlo
sul serio. Sei l’unico amico che ho. Concedimi di
preoccuparmi del fatto che
possa averti ferito-.
Un altro fremito. Come se un colpo
di
pistola l’avesse freddato qui, davanti ai miei occhi, senza
che io me ne sia
accorta.
-No, Oscar, Non mi hai
ferito– ti sforzi di
rendere credibile questa enorme menzogna. Sappiamo entrambi che lo
è.
-Dannazione, Andrè. Sei
un pessimo attore-
rido di quella verità.
La mia mano si sposta sul suo
volto. Al
tatto passo in rassegna tutte le escoriazioni che si è
procurato stanotte.
Scivolo giù fino al mento, dove esamino i punti di sutura.
Sono segni di una
battaglia che avrebbe dovuto combattere sul fronte opposto, non al mio
fianco. Invece,
il popolo ha creduto fosse un nobile.
Un timido raggio di luna a
illuminare il
suo profilo.
E’ fermo davanti a me, il
mio cavaliere
dall’armatura scintillante.
Questo gentiluomo ha un cuore
limpido come
i suoi occhi.
Sai Andrè, sono arrivata
a pensare che Dio
ti abbia negato la vista, perché questa bruttezza intorno
non contaminasse la
tua anima e perché i tuoi occhi conservassero la loro
purezza. Non è una
maledizione, Andrè.
Stringe le dita attorno al mio
polso e
blocca i miei movimenti.
-Cosa vedi, Oscar?-
Non ho una risposta a questa
domanda senza
senso.
-Di fronte a te, Oscar …
cosa vedi?- non ha
nulla di banale questa domanda.
-Andrè … vedo
Andrè di fronte a me-
Un dato di fatto. Una razionale
constatazione,
la mia.
-Sei cieca, Oscar- sentenzia
Andrè –I tuoi
occhi non vedono. Sono in condizioni peggiori dei miei-
Suona come la diagnosi di un medico.
-Cosa?- mi limito a domandare.
-Se riuscissi realmente a vedere,
vedresti
di fronte a te un uomo straziato dal dolore- è la voce della
disperazione a
parlare, del dolore che da anni porta dentro.
Mi sento come una bambina che non
è stata
capace di rispondere a una domanda ovvia.
-Vuoi sapere se mi hai ferito? Hai
affondato talmente tante volte la tua spada nel mio petto, che credo di
non
riuscire più a sentire il mio cuore. E questo… -
stringe più forte attorno al
mio polso, allontanando la mia mano, ancora sul suo volto. -
…questo brucia più
di olio bollente sulla pelle. Questo mi lacera la carne provocandomi lo
stesso
dolore di una pallottola– continua, senza riprendere fiato
–Per me sei più
pericolosa di un capanello di soldati nemici al fronte. Sei
l’unico nemico che
non riesco a fronteggiare in questa battaglia contro i miei sentimenti-.
Gentilmente libera il mio polso e
arretra
di un passo.
Poi continua –Se i tuoi
occhi non fossero
ciechi vedresti di fronte a te un uomo innamorato di te-.
Le sue parole mi colpiscono in
volto con
una violenza tale da farmi perdere l’equilibrio e sbattere
contro la porta alle
mie spalle. Le gambe cedono e piano scivolo sul pavimento. La dolce
brutalità
di quest’ultima frase ha dissolto le mie ossa e ora cerco
sostegno sul
pavimento.
Sono passati anni dalla famosa
notte in cui
Andrè mi aprì il suo cuore. Da allora non ho mai
creduto possibile che
continuasse a nutrire immutati gli stessi sentimenti per me. Credevo
che pian
piano avesse smesso di amarmi e si fosse creato una vita sua.
Immaginavo che la
sera, quando dopo cena si precipitava in città, si recasse
da una donna.
Ho pregato per la sua
felicità, perché
ritrovasse la serenità di un tempo.
Ho pregato perché Dio
gli facesse
incontrare un’anima affine, buona e gentile. Ho sempre
pensato che Andrè
meritasse il meglio da questa vita.
Invece, lui non ha mai dimenticato.
Lui che ora mi guarda da
lassù.
Mi ha continuato ad amare in
silenzio, come
fanno gli angeli. Ho sempre creduto che lo fosse.
La Guarda Nazionale era solo una
scusa per
continuare a vegliare su di me.
Apro di nuovo gli occhi ora, dopo
un sonno
durato mille anni. E ci vedo. Ora ci vedo. In questo buio tutto
è più chiaro.
E sento. Sento il mio cuore battere.
Istinto.
Sono preda dell’istinto.
Mi rimetto in piedi e chiedo al
cielo di
sorreggere le mie gambe, quando poggio la mano sul suo petto,
all’altezza del cuore.
Lo sento, impazzito sotto la
stoffa. E’
fuori controllo.
Poggio l’orecchio e mi
accorgo che quel
suono è così simile alla musica che eseguivo al
mio pianoforte.
E’ un tempo allegro. Ma
la melodia è
triste.
Mi perdo, cullata dal suono del suo
battito.
Mi incanta la perfezione di
quell’andatura.
-Io … credo di averti
sempre amato, Andrè-
scivola dalle mie labbra con una naturalezza che mi spaventa.
Le sue braccia mi stringono a lui.
Non è un amico che dona
conforto, è un
amante che non riesce a staccarsi dalla sua ragione di vita. Mi sento
piccola
tra le braccia di un uomo che riesce ad amare così
intensamente.
-Questo l’ho sempre
saputo, Oscar- nessuna
esitazione nella sua voce.
Lo so, Andrè. Hai
pazientato fino al giorno
in cui mi sono risvegliata da quest’oblio durato cento anni.
Finalmente quel
giorno è arrivato.
La mia mano raggiunge le tue labbra
e
audace le accarezza. Ne baci il palmo quasi con devozione religiosa.
Chiudo gli occhi e potrei essere
ovunque con
Andrè.
Quando la sua bocca si posa sulla
mia,
perdo definitivamente il contatto con la realtà. E ci siamo
solo noi.
Quel contatto così
discreto e dolce.
Fa le mie labbra prigioniere e se
ne
disseta lentamente.
E’ un bacio che toglie il
respiro e annulla
la mente, ed è così saturo di sentimenti da
confondermi. E’ come se anni di
tormenti e passione defluissero nel mio corpo attraverso le sue labbra.
Il calore che irradia nel mio corpo
mi
disarma.
Sento che nulla può
farmi del male qui tra
le sue braccia.
Istintivamente infilo le mie dita
fra i
suoi capelli e lo stringo più forte a me. Mi lascio
trasportare da queste
emozioni travolgenti e non rispondo più di me. Bruciano le
sue mani sul mio
viso.
Ora comprendo il significato delle
sue parole. Ha tanta voglia di
staccarsi da me, quanta ne ho io di allontanarmi da lui.
Mi solleva da terra ed io incateno
le mie
gambe al suo bacino. Con un movimento veloce, mi ritrovo sul mio letto
nella
gabbia delle sue braccia.
Con la frenesia degli amanti,
libera le mie
labbra e scende giù verso il collo, lasciando scie umide di
baci. Mi libera
della camicia e si ferma a contemplare il mio corpo alla luce della
luna.
Vorrei che un miracolo gli
permettesse di
vedere.
Ora. In questo istante.
Vorrei che riuscisse a vedere la
scompiglio
che provoca in me, ogni volta che mi sfiora.
Con la stessa devozione di un
pellegrino,
bacia la terra sacra del mio corpo. Baci sempre più audaci,
sempre più
proibiti.
Il desiderio s’impossessa
di me.
Ardo di passione per
quest’angelo tentatore
che viaggia lungo la mia pelle e mi conduce alla follia.
E’ questo
l’amore, Andrè?
Si può perdere la
ragione per il troppo
amore, Andrè?
Perché io credo di aver
appena perso le mie
facoltà mentali, ora mentre osservo la bellezza del tuo
corpo , tinto di argento.
Brilli. Ho l’impressione
di giacere sul mio
letto con una creatura del cielo stanotte, Andrè.
Sorrido perché sei mio.
Neanche la luna ti
avrà stanotte.
Sei il MIO Andrè.
Si avvicina al mio orecchio e
lentamente mi
sussurra- E’ tempo di amare, Oscar-.
E ho la certezza assoluta di essere
sua.
Sprofondo in un turbine di emozioni
fortissime. Affondo le unghie nella sua schiena e lo attiro a me, come
se fosse
possibile ancora diminuire la distanza fra i nostri corpi.
Avverto l’urgenza di
completarmi. Ho fretta
di amare.
Lui, invece, si muove in un mondo
senza
tempo. Riesce a controllare l’impazienza e capisco si tratta
della calma di chi
vuole assaporare completamente ogni sfumatura.
Piango lacrime di
felicità quando i nostri
corpi si fondono in uno solo.
E si mischiano le ossa, e si
mischiano le
anime.
E’ il momento della
rivelazione.
Il mio corpo di donna.
Perché nient’altro
riuscirebbe a completare il corpo del mio uomo.
Insieme siamo un essere perfetto.
C’è armonia in
questa danza antica come il
mondo.
Il ritmo è quello dei
nostri cuori
impazziti.
La melodia è quella dei
nostri respiri
accelerati e affannati.
Nessuno spartito da seguire.
Quest’opera è
nostra.
E’ figlia della nostra
passione. E’ frutto del
nostro amore.
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