mi chiamavano pazzo
Autore: Lorelei95
Frase scelta:
Se il corpo prova esilio è nella pelle
Titolo: Mi
chiamavano Pazzo
Personaggi:
Sasori Akasuna, Sakura Haruno, Un po' tutti
Paring(s):
SasoSaku
Genere:
Drammatico, Dark
Rating:
Giallo
Avvertimenti:
AU, One-shot
Note dell'autore:
A volte ti chiamano genio, complimentandosi con te per le parole che
hai usato per descrivere una determinata situazione. Ma pochi sanno
quanto invece la bravura sia una reazione al sostegno di amici e
lettori. Per questo io ringrazio scarlett666, per avermi aiutato ad
intraprendere un lavoro così arduo e faticoso,
assecondandomi nonostante il mio essere assillante(e di questo chiedo
scusa). E le mie amiche che leggono, con perizia, i miei infiniti
scritti.
Grazie.
Mi
chiamavano Pazzo
La ragazza si distese sul letto, guardando il soffitto
grigio di quella soffocante stanza.
Udiva le urla agghiaccianti provocate dai sogni agitati di alcuni
pazienti, oppressi da un passato che li torturava e da mostri
invisibili che li strangolavano.
Provava una forte empatia per loro, vedendo forte il desiderio di
vivere negli occhi stanchi ed incavati di quegli uomini e di quelle
donne che non potevano più farlo, perchè dannosi
per loro stessi e per gli altri, abbandonati dalla società
che li aveva visti nascere e crollare.
Per questo Sakura Haruno voleva diventare una psicoterapeuta, per
assistere coloro che non sapevano chiedere aiuto, che non ci
riuscivano, in quanto traviati dalle loro menti che li aveva
trasformati in mostri assetati di sangue.
Esisteva però un giovane ricoverato nel padiglione C che la
sconvolgeva sempre, sebbene ormai non provasse più
soggezione per quell'area dell'istituto riservata agli assassini
pluriomicidi.
La presenza di Sasori Akasuna era irreale: seduto, nell'angolo della
sua “prigione”, così amava lui definirla
quando pronunciava parola, con le braccia a raccogliere le ginocchia al
petto e il mento su di esse. Gli occhi erano scuri e vivi, nonostante
sembrassero persi in un mondo che solo loro potevano raggiungere.
Il suo delicato volto da bambino, incorniciato dai vispi capelli rossi,
sembrava impossibile da scalfire, impenetrabile e disanimato come un
cuore di pietra incapace di pulsare.
Invece, talvolta, sorrideva allegro, cercando di non farsi scorgere,
come se fosse geloso d'un segreto d'amore: così era quando
vedeva i suoi genitori, mentre lo accompagnavano nel corso dei suoi
giorni, visibili soltanto nella sua immaginazione.
Gli psichiatri e gli psicoterapeuti avrebbero voluto credergli, ma
avevano il compito di fargli accettare la realtà, che
ostinatamente aveva sempre rifiutato.
“I
tuoi genitori sono morti, Sasori, stai mentendo a te stesso da quando
eri bambino.”
Allora
lui alzava la testa e li fissava smarrito, scuotendo la testa per
cancellare quel pensiero orribile, mentre le labbra, leggermente
socchiuse, sembravano volessero emettere un singhiozzo che non giungeva
mai. Ripeteva, in una lenta litania provocata dall'ansia, che erano dei
bugiardi, che si divertivano a farlo soffrire, e poi scattava in piedi,
preda dell'ira, e cercava di colpire, di ferire, con le unghie e coi
denti, finendo nuovamente legato con quella camicia che non avrebbe
ceduto alla sua forza bruta, soffocante coi suoi mille lacci e ganci.
Dopo lo sfogo, tornava a guardarli con delusione, con una richiesta
nello sguardo che, sapevano, non avrebbero mai potuto esaudire
perchè non era lui la vittima, lui era la carnefice che
aveva spaventato il mondo. Lui rappresentava le bassezze umane: uno
squilibrato assassino, falso quando, davanti ai giudici e ai parenti
delle vittime, negava i suoi disturbi mentali.
Un essere violento ma capace di grande persuasione, di un fortissimo
carisma che sopprimeva il logico discorrere di Sakura, facendola
pendere dalle sue labbra nonostante la ragazza sapesse che era
sbagliato, riprovevole, deleterio.
La prima volta che l'aveva visto si era sentita trafiggere dai suoi
occhi vuoti, così ricolmi d'un cieco rancore e di un'immensa
follia, che l'avevano smossa nell'animo, costringendola a recuperare
tutta la lucidità e la calma degne di una dottoressa.
Il puro terrore le si era diffuso nelle vene tuttavia non aveva ceduto,
aveva aspettato che il ragazzo chinasse il capo, ormai dimentico della
scintilla di curiosità che gli si era accesa in petto.
Col tempo Sakura aveva imparato a riconoscere i suoi silenzi, densi
d'appassionati discorsi, o il lieve movimento del capo quando riteneva
un argomento irritante od inutile.
Era estremamente posato, in ogni suo movimento, come se l'azione stessa
fosse dettata ad un unico scopo preciso.
Imperturbabile quando un compagno di reparto impazziva, per nulla
scalfito dai suoi collerici comportamenti o dallo scorrere di quei
momenti di pura agitazione.
Momenti che lui non percepiva.
Non comprendeva la concezione del tempo che, inesorabile e fatale,
dettava, coi suoi cupi rintocchi, l'effimero periodo che un uomo deve
passare su questa nuda e fredda terra.
La parola “fine” non rientrava nel suo vocabolario,
come anche “morte”.
Aveva la certezza che la morte non l'avrebbe scalfito,
perchè non l'accettava, e così lui era uno dei
pochi uomini non spaventati da essa.
Per lui esisteva solamente l'eternità, ove tutto regnava
all'infinito, come anche i suoi genitori che, mancati, riconquistavano
il loro spirito e tornavano a percorrere le strade di quel mondo, del
quale unicamente Sasori aveva la chiave.
Era pericoloso e incantevole, impossibile per Sakura resistergli.
Era come uno scorpione, perfetto nella sua corazza esteriore, capace di
difenderlo dal caldo torrido del deserto, ma mortale col suo
pungiglione sempre pronto a colpire.
Lei sapeva che doveva rimanere immobile per non essere avvelenata,
resistendo alla paura di essere nella stessa stanza con una tale
creatura.
Sakura respirò profondamente, scossa dai brividi che quelle
immagini le procuravano.
Sapeva che avrebbe dovuto parlarne con qualcuno, che non era normale
quello che percepiva in presenza di Sasori, ma cosa, in quel luogo,
avrebbe potuto definire “normale”?
Con una lentezza esasperante, chiuse gli occhi, rannicchiandosi su se
stessa come un debole feto, e poggiando sulla scrivania la
documentazione medica di quei volti che ogni giorno la osservavano,
senza vederla realmente.
Sasori Akasuna= soffre di disturbo antisociale di
personalità con alterazione della coscienza e selettiva
perdita del contatto con la realtà di origine traumatica
Sakura correva spaventata verso il padiglione C.
Non sapeva immaginare quale fosse stata la miccia che aveva alimentato
la collera di Deidara ma temeva per i suoi pazienti. Temeva per
l'incolumità di Sasori.
Era stata avvertita dallo stesso direttore dell'incidente e ora sperava
che le condizioni del ragazzo non fossero irrimediabili; in fondo erano
tutti assassini psicolabili.
Se uno impazziva, gli altri con lui e ciò poteva determinare
un'unica conseguenza: violenza gratuita.
Arrivò impaurita nella stanza di Sasori e lo
trovò seduto sulla branda, con un grande livido nero a
decorare l'occhio e il sangue ormai coagulatosi dal sopracciglio rotto.
Sospirò rincuorata ed allontanò gli infermieri
dalla stanza: non era permesso loro alcun contatto con il malato, se
non in casi estremi, come quello accaduto durante la notte.
Sakura si accucciò dinanzi al giovane e lo chiamò.
Lui concentrò lo sguardo fosco negli occhi verdi di lei,
sentendosi nominare, ma poi tornò a fissare il muro.
-Sasori, ti devo pulire le ferite. Non ti farò male; mi
raccomando non muoverti.-
Con cura prese il disinfettante, datogli precedentemente dagli
inservienti, e cominciò a pulire il taglio sul sopracciglio,
attenta a non fare cadere il liquido bruciante nell'occhio.
Dopo pochi minuti aveva già terminato l'operazione, grazie
soprattutto all'immobilità totale di Sasori.
-Hai altri lividi?-
Lui non rispose e lei glielo richiese, proprio come un bambino
capriccioso che non vuole rispondere alla sua mamma, solo che stavolta
il suo comportamento era tutto frutto della psicosi.
Sasori allora annuì, sempre osservando la parete di fronte a
sé, come custodisse i segreti di questo mondo.
Sakura notò i segni viola sulle braccia e li
spalmò con cautela di pomata.
Nonostante fossero stati causati dalla furia poteva notare benissimo il
pallore della sua pelle, così liscia e vellutata al tocco e
così sottile e fragile nelle giunture. Eppure conosceva la
potenza di Sasori, abbastanza da poter affermare che il suo intero
essere era una marionetta indistruttibile, pronta a distruggere senza
alcuna pietà.
-Perchè non ti sei difeso, Sasori? So che ne hai la forza...-
La ragazza lo domandò più a se stessa che a lui e
quindi si stupì quando sentì la sua voce bassa e
rauca.
-Sai, per me sarebbe stato inutile...Perchè proteggere
qualcosa di cui voglio fare a meno?-
Sakura lo guardò scioccata, pregando che continuasse a
parlare, per poter provare ancora quei piacevoli tremiti provocati
solamente da LUI.
Lui l'accontentò e si avvicinò al suo viso, in
modo tale da perdersi in quegli oceani d'erba mentre lei affogava nei
suoi deserti di terra arida.
-Se il corpo prova esilio è nella pelle...
Il corpo non è altro che un contenitore fatto di muscoli e
ossa, vuoto se al suo interno il sangue non scorre.
Il corpo è un essere vivente, costretto in determinato
individuo invece che in un altro.
La pelle è la nostra prima difesa, la pelle ci difende
dall'esterno e ci chiude dall'interno.
La pelle è il nostro carcerario, non essendo disposto a
lasciarci andare.
Non possiamo toglierla, non possiamo disfarcene perchè
sennò saremo solo un mucchio di poltiglia rossa con
filamenti neri e articolazioni snodabili.
Siamo obbligati a viverci sempre e comunque.
Io sono nato prigioniero e anche tu.
Che fai? Non ti spelli viva per essere libera dalla tua prigione?
Vuoi sapere perchè sono qui? Perchè questo io
l'ho compreso e l'ho accettato.
Ma quando toccherà a te non saprai come reagire, urlerai e
ti divincolerai.
E poi mi verrai a riferire cosa dicono di te.
Mi chiamavano pazzo, semplicemente perchè vedevo oltre il
tempo.
E anche ora non temo la fine, perchè essa non
giungerà...
Quando il mio corpo diverrà vecchio e debole la mia anima
sarà pronta ad alzarsi in volo e solo allora sarò
un uomo libero, senza catene.
L'eternità mi attende, vuoi vederla con me?-
Sakura non seppe cosa dire.
L'unica sua certezza era la gola secca per l'agitazione e lo
sconvolgimento per quel discorso.
Qualcos'altro era certo però: il sorriso di Sasori.
Appena accennato ma c'era, ed era solo per lei.
Sarebbe potuto sembrare un sorriso carico di perversione e pazzia ma
Sakura ne vedeva solo la bellezza, fugace e perfetta.
E nella sua mente l'immagine veniva riprodotta mille volte e, con essa,
la sua sensazione di appagamento.
Voleva riportare indietro il tempo e osservarlo meglio, poterne
catturare tutte le mille sfaccettature, i mille significati nascosti e
così si ripromise di farlo sorridere di nuovo, con qualsiasi
suo mezzo.
Per Sasori avrebbe fatto tutto, ed era proprio ciò che
Sasori desiderava.
Deidara= affetto da disturbi degli istinti con comportamenti
esplosivi e/o piromani
Itachi =sofferente di schizofrenia paranoide con
confabulazione* post-traumatica
Tobi= afflitto da ipomania** con disturbi
dell'affettività
Sakura poggiò le mani sul lavandino,
specchiandosi con agitazione.
Da un po' si chiedeva quale fosse il motivo che l'aveva portata
lì, visto che ormai tutti i suoi sogni galleggiavano in un
nero mare chiamato oblio.
Stentava a riconoscersi.
Con calma apparente si accarezzò la guancia, percependola
soffice e puntellata di un rosso spento.
La sua carnagione stava diventando sempre più chiara, mentre
i suoi capelli rosati perdevano lucentezza.
Ciò che le faceva maggior paura erano gli occhi: profondi
pozzi d'acqua marina.
Aveva il timore che qualcuno, se l'avesse osservata più a
lungo del dovuto, avrebbe potuto scoprire i segreti che ivi custodiva.
Segreti che, rivelati, le avrebbero impedito di fare ciò che
più desiderava, decretandola non più sana.
Per questo si era fatta più schiva, rifiutando il contatto
di medici e infermieri.
Avrebbe continuato quell'insulso gioco di maschere per stare accanto
all'unica persona che amava: Sasori.
Perchè, ne era certa, lui contraccambiava il suo sentimento,
narrandole misteri di cui era venuto a conoscenza prima di essere
rinchiuso nel manicomio criminale.
E Sakura sospirava pensando a lui e ai momenti in cui si faceva
sfiorare dalle sue mani immortali.
Non provava più né paura né soggezione
in sua presenza, ma solo un'infinita voglia di apprendere le sue storie
e le sue teorie.
Esisteva però una sinistra sensazione che l'accompagnava in
ogni istante della sua giornata: l'inquietudine della sua prigionia.
La sua pelle coatta la disgustava e non riusciva più a
conviverci.
Dopo quanto imparato da Sasori, sapeva di essere una semplice schiava
della vita e non gustava più quelle piccole situazioni che
prima l'avrebbero fatta sorridere.
Voleva di più, voleva l'eternità, ma sapeva di
non essere abbastanza per quel mondo.
Solo Sasori avrebbe avuto la forza per salvarla.
Sakura quindi rise, graffiandosi il palmo con un rasoio e osservando il
sangue fuggire dal suo contenitore maledetto, sapendo che il suo amore
l'avrebbe condotta verso una nuova esistenza.
Nagato= soffre di disturbi d'ideazione e d'associazione, con
intossicazione da stati depressivi incrementati da disturbi degli
istinti con perdita dell'istinto vitale
Konan= affetta da disturbi dell'affettività con
crisi isteriche causate da sindromi ossessive
Zetsu= afflitto da disturbi della coscienza con sdoppiamenti
di personalità
La ragazza camminava silenziosa nell'edificio, scrutando il buio
intorno a sé.
Sapeva perfettamente quali erano i corridoi sgombri di inservienti,
conosceva il momento migliore per far fuggire Sasori.
Ci aveva riflettuto a lungo; Sasori era solamente suo ma non aveva
alcun diritto di non far conoscere ad altra gente il suo pensiero.
La società doveva conoscere la realtà e
finalmente il caos di quell'era si sarebbe ristabilito,
ridando nuova luce a tutti quei reietti che semplicemente
avevano scoperto il vero significato della vita, anche se in modi
diversi.
Digitò i codici necessari per aprire la porta della stanza
del ragazzo, sempre respirando pianissimo per captare qualsiasi rumore.
Non temeva però che la scoprissero; aveva regalato agli
inservienti una bottiglia di vino, dove precedentemente aveva miscelato
del valium.
Per essere la prima volta che faceva qualcosa di così
pericoloso le era andata bene, ma anche l'immagine costante di Sasori
nella sua testa le aveva dato coraggio.
Non era stato difficile procurarsi il medicinale necessario; era
bastato diminuire le dose agli altri pazienti del settore C durante le
crisi.
Effettivamente solo un pazzo avrebbe agito in questo modo, conoscendo
le potenzialità distruttive di quei pazienti, ma ormai
Sakura non era più la stessa.
Era il pupazzo preferito di Sasori e niente l'avrebbe fatta rinsavire.
L'assassino le aveva inculcato nella mente, con la precisione che solo
un psicopatico come lui poteva avere, immagini e situazioni che non si
sarebbero realizzate.
Sakura sperava di poter rimanere al suo fianco per
l'eternità ma Sasori non l'avrebbe permesso.
Lui era un essere stabile e rigido ed il cambiamento portato da Sakura
avrebbe minato il suo ideale equilibrio. Con gli anni, lei sarebbe
invecchiata ed il tempo che lui non aveva mai percepito sarebbe
divenuto palpabile perchè incessantemente presente davanti
ai suoi occhi.
E ciò non sarebbe accaduto.
Sakura lo trovò sveglio ad osservarla con una strana luce
nello sguardo.
Lei si chinò davanti a lui e gli prese le mani gelide,
baciandole sul dorso.
-Vedrai, Sasori, non lascerò che tu marcisca qui dentro. Tu
devi far conoscere al mondo ciò che hai insegnato a me, il
tuo sapere non deve essere sepolto come un tesoro dimenticato, ma
riportato alla luce e sotto gli occhi di tutti.-
Il giovane dai capelli rossi continuò a scrutarla senza dire
niente.
-Vieni, Sasori,- riprese la ragazza -andiamocene da questo inferno,
insieme.-
Sakura si alzò e lo prese per mano ma Sasori non
reagì, anzi, la tirò verso di sé e
l'abbracciò.
Gli occhi verdi di lei si spalancarono per la sorpresa e la gioia; non
l'aveva mai fatto.
L'aveva toccata, e più di una volta, ma non l'aveva mai
abbracciata in quel modo.
Il ragazzo nascose il viso nei suoi capelli rosa e sussurrò,
mentre le carezzava la guancia con la mano non legata alla sua.
-Sakura, io non posso saperti incatenata nella tua prigione.
La sola idea mi uccide.
Io non posso permettere che un animo innamorato soffra in una galera di
carne.
Tu meriti di più.
Voglio che tu ti libri in cielo, non costretta più in un
burattino capace solo di camminare sulla terra.
Sarai libera, sarai ciò che vuoi essere.
Fallo per me.-
Sakura si aggrappò alle sue spalle forti, tentando di non
piangere; nessuno aveva mai mostrato un interesse così
profondo nei suoi confronti, tanto da dirle tali parole profonde e
sincere.
-Se è ciò che tu vuoi, lo farò. Tu sei
tutto per me. Dimmi cosa devo compiere e sarà fatto.-
Sasori, con voce sottile, le sibilò nell'orecchio:-Ucciditi.-
Sakura lo guardò impaurita e fece un passo indietro,
allontanandosi da lui.
Qualcosa in lei si stava ribellando, l'istinto di sopravvivenza si
stava opponendo.
-Tu vuoi che io mi uccida?-
Il ragazzo non si mosse ma confermò con voce autoritaria.
-Sì.
Te l'ho già detto una volta: se il corpo prova esilio
è nella pelle.
Solo quando il corpo cessa di funzionare lo spirito ha la
possibilità di fuggire.-
Lei allora respirò con fatica ma, chiusi gli occhi,
rispose:-Così sia.-
Kisame=sofferente di disturbi del comportamento con reazione
aggressive causa sindrome fobica da situazione
Hidan=affetto da disturbo delle percezioni con illusioni
derivanti da sindromi ossessive e fanatiche
Kakuzu=soffre di disturbo del senso morale con sindromi
ossessive e psicopatia post-traumatica
Sasori guardava con interesse lo spettacolo che gli si presentava su
quel lettino metallico.
Il sangue aveva ormai macchiato irreparabilmente il pavimento e aveva
sporcato i suoi piedi scalzi.
Pochi lembi di pelle erano ancora attaccati a quello che poche ore
prima era un essere umano.
I peggiori elementi del settore C si trovavano intorno a quel corpo
martoriato, ognuno deliziato dall'opera creata dal loro nuovo collega.
Kakuzu infatti aveva spellato con la meticolosità di un
chirurgo la giovane ragazza, così piena di finti desideri e
atroci passioni.
Nessuno di loro nove aveva provato pena per le urla atroci della
bambina, perchè per loro non era altro che una sciocca che
si era avvicinata troppo al fuoco ustionante.
E Sasori ora sorrideva per il suo splendido risultato: quella che prima
era una stupida psicoterapeuta convinta di cambiare il mondo, ora era
solo l'insieme d'insanguinati muscoli e ossa.
-Sono stato fin troppo gentile ad accontentare la sua richiesta, senza
chiedere nulla di denaro. In fondo era da molto che volevo divertirmi
con uno di loro e si da il caso che questa ragazzina fosse proprio
fastidiosa. Allora Sasori, vuoi seguire la tua amichetta? Con la tua
taglia dovrei ricavarci qualcosa; hai ucciso e indotto al suicidio
molte persone.-
Il rosso sospirò.
-Sarà per un altra volta.
Ci sono ancora tante anime rinchiuse che mi attendono.
Sakura è stata solo una di esse.
Non ho ancora finito di giocare...-
Sasori poi si mise a ridere, seguito dagli altri, intorno al loro primo
cadavere, il primo di una lunga serie.
*sostituzione dei ricordi reali con falsi
**autostima ipertrofica, logorroico con continue
“fughe d'idee”, deficit d'attenzione, agitazione
psicomotoria
Secondo
classificato: Lorelei95 con “Mi chiamavano pazzo”
Correttezza
grammaticale
e sintattica, ortografia: 15/15 punti
Stile, forma e lettura
scorrevole: 14,5/15 punti
Originalità:
9/10 punti
Caratterizzazione dei
personaggi: 9/10 punti
Utilizzo della frase:
10/10 punti
Giudizio personale: 9/10
punti
Totale: 66,5/70
Credo che
l’intera storia si riassuma in una parola: delirante.
L’atmosfera creata è folle, quasi da brivido. Sei
stata molto originale non per il tema trattato (che di per
sé non lo era se pensiamo alle graphic novel del Joker e del
suo rapporto malato con la dottoressa Quinzel, sua psicoterapeuta) ma
per come è stato trattato. Chi legge ha
l’impressione di venire catturato in una spirale di delirio,
nel folle e lucido pensiero di una mente disturbata quale Sasori
è, senza possibilità di sfuggire in alcun modo.
La frase è stata usata eccellentemente, meglio di
così non avresti potuto fare ed il monologo di Sasori sulla
“prigione della pelle” è ipnotizzante. I
personaggi erano credibili, Sasori molto più coinvolgente di
Sakura ovviamente ma è il suo ruolo nella storia, quindi
nulla da dire. Lo stile è duro, i termini evocativi, le
descrizioni oscure, come se ci stessimo davvero immergendo fra il
groviglio di pensieri di una mente malata che riesce a convertire alla
propria follia ogni elemento dell’ambiente. La storia
è supportata da uno stile unico e da una grammatica
pressoché perfetta. Adoro la fluidità della
narrazione spezzata dalle patologie associate ai membri di Akatsuki, ci
ho voluto vedere dentro (magari sbagliando eh) un appiglio di
realtà per dare al lettore la possibilità di
salvarsi, di vedere il vero volto della follia senza lasciarsi
catturare da essa. Ma è inevitabile ed il finale
è straziante, perfettamente in linea con tutto il resto,
come se un amore malato e tragico (a senso unico ovviamente) non
potesse che concludersi così. Brava.
Premio
"Aforisma" per
il miglior utilizzo della frase
Premio
“Dark”
per l’atmosfera più cupa
|