Autore:
Simphony
Titolo:
La cosa
importante
Avvertimenti: Slash
Generi:
One Shot
Rating:
Verde
Foto scelta:
10
Pacchetto:
10
NdA:
Ringrazio Walnut che, seppure non apprezzando questo avvertimento, mi
ha concesso di scriverci. Spero sia di tuo gradimento e spero,
soprattutto, che non sia troppo. In tal caso, sentiti autorizzata ad
escludermi dal contest. ;-)
°*°
La
cosa importante
°*°
Il
lavoro quel giorno era stato sfiancante. Processi, indagini,
scartoffie da compilare, problemi con i superiori, il Ministro della
Magia che non capiva cosa stava succedendo.
Quindi,
di conseguenza, erano altre ore passate in stretto colloquio con un
uomo che non si voleva abbassare a parlare con lui solo
perché era
figlio di un criminale.
A
quella frase aveva perso la pazienza. Non si sarebbe abbassato a
fingere indifferenza.
Non
era da lui.
Non
era decisamente da lui.
Aveva
preso la sua roba, la sua valigetta e se ne era andato, senza dare
sorta di giustificazioni.
Era
notte inoltrata. Anzi, si poteva quasi dire che era arrivata la
mattina, in quanto l'alba non era poi così lontana.
Il
suo coinquilino non sarebbe stato contento. No, decisamente. E dopo
tutta quella giornata, non gli serviva un ulteriore litigio.
Non
sapeva se il tuo fegato avrebbe sopportato.
Infilò
con delicatezza le chiavi nella toppa della porta, cercando di non
far scattare la serratura troppo rumorosamente.
L'ingresso
era completamente buio. Si richiuse la porta alle spalle,
lanciandogli un incantesimo silenzioso.
Cercando
di non far scricchiolare l'asse di legno del gradino per arrivare al
salotto, si tolse le scarpe per appoggiarle, cercando di ricordarsi
la planimetria della casa, vicino all'attaccapanni.
Senza
osare farsi luce con la bacchetta, avanzò a tentoni verso il
divano
dove fece scivolare la sua valigetta. Si tolse anche la giacca e vi
gettò sopra la cravatta.
Mentre
si avvicinava alla cucina, un leggero odore di pollo gli
arrivò alle
narici. Un leggero sorriso si curvò sulle sue labbra.
Certo
che l'altro lo conosceva davvero bene. Era il suo cibo preferito. E,
modestia a parte, era in grado di far resuscitare un morto.
Accendendo
la piccola luce sopra la macchina del gas, cercò di
individuare il
piatto, solitamente incartato con l'alluminio e posizionato sul
tavolo.
Ma
non lo vide.
«
Dov'è il pollo? » borbottò fra
sé il giovane, aggrottando le
sopracciglia.
Sul
tavolo, al posto del piatto, si trovava un foglio di carta. Lo prese,
incuriosito.
“ Come
sempre sei tornato tardi,
spero
che il lavoro ti vada meglio in
questi
giorni. Lavori troppo. Dovresti
prenderti
una vacanza.
Intanto,
se stai leggendo, stai cercando
il
pollo. Complimenti per l'olfatto.
Prova
a cercarlo. Il luogo potrebbe
essere
quello in cui passi più tempo
di
quello che dovresti.
Harry
”
Allibito
e quasi senza parole, appoggiò nuovamente il foglio sul
tavolo e con
passo più deciso di prima, si avviò verso il
piano superiore dove
si trovava il suo studio.
La
lucetta della scrivania era accesa e là, appoggiato su una
pila di
libri di magia oscura, si trovava un altro foglietto. La calligrafia
disordinata di Harry era ben visibile in mezzo a quelle scartoffie in
cui spiccava la propria, notoriamente più elegante.
“ Se
sei arrivato fin qua, significa
che
concordi con me quando dico
che
passi troppo tempo al lavoro,
ma
questo non m'impedisce
-
purtroppo – di amarti.
Stai
cercando il pollo? Beh, mi
dispiace,
ma non è qua.
Dovrai
cercare un po' più a
fondo.
Forza.
Sei un Auror, no?
Un
po' di impegno.
Harry.
”
Sempre
più scioccato, il ragazzo lasciò cadere il
secondo foglio sui suoi
fascicoli e iniziò a guardarsi intorno.
Perché
Harry si divertisse con quei piccoli indovinelli, non lo sapeva
proprio. Si sedette, cercando di capire a che cosa era dovuto tutto
quello.
Non
erano ricorrenze particolari, non c'erano state cerimonie per la fine
della Seconda Guerra Magica – ormai conclusa da quasi cinque
anni –
e non erano compleanno di persone che conoscevano.
Si
rialzò, scendendo di nuovo al piano inferiore.
Un
posto particolare per Harry era il suo studio, dove molte cose erano
iniziate.
Aperta
la porta, il solito caos che invadeva quel piccolo mondo, lo invase,
così come lo invase il caratteristico odore del dopobarba di
Harry.
Gli
piaceva. Era innamorato. Troppo forse. Ma ormai, dopo tutti quegli
anni, si scopriva a non poter fare a meno di lui.
Ormai
erano diventati una cosa sola. La guerra li aveva cambiati, li aveva
avvicinati e li aveva di nuovo allontanati. Poi i processi erano
stati il loro “galeotto fu il libro e chi lo scrisse”
e
tutto era iniziato.
Proprio
là. Proprio in quello studio, proprio su quelle carte del
tribunale.
Si erano amati, si erano presi, si erano uniti.
E
avevano deciso che forse, dopo tutto il male che aveva colpito il
loro mondo, potevano concedersi una possibilità, una piccola
scintilla per essere felici.
Guardando
con nostalgia lo studio, individuò un nuovo bigliettino.
“ Se
sei qua, allora vuoi dire che
mi
conosci meglio di quello
che
potevo immaginarmi. I miei
più
sentiti complimenti.
Sei
quasi arrivato. Possibile
che
in tutto questo tu non
abbia
guardato nel frigo?
Riscaldalo
prima di mangiarlo
o
ti viene di nuovo
l'indigestione
come l'ultima
volta.
Harry.
”
L'altro
assottigliò gli occhi, quasi seccato. Harry aveva ragione.
Come
aveva fatto a non guardare nel posto più semplice di tutti?
Il
frigorifero. Quell'aggeggio infernale di cui non aveva mai capito
l'utilità fino a che non aveva lasciato il proprio maniero.
Lì,
nei sotterranei, utilizzavano ancora la vecchia cantina, che i suoi
antenati avevano costruito insieme a quell'immensa casa.
Era
immensamente più utile.
E
conteneva più cose. Quello era innegabile.
E
poi al resto ci pensavano gli elfi. Solo quando era andato via, si
era staccato dai ricordi e da quello che gli era rimasto. Aveva
imparato a cucinare, a lavare i piatti, a conoscere tutta quella
moltitudine di elettrodomestici che non aveva mai visto in vita sua.
Era
stato difficile. Il suo orgoglio molto spesso lo aveva ostacolato.
Ma
con Harry accanto, che gli sorrideva pazientemente e lo aiutava a
capire che sì, se si bagna il phon con l'acqua si
può morire
fulminati, aveva preso confidenza con tutto quel mondo nuovo.
Si
diresse a passo veloce verso il frigo e lo aprì, con fare
famelico.
Lo stomaco borbottava ormai da svariati minuti.
Lì,
come si aspettava, c'era il suo piatto incartato nella carta
argentata. Lo prese, lo riscaldò a malapena per cinque
minuti con un
incantesimo e divorò, letteralmente, la cena.
Era
dalla mattina che non metteva niente nello stomaco e quel pollo era
veramente quello che gli serviva per cercare di terminare al meglio
una giornata che sarebbe stata meglio non vivere.
Finalmente
con la pancia piena, il giovane si lasciò adagiare sullo
schiena
della sedia. Lì, appeso come se niente fosse sullo sportello
della
credenza, c'era un altro foglio.
Si
alzò, incuriosito e lo prese.
“ Torna
nel tuo studio. ”
Il
diretto interessato storse il naso. Cosa lo stava aspettando?
Da
Harry c'era da aspettarsi di tutto.
Di
nuovo nel suo studio, sulla scrivania c'era un pacco, su cui
troneggiava un bel fiocco verde argento.
Sorridendo,
si sedette sulla sedia e lo prese lentamente fra le mani. Il pacco
non era pesante, ma non aveva una forma precisa.
Aprì
con curiosità il pacco e rimase stupito.
“ So
che te ne sei dimenticato.
Buon
compleanno Draco.
Ti
amo.
Harry.
”
Fra
le sue mani si trovava una bambola di pezza, che lo raffigurava. Il
ritratto era abbastanza fedele, lo stesso cipiglio un po' duro, lo
stesso colore degli occhi, la stessa sfumatura di biondo che tendeva
al bianco.
E
la divisa di Slytherin con lo stemma che brillava sul petto.
Lo
sfiorò delicatamente. E fu felice, perché Harry
si era ricordato
del suo compleanno, quando lui se ne era come al solito dimenticato.
Entrò
nella loro stanza. Harry dormiva profondamente e non si era
assolutamente svegliato a causa del suo vagare per casa.
Ne
fu felice. Da dopo la guerra spesso il sonno di Harry era tormentato
e decisamente poco ristoratore. Le poche ore in cui riusciva a
prendere sonno, era meglio lasciarlo riposare.
Senza
nemmeno cambiarsi, Draco si sdraiò accanto al suo ragazzo.
Le ore
che gli rimanevano prima che la svegliasse lo buttasse giù
dal letto
erano veramente molto poche.
Non
se ne accorse, che si addormentò in un batter d'occhio.
*°*
Il
mattino successivo Harry si svegliò più tardi del
solito. Erano
rare le occasioni in cui riusciva a dormire così
profondamente.
Prima
di aprire del tutto gli occhi, allungò la mano verso l'altra
parte
del letto, dove dormiva Draco.
Le
lenzuola erano ancora calde, segno che si era svegliato da poco, ma
conoscendolo era già uscito per andare a lavoro.
L'odore
del caffè non mentiva.
Si
alzò a sedere, sbadigliando e infilandosi gli occhiali.
Sbatté
leggermente gli occhi nel vedere una scena insolita al suo fianco.
Appoggiati
al cuscino, c'erano due bambole. La prima la riconosceva, era quella
che aveva regalato a Draco per il suo compleanno. Vedendola
capì che
il giovane era riuscito a trovare tutti i suoi biglietti e ad
interpretarli.
Quindi
molto probabilmente anche il pollo era finito.
Ma
quello che lo lasciava senza fiato, era la seconda bambola.
Raffigurava lui, il Prescelto, il Bambino Sopravvissuto, Colui
–
che – aveva – sconfitto – Voldemort.
E
le mani delle due bambole, erano unite.
Harry
sorrise, sdraiandosi di nuovo e fissandole, con una felicità
che lo
stava travolgendo.
«
Ti amo anche io. » sussurrò piano con gli occhi
lucidi.
Quello
valeva più di mille compleanni, di mille cerimonie, di mille
anniversari. Un piccolo gesto, una piccola attenzione che gli faceva
capire che lo considerava ancora come una volta e che forse, in
fondo, quella distruttiva quotidianità non stava
distruggendo anche
loro.
Harry
lo amava. Draco lo amava.
E
nulla era più importante di quello.
Fine
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