Benvenuti
e ben trovati, fan di final fantasy 9, se siete stati attratti dalla
mia scarna introduzione, deduco che siete in cerca di una storia
dinamica, spettacolare alquanto, divertente al punto giusto, drammatica
quanto basta. Deduco anche, se qualcuno mi conosce già, che
forse la mia storia precedente vi sia piaciuta a tal punto da vedere
quanto di quella vecchia c’è nella nuova. Beh,
cari lettrici e lettori… avete cliccato, dunque scorrete il
mouse e procedete con la lettura!
Il fragore di
un’esplosione svegliò gran parte degli abitanti di
Lindblum. Erano passati più di dieci anni da quella
terribile notte, quando dei rumori molto simili destarono il sonno
degli abitanti del granducato. Tutti avevano ancora il ricordo del
bombardamento effettuato dalla flotta reale di Brahne,
dell’invasione dei maghi neri e dell’arrivo di
Atomos, lo spirito dell’invocazione che risucchiò
parti intere di edifici e centinaia di persone, tra cui le guardie
della città e gli stessi invasori: tutti avevano ancora il
ricordo dell’invasione di Alexandria. Nessun’altro
regno aveva avuto per dieci anni idee bellicose, né le nuove
città che nascevano in tutta Gaya, né il rinato
regno di Burmecia-Cleyra abitato da tutti i sopravvissuti dei due
vecchi regni.
Erano da poche
le due. I vari graduati e i soldati che fortunatamente non avevano
completato il loro turno di guardia, buttarono giù dal letto
i loro commilitoni. Dopo una decina di minuti, delle guardie erano
state appostate sulle mura difensive della città e
metà dei generali di Cid aspettavano i suoi ordini. Il
granduca non tardò a presentarsi, e con il mantello sopra la
vestaglia ordinò:
«Dividete le truppe che hanno raggiunto le mura in due
gruppi: uno guardi la parte del mare, il secondo controlli tutto il
territorio di fronte all’ingresso della città fino
a Pinnacle Rocks. Ci sono stati altri colpi, o esplosioni?»
«No, Granduca.» rispose Oltania.
«Potrebbe essere stato un colpo di avvertimento. State
doppiamente all’erta. Andate ora.»
Dopo che tutti
i generali furono usciti dalla stanza, il granduca chiese
più a se stesso che a Oltania:
«Non può buriessere stata Alexandria;
Burmecia-Cleyra non ha keròflotta… ma allora chi
diavolo sarà stato?»
Dopo mezzora,
i soldati riferirono di non aver riscontrato presenze nelle vicinanze
della città, né in mare né in terra, e
gli idrovolanti non incontrarono nulla in volo.
Eiko, anzi la
granduchessina Eiko, intanto aveva perso completamente il sonno e anche
lei in vestaglia da notte andò sul luogo
dell’esplosione, che era avvenuta nel borgo commerciale. La
non ancora diciassettenne granduchessina era nel pieno
dell’adolescenza: era ancora bassina e non era formosa come
Daga, ma il fisico era longilineo, i fianchi erano leggermente
pronunciati, le gambe snelle e muscolose, e i capelli a caschetto blu,
tenuti dal solito fiocco, incorniciavano il bel viso solare con i
grandi occhi e il piccolo naso all’insù, su cui
spesso posavano degli occhiali, perché era un po’
miope. Quando si presentò sul luogo, il soldato che teneva
lontano i curiosi, si imbarazzò: non era cosa di tutti i
giorni vedere una fanciulla carina e di alto rango in vestaglia.
«B-buonasera granduchessina.» salutò.
«L’importante è che non mi si dica
“buonanotte”: detesto essere svegliata di
soprassalto.» fece brusca guardandolo di sfuggita mentre lo
superava.
Di fronte a
lei si stagliava un cratere circolare quasi perfetto, che aveva
distrutto parte di un edificio del borgo; le macerie fumavano ancora.
«Gli inquilini della casa dove sono?» chiese al
soldato alle sue spalle.
«Due, che stavano al piano di sopra sono morti sul colpo. Un
altro è rimasto ferito, ma
sopravvivrà.» rispose raggiungendola.
La giovane
invocatrice scrutava attentamente il buco generato
dall’esplosione: era troppo grande e regolare per essere
stato fatto da una palla di cannone, e si poteva escludere che fosse il
risultato di un incantesimo, perché non avvertiva residui di
attività magica. Dal nulla e improvvisamente, gli venne in
mente una cosa.
«I vicini hanno per caso udito il rumore di un fischio, prima
dell’esplosione?» chiese.
«Cosa?»
«Mai sentito parlare di “resistenza
dell’aria”? Prima che raggiunga terra, un oggetto
di ferro del genere solitamente fa fiiiii…»
fischiò Eiko accompagnandolo con un movimento del braccio
dall’alto verso il basso.
«Un attimo che chiedo…»
Dopo qualche
minuto il soldato tornò.
«Quelli che erano svegli dicono che se ne sarebbero accorti:
ricordano bene i fischi di quella volta di dieci anni
fa…»
«Undici, quasi. Fra qualche giorno compio diciassette
anni.» disse con l’intenzione di cambiare discorso.
Cominciò a pensare che il buco fosse stato generato da un
colpo di arma da fuoco sganciato per sbaglio da un idrovolante che
volava poco sopra la città. Ma ancora, un lampo gli
balenò nel cervello.
«Dov’è la palla di cannone?»
richiese.
«Cosa?» rispose ancora il soldato.
«La cosa fottuta che ha fatto questo
ca…» disse Eiko sul punto di lanciare un
“sancta” al soldato duro di comprendonio
«Ah, lascia perdere, faccio da sola.»
Illuminandosi
di una lieve luce gialla, cominciò a levitare lentamente,
per poi schizzare con rapidità verso il centro della
voragine. Aveva visto bene, non c’era nulla: ne piccoli
frammenti di metallo, ne puzza di polvere da sparo o di zolfo. Il
terreno circostante che non era saltato in aria, si era quasi del tutto
fuso e parte dello stesso cingeva l’orlo del cratere come una
fascia. La granduchessina lievitò parecchio sul punto
più basso prima di riutilizzare “levita”
su parte del terriccio fumante per rimestarlo e analizzarlo e
dichiarare:
«È stato un meteorite.»
«Un meteorite? Quelle cose che vengono dal cielo? Ma avrebbe
distrutto la città!» esclamò la guardia.
«Forse no: ricordo che quando Vivi…» e
per un attimo si fermò. Quando pronunciava il nome
dell’amico scomparso, sentiva ancora un groppo alla gola,
anche dopo tutti quegli anni «…quando Vivi
lanciava la magia “meteo” o
“cometa”, spiegava che intorno Gaya ci sono
migliaia e migliaia di frammenti di roccia, certi grandi come cubetti
di ghiaccio, altri grossi come Aircap. Lui riusciva a interagire con
gli elementi che li componevano e con l’etere che li
circondava per destabilizzarli dalla loro orbita intorno al pianeta,
per poi controllarne la caduta sul bersaglio, facendolo esplodere prima
che raggiungesse terra. Se l’avesse fatto schiantare a terra,
avrebbe fatto più danni, e non solo al nemico. Diceva poi
che non era saggio che il meteorite rimanesse su Gaya, ma non ho mai
capito il perché. Questo meteorite è caduto qui
per cause naturali, non magiche, ecco perché è
così ampio. Il problema è, perché la
roccia meteorica non è presente, neanche
frammentata?»
«Avete mai visto un frammento di meteorite?» chiese
scettico il soldato. Per tutta risposta Eiko si tolse dal lobo il suo
gioiello ancestrale, che mise come orecchino tempo addietro.
«I murali che abbiamo trovato in un condotto sotterraneo di
Madain Sairi, narrano la storia del villaggio dalla sua fondazione fino
alla distruzione, e raccontano del ritrovamento dell’antico
monile in un punto non meglio precisato di Gaya; e una cosa
è sicura: venne dal cielo.»
Dopo qualche
altro momento di silenzio, si rigirò e disse al soldato:
«Il fatto che non ci siano frammenti del meteorite
può avere interessanti sviluppi scientifici. Se era fragile
non avrebbe resistito all’attrito con
l’atmosfera… mah. Io ora vado a dormire, voi
offrite cure immediate ai feriti.» e fece per andarsene.
«E se qualcuno l’avesse preso?» disse
d’improvviso la guardia. Eiko si fermò e si
stavolta fu lei a chiedere:
«Cosa?»
«Se uno fosse a conoscenza del potenziale di queste rocce,
potrebbe essere interessato ad appropriarsene. Lei ha detto che il
gioiello ancestrale è in realtà uno di questi
meteoriti, magari anche altri hanno questo potere. D'altronde, non
abbiamo chiuso la zona.»
«Ma se da quando è accaduto il fatto solo
noi…» incominciò
l’invocatrice ma si fermò e guardò il
soldato.
«…solo noi siamo presenti sul posto.»
concluse la frase «Ma quando sono arrivato c’erano
altri commilitoni, ma non credo siano così strutti
da…»
«Bisogna isolare tutto. Anzi, ci penso io.
Allontaniamoci.»
Eiko chiuse
gli occhi, racchiuse le mani e poi le rilasciò verso il
cratere: la zona intera venne inglobata da due cilindri, uno giallo e
uno rosa che inglobò il primo.
«Bene, ora niente e nessuno potrà entrarci. Ogni
tanto però controllatelo.»
«Perché, quanto durerà?»
chiese il soldato.
«Per quanto tempo vorrò.»
Escludendo la
regina Garnet, che comunque non si allenava da tanto tempo,
probabilmente Eiko Carol Fabool era la più potente maga
bianca di Gaya.
La mattina
successiva, l’edificio era già in ricostruzione e
l’incantesimo reggeva ancora, anche durante il sonno non
molto continuato di Eiko. Si svegliò di buon’ora e
vestita da semplice operaia, si confuse nell’Aircap insieme
agli altri lavoratori che iniziavano la mattinata e raggiunse
l’abitazione dei Tantarus nel borgo teatrale.
Suonò a lungo il campanello a corda prima che
l’inconfondibile voce di Kalò chiese:
«Cu è? Siamo chiusi.»
«Anche per una piccola amica?» chiese lei.
Da dietro la
porta si udì un forte e continuo rumore di serrature e
chiavistelli che venivano sbloccati, prima che si aprisse: il boss
indossava un classico pigiamone da notte bianco, che era in tinta con
la barba e i baffoni che cominciavano a ingrigirsi. Quando vide Eiko,
si mise a ridere alla sua maniera abbracciandosela e tirandola su per
le spalle, come se quei dieci anni non fossero mai passati.
«Ah ah ah ah ah! Guarda un po’! La picciliddra
innamorata di Gidan! Ma che non mangi su al castello? Come una piuma
pesi, ah! Picciotti, giù dalle brande! Avimmo
ospiti!»
La
“vecchia guardia” dei Tantarus Cina, Marcus, Poddu,
Piddu, Puddu anche se intontiti dal sonno salutarono a più
riprese l’amica, che certamente si faceva vedere poco in quel
covo di ladri-attori-cercatori di tesori.
«’Anvedi chi c’è! ‘A
mejo granduchessina der monno!» fece Cina
«Quantto teemppo è!» esultarono in coro
i tre gemelli.
«Grazie, grazie è sempre un piacere vedervi. Blank
dov’è?» riuscì a domandare
Eiko.
«Il kompare andato con zorella di Gidan. È un
zacco che non si fa più fifo.»
Era ormai
risaputo che Blank, da quando si era messo con Mikoto, poco dopo il
matrimonio di Gidan e Garnet avvenuto sei anni prima, raramente si
faceva vedere in giro, tanto che girava voce che i due avevano avuto un
figlio e che avevano deciso di crescerlo lontano dal villaggio dei
maghi neri per farsi una vita loro. Negli ultimi cinque anni era venuto
a trovare gli amici solo in occasione di rare rimpatriate e per il
compleanno di Gidan.
«Come mai sei qui?» chiese Agnes, neo membra dei
Tantarus insieme a Vans che teneva la testa bassa poiché
aveva una cotta purtroppo non corrisposta per Eiko.
«Nun me pare che sei venuta pè ‘na
visita de cortesia…»
«Infatti.» rispose la granduchessina «Ho
bisogno del vostro aiuto. Avrete sentito di ciò che
è successo la scorsa notte…»
«Veramente abbiamo sentito solo un gran botto, siamo usciti
spaventati ma non vedendo fumo e non sentendo altre esplosioni tornammo
dentro.» prese la parola il giovane Tantarus che ebbe il
coraggio di issare lo sguardo. Eiko allora iniziò la
spiegazione, spiegando bene il fatto del meteorite e del sospetto che
aveva:
«Dobbiamo vedere se è rimasto un qualche frammento
della roccia che è assente. Così potremmo capire
se è stato trafugato e come.»
«Storia curiosa, non c’è dubbio ah. Tu
orra che intenzione hai di farre?» domandò
Kalò.
«Io devo togliermi un altro dubbio. Vi
accompagnerò al cratere, e appena possibile parto.»
Il cratere,
illuminato dalla luce del giorno, benché apparisse un
po’ lugubre per il grigiore e per il fumo che continuava a
uscire si stagliava imponente nei suoi dieci metri di diametro per
sette di profondità. Eiko, e i Tantarus al completo erano
arrivati con setacci, pali e palette.
«Allora, un consiglio: cercate più sui lati del
cratere che sul fondo. Se il meteorite è stato preso,
sicuramente chi l’ha fatto sarà stato doppiamente
attento a non lasciare frammenti.»
«Capito: allora picciotti. Agnes e Vans sul lato ovest; Er
Cina e Puddu su chillo est; Piddu e Puddu su chillo nord; Marcus e
Antinood su chillo sud. Io vi do un mano a turni.»
organizzò il boss.
«E tu Eiko?» chiese Marcus.
Per tutta
risposta, l’invocatrice si appropriò della
caffettiera piena di Kiliman e Bluman fumante dalle mani di Er Cina.
«Ahò!» fece questi risentito.
«E io mi prendo una tazza di caffè: mica ho
dormito come voialtri. Buon lavoro!» e se ne andò
verso la panchina più vicina a sorseggiare il
caffè. Ma prima con uno schiocco di dita, fece sparire
l’incantesimo di protezione dal cratere.
Se siete
arrivati alla fine, vuol dire che avete avuto abbastanza interesse e
pazienza nel leggere il mio secondo, modesto lavoro. Quante cose
cambiano in dieci anni, vero? Eiko è cresciuta, ed
è diventata una brillante e potenzialmente cinica
adolescente che sprizza energia da tutti i pori. Vi piace? Non vi
piace? Che ne pensate? Fatemelo sapere! Un saluto da “The
Alex” fflover89!
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