Disclaimer: tutti i personaggi
appartengono a © J.K.Rowling e la canzone “Non capiva
che l’amavo” e di © Paolo Meneguzzi e degli aventi diritto.
LEGENDA:
I pensieri di Sirius ad Azkaban
I pensieri di Remus dopo la missione all’Ufficio Misteri
Non capiva che l’amavo
Qui seduto sul letto ripenso a noi
A quei giorni che il vento ha portato via.
Quante sere passate allo stesso bar
Con gli amici che adesso non vedo più.
Quei giorni spensierati se ne sono andati per sempre.
Eravamo solo ragazzi usciti da poco dalla scuola, i nostri pensieri rivolti al
più luminoso dei futuri, ignari di tutto quello che ci aspettava, illusi di non
scontrarci mai con la cruda realtà. Amici, sicuri che niente al mondo avrebbe
potuto dividerci. Uniti per sempre, così ci eravamo promessi. Ma la verità è
stata molto diversa e da questo luogo che a me appare come il più profondo
abisso della disperazione, ripenso a loro aggrappandomi al ricordo come ad
un’ancora che mi tiene in vita.
James, l’amico
più caro, compagno di scherzi e scorribande, un fratello per me, forse
un’intera famiglia.
Lily, dolce Lily, quanti battibecchi ho scambiato con lei
eppure ci volevamo un gran bene anche se nessuno dei due l’avrebbe ammesso mai.
Peter che avevo
sempre considerato innocuo, forse è stato quello il mio errore. Non potrò mai
perdonare il suo tradimento.
E poi lui.
Remus.
Il suo sguardo era luce negli occhi miei
La sua voce era un suono dolcissimo.
Quante volte ho pensato di dirglielo
Quante volte ho creduto di farcela.
I suoi occhi dolci come il miele sapevano trasmettermi un
calore in grado di farmi sentire bene in ogni circostanza. Sarei rimasto ad
ascoltarlo per ore: a scuola quando ci rimproverava assolvendo ai suoi doveri
di Prefetto, quando ripeteva la lezione, quando parlava in tono triste della
sua condizione che lo faceva sentire isolato e diverso. Era straziante sentire
quanta poca stima avesse di sé stesso, quanto si considerasse un pericolo per
gli altri e preferisse sfogare su di sé la furia assassina del Lupo. In quei
momenti mi appariva così disperatamente vulnerabile che l’impulso di stringerlo
a me era sempre più difficile da dominare. Non era solo. Non lo sarebbe stato
mai più. Ho tentato di rivelargli quello che provavo per lui, ma per imbarazzo,
timore o vera e propria paura di perderlo, non ci sono mai riuscito. Mi era
sufficiente stargli vicino e pensavo che sarebbe durato per sempre.
Ore in macchina a parlare sotto casa sua
Si rideva, si scherzava e non capiva che
Non capiva che l’amavo
Che ogni volta che soffriva io soffrivo.
Quanto tempo abbiamo trascorso insieme! Dopo il
matrimonio di James eravamo diventati inseparabili.
Ogni sera mi attardavo il più possibile a parlare con lui, per ritardare il
momento in cui sarei rientrato in una casa dove non c’era nessuno ad aspettarmi.
Una casa fredda che ogni volta veniva riscaldata dalle sue risate, come il mio
cuore. Mi divertivo a fare il buffone per farlo ridere, per far sparire dai suoi
occhi almeno per un momento il velo di tristezza che sempre vi intravedevo. La
sofferenza che provava avrei voluto prenderla su di me mille e mille volte.
Assistendo alle sue dolorose trasformazioni, da ragazzi come da adulti, mi sono
sempre detto: «Non distogliere lo sguardo.» ma non sono mai riuscito a
resistere. Mi straziava il cuore assistere impotente alla sua sofferenza e quel
poco aiuto che potevamo dargli tenendogli compagnia durante le lunghe notti di
luna piena, non mi sembrava mai sufficiente.
Quante notti ho pianto senza dire niente perché
Perché, perché, perché
Non capiva che l’amavo
Che ogni volta che non c’era io morivo.
Quante notti ho pianto senza fare niente
E mi nascondevo all’ombra di un sorriso
Non capiva che l’amavo.
Con il passare del tempo ho cominciato a chiedermelo:
perché non capiva? Tutto l’affetto, la dedizione che nutrivo nei suoi confronti
non potevano essere ricondotti a quelli di un semplice amico. Piangere mi è
sempre sembrato sciocco e da ragazzine, ma a volte esiste una sofferenza così
grande che può essere espressa solo con le lacrime. Soffocate nel cuscino, tra
le labbra morsicate per impedire ai singhiozzi di uscire. Per lui: perché una
persona così buona doveva patire tanto? Per me: perché non riuscivo ad esprimere
quello che provavo? Ogni volta che si allontanava da me la mia allegria si
spegneva. Mi era diventato necessario come l’aria e non riuscivo a dirlo. Tutto
quello che potevo fare era presentargli di nuovo il mio sorriso la mattina
dopo, quando le ombre e i fantasmi oscuri della notte erano svaniti. Ma ora la
notte che mi avvolge sembra non voler svanire. Inizio a dubitare che esista per
me la possibilità di rivedere la luce del sole. Il nostro mondo è andato in
pezzi. I giorni spensierati non torneranno mai più. James
e Lily… non sono stato in grado di salvarli… La sola cosa che mi sostiene è il
pensiero di Harry… devo proteggerlo… quello di Peter… li vendicherò… e il suo. Mi odia? Mi crede un
assassino? Quanto vorrei rivederlo. Lui, la mia luce…
******
Il ricordo è una lama nell’anima
Un dolore che brucia senza pietà.
Il suo nome vivrà nell’eternità
Come un segno profondo e indelebile.
Non volevo vedere. Non volevo ricordare. Eppure la mia
mente tornava e ritornava incessantemente a quell’attimo.
Le mie braccia che cingevano Harry. La mia voce che
diceva da un luogo lontano e fuori da me: «Non puoi fare più niente, Harry… niente… se n’è andato.» Lui che si divincolava e
urlava. La mia voce che si spezzava. «Non può tornare, Harry.
Non può tornare perché è m…» Non voglio dirlo. Non voglio nemmeno pensarlo.
Sento il cuore bruciare. Lo sento scoppiare dal dolore. Cosa ho potuto fare?
Niente! Di che utilità sono stato? Nessuna! Cosa mi è rimasto? Niente! Niente!
Niente! Ho perso James e Lily, non ho potuto proteggerli.
Ho perso Peter, il suo tradimento è imperdonabile. Ma
non posso tollerare di aver perso anche lui. Sirius.
Gli unici amici che abbia mai avuto. L’unico… amore. Lui non mi ha lasciato.
Non può averlo fatto. Dentro di me vivrà per l’eternità.
Ore e ore a soffocare tutto dentro me.
Mi parlava, mi guardava e non capiva che
Non capiva che l’amavo
Che ogni volta che soffriva io soffrivo.
Rientrare al Quartier Generale
quella maledetta mattina si è rivelata l’impresa più ardua. Tremavo da capo a
piedi tanto che Alastor doveva sostenermi nonostante
fosse a sua volta ferito. Lo sguardo di Molly… non lo
dimenticherò mai. Non ha detto una parola e mi ha abbracciato. Quel gesto mi ha
reso acutamente consapevole della realtà come una doccia fredda. Non volevo
accettarla. Non potevo. Fino a poco prima era accanto a me. Mi parlava, mi
guardava con i suoi splendidi occhi sorridenti, era vivo. Anche se non aveva
mai capito cosa in realtà nascondevo nel cuore, mi era sufficiente averlo
vicino così, come l’amico più caro. Appoggiarlo nelle sue scelte e soffrire
insieme a lui per gli insulti rivoltigli dalla sua famiglia. Essere emarginati
porta alla disperazione, io lo so bene, e non volevo che lui lo fosse mai più.
Ora sono io ad esserlo e posso solo soffocare questo sentimento dentro di me
come ho fatto con quello che provavo per lui.
Quante notti ho pianto senza dire niente, fare niente
Perché, perché, perché
Non capiva che l’amavo
E ogni volta che non c’era io impazzivo.
Quante volte ho fatto finta inutilmente
E mi nascondevo all’ombra di un sorriso.
Non capiva che l’amavo.
Le notti sono improvvisamente diventate interminabili e
la necessità di urlare alla luna e piangere tutte le mie lacrime si fa sempre
più pressante. Tutta la forza dei miei sentimenti si è liberata come un fiume
in piena che non ha più un luogo dove riversarsi. Per me era così importante
che alla sua assenza mi sento mancare l’aria. Il senso di impotenza, la colpa
per non essere riuscito a impedire che accadesse, mi rincorrono come il
susseguirsi delle fasi lunari e al plenilunio la mia mente si lascia afferrare
dalla follia. Quasi con sollievo mi abbandono alla furia sanguinaria del Lupo,
l’unica valvola di sfogo al dolore lacerante che provo. Ho finto per troppo
tempo e ora non posso perdonare me stesso per non essere stato sincero con lui.
Il mio timore di un rifiuto non giustifica tutto questo rimpianto. Perché non
ho parlato quando potevo farlo? Perché non ti ho mostrato cosa provavo
realmente, Sirius? Del resto indossare una maschera
sorridente è diventata un’abitudine. Non devono sapere quanto sto male. Harry non deve sapere. Soffre già a sufficienza.
Non capiva che l’amavo.
L’amavo…
Non capiva che l’amavo
E ogni volta che non c’era io impazzivo.
Quante volte ho fatto finta inutilmente.
Non capiva che l’amavo.
Fingere. Fingere. Continuare a farlo per sopportare il
dolore. Superarlo? No, non sono sicuro di riuscirci. Sempre più spesso mi
sorprendo a fissare la sedia dove era solito sedere, immaginandomi la sua
risata allegra e i suoi battibecchi con Molly. Solo
lei sembra essersi resa conto del mio stato. Ne ho quasi la certezza, lei
conosce i miei sentimenti. E’ molto premurosa con me, mi tratta come una
statuina di porcellana e a volte ho dovuto reprimere una risposta secca. La
voglia di maltrattarla si fa più forte quando ricordo i suoi litigi con Sirius, ma sarebbe solo una cattiveria gratuita. Anche lei
soffre, ne sono certo, ma le sue gentilezze non mi sono di nessuna utilità. Non
ho più niente, ho perso il mio scopo. La sua vicinanza, la sua presenza, era la
sola cosa che rendeva sopportabile la mia esistenza a metà. Ho perso la mia
luce e con essa la possibilità di essere un giorno di nuovo felice. Solo un
ultimo compito mi è rimasto da assolvere. Harry. Non
posso ancora lasciarlo. James, Lily, lo amerò per
voi. Sirius, lo proteggerò per te. E quando tutto
questo sarà finito, potrò finalmente raggiungervi.
Non capiva che l’amavo.
Non capiva che l’amavo.