Draco.
Tutto quello che ho.
Malfoy? Meglio di no. Ricco? Non più. Famoso? Vuole che tutti dimentichino. Vigliacco? Naturalmente. Bugiardo? Da sempre. Spaventato, sicuramente. Ambizioso? Una volta, forse; in realtà, sempre. Furbo? Serpeverde.
Il corridoio era stato incantato per non essere gelido come quelle giornate invernali, gelide. Il maniero era sempre freddo, il pavimento gli restituiva quello che già gli era stato dato. I suoi passi risuonavano tetri, solitari. Nella scuola il ciarlare copriva il ticchettio concitato delle scarpe contro il suolo. Naturalmente nemmeno la confusione poteva nascondere le maldicenze quando non erano sussurrate. Naturalmente qualcuno volva farsi sentire – Malfoy, non hai paura a girare per la scuola, ora? – lo sguardo non si era abbassato, la mascella si era serrata, ma nessuno l’aveva notato. Indifferente. L’orgoglio era sempre lì – Taci zerbino rosso. – proseguì, ma venne bloccato da una mano sudaticcia e, senza nemmeno sapere a chi apparteneva, represse il conato di vomito che gli aveva provocato quel contatto. Fece scattare violentemente la mano per sottrarsi alla stretta e si voltò – Weasley, tieni quelle manacce di seconda mano lontana da me. – sguardo vacuo, testa alta. Il suo interlocutore divenne paonazzo, probabilmente, pensò Draco, si sarebbe autodefinito un peperone. Lessico da buzzurro – Figlio di un Mangiamorte fallito! Come osi? – appunto. Un balenio di denti bianchissimi, un sorriso falso come quella facciata che non doveva crollare. Che non sarebbe crollata. La voce leggermente troppo alta per apparire controllata ad orecchie esperte – I Mangiamorte sono tutti al fresco, zotico. Se sono qui è perché è stato riconosciuto che avevo accettato il marchio contro la mia volontà. – uno sbuffo. Gli amici ai lati del rosso erano sbiancati. Non voleva il marchio a deturpargli il bianco candido del suo braccio, da ricco sfondato. Era un vigliacco, aveva paura della morte. Tutti ne abbiamo, non si sentiva in colpa. Si era ritrovato dalla parte sbagliata e aveva scelto di pararsi il culo. Lui non era un eroe, ma non era nemmeno un cattivo. Lui non era niente. Lui era solo Draco. Aveva solo il suo nome, niente da perdere, ormai. Gli avevano già tolto tutto, lui ignorava la cosa. Un po’ come gli uomini ignoravano di essere vermi(2). Volutamente, per distrazione. Scrollò le spalle. Fissò il suo sguardo sui due spettatori. Potter lo sapeva, che lui era un vigliacco. Sorvolava. Dumbledore doveva avergli trasmesso parte della sua pazzia, di questo era certo. La Granger lo guardava spaesata. Da una nata babbana non ci si poteva aspettare molto. Weasley ruggì, da bravo Grifondoro – Vigliacco. – la Granger sussultò e s’intromise – Ora basta Ronald, stai facendo la figura dell’idiota. La guerra è finita, siamo stati noi a lottare per questo. Non ritrattare perché ora stai dalla parte di chi ha vinto. – il poveraccio tremava di rabbia repressa, di vergogna per il rimprovero, di indignazione per il partito preso dall’amica, fidanzata o altro. Draco non si interessava di queste cose, ma si vociferava anche questo. La Granger parlò di nuovo – Non ha più niente se non se stesso, niente soldi, nessun maniero, né gloria, né potere. – colpito. Affondato. Il rosso rispose – Ha ancora il suo nome, Hermione. – quindi era il caso di intromettersi prima di dover giurare amore eterno a Hermione Granger – Se il mio nome è tutto quello che ho non puoi togliermi niente che già non ho(3). – persino lui si stupì, ma non lo dimostrò apertamente. Il pensiero di aver scampato una dichiarazione ad una repellente e nata babbana copia di Minerva McGonagall lo sollevò. Al che Weasley gli voltò le spalle, parzialmente soddisfatto da quell’ammissione. Harry Potter si soffermò a fissarlo, scosse la testa e si riavviò i capelli per poi seguire l’amico. La Granger, invece, non si mosse. Lui la squadrò con l’intenzione di andarsene per la sua strada al più presto. La ragazza si rassettò la veste in un gesto nervoso, poi sollevò fieramente lo sguardo e la sua voce assunse un tono che Malfoy non seppe definire, non che si fosse impegnato a trovargli un aggettivo, semplicemente lo sorprese – Draco. – gli porse la mano – Non svendere anche il tuo nome(4). – lui si ritrovò a stringere la mano della ragazza per puro riflesso e a causa dell’educazione che gli era stata impartita. La mano della Granger non era sudaticcia, ma fresca e la presa era salda e sicura. Gli occhi non tradivano turbamento nonostante pochi mesi prima fosse stata sottoposta alla maledizione Cruciatus in casa sua, da sua zia. Lei parve scovare i suoi pensieri senza che lui si fosse accorto di aver lasciato che la maschera si crepasse – E’ il nome che conta, non il resto. – la voce non aveva una particolare inflessione quella volta. Un cenno di saluto e la ragazza, e il suo cespuglio di capelli, scomparve dalla sua vista. Il nome, era quello che valeva. Che doveva valere. D’altro canto, Serpeverde non era nata come una casa di idioti che seguivano un pazzo che odiava se stesso. Senza sorridere si voltò e con lentezza controllata arrivò alle scale che portavano alla sala comune, nei sotterranei. Lì cominciò a correre.
* * *
1. Una presa in giro al signor Edward Swaroski Lord di depressiolandia. E un’interpretazione personale del carattere di Draco. Lui non è buono, ma nemmeno cattivo. E’ un vigliacco senza spina dorsale e ne è consapevole.
2. Richiamo a Pirandello, Mattia Pascal definisce le storie degli uomini “Storie di vermi” a causa della teoria geocentrica elaborata da Copernico che aveva messo in discussione l’importanza dell’uomo e aveva sfatato la base della concezione antropocentrica dell’epoca. In seguito giustificava la scrittura della storia dicendo che gli uomini si “distraevano” da questo pensiero. Per quello che ne ho capito, volontariamente.
3. Citazione da “Tutto quello che ho” di Maxi – B che è stata il sottofondo per questa accozzaglia di parole.
4. Questa volta non è una citazione, ma è un riferimento alla canzone sopracitata.
Spero vi sia piaciuta. Come sempre vi prego di lasciare un segno del vostro passaggio. Ho bisogno di sapere se devo darmi all’ippica o alla cucina o… insomma, avete capito. Hermione e le sue idee strane. Il C.R.E.P.A e tutto il resto. Draco non ha le mani fredde, non è un vampiro porca paletta! E’ pallido, secondo me, perché come ogni famiglia nobile del passato il colore della pelle indicava che non provenivano dai campi e quindi che il loro ceto sociale e la loro ricchezza risparmiava certe fatiche e tutto quello che ne comportavano. Mi è sembrato più plausibile. Hermione ha le mani fresche perché mi è girato così, nel senso io tendo ad avere le mani gelide quindi ho avuto un moto di egocentrismo che spiega questo fatto. Ronald non è, a mio parere, OOC. Perché? Nei libri della Rowling è goffo, ma iracondo e tende a montarsi la testa con poco. Spero che non lo sia anche Draco visto che il suo carattere è riconducibile a molte sfaccettature anche in antitesi fra loro. Ma visto che tento di seguire almeno un po’, quando scrivo, il principio di non contraddizione….
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