E' dedicata a Mirokia e alle sue bellissime storie ^^
Un
sorriso per se stessi
Da quanto tempo non si sentiva così?
Avevano vinto la partita, ed erano usciti vittoriosi dallo spettacolo
inscenato col Glee Club.
Tutta la scuola era andata in visibilio per loro, e si erano pure
divertiti!
- Bravissimo Dave, hai fatto bene ad entrare - gli aveva poi detto
Azimio.
Si trovavano negli spogliatoi, a urlare e ridere dalla gioia per aver
vinto col sudore della loro fronte; lo stesso sudore che ora gli stava
sciogliendo il trucco da zombie.
Karofsky aveva fatto qualcosa che gli piaceva veramente, che lo faceva
sentire più Dave.
Era quella la felicità che si provava nell'essere se stessi?
Stava abbracciandosi con uno dei suoi compagni di squadra, quando una
voce lo colpì.
- Siete stati fenomenali! Tutto era stupendo: il trucco, la
coreografia, la musica... quanto mi sarebbe piaciuto essere stato
lì con voi - esordì Kurt.
Il sangue di Dave si gelò, poi lo prese un forte giramento
di testa, mentre lo stomaco si torceva in subbuglio. Quasi si era
dimenticato di come lo faceva sentire Hummel. La sua sola presenza
bastava per mettergli confusione nella mente e nel corpo.
Il ragazzo minuto era circondato dai suoi amici del Glee Club, che si
stavano prendendo a turno la loro dose di complimenti. E Dave ne volle
un po' anche per sé.
Senza volerlo, il difensore dei Titans iniziò ad avvicinarsi
ad Hummel, mentre gli altri continuavano a festeggiare. Di
lì a poco si ritrovò alle spalle di Kurt; rimase
a fissare quel corpo armonioso, con una voglia incontenibile di
parlargli, anche se non sapeva di cosa...
Una volta tanto nella vita, però, Finn Hudson si rese utile
al mondo.
- Karofsky! - lo chiamò con troppa enfasi. Era talmente
inebriato dalla felicità della vittoria, che Finn lo
abbracciò. Sembrava ubriaco!
Dave rimase stupito dal gesto, senza parlare dell'espressione allibita
del fratellastro di Hudson.
- Adesso si va al Bel Grissino a festeggiare! Andiamo, Glee Club,
Titans! - urlò il quaterback, ricevendo un boato in
risposta. Karofsky stava fissando intensamente il ragazzo che aveva
baciato tempo prima: sembrava fosse passato un secolo. L'altro, di
rimando, lo guardava con circospezione, senza rilassarsi nemmeno un
secondo.
- Vuoi dirmi qualcosa, Karofsky? -. Non c'era astio nella sua domanda,
solo diffidenza. E un pizzico di curiosità.
- Hai visto lo spettacolo? -. Dieci punti a Dave per la fantastia.
- Ehm... sì? Sono qui per questo - gli rispose Kurt, della
serie "Sapevo che fossi stupido, ma sei riuscito a farmi ricredere: sei
peggio!". - Se non sei venuto qui per chiarire qualcosa, allora
possiamo anche salutarci -.
Dave aveva un miliardo di cose da dirgli, ma non aveva la minima idea
di come potesse fare e da cosa potesse mai cominciare. Si espresse,
così, in un singolare concerto di mugolii e grugniti, nella
vana speranza di tirare fuori qualcosa di sensato.
Hummel sbuffò irritato, credendo che tutta quella scenetta
fosse una presa in giro.
Il giocatore di football venne preso da un devastante senso di
sconforto quando l'altro gli voltò le spalle con
l'intenzione di lasciarlo solo.
- Non scappare. Non di nuovo... - esordì il giocatore.
Kurt si girò con uno sguardo assassino stile "Hai presente
Saw? Ti farò di peggio, bastardo!".
- S-stai cercando forse di darmi del vigliacco?! Ti rendi conto della
tua ignoranza, Karofsky?! Sei tu
che mi hai costretto ad andarmene, a lasciare i miei amici, a lasciare
il Glee Club. Per te. Che sei un...un... troglodita che non sa nemmeno
quello che vuole dalla vita e per questo se la prende con un ragazzo
come me. Tu
mi hai fatto passare dei momenti orribili, mi hai terrorizzato a morte
e mi hai pure... - ma a quel punto la sfuriata di Kurt dovette fermarsi
per non farsi sentire dagli altri della squadra.
Comunque, Karofsky aveva capito dove volesse andare a parare.
Il soprano aveva il respiro accellerato per via della forte emozione,
mentre l'altro aveva messo su un'espressione di rabbia. O almeno,
così sembrava ad Hummel.
Quella, piuttosto, era frustrazione e vergogna. E forse anche senso di
colpa.
Tutte quelle parole erano una più vera dell'altra, e niente
poteva cancellarle e dimenticarle.
Karofsky aveva sentito, ancora una volta, il dolore e la rabbia del suo ragazzo, e si
sentì per questo impotente.
Gli tremavano le mani per quanto era scosso. Però Kurt lo
interpretò come il preludio di un pugno, o di una spinta che
lo avrebbe fatto volare per metri e metri.
- Non sono scappato, mi sono messo al sicuro, rinunciando a tutto
ciò che avevo di più caro - sputò Kurt
con freddezza e disprezzo.
- Mi dispiace -.
Stop.
Quel sussurro, quel lieve rumore che a stento era riuscito a captare,
risuonò nella testa di Kurt come lo scoppio di una bomba
nucleare.
Il ragazzone era sincero, teneva la testa bassa, le mani chiuse a pugno
e si mordeva le labbra.
- S-scherzi? - chiese tremante.
- No. Non volevo che... non era mia intenzione provocare tutto questo -
- E allora che cavolo ti passava per la testa, si può
sapere? -.
Dave rimase in silenzio, in imbarazzo; era anche un po' stupito del
fatto che Kurt lo stesse ancora ascoltando.
- Ero confuso -
- A chi lo dici! - ribbatté Kurt con un ghigno. Un piccolo
solco prese forma sul volto del giocatore. Hummel non lo aveva mai
visto sorridere con tanta semplicità. Sembrava... diverso.
- Sai, è la prima volta che mi fai vedere un sorriso
sincero. Di solito erano tutti di scherno... -
- Perché mi parli ancora? -, ma Dave lo chiese con sincera
curiosità.
- Ah, non me lo chiedere! Sarà che sono troppo gentile! -
rispose Kurt con un tono di superiorità e da finta
diva.
- Modesta, la fatina! -
- Comunque non credere che un semplice "mi dispiace" possa spazzare via
tutto quello che mi hai fatto. Se sei sinceramente pentito, allora ti
aspetta un lunghissimo cammino per avere il mio perdono. Ci siamo
intesi? -.
Il sopracciglio di Hummel era innaturalmente alzato a mo'
d'inquisizione.
Per l'altro quelle parole furono semplice oro colato.
- Grazie, Kurt -.
L'altro arrossì imspiegabilmente, ma Dave ebbe la
delicatezza di non fare commenti e di andarsi a fare una doccia in
vista di una serata interessante, con la speranza di un futuro
più felice.
Non sarebbe finita lì, c'era ancora tanto su cui lavorare,
ma, nonostante tutto, aveva ritrovato se stesso e il suo
sorriso.
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