Capitolo 1
Nota d'inizio fanfiction:
questa storia, per chi se la ricorda, è nata nel lontano
2007 (mamma mia, come sono vecchia ._.) ed era inizialmente divisa in
due, ovvero la versione di James e la versione di Lily. Dopo anni di
assenza ed infruttuosità, qualcosa ha fatto "scattare la
molla"; ho così deciso di riprenderla in mano, revisionarla
e modificarla in modo che risulti compatibile con HP7 (la precedente
versione era stata scritta prima dell'uscita del libro, quindi per
forza di cose conteneva delle incongruenze). Ho anche scelto di unire i
due punti di vista, di modo da dare così una visione
completa del complesso processo di maturazioni e cambiamenti che ho
ideato: spesso mi ritrovavo a dover spiegare dei comportamenti di Lily
nella storia scritta dal solo punto di vista di James, mentre
così, a scapito della maggior lunghezza dei capitoli, quelle
delucidazioni noiose non sono più necessarie. Porto ancora
nel cuore con immenso orgoglio e affetto le bellissime e numerose
recensioni che avevo ricevuto durante la prima pubblicazione, che mi
avevano dato davvero tanto; sperando di ritrovare qualcuno dei vecchi
lettori, inizio col ripubblicare questa storia che tanto mi
è cara, e che mi auguro di aver reso ancora migliore di
prima.
Capitolo 1 - Complotti
“È
quello che accade a tutti, papà; una metà della
gente non
comprende i divertimenti dell’altra
metà”.
(Jane
Austen, Emma)
19
maggio 1977
“Sai
… a vederti così, alle volte, sembra quasi che tu
ci abbia davvero rinunciato”.
Alzo lo sguardo, che
avevo fisso nel vuoto fino a un secondo fa, voltandomi verso Sirius.
“Dici sul
serio?” gli
domando, con una voce che suona intontita alle mie stesse orecchie.
Nemmeno mi ricordo più quello a cui stavo pensando; mi ero
completamente perso fra i miei pensieri dopo che, per
l’ennesima
volta durante il corso di quella noiosa lezione di Incantesimi, avevo
fatto sollevare e muovere il corpo di Peter, alle volte divertendomi a
fargli imitare i saltelli che Vitious eseguiva sulla cattedra mentre ci
spiegava il corretto movimento della bacchetta.
“Già.
Dico sul serio.
Poi però basta aspettare il limpido suono della campanella
di
fine lezione …”
… e la
campanella suona. Mi
domando che razza di poteri di preveggenza abbia acquistato Sirius
tutto d’un colpo, nonostante non abbia mai seguito con
interesse
una sola lezione di Divinazione. Con la coda dell’occhio
catturo
il riverbero di un ammasso di capelli rossi; storco lo sguardo solo
leggermente, prima di tutto perché so che il mio caro
migliore amico è sempre pronto a rimproverarmi per le
eccessive
attenzioni che le dedico e poi perché non voglio stare a
fissarla a bocca aperta per fare davanti a tutti la figura
dell’idiota, come facevo un tempo. Ultimamente, forse ho
imparato
ad acquisire un briciolo di amor proprio.
“…
Lei si alza, tu la osservi …”
Sì, la
osservo cercando di non farmi notare, anche se è
praticamente impossibile. Le sue mostruosamente
pettegole amiche,
nonché nostre compagne di Casa, le stanno sempre attorno con
lo
sguardo puntato su di me, attente ad ogni mia singola mossa, per poi
prendere la rincorsa e andare a riferirle ogni cosa. Le solite
stonature in un panorama che potrebbe essere idilliaco.
“…
e vieni
immancabilmente attirato dal fondo della sua gonna, sperando che una
volta o l’altra si sollevi quel tanto che basta a farti
intravedere qualcosa là sotto”.
La mia faccia
è
pietrificata. Un fuoco mi sale alle guance, percorrendomi le orecchie
fino alla punta. Mi volto lentamente verso Sirius e sono sicuro che in
questo momento il mio sguardo è eloquentissimo.
Sento Peter scoppiare
a ridere di gusto, divertito dalla fine battuta del mio migliore amico.
“Non dargli
corda, Pete, ti prego”, lo imploro.
Torno a concentrarmi
su Sirius, squadrandolo, come se volessi inchiodarlo al muro.
“Non
guardarmi così, non dire che non è
vero”.
Storco lievemente la
bocca in una smorfia di disappunto.
“Stando a
contatto con te, la
tua abitudine legata alle osservazioni pervertite mi è ormai
divenuta disgraziatamente familiare. Tuttavia, in questo caso, posso
assicurarti che non stavo pensando a niente di quel genere”.
Calco le parole,
sperando che
capisca. E che sia in grado di comprendere che la sua indelicatezza non
ha limiti, quando se ne esce con certe battute fuori luogo davanti a
tutta la classe.
“Tranquillo,
tanto non ci fa
più caso nessuno. Il tuo è un classico di
Hogwarts,
ormai. Tra poco diventerai un noioso manoscritto in piena regola: gli sguardi innamorati e i
languidi sospiri non ricambiati del giovane James Potter.
Sicuro di non voler cambiare ragazza?”
Continuo a tenere lo
sguardo puntato su di lui, senza cambiare espressione. È
ovvio che non vuole capire.
“Cominci a
diventare noioso anche tu. Perché non ti trovi un passatempo
più costruttivo, invece?”
In questo momento
vorrei baciare
Moony, per ringraziarlo del suo pronto intervento. Ho sempre pensato
che quelle poche parole che si lascia sfuggire con parsimonia
riscuotano ogni volta la massima efficacia.
“Grazie di
avermelo
ricordato, giusto ieri stavo facendo programmi riguardo alla finale di
Quidditch”, ribatte Sirius, mentre un ghigno compiaciuto gli
affiora sul volto.
“Che
programmi, Pads?” domanda eccitato Peter. Io
inclino il capo, incrociando le braccia con disappunto.
“Non
è ancora detto
tutto e gradirei che tu evitassi di fare la parte
dell’uccello
del malaugurio. Non vorrei dover ricorrere a rimedi estremi per
scongiurare la sfortuna”.
“Vincerete,
razza di idiota, i Serpeverde non sono certo alla vostra
altezza”.
È quasi
amorevole, il mio
Sirius, quando mostra tutta questa sconsiderata e irrazionale fiducia
in me, probabilmente con solo scopo di farmi tacere.
“Dato che
non hai letto il
mio destino nelle foglie di the, con quale giustificazione pensi di
poter già organizzare qualcosa? Se dovessimo …
insomma
…”
“…
perdere?”
“Shh, Pete!
Non dirlo ad alta
voce, non voglio che la sfortuna si abbatta su di me!” intimo
a
Wormtail, abbassando la voce.
“Scusa,
James”.
“Non fa
niente, ma dimenticati di averlo detto”.
“Sono solo
congetture, James, lascia perdere le paranoie”.
“Te ne
faresti anche tu al mio posto, caro Moony”.
“Beh, stammi
a sentire. Ho
pensato a tutto. Se vincete, facciamo scoppiare il casino per
festeggiare e dimostrare la nostra superiorità di
Grifondoro. Se
le cose vanno diversamente, allora il casino scoppia per puro spirito
sovversivo”.
Incrocio lo sguardo
complice di Sirius, con un sorriso di soddisfazione.
“Ho un amico
dotato di un’intelligenza perversa”.
“Non cercare
di passare per
l’angioletto di turno, stai già sbavando
all’idea di
quello che potremo combinare”.
Rido. È
vero, Sirius mi
conosce bene. Adoro questo lato della mia vita, questo modo di
impiegare le mie capacità inventive, di cercare sempre un
modo
per inscenare l’ennesima malandrinata e poi scampare alle
conseguenze. Ma anche quando veniamo inesorabilmente puniti, il castigo
non è mai sufficiente a sedare i nostri spiriti inquieti;
è una sfida costante, qualcosa che ci spinge a voler
superare
noi stessi.
“Che
cos’hai in mente
di preciso?” gli domando, chinandomi sul banco. Il capannello
si
forma in modo del tutto naturale, estraniando di colpo il resto del
mondo. È un gesto automatico, un chiaro segno di
riconoscimento
del fatto che, seppure cercando di essere discreti, stiamo
evidentemente architettando qualcosa di losco.
“Una cosa in
grande stile. Vittoria o no, siamo alla fine dell’anno. Ci
vuole un colpo grosso”.
Annuisco, scrutando
gli occhi
febbrili di Sirius. Probabilmente i miei stanno scintillando allo
stesso modo. Peter fa da spalla a Sirius, che è comodamente
appoggiato su di lui, dato che il nostro Wormtail gli arriva giusto a
quell’altezza. Remus ci osserva tutti con il suo sguardo
ermetico, penetrante. So già che non approva, ma in un modo
o
nell’altro coinvolgeremo anche lui, come al solito.
“Avanti,
voglio i dettagli”.
“Non
preferiresti che sia una sorpresa in tuo onore? Sai, per festeggiare il
nostro Cacciatore preferito …”
Ma non ci penso
neanche, non ho assolutamente voglia di morire dalla
curiosità.
“Poche
storie, vuota il sacco”.
“Bene,
l’hai voluto tu. Allora, dato che è un piano
complicato, sono previste diverse fasi …”
La tensione nel nostro
capannello
si fa palpabile, siamo tutti lì che pendiamo dalle sue
labbra e
lui, orgogliosamente fiero di avere in pugno la nostra attenzione,
lascia che l’attesa ci logori per qualche secondo.
“La fase
uno”, comincia
Padfoot, con una pausa enfatica, “prevede
l’organizzazione
della festa clandestina più grande della storia di Hogwarts.
Il
che implica naturalmente di infiltrarci nelle cucine e di sgraffignare
quanto più cibo possiamo”.
“E dimmi,
Sirius, dove pensi di nascondere tutta questa fantomatica
quantità di cibo, dentro i tuoi calzini?”
“Non fare il
guastafeste, Moony, questi sono dettagli assolutamente irrilevanti al
momento”.
“Come vuoi,
ma ti proibisco di trasfigurare l'armadio del dormitorio in un
frigorifero”.
Osservo divertito
Sirius gettare un’occhiata interdetta a Remus con la fronte
visibilmente corrugata.
“Che diavolo
è un frigorifero?” gli chiede, storcendo la bocca.
“Un
elettrodomestico”.
“Un
che?!”
“Lo usano i
Babbani, serve a … oh, lascia perdere”.
Scoppio a ridere,
è
più forte di me. Remus ci prova a non far sentire Sirius un
ignorante in materia babbana, ma alle volte la tentazione diventa
troppo forte anche per lui.
“La fase
due”,
ricomincia Sirius, catturando di nuovo la mia attenzione
all’istante “prevede che ci intrufoliamo nelle
cantine di
Mielandia per portare via parecchie bottiglie di Idromele”.
Il discorso comincia
ad entrare nel vivo. Sorrido, aspettando il seguito.
“La fase
tre, infine, prevede
che con un piccolo ed innocente incantesimo modifichiamo
l’Idromele per conferirgli tutti gli effetti di una potente
pozione lassativa”.
La risata mi deforma
il viso. Non
ce la faccio a rimanere serio, è più forte di me:
sembriamo un branco di malintenzionati professionisti. È per
questo che amo la vita di Hogwarts. Se c’è
qualcosa che mi
fa girare le scatole, se mi annoio a morte o se banalmente non so come
impiegare il mio tempo in modo costruttivo, so che ho sempre la
possibilità di divertirmi nel modo più eccitante
e
pericoloso possibile. Questo perché solo noi possediamo
delle
menti così diaboliche da inventare passatempi simili,
ovviamente.
“E in che
modo hai intenzione di …”
Un colpo di tosse
volutamente
forzato mi fa sobbalzare in modo talmente violento da farmi picchiare
una ginocchiata contro il banco.
“Evans, che
diavolo
vuoi?” inveisce Sirius, seccato per essere stato interrotto
sul
più bello. Moony abbassa lo sguardo con aria lievemente
contrita, mentre Peter mi si avvicina, come se volesse difendermi.
Io fronteggio
l’oggetto dei
miei più reconditi desideri calandomi sul volto una maschera
di
provocatoria curiosità.
“Potter e
Black, credo debba
esservi sfuggito che abbiamo lezione nei sotterranei, in questo
momento. Slughorn mi ha mandato a cercarvi per assicurarsi che non vi
siate dimenticati di lui”, dice, guardando me e Sirius. La
sprezzante ironia che traspare dalla sua voce con aria di sfida mi fa
quasi sorridere, ma mi mantengo serio e compunto, come ormai mi sono
abituato a fare in sua presenza. Più di una volta mi sono
ritrovato a riflettere sul fatto che crescere significa inevitabilmente
cambiare, andare incontro a una maturazione più o meno
definita.
Ma io alle volte non mi riconosco più e questo fatto ha
dell’incredibile: arrivo a domandarmi quale fosse in
realtà il vero me stesso, quello che davvero rappresentava
la
mia essenza. Dopodiché, mi mando al diavolo. Sono tutte
inutili
elucubrazioni prive di importanza, finché sono soddisfatto
di
quello che sono ora.
“Perdonaci”,
le dico,
fissandola diritto negli occhi, con una sottile sfacciataggine che
rappresenta solo l’ultimo stadio evolutivo di
quell’ingenua
boriosità che sfoggiavo in modo quasi innaturale di fronte a
lei
fino a un anno fa. “Sai com'è, troppe distrazioni.
Colpa
del Quidditch”.
La guardo prendere
fiato e la
blocco sul nascere: “Considera seriamente l’ipotesi
di
trascorrere una notte a sedare i festeggiamenti dei Serpeverde prima di
augurarmi di perdere. Andiamo, Evans, fare un po’ di tifo per
la
tua squadra non ti farebbe male”.
Le sorrido, con aria
totalmente
innocente. Le cose tra noi non vanno granché bene, di
progressi
sostanziali pare che io non ne abbia fatti rispetto agli anni
precedenti. Ora parliamo, ogni tanto, questo sì; ma si
tratta
pur sempre di conversazioni brevi e poco significative, in cui lei
tenta comunque, più o meno sottilmente, di ridurmi al
silenzio
con una delle sue battute ad effetto poco carine. Che devo farci, io la
prendo con filosofia.
Lily sostiene il mio
sguardo con
spavalderia. Una punta d’ira le colora le guance, la sua
occhiata
si fa più intensa, le sue labbra sembrano pronte a
rovesciarmi
addosso altro veleno, ma alla fine si limita ad inspirare
profondamente.
“Se non vuoi
rischiare di
mandare a monte la finale ti conviene muoverti, oggi Slughorn sembra
essere di pessimo umore. Inutile dirti che, se decide di metterti in
punizione, nel migliore dei casi rischi di saltare gli ultimi
allenamenti e di conseguenza di giocare da schifo, nel peggiore invece
ti verrà preclusa anche la possibilità di
partecipare
alla partita, e allora sarai tu a dover fronteggiare i festeggiamenti
dei Serpeverde”.
Rido, divertito.
È sempre
capace di tirare fuori il meglio di sé quando si tratta di
rivolgermi la parola. Alle volte mi viene da pensare che certe frasi se
le studi in segreto durante la notte e le provi davanti allo specchio
tutte le mattine. Nemmeno quando si tratta di rispondere alle domande
dei professori sembra impegnarsi così tanto.
“Grazie di
avere così a cuore le mie sorti, per ripagarti ti
dedicherò la vittoria”.
Lo dico in tono
palesemente
ironico, tenendo per me il fatto che, con ogni probabilità,
tempo fa sarei stato davvero capace di umiliarmi gratuitamente in una
maniera simile. Sorrido del bambino che era in me, che mi ha reso
ridicolo ai suoi occhi. Ero diverso, profondamente diverso da adesso,
ma ormai quel che è fatto è fatto.
“Muoviti,
Potter”, mi
dice, e sembra quasi reprimere un sorrisetto. Forse è appena
un
po’ meno disgustata dei tempi precedenti, o forse
è solo
una mia illusoria impressione. Poco importa, mi alzo e faccio segno ai
miei amici di seguirmi. Giunti ad un bivio, salutiamo Remus e Peter,
che hanno lezione di Cura delle Creature Magiche con Kettlebourne, ora.
Fino al quinto anno abbiamo seguito tutti e quattro le stesse lezioni,
abbiamo persino frequentato tutti Babbanologia per un anno
perché Sirius voleva fare un dispetto alla sua famiglia;
poi,
però, i colloqui di orientamento professionale alla fine del
quinto anno hanno sancito la nostra parziale separazione. Ora finiamo
per ritrovarci tutti insieme a seguire Incantesimi e Difesa contro le
Arti Oscure, ma di certo questo non è stato sufficiente ad
indebolire la nostra attività malandrinesca. Mi volto a
guardare
Sirius con aria complice e lui mi rivolge il suo solito ghigno sinistro
che gli attraversa il volto andando da un orecchio all'altro. Io
gongolo tra me, soddisfatto, ripensando a come ho appena tenuto testa
alla Evans riuscendo abilmente a sviare il discorso dalle nostre
sospettabili macchinazioni. Ho fatto un buon lavoro su me stesso, tutto
sommato.
***
Ero
ancora intenta a perfezionare il
mio Incantesimo Mobilicorpus su Elizabeth Lachey di Corvonero, quando
finalmente è suonata la campanella di fine ora.
Non appena questo
limpido trillo mi
spacca i timpani mi alzo di scatto dal posto, saluto Elizabeth e mi
allontano dal banco, con il desiderio impellente di uscire al
più presto da quell’aula.
Faccio attenzione a non
investire
Vitious che, sgolandosi più che può, con la sua
vocetta
acuta sta cercando di richiamare l’attenzione della
McGranitt. Ma
lei ha appena transitato davanti alla porta dell’aula di
Incantesimi con il suo abituale e sostenuto passo di marcia,
perciò dubito che se anche Vitious si gettasse di corsa al
suo
inseguimento – cosa che sta effettivamente facendo
–
potrebbe mai sperare di raggiungerla.
Pazienza, io voglio
soltanto
andarmene da lì. Non posso permettermi di arrivare tardi a
una
lezione di Slughorn, purtroppo.
Il punto è
che Slughorn mi
perseguita. Crede che io abbia chissà quali doti
straordinarie,
e non fa che pretendere, pretendere, pretendere. E dato che dopo un
po’ diventa ripetitivo continuare a dire che mi avrebbe
preferito
a Serpeverde invece che a Grifondoro, si ingegna per trovare
qualcos’altro su cui avere da ridire nei miei riguardi.
Insopportabile.
Purtroppo per me la sua
materia mi
piace e non ho certo intenzione di mollarla l’anno prossimo,
facendomi stupidamente condizionare da un professore pedante.
L’unico aspetto spiacevole della questione sta nel fatto che
non
devo dargli modo di avere alcunché da ridire sul mio conto.
Motivo per cui non
posso permettermi di perdere tempo, in questo momento.
“Ah, ah. Ho
beccato Potter che
ti guardava, di nuovo”, mi dice Margaret, raggiungendomi con
un
paio di falcate e prendendomi sottobraccio. Non è difficile,
per
Margaret. È alta, ha le gambe lunghe e si sente sempre
perfettamente a suo agio anche con una gonna a pieghe indosso. Io, dopo
sei anni quasi conclusi qui a Hogwarts, ancora non mi ci sono abituata
del tutto.
“Davvero ti
sta
fissando?” domanda Delia, voltandosi platealmente
all’indietro. Alzo gli occhi al soffitto, con aria di
rassegnazione. Se non si facesse notare quando compie gesti poco
opportuni, non sarebbe Delia.
“Ops. Credo
mi abbia beccata
in pieno”, mormora, imbarazzata, voltandosi di nuovo verso di
noi
e indirizzandomi un’occhiata di scusa.
“A giudicare
dalla discrezione
con cui ti sei girata a guardarlo, non l’avrei mai
detto”,
rispondo, sorridendo. In fondo, non è che mi importi quel
granché. E dopo sei anni di amicizia, posso dire di essere
più che abituata a fare i conti con le figuracce di Delia.
Pare
impossibile che sia sempre lei a farle, ma è
così. La
cosa meno umiliante che abbia mai fatto in vita sua credo sia stata
andare a sbattere contro un Thestral durante una lezione di Cura delle
Creature Magiche mentre ne cercava uno a tentoni, non essendo in grado
di vederli, dato che non ha mai avuto la sfortuna di assistere alla
morte di qualcuno. Mentre la cosa più umiliante …
no, non
credo di essere in grado di stabilirlo.
“È
proprio stupido,
comunque. Crede che non si capisca, che ti sbava ancora
dietro?”
sbotta Helen, assumendo un’espressione di sufficienza. Io mi
limito a stringermi nelle spalle.
“Se non
altro,
quest’anno si è risparmiato
l’umiliazione di venire
a chiedermi di uscire. Tutto sommato qualche progresso l’ha
fatto, devo ammetterlo”, affermo, in tono palesemente
ironico. Le
mie amiche ridono di gusto, divertite. Adorano quando mi metto a parlar
male di Potter. Dicono che divento maligna fino
all’inverosimile,
e che qualcuno deve avermi somministrato una pozione che sia
l’inverso del Filtro d’Amore quando ero piccola.
Non hanno
tutti i torti, in effetti.
“Come sei
cattiva. Gli avresti
ancora detto di no?” mi domanda Margaret, mentre ci
incamminiamo
per i corridoi. Le lancio un’occhiata scettica mentre si
sistema
una vistosa spilla a forma di fiore sopra la divisa, che probabilmente
la McGranitt le farà togliere non appena la
noterà.
“Ma dai, in
fondo non è
più così idiota come gli anni scorsi”,
mi dice, e
io intanto stringo le labbra. Mi sa che ci siamo. Sta per ricominciare
la solita crociata
pro-Potter. È una cosa di cui non si
stancheranno mai, non c’è niente da fare.
“Poi
è carino, decisamente carino”.
Ora la strozzo con le
mie mani, se non la pianta.
“Potrebbe
anche essere una
Veela al maschile, la cosa non mi tange”, rispondo,
ostentando
un’espressione di disappunto.
“Tu non sai
apprezzare questo
genere di doni, ragazza mia”, mi dice Delia, assumendo una
finta
aria saccente e scuotendo il dito in segno di diniego. Io mi lascio
sfuggire un sospiro, voltandomi verso Mary.
“Di’,
qualcosa, per
favore. Difendimi. Non ne posso più di queste
qui”, la
imploro, anche se lei non sta seguendo la conversazione. Cammina
reggendo un libro aperto davanti agli occhi, come sempre. Oggi tocca a Il Signore Delle Mosche.
Non ha mai perso l’abitudine di divorare romanzi babbani;
sostiene che i libri della biblioteca di Hogwarts non sono abbastanza
interessanti per sostituire le sue letture di svago. La capisco molto
bene, essendo anch’io figlia di Babbani.
“Fai come
faccio io,
ignorale”, mi dice, senza staccare gli occhi dal libro.
“Lascia che le loro voci si disperdano futilmente
nell’aria e vai a goderti la tua lezione di
Pozioni”.
Mi accorgo che siamo
arrivate al
punto in cui dobbiamo separarci. Non so come abbia fatto Mary a
notarlo, dato che non smette di leggere nemmeno mentre fa le scale.
Certo, ogni tanto questo le fa sfiorare delle cadute pericolose, ma non
c’è mai stato verso di farle cambiare abitudini.
“Comunque,
secondo me dovresti
dargli una possibilità, in fondo è
così tenero, ti
sta ancora aspettando dopo sei anni di insulti di ogni tipo
…”
“Oh, che
peccato, devo proprio scappare. A dopo”.
Mi lascio sfuggire un
sorriso
perfido, mentre la prolissa filippica di Margaret viene bloccata sul
nascere. Lieta di aver terminato il discorso, le abbandono ai piedi
della scalinata che conduce ai sotterranei, lasciandole alle loro
lezioni: Mary e Helen hanno Cura delle Creature Magiche, Delia e
Margaret un’ora buca. Io scendo gli scalini più
velocemente che posso, raggiungo l’aula e mi sistemo
rapidamente
al mio posto. Incrocio le braccia sul banco dopo aver sistemato la mia
roba, ascolto distrattamente le chiacchiere degli altri che stanno
entrando a lezione e sto molto attenta ad eludere lo sguardo di
Slughorn.
Una volta tanto, mi
piacerebbe davvero evitare di polemizzare con lui.
O quantomeno rimandare
il più possibile il momento in cui questo avverrà.
“Signorina
Evans …”
Sapevo che era troppo
bello per essere vero.
“…
sa per caso dirmi dove si sono cacciati Potter e Black?”
Eh?
“Uhm
… no, a dire la
verità …” mi guardo intorno, confusa,
poi
finalmente recupero il controllo di me stessa. “… a dire la verità,
non è un’informazione essenziale per la mia
sopravvivenza”, rispondo, squadrandolo con circospezione.
Slughorn mi fissa con aria poco convinta.
“Li ha visti,
a lezione, stamattina?”
“Sì”,
rispondo.
“Purtroppo”, aggiungo, a bassa voce, rendendomi
conto che
comunque non c’è nessuno in grado di apprezzare il
mio
sarcasmo; sono circondata dai Serpeverde, perché gli unici
altri
Grifondoro che seguono Pozioni guarda caso sono rimasti indietro e gli
altri due Tassorosso che hanno intenzione di prendere un M.A.G.O. nella
materia sono troppo indaffarati a chiacchierare tra loro.
Mi sta quasi venendo
voglia di andare a chiamarli di mia iniziativa.
“Sarebbe
meglio se andasse a
cercarli, signorina Evans”, mi dice Slughorn, con aria
rassegnata. Certo, non è che io abbia bisogno di loro, ma
questa situazione non è divertente.
“Va
bene”, acconsento,
fingendo che la cosa mi pesi. Mi alzo ed esco in fretta dalla classe,
dirigendomi a passo spedito verso l’aula di Incantesimi.
Spero
per il loro bene che siano rimasti lì, perché
altrimenti
credo proprio che li ucciderò con le mie stesse mani. E
sarà una morte lenta, dolorosa e cruda.
Mentre mi avvicino
rapidamente
all’aula mi giungono delle voci e delle risate, segno
inequivocabile del fatto che sono ancora lì dentro. Peccato,
l’idea di trucidarli cominciava a sembrarmi allettante. Se
non
altro, avrei fatto un favore all’intera Hogwarts, anche se
immagino che nessuno avrebbe davvero apprezzato il mio gesto: schiere
di ragazzine inferocite sarebbero corse a cercarmi armate di coltelli
per aver assassinato i loro idoli preferiti …
Sento un borbottio
confuso
dall’aria cospiratoria provenire dall’aula mentre
mi
avvicino. A un certo punto Potter scoppia sonoramente a ridere.
Perfetto. Vuol dire che
ci risiamo.
Di nuovo alla carica
con gli scherzi idioti, di nuovo con questi ridicoli attentati alle
istituzioni.
Quando si dice che la
gente ha la testa dura …
Ma adesso ci penso io.
“E in che
modo hai intenzione di …”
“Ehm”.
Mi affaccio sulla
soglia, osservando
con perverso compiacimento le svariate reazioni che la mia inaspettata
entrata in scena ha provocato. James Potter è stato
letteralmente colto di sorpresa. Sirius Black sembra pronto a
ringhiarmi contro, Peter Minus si è parato di colpo di
fronte a
Potter e Remus Lupin evita il mio sguardo, con l’aria di chi
è stato appena colto con le mani nel sacco.
Magnifico.
“Evans, che
diavolo
vuoi?” mi apostrofa Black, in tono evidentemente ostile.
Potter
assume un’aria attenta, dopo essersi ripreso dallo stupore.
“Potter e
Black, credo debba
esservi sfuggito che abbiamo lezione nei sotterranei, in questo
momento. Slughorn mi ha mandato a cercarvi per assicurarsi che non vi
siate dimenticati di lui”, spiego, rivolta ai due soggetti in
questione, sfoggiando il miglior sarcasmo tagliente di cui sono capace.
Li squadro tutti e quattro con soddisfazione, dandomi l’aria
di
padroneggiare la situazione. In fondo non è altro che una
sfida
a chi esplode per primo.
“Perdonaci”,
mi dice
Potter, con un mezzo sorriso sottilmente sfacciato. “Sai
com'è, troppe distrazioni. Colpa del Quidditch”.
Colpa del QUIDDITCH?!
“Considera
seriamente
l’ipotesi di trascorrere una notte a sedare i festeggiamenti
dei
Serpeverde prima di augurarmi di perdere. Andiamo, Evans, fare un
po’ di tifo per la tua squadra non ti farebbe male”.
Mi sorride di nuovo,
con quella sua
candida faccia da schiaffi. La parte più istintiva e
violenta di
me sta già scalciando per poterlo prendere a pugni. Come se
me
ne potesse importare qualcosa, del suo accidenti di Quidditch. Ma tra
Potter e me corre un’abissale differenza, e cioè
che io
porto la spilla da Prefetto, lui no. Potrei fargli scontare amaramente
ogni parola di troppo che gli esce dalle labbra, se proprio volessi
essere cattiva. Tuttavia, rimango pur sempre una persona ragionevole e,
disgraziatamente, lui non ha detto nulla di male. Ultimamente non posso
più nemmeno zittirlo quando si vanta, perché non
si vanta
più. Si limita ad esibire quell’azzardata ironia
da
sottile provocazione, ma perlomeno dà prova del fatto che
gli si
è affinato il cervello e che ha capito di non essere la
reincarnazione di Godric Grifondoro.
Perciò
sospiro e recupero la calma.
“Se non vuoi
rischiare di
mandare a monte la finale ti conviene muoverti, dato che oggi Slughorn
sembra essere di pessimo umore”, lo avverto, poggiando le
mani
sui fianchi. “Inutile dirti che, se decide di metterti in
punizione, nel migliore dei casi rischi di saltare gli ultimi
allenamenti e di conseguenza di giocare da schifo, nel peggiore invece
ti verrà preclusa anche la possibilità di
partecipare
alla partita, e allora sarai tu a dover fronteggiare i festeggiamenti
dei Serpeverde”.
I miei pronostici
suscitano la sua
ilarità e lo guardo con indulgenza, anche se non capisco
che
cosa ci trovi da ridere. Mi sono persino preoccupata di fornirgli due
previsioni alternative e per questo dovrebbe soltanto ringraziarmi. E
invece no, lui lo trova divertente. Pazzesco. Quando
riuscirò a
scoprire secondo quale astruso meccanismo funziona il suo cervello, mi
riterrò ampiamente soddisfatta di me stessa. Fino ad allora,
per
me Potter rimane un grande punto interrogativo.
“Grazie di
avere così a
cuore le mie sorti, per ripagarti ti dedicherò la
vittoria”, mi risponde, in tono ironico. Io gli sorrido
beffardamente. È anche diventato così educato da
esprimere riconoscenza, ora? No, non mi convince per niente.
È
tutto l’anno che fa così, ma ci
dev’essere di sicuro
qualcosa sotto. Dopotutto, a parte quel modo di fare spontaneo fino
all’irritazione e la tendenza a vivere come se fosse un
gioco,
per certe cose è cambiato davvero radicalmente. Lo stuolo di
ragazzine adoranti lo trova ancora più affascinante, con
questo
nuovo modo di fare decisamente più misterioso ed ermetico,
ma
non ho idea di dove speri di arrivare. L’unica cosa che posso
dire è che perlomeno si è fatto più
sopportabile,
e questo per me è sicuramente un vantaggio. Quindi, se
l’ha fatto per farmi un favore, non posso fare altro che
ringraziarlo.
“Muoviti,
Potter”, gli
intimo. Lui mi risponde con un muto sguardo enigmatico, poi si alza e
i suoi amici lo seguono a ruota. Non mi soffermo ad attendere oltre e
con passo rapido esco dall’aula e mi avvio verso i
sotterranei.
Ad un angolo ci dividiamo; Peter e Remus vanno a seguire Cura delle
Creature Magiche, Potter e Black procedono. Loro camminano alle mie
spalle, stretti l’uno all’altro. Ogni tanto mi
giunge
l’eco di qualche sussurro cospiratore. Come se non avessi
già gli elementi sufficienti per capire l’aria che
tira.
Una cosa è certa: qualsiasi cosa stiano tentando di
organizzare
per la finale di Quidditch, sarà tutta fatica sprecata.
Perché
anch’io ogni tanto mi diverto a mettere i bastoni fra le
ruote.
And
if it makes you less sad, we'll start talking again.
And
you can tell me how vile I already know that I am.
I'll
grow old and start acting my age.
I'll
be a brand new day in a life that you hate.
(Brand New, The Boy Who Blocked His Own Shot)
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