Altro
giro, altra scemenza.
Questa
qui mi è uscita da sola l'altra sera. Si allaccia
più o meno alla
2x16, è sciocca e piuttosto insulsa ma nasce
perché mi piace la
dinamica che si crea tra i personaggi di Damon e Caroline, una specie
di equilibrio stortignaccolo tra il fastidio, la comprensione e la
condiscendenza reciproci.
Spero
funzioni almeno un po'.
Buona
lettura.
Pillow
boy
Cercava
soltanto di guardare la strada, tenere gli occhi aperti e guardare la
strada, mentre stringeva spasmodicamente le mani sul volante e i
singhiozzi la scuotevano, nonostante tutto. Per quanto si sforzasse,
non riusciva a evitare che le lacrime le appannassero la vista e
traboccassero lungo le sue guance.
Non
poteva essere. Non doveva andare così, non era giusto che
finisse
così. E singhiozzava ancora più forte, ripiegata
su se stessa,
sconfitta. Non era giusto. Lei era solo una ragazza come tutte le
altre, fino a poco tempo prima. Una ragazza innamorata e
normalissima, e poi innamorata, e ora invece era tutto finito. Era
orribile. Non le serviva a niente essere diventata più
forte, se
questo era il risultato. Non voleva esserlo. Voleva disperarsi.
Emise
un gemito sollevato, e insieme disperato, quando svoltando intravide
nel crepuscolo la massa imponente della casa, e parcheggiò
con una
frenata brusca lì dov'era, in mezzo alla strada privata,
scagliandosi fuori dall'abitacolo con un più violento
accesso di
pianto, finalmente libera dall'impiccio di guidare. Si
accasciò per
qualche secondo contro il cofano della macchina, poi scosse la testa,
trattenne il fiato e si passò le mani sul viso per
asciugarlo dalle
lacrime, ritrovandosele sbavate di mascara colato. Riprese a piangere
con nuova foga, come se quell'insignificante particolare avesse avuto
un peso che non aveva affatto, e lei lo sapeva, e barcollò
verso la
porta per suonare il campanello. Sperava che venisse Elena
direttamente ad aprirle, e potersi abbandonare nel suo abbraccio
affettuoso e piangere Matt finché non le fosse scappato
fuori tutto
quel dolore, rassicurata dalla sua amica.
E
invece la porta si aprì e Caroline si lasciò
sfuggire un lamento di
frustrazione.
“Buonasera,
Barbie Vamp...” Damon aggrottò la fronte
scrutandola perplesso, il
suo sorriso sfacciato si spense lentamente e le sue sopracciglia si
corrugarono. “...ira Piangente.” Caroline
singhiozzò più forte,
mordendosi le labbra. Proprio lui. Tra tutti, proprio lui.
“El...ena?”
balbettò, tentando di dominarsi.
“Fuori
con Stefan,” rispose lui, laconico. Caroline chinò
la testa
sussultando silenziosamente, vinta e lui la osservò vacuo.
“Va
bene, d'accordo, cos'è successo adesso? Ti si è
spezzata un'unghia?
I pantaloni nuovi non ti vanno bene?”
Caroline
rialzò il capo, rabbiosa, digrignando i denti.
“Tu!”
strillò, lanciandogli una borsettata. “Tu! Odioso
essere! Questa è
tutta colpa tua! E' tutto colpa tua!”
strillò inviperita,
avventandoglisi contro per cercare di colpirlo alla cieca.
“Ehi,
ehi!” Protestò Damon, intrappolando facilmente i
suoi polsi tra le
proprie mani. “Calma, Barbie! Se vuoi saltarmi addosso non
c'è
bisogno di...”
“E
smettila!” strillò Caroline, divincolandosi.
“Ti odi...e
lasciami!”
“E
tu piantala!” ribatté Damon, allontanandola da
sé. “Non sono
nemmeno ancora uscito di casa oggi, come posso aver
provocato...qualunque cosa sia? Voi dovete smetterla di pensare che
qualsiasi evento spiacevole si verifichi sia dovuto a me,
seriamente,” osservò, sarcastico.
Caroline
si placò quasi all'istante. Continuò solo a
piangere sommessamente,
a due passi dalla porta ancora aperta.
Damon
la scrutò inespressivo per un paio di secondi, prima di
emettere un
sospiro drammatico.
“Ok,
allora,” concesse stancamente. “So già
che non mi interesserà
assolutamente, ma cosa è successo?”
Lei
serrò di nuovo le labbra in una smorfia disperata.
“Matt...”
mugugnò con strazio. “Ha d-detto che...
Basta.”
Damon
distese la fronte, con sorpresa. Caroline si abbandonò a
nuovi
singhiozzi soffocati, e lui sospirò piano.
“Mi...dispiace,
Barbie,” espulse in qualche modo, senza sembrare
né troppo
convinto né molto certo di cosa dire. Allungò una
mano per
appoggiarla sulla sua spalla, e a quel semplice tocco Caroline
cedette, si lanciò in avanti e precipitò contro
il suo torace dando
sfogo al pianto.
“...Bene,”
mormorò Damon, rassegnandosi ad abbracciarla.
“Shh, shh... Va
tutto bene. Tutto bene,” commentò sottovoce, senza
particolare
convinzione.
“No!”
bofonchiò Caroline con foga, dritta contro il suo giubbotto.
“Non
va bene niente!”
“E
ti farebbe sentire meglio se io ripetessi questo?”
osservò
Damon, caustico.
Caroline
lo ignorò nel suo dolore, rimanendo annidata in
sé.
“Io
lo amo! Come posso vivere senza di lui adesso? Non...” E
s'interruppe di nuovo, con nuovi singulti.
“Questa
è una buona domanda,” commentò lui
assorto, con una carezza
distratta ai suoi capelli. “Va bene, senti,”
aggiunse,
staccandola delicatamente da sé nel lasciare solo un braccio
intorno
alle sue spalle, per pilotarla verso il salone. “Permettimi
di
presentarti due ottimi amici con cui ti troverai molto bene in questo
momento,” annunciò con brio.
Caroline
lo osservò perplessa, lo sguardo appannato, mentre lui la
conduceva
verso il divano e la faceva sedere. Prese un respiro fremente e
spezzato asciugandosi di nuovo il viso con la mano senza spostare lo
sguardo dal vampiro, che aveva fatto un paio di passi.
“Eccoci
qua, questi sono Mister Bicchiere,” continuò lui,
prendendo un
calice dal tavolino e sollevandolo nella sua direzione, “e
Mister
Scotch,” aggiunse, alzando la bottiglia con un'aria da
sommelier.
“Carissimi amici, davvero preziosi.”
Caroline
scrollò la testa rassegnata, emettendo una sorta di
gorgoglio
divertito che lui dovette interpretare come un incoraggiamento, dal
momento che le servì il whisky tornando verso di lei.
“Ora tu fai
conoscenza con loro mentre io sbrigo una cosa, e poi mi potrai
annoiare coi particolari del tuo romantico amore
adolescenziale.”
Sbuffò. “Che sono ansiosissimo di conoscere nei
dettagli,”
precisò sarcastico.
Caroline
si accigliò e fece per rispondere a tono, ma nel rialzare lo
sguardo
dal bicchiere a lui, un po' tranquillizzata, notò allora che
era
vestito di tutto punto, con tanto di sciarpa. Si soffermò
sul suo
giubbotto, tirando su di naso.
“Stavi
uscendo?” chiese, ma Damon aveva già il telefono
all'orecchio e le
fece cenno di tacere.
“Andie,”
esordì all'apparecchio, col suo miglior tono accattivante.
“Sì,
tutto a p... Oh, davvero? Magnifico.” diede una sorsata dalla
bottiglia, mentre dall'altro capo la donna continuava a parlare.
“Mi
fa piacere... Sì, naturalmente... Ecco, a proposito di
questo... No,
è soltanto che, sai, c'è stato un imprevisto e
seriamente, mi
dispiace moltissimo ma non credo di poter venire a cena. Desolat...
Oh, niente, il mio fratellino e i suoi amici. Problemi
adolescenziali, niente di grave... Sì, anche a me. Ci
tenevo. Forse
possiamo sentirci più tardi, e rimandare la cena a domani...
Ti va?”
Caroline
lo ascoltò sciorinare le sue storielle con tono affabile e
premuroso
da fidanzato perfetto, mentre lei sorseggiava rapidamente lo scotch
cercando di non rimettersi a piangere nonostante i suoi occhi
rimanessero umidi e le labbra le tremassero pericolosamente,
finché
Damon non si fu ricacciato il telefono in tasca.
“Sistemata.”
Le sorrise ampiamente, tornando verso di lei e allungandosi a sedere.
“Dunque...”
Caroline
si guardò intorno, smarrita.
“Dov'è
la stronza?” chiese accigliandosi.
Damon
fece spallucce.
“Katherine
è con John e Alaric, a occuparsi delle ricerche per il
problema
rogo. Spero sopravviva solo Rick,” rispose asciutto. Caroline
gorgogliò di nuovo. “Allora, stavamo dicendo? Oh,
sì, il tuo toy
boy...”
“Non
è il...!” protestò Caroline rabbiosa.
“Comunque.”
E Damon sottolineò la propria noncuranza tracannando
un'altra
robusta sorsata, indifferente al suo sguardo astioso.
Lei
si rassegnò a lasciar correre il suo pessimo atteggiamento.
Aveva
appena annullato la sua cena per starla a sentire, dopotutto,
perciò
il suo umorismo al vetriolo era doppiamente inevitabile.
“Matt...”
iniziò, la voce tremante. Damon reclinò la
bottiglia per colmarle
ulteriormente il bicchiere. “L'altro...giorno gli ho detto
che sono
un vampiro. E'... uscito di testa, per via della morte di Vicki e
tutto il resto e...credeva che io fossi coinvolta, non... Era fuori
di sé.” Singhiozzò piano, e bevve un
altro sorso.
“Sì,
Elena mi ha detto qualcosa al riguardo, ma sai,” Damon storse
le
labbra, “non stavo veramente ascoltando.”
Caroline
prese un fazzolettino dalla borsetta, per soffiarsi il naso.
“Ho
cercato di farlo ragionare e di spiegargli, gli ho detto di non
parlarne a nessuno, ma poi lui se n'è andato via guardandomi
come...un mostro, veramente. Un mostro.”
singhiozzò di nuovo.
“Perché...è
quello che sei,” osservò Damon serrando le labbra.
“Puoi
smetterla di essere così?” protestò
lei, stizzita, prima di
sbuffare. “Comunque, l'ho rivisto l'indomani. Era
più calmo, e
sono riuscita a raccontargli meglio le cose.”
Damon
si accigliò.
“Quali
cose?”
“Del...fatto
che sono diventata un vampiro, e che non c'entro con la morte di
Vicki, e che...lo amo e...”
“Sa
che io e Stefan siamo vampiri?” la interrogò
gravemente lui.
Caroline
lo guardò confusa.
“Gli
ho spiegato tutto, sì... Damon!”
esclamò accorata, vedendo la
piega truce presa dalle sue labbra. “Ti prego...”
sussurrò.
Il
vampiro allargò le braccia con espressione di esemplare
innocenza.
“Stavo
solo chiedendo,” affermò benevolo, come se la sola
idea che lui
potesse uccidere qualcuno per una cosa del genere fosse stata
completamente assurda. “Poi?” aggiunse, bevendo di
nuovo.
Caroline
prese faticosamente fiato, con il cuore in gola.
“Mi
ha ascoltata e mi ha presa sul serio. Era così
sconvolto...”
Deglutì a fatica, con le lacrime che pungevano la gola.
“Mi ha
detto che...aveva bisogno di stare per conto suo e...assorbire la
cosa.”
“Mi
sembra comprensibile,” commentò Damon, senza
sbilanciarsi.
“Sì,”
confermò Caroline. “Mi sono tenuta alla larga e...
E oggi...”
singhiozzò. “Mi è venuto a cercare e
mia ha detto che...”
singhiozzò ancora. “Che...mi crede e che crede che
io non sia
coinvolta nella morte di Vicki ma che...tutto questo
è...troppo. E
perciòcheètuttofinitotranoiecheluinonpuòstareconme!”
eruppe in
un trillo disperato, afflosciandosi su se stessa nel pianto.
Damon
reclinò il capo, roteando la bottiglia prima di piegarla di
nuovo
verso il bicchiere stretto nella mano di lei.
“Non
ho capito tutte le parole ma credo di aver compreso il concetto di
fondo,” ironizzò. Poi prese fiato.
“Senti, Barbie, mi dispiace.
Capisco che sia... Okay, no, non so. Voglio dire, è solo un
umano.”
Caroline
si voltò verso di lui con sguardo torvo, esasperato.
“Tu
mi stai veramente dicendo questo? Tu?” commentò.
Lo
vide irrigidirsi istantaneamente, come se tutt'a un tratto fosse
scattato sull'attenti o si fosse preparato a balzare su una preda. Ma
durò un secondo, prima che Damon scrollasse le spalle.
“Sì,
io. Il cattivo, ricordi?” replicò ironico.
“Perché?” aggiunse
di getto, con aria vaga.
Caroline
si limitò a guardarlo grave per qualche secondo. Poi
pensò che in
fondo non avrebbe avuto alcun senso parlare di Elena, perché
non
c'era motivo di affondare il coltello. Non sarebbe servito a nessuno,
né a lei, né a lui, e probabilmente l'avrebbe
solo ferito l'idea
che persino lei, la vampira bamboletta, avesse capito.
Scrollò
soltanto la testa, e questa volta gli prese la bottiglia di mano per
riempirsi di nuovo il bicchiere. Prese un lungo respiro, osservando
lo scotch attraverso il vetro.
“Sapevo
che prima o poi sarebbe successo. Matt è un essere umano, e
io non
più. Ma...” Inghiottì l'angoscia, con
lo sguardo che di nuovo le
si offuscava. “Non credevo...non pensavo...adesso. Pensavo
solo
prima o poi. Capisci?” concluse, con la
voce che di nuovo
vibrava di pianto.
Damon
si riprese la bottiglia dalla sua mano senza variare di un'oncia la
sua espressione aggrottata, dandole una lunga gollata.
“Sì.”
Caroline
si asciugò di nuovo velocemente gli occhi.
“Come
posso fare? Cosa, posso fare?” gemette con altre lacrime,
rendendo
vano il proprio gesto.
Damon
scosse la testa.
“Non
lo. Forse niente.” stiracchiò un sorriso di
circostanza. “Forse
è meglio così.”
“No!”
singhiozzò Caroline, versandosi in gola il bicchiere.
“Non può
essere! Matt è la cosa migliore che... Senza Matt io sono
solo...”
pianse più forte, “...un'inutile e superficiale
ragazzetta vampiro
con la mania del controllo e le unghie laccate! Non sono
assolutamente niente!”
Damon
aggrottò ulteriormente la fronte, ascoltando per qualche
secondo il
suo pianto. Posò la bottiglia con un colpo secco.
“Ora
sì, ora sei solo stupida, Barbie,”
asserì seccamente. “E lo sai
benissimo. Tu non sei solo questo...” Prese fiato,
pazientemente.
“Senti, lo so che...forse avrei dovuto dirtelo prima, ma
immagino
di non aver voluto rovinare la mia immagine di stronzo totale. Sai
che ci tengo.” Smozzicò un sorriso.
“Cosa...stai
dicendo?” sfiatò lei col fazzoletto sugli occhi
occhi.
“Dannazione,
Caroline,” sbuffò Damon. “Sto dicendo
che sei stata in gamba,
ok? Per la storia di Tyler e dei licantropi. E poi tua madre. Sei
stata...veramente forte.”
Caroline
cessò di singhiozzare, puntandogli in faccia due chiari
occhi
tremuli.
“Davvero?”
mormorò toccata.
Damon
spalancò le braccia, abbandonando per un istante la testa
indietro.
“Dai,
odio complimentarmi con te. Ma, in qualche modo, diciamo, mi hai
stupito. Favorevolmente.” La fissò dritta negli
occhi, serio. “Sei
stata brava, Caroline. Sul serio.”
Lei
rimase solo ferma a guardarlo, con quegli occhioni così
smarriti, e
speranzosi, e poi il suo labbro tremò sempre più
visibilmente e gli
occhi le tornarono di nuovo lucidi, poi gonfi, poi umidi.
“Oh
no,” gemette Damon. “Perché
parlo?”
Caroline
si affrettò a sventolare le mani verso il proprio viso,
cercando di
contenersi.
“Scusa,”
miagolò querula. “E' solo che...pensavo di essere
sembrata ancora
più stupida, cioè, Tyler avrebbe potuto uccidermi
e...”
“Hai
fatto quello che ritenevi importante e lo hai fatto fino in fondo.
Questo non è stupido,” osservò lui,
deciso.
Lei
abbassò lo sguardo, stringendo le labbra, quasi in imbarazzo.
“Grazie,”
mormorò.
“Oh,
per favore,” sbottò Damon. “Credi
davvero che l'abbia detto per
farti un favore? Non ne avrei motivo. Tu non mi piaci. Non ti
sopporto,” affermò brutale.
Caroline
scrollò la testa con un lievissimo accenno di riso,
colpendogli
debolmente la spalla col pugno. E Damon non si ritrasse e non
protestò, ma sorrise appena.
Lei
respirò profondamente, avvilita.
“Sarà
sempre così...orribile?” chiese a mezza voce.
“Peggio,”
ribatté lui, noncurante.
“E'
triste,” commentò Caroline, assorta.
Damon
si strinse nelle spalle, la osservò e poi allargò
il braccio.
“Qua,”
la invitò.
Caroline
espirò rumorosamente, svuotandosi dell'aria che le ostruiva
i
polmoni mentre si adagiava indietro, andando a posare la testa contro
la spalla di lui.
“L'amore
fa schifo,” affermò enfatica, con tutto quello
Scotch che le
pesava dritto in testa.
“Assolutamente,”
concordò lui, accarezzandole quasi meccanicamente i capelli.
“Sai
perché? Perché è egoismo
travestito.”
Caroline
ridacchiò debolmente, affondando più comodamente
nel suo piacevole
giaciglio umano. O quasi. La sua mano, abbandonata a lato, si
adagiò
sullo sterno di lui.
“Forse.
O forse è solo che non ha senso,”
meditò.
“Di
sicuro non ce l'ha,” puntualizzò il vampiro,
serrandola più
strettamente.
Caroline
volse la testa indietro, verso di lui, e socchiuse le labbra senza
poi aggiungere nulla. Lo guardò soltanto, e Damon le
regalò una
smorfia paziente.
Poi
la porta di casa si aprì.
L'arrivo
di Stefan e Elena sembrò avere l'effetto di riportare
d'improvviso
Mystic Falls nel salone dei Salvatore. Comparvero sulla soglia e li
trovarono così, mezzi allacciati sul divano, e alticci, e il
braccio
di Damon intorno ai fianchi di Caroline. Per qualche secondo rimasero
tutti e due lì immobili a fissarli sconcertati, mentre la
reginetta
di Mystic Falls si affrettava a scostarsi dal vampiro cattivo, e
Stefan aggrottò le sopracciglia e gli rivolse quello sguardo
così
Stefan, così colmo di quieto rimprovero,
quello sguardo
odioso che, sebbene non l'avrebbe mai ammesso nemmeno con se stesso,
riusciva a far sentire Damon perfettamente in torto anche le rare
volte in cui non aveva fatto nulla di particolare
“Buonasera,”
esordì Stefan.
“Caroline!”
esclamò Elena lanciandosi verso di lei per abbracciarla.
“Abbiamo...visto Matt al Grill. Mi dispiace,”
mormorò,
stringendola.
Lei
si fece solo serrare dall'amica, con le ciglia di nuovo umide.
Annuì
mordendosi le labbra, prima di allontanarsi leggermente.
“Lo
so. Grazie,” sussurrò.
“Possiamo
fare qualcosa?” aggiunse Stefan, gentile.
Caroline
scrollò la testa con riconoscenza.
Elena
sospirò, partecipe. Poi voltò su Damon uno
sguardo pericolosamente
truce, al quale lui cercò di rispondere con un sorriso
ineccepibilmente amichevole e immacolato.
“Puoi
venire un momento?” chiese lei con tono controllato.
Damon
annuì sicuro.
“Certo.”
E mentre si alzava, sporgendosi verso Caroline, “ti lascio
qui col
fratello buono.”
Seguì
Elena nella stanza adiacente, mentre lei si passava nervosamente le
mani tra i capelli lucenti e poi si voltava verso di lui corrucciata,
severa.
“Cosa...stava
succedendo di là?”
Damon
sgranò gli occhi, come cadendo dalle nuvole.
“Allora...
Barbie Vampira è arrivata qui in lacrime, e io l'ho fatta
entrare.
Poi ha sentito la necessità di sfogarsi e raccontare tutto,
e sono
stato a sentirla mio malgrado. Poi era triste, e l'ho abbracciata.
Ecco.
Totalmente in modalità bravo ragazzo,”
puntualizzò pratico.
“Oh,
davvero?” sibilò Elena, grondando scetticismo.
Lui
sembrò indignato, ritraendosi.
“Ehi!
Il suo ragazzo oggetto l'ha piantata, così ho pensato di
farle da
ragazzo cuscino.”
“Come
sei magnanimo,” fece Elena, asciutta.
“Lo
pensi anche tu?” approvò lui, con convinzione.
“Damon...”
“Cosa?
Siamo amici, no?” affermò lui accigliandosi.
“Sto solo cercando
di essere un amico. Sinceramente, questo non è un modo
costruttivo
di incoraggiarmi.” L'espressione di lei si
ammorbidì, rimanendo
sempre un po' diffidente. “Elena, la biondina piangeva e io
ho
cercato di confortarla. Fine. Credevo avresti approvato, ho adottato
il tuo metodo.”
Lei
si risolse a sbuffare, concedendosi un breve sorriso.
“Va
bene,” affermò, prima di sfiorargli l'avambraccio
con la mano dopo
una breve esitazione, quasi volesse scusarsi di averlo accusato.
“Sei
stato... Grazie.”
Si
strinse leggermente nelle spalle, continuando a guardarlo con quel
mezzo sorriso, e poi si voltò per tornare dagli altri; e
Damon
rimase lì, fermo, scombussolato, con una cosa tiepida nello
stomaco,
la sensazione delle dita di Elena sul suo braccio e la consapevolezza
di aver ricevuto una quantità insolita di ringraziamenti per
una
sola sera.
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