Ansia pre-asilo
Ansia
pre-asilo
L'aria
quest'oggi è fresca. Mi sento decisamente bene. Vedo la luce del
sole che illumina placida le foglie, che dal colore rossiccio stanno
ad indicare l'arrivo imminente dell'inverno. Spalanco la finestra,
per far entrare un po' d'aria. Mi sono appena svegliato, ma sono già
esausto.
“Buongiorno,
Stefan.” sento la voce di mio fratello provenire dalle mie spalle,
e mi volto a guardarlo. Ultimamente Damon è particolarmente gentile
con me: forse perché gli ho permesso di rimanere a casa Salvatore,
nonostante adesso abbia una famiglia sua. Mi sono sempre chiesto il
motivo per cui voleva rimanere a vivere qui. Di certo non perché
senta la mia mancanza. Inarco le sopracciglia, e lo fisso. Ha i
capelli neri tutti spettinati, non ha la maglietta ed indossa solo i
pantaloni del pigiama. Non ho nemmeno la voglia di sapere in che modo
ha trascorso la notte.
“Damon,
ti ho permesso di vivere qui con Bonnie ed Irene. Ma non voglio che
tu e tua moglie facciate... cose strane quando ci sono anche io”
mormoro, leggermente imbarazzato, sedendomi sul divano di pelle nera.
Lui sorride, il suo tipico sorriso scanzonato e strafottente. Si
avvicina al tavolino vicino alla poltrona, e si versa una generosa
dose di liquore nel bicchiere di cristallo, tranquillamente, come se
fosse la sua colazione normale.
“Tranquillo,
fratello. Io e Bonnie non facciamo niente di male.” mi dice,
sorseggiando il suo alcolico e facendomi un altro sorriso. Si siede
accanto a me, e continua a bere tranquillamente.
“Se
lo dici tu...” annuisco, porgendogli la maglietta che c'era sopra
alla poltrona. Lui posa il bicchiere e se la infila, cercando di
sistemarsi anche i capelli, con scarsi risultati.
“Senti
ma... Perché ci tieni tanto a rimanere qui?” gli chiedo.
Lui
fa il suo tipico sguardo confuso. (NdA. A dire il vero, questo
sguardo è si il tipico sguardo alla Damon, ma del Damon del
telefilm. Per chi segue la serie tv, capisce a che tipo di sguardo mi
riferisco. xD Ian è un Damon fantastico! xD) “Questa è
casa mia.” dice, continuando a fissarmi.
“Si,
ma adesso hai una famiglia. Non vedo perché continuare a vivere
qui.”
“Anche
tu fai parte della mia famiglia, Stefan.” mi dice, con un sorriso
brillante. Lo fisso, leggermente. Sta scherzando oppure fa sul serio?
Eppure sembra sincero. Ovviamente, non so cosa dire. Mi ha
completamente spiazzato. Mi l'occhiolino e poi si alza dal divano,
posando il bicchiere vuoto sul tavolino.
“Papà!”
mia nipote irrompe nella stanza. E' incredibile quanto sia cresciuta
in quattro anni. Ha un viso paffuto e rotondo, avvolto da una candida
massa di boccoli fiammeggianti, proprio come quelli della mamma. Il
visino è sempre sorridente e gli occhi neri come quelli di Damon
sono due enormi pozzi senza fondo. Il corpicino esile e snello è
sempre adornato da magnifici vestitini colorati. Tutti dicono che
Irene è la copia esatta di Bonnie, e che dal padre non ha preso
niente. Non è affatto vero. Fisicamente, Irene è Bonnie da bambina.
Ma il carattere è (purtroppo) uguale a quello di Damon. E' testarda
e chiacchierona proprio come il padre. Quando mio fratello la vede,
gli si illuminano gli occhi. La bambina corre verso di lui, ed inizia
ad agitare le manine per farsi prendere in braccio. Damon sorride e
la accontenta.
“Ehi,
principessina!” le dice, dandole un bacio sulla guancia. “Come
stai?”
“Bene.”
ride lei, stringendosi contro il padre e ridacchiando. Di solito
tutte le bambine da piccole sono molto legate alla mamma e non escono
di casa se non sono con lei. Irene era l'esatto contrario. Stava
sempre appiccicata al papà, a tal punto da diventare paranoica: se
Damon usciva senza di lei, teneva il broncio fino a quando non
tornava a casa. Irene è diventata l'attrazione principale, qui a
Fell's Church. Ogni volta che lei, Damon e Bonnie escono, ogni
persona che incontrano si ferma a complimentarsi con loro per la loro
bambina. E mio fratello si vanta in continuazione, dicendo che la sua
è l'unica bambina del mondo ad aver detto come prima parola “papà”.
In realtà a detto “papà vampiro” ma Damon ha capito che è
meglio tenere la bocca chiusa su quest'ultimo punto.
“Non
si saluta lo zio Stefan?” chiede Damon, accarezzandole i capelli
con una mano, e tenendola con l'altra. Irene sorride: un sorriso
bellissimo, che ricorda tanto quello di Bonnie.
“Ciao,
zio 'Tefan!” mi dice, agitando la manina e salutandomi. Sorrido e
mi avvicino a loro due.
“Ciao,
Irene. Dormito bene?” le domando, facendo 'ciao' con la mano. Lei
si fa mettere giù dal padre, e viene a darmi un bacio sulla guancia.
“Sì!
La mamma ha detto che devo prepararmi.” dice lei, sedendosi sul
divano accanto a me. Damon si appoggia allo schienale e ci guarda
parlare.
“Per
che cosa?” le chiedo, sinceramente incuriosito.
“Per
la 'cuola!” dice lei ridendo, come se fosse la cosa più ovvia del
mondo.
“La
scuola?” dice Damon, quasi urlando. Mi volto verso di lui: si è
irrigidito, e gli è venuta la pelle d'oca. Ho già paura di quello
che potrebbe succedere.
“Sì,
papà!” annuisce la piccola. “Oggi Nene inizia l'asilo!”
“CHE
COSA?” urla Damon, alzandosi di scatto.
Il
sorriso scompare dalle labbra di Irene. “Pecché ulli, papà?”
“Non
sto urlando!” ribatte mio fratello.
“Si
che urli, Damon.” gli dico io, abbracciando Irene che, vedendo il
padre così, inizia a spaventarsi. Gli occhi di Damon sono diventati
più scuri, e dalle sue labbra iniziano ad intravedersi le punte dei
canini. Irene rabbrividisce e si stringe di più a me.
“Che
sta succedendo qui?” Bonnie arriva di sotto, perfettamente
pettinata e con un piccolo zainetto tra le mani. Quando Damon lo
vede, sbianca ancora di più. Si avvicina a Bonnie.
“Mi
vuoi dire quando esattamente hai deciso che MIA, e ripeto mia, figlia
andrà all'asilo?” le urla in faccia, con un tono che non aveva mai
usato con lei. Bonnie trema e in lei sembra essersi risvegliata
quella vecchia paura che una volta provava verso Damon. Sospira e si
allontana da lui, come se avesse sempre saputo che lui avrebbe
reagito così.
“Voglio
ricordarti che è anche mia figlia.” aggiunge, guardando prima lui,
poi Irene, che si è alzata in piedi, e mi stringe la mano.
“Lo
so benissimo questo. Ma non capisco perché tu la voglia mandare in
uno stupido asilo!” ribatte Damon, sempre più arrabbiato.
“Ha
già quattro anni! E' ora che ci vada!”
“Ok,
adesso non è il caso di farne una questione di Stato...” cerco di
farli calmare, ma nessuno dei due sembra prestarmi attenzione. Damon
è in piedi sul primo scalino, l'aspetto di un leone che sta per
attaccare una preda. Bonnie, invece, è a pochi passi dal divano, le
mani poste sui fianchi sottili e le guance rosse di rabbia.
“Sì,
ma non lei! Lei che è una bambina perfetta! Non andrà a scuola con
un branco di stupidi cuccioli di umani!” sputa le ultime parole
come se fossero un'accusa infamante.
“E'
una bambina come tutte le altre, Damon!”
“NO!
Lei è figlia della strega più potente dell'intero continente e del
vampiro più furbo ed intelligente del mondo intero.” i suoi occhi
si addolciscono per un secondo, ma poi tornano scuri e brucianti di
rabbia.
Bonnie
sospira. “Non puoi viziarla così.”
“Non
sono io che la vizio.”
“Credevo
che saresti stato un bravo padre per Irene.” le parole di Bonnie lo
fanno arrabbiare ancora di più. Affonda le mani nei capelli,
tentando di trattenere la rabbia quasi violenta che sente dentro.
“Il
fatto che io dica di no, non significa che non sia un bravo padre.
Sei tu che gliele dai sempre vinte.” brontola lui, alzando gli
occhi al cielo. Sembra calmo, ma in realtà non lo è. Lo so, perché
lo conosco da troppo tempo. Potrebbe esplodere da un momento
all'altro. Vorrei intervenire, ma non ne ho il coraggio. E' come se
la voce mi sia sparita. Non riesco a pronunciare parola.
“Ma
papà! Io voglio andare all'asilo!” grida la bambina, con le
lacrime agli occhi. Damon la guarda per un istante. Inarca le
sopracciglia. La bambina lo guarda con aria implorante. Damon sta per
cedere; non è capace a sopportare che Irene stia male, ma non vuole
cedere.
Scuote
la testa, deciso. “No, punto e basta.” Allora la bambina scoppia
a piangere, e si stringe forte contro di me, facendosi prendere in
braccio. Le massaggio delicatamente le spalle per farla calmare, ma
continua a piangere. Sempre più forte. Quel suono mi arriva dritto
al cuore e sento una rabbia disumana crescere dentro di me. In questo
momento voglio prendere la testa di Damon e sbatterla contro i
gradini delle scale. Ma probabilmente mi ritroverei con un paletto
nel cuore ancora prima di provarci, perciò me ne rimango buono dove
sono, con Irene tra le braccia.
“Sei
cattivo!” urla mia nipote. Quelle parole lo feriscono. Riesco a
sentire il dolore che sente. Non solo perché Irene non glielo aveva
mai detto prima d'ora, ma anche perché nessuno lo definiva più 'il
cattivo' da moltissimo tempo. Lo sento soffrire e, anche se mi
dispiace per lui, gli sta bene.
“Complimenti,
papà modello.” sibila Bonnie, la voce macchiata dalla rabbia. Si
gridano contro altre accuse, e io porto Irene in giardino, per non
farla assistere al litigio. Li sento ancora urlare, ma è un rumore
troppo lieve perché Irene possa sentirlo. La poggio sull'erba
rossiccia, all'ombra di un albero, mi siedo accanto a lei e le
asciugo le lacrime con un fazzoletto. Le faccio soffiare il naso.
“Così
va meglio?” le chiedo, sorridendole. Lei fa si con la testolina e i
boccoli molleggiano come milioni di molle. Le prendo la manina ed
iniziamo a passeggiare per il giardino. Lei sorride quando una
farfalla le si posa sul nasino, per poi volare via. (NdA Ho
immaginato la scena di Bambi xD)
“Zio
'Tefan?” mi chiama, tirandomi leggermente il braccio.
“Dimmi,
Nene.”
“Papà
e mamma si lasceranno?” mi chiede lei, raccogliendo una foglia
rossa come i suoi capelli e porgendomela. La prendo e la faccio
roteare tra l'indice ed il pollice. “No.” dico seccamente. Damon
ama troppo Bonnie per lasciarla. E, mi costa ammetterlo, ma Bonnie
non può vivere senza Damon. Perciò non si lasceranno. Non per una
stupidaggine del genere. Anche se non mi stupirei se un giorno Bonnie
decidesse di piantarlo in asso. Gli starebbe solo bene.
“E
pecché litigano?” chiede lei, innocentemente.
“Quando
due persone si vogliono tanto bene, a volte si litiga.” le spiego,
raccogliendo una castagna e regalandogliela. Lei mi ringrazia e poi
rimane in silenzio per qualche secondo.
“Ma
tu e la zia Elena non litigate mai.” mi fa notare, molto
acutamente. Se c'è un'altra cosa che Irene ha preso da Damon è
quell'insopportabile voglia di avere sempre l'ultima parola.
“E'...
E' diverso.” borbotto, sentendomi a disagio. Tutti e due hanno
anche la capacità di mettermi in difficoltà, sempre, qualsiasi cosa
io dica o faccia.
“Pecché?”
“Io
e la zia Elena non abbiamo una bella bimba a cui badare.” le dice,
spettinandole i capelli. Lei ride, e spero che la conversazione sia
finita lì. Ma a quanto pare faccio male a sperare.
“E
pecché non la fate anche voi, una bella bimba? Così avrò una
cuginetta!” ridacchia lei saltellandomi attorno.
Sento
le mie guance infiammarsi. “Ehm... Io... Noi... Non si può,
Irene.”
“Pecché?”
“Ehm...
Perché...” Sospiro. Certo che è proprio figlia di Damon. “Quando
sarai più grande, te lo spiegherò.” taglio corto, ponendo
definitivamente fine alla conversazione.
Lei
sorride, felice. “Va bene.”
“Zio?”
“Mh?”
“Come
nascono le belle bimbe?” (NdA In questa scena io ho
immaginato Stefan fare quelle tipiche cadute perplesse che si vedono
spesso negli anime! xD)
Più
tardi, Irene si era stancata per bene, quindi si era addormentata.
L'ho portata al piano di sopra, nella sua camera e la poggio nel
lettino.
“Sta
dormendo?” Damon è dietro di me, seduto sulla poltrona che Bonnie
usa per leggere una storia ad Irene prima di farla addormentare. Mi
volto di scatto: non lo avevo né visto né sentito. Mi venne quasi
un infarto.
“Si
può sapere che ci fai qui?” gli chiedo, guardandolo di sbieco. Lui
mi fulmina con un'occhiata omicida.
“Non
posso nemmeno stare nella camera di mia figlia?” borbotta,
alzandosi in piedi. Si avvicina ad Irene e le scosta i capelli dalla
fronte, posandovi un piccolo bacio. Sposto il peso da un piede
all'altro ed incrocio le braccia.
“Se
non ti conoscessi bene, direi che ti senti in colpa.” borbotto,
tentando di mascherare un sorriso. Lui mi fissa: sembra volere
negare, ma poi sospira e torna a sedersi dov'era seduto poco prima.
“Non
voglio che vada all'asilo.” aggiunge, guardando pensieroso fuori
dalla finestra. Lo guardo. Mi fa un po' pena e un po' rabbia. Dov'è
finita tutta la sua eccitazione per il fatto di avere una figlia?
“Perché?
Ci vanno tutti i bambini della sua età.” gli faccio notare,
sedendomi per terra, vicino al letto di Irene. Lui sorride
tristemente. Si alza dalla poltrono e si siede accanto a me,
guardando in un posto indefinito di fronte a se.
“E'
proprio per questo che non voglio. Irene non è una bambina come le
altre.” mi confessa, prendendosi la testa fra le mani.
“A
me sembra proprio di si.”
“Tu
non capisci, Stefan. Lei.. Dai, diciamo le cose come stanno. E'
figlia di un vampiro e di una strega. E' per un terzo vampira, per un
terzo strega e per un terzo umana. Ti pare normale?” sussurra,
leggermente irritato.
“Non
stai parlando di un'aliena, Damon. E' tua figlia.” gli dico,
leggermente irritato. Lui annuisce, come per dirmi che ho scoperto
l'acqua calda.
“Lo
so. E' solo... Tu credi che io sia un pessimo padre, vero?” mi
dice, lanciandomi uno sguardo implorante. Non so cosa rispondere. So
che Damon ama sua figlia e che darebbe la sua vita per lei. Ma mi
chiedo se questo basta per essere un bravo padre.
In
fine dico: “No, non lo penso.”
“Non
mentirmi. Ho visto come mi guardavi, sta mattina.” mi dice,
fissandomi bieco. Sospiro e rido leggermente. Lui non sembra
apprezzare.
“Tu
sei un padre magnifico, Damon. Tutti i papà dicono no. Ma dovresti
imparare a farlo in un modo più educato.” gli dico, sperando che
ci creda. Anche perché è la verità.
“Certo,
mi ha fatto una domanda assurda! Vuole andare all'asilo!”
singhiozza, senza piangere. Ultimamente l'ha preso come un vizio.
“Cosa
farai quando ti chiederà come nascono i bambini?” gli dico, per
due motivi. A) Mi ricordo improvvisamente della conversazione che ho
avuto con Irene nel giardino B) Sapevo che si sarebbe imbarazzato
tantissimo. Ed infatti così fu.
“CHE
COSA? Perché dovrebbe chiedermelo?” balbetta lui, leggermente
arrossito.
“I
bambini lo vogliono sapere. Allora? Che cosa le dirai?” gli chiedo,
con un mezzo sorriso dipinto sul volto.
“Ehm...
Non lo so.”
Rido.
“Immaginavo. Dimmi la verità. Cosa c'è che non va?”
“Vuoi
saperlo?”
“Sì.”
“Sono
incazzato, Stefan. Incazzato con me stesso per il fatto di poter dare
a Bonnie un marito normale. Uno che torna a casa la sera, e che può
mangiare con sua moglie e sua figlia. Un marito che può invecchiare
e magari diventare nonno. Sono incazzato perché mia figlia non avrà
mai un padre normale, come tutti gli altri bambini e...” si
interrompe per un secondo e mi lancia uno sguardo dubbioso, incerto
se continuare o meno.
Cerco
di incoraggiarlo. “Vai avanti.”
“Questo
mi terrorizza.” termina con un sospiro sfinito, come se quella
confessione gli fosse costata una fatica enorme.
Cerco
di consolarlo. “Non deve spaventarti quello che sei per lei.”
“Hai
visto come mi ha guardato, questa mattina? Quando mi stavano
spuntando i denti? Era spaventatissima.” si lamenta, tristemente.
“Lei
sa che non sei così. Irene ti adora. Bonnie ti ama. E tu lo sai.”
Annuisce,
poi mi rivolge uno strano sguardo. “E tu?”
“Io
cosa?”
“Avanti,
Stefan. Sai cosa intendo.”
“No,
sinceramente. Non ho capito cosa intendi.”
“Potrai...
Potrai mai perdonarmi per... Si, insomma... Per ogni cosa?” rimango
spiazzato. Le cose tra noi erano decisamente migliorate, ma MAI,
e ripeto MAI, mi sarei aspettato da lui una domanda del
genere. Mi stava facendo capire che era dispiaciuto per tutto: per
Katerine, per Elena, e per avermi ucciso. Era dispiaciuto per tutto.
Lo leggevo nei suoi occhi neri.
“Sì.
Ma non sei l'unico che dovrebbe essere perdonato.” gli dico,
imbarazzato.
Sorride
timidamente. “Lo so.”
“Fratelli
come prima?” gli domando, titubante. Ho paura di quello che
potrebbe rispondermi. Abbasso lo sguardo, aspettando che dica
qualcosa.
“Fratelli
come prima.” mi conferma lui. Mi sporgo verso di lui per
abbracciarlo e, incredibilmente, si fa abbracciare e ricambia
l'abbraccio. In quel momento, è come se fossimo tornati bambini. Mi
ricordo benissimo quando dicevamo quella frase: ogni volta che
litigavamo da piccoli, per fare pace. Il mio cuore si scioglie per
l'emozione e mi viene da piangere. La consapevolezza di sta
abbracciando mio fratello, Damon, che io avevo ucciso e che aveva
ucciso me, si fa strada dentro di me. Anche lui vorrebbe piangere.
Lo so. Ma non lo fa. Non esagerare, fratellino. Mi dice
nella mente, con tono scherzoso. Scoppio a ridere, e lo lascio
andare. Anche lui sta ridendo. Sentiamo Irene agitarsi nel lettino,
ma non si sveglia. In quel momento, la porta si apre. Bonnie entra
nella stanza. Damon scatta in piedi, e si avvicina a lei.
“Bonnie,
io...” le dice, prendendole le mani. Lei le poggia un dito sulle
labbra e lo zittisce.
“Shh...
Ho sentito quello che hai detto a Stefan.” una lacrime le scivola
silenziosa sulla guancia. Damon sorride, e gliela asciuga.
“Ti
amo. Sappi solo questo. Ti amerei anche se tu avessi dieci occhi e le
venissi da un altro pianeta. Non mi importa cosa sei. E neanche ad
Irene. Tu sei il nostro angelo custode.” gli dice Bonnie, poggiando
la testa sul suo petto. Damon sorride, e la stringe a sé. So che da
un momento all'altro potrebbe piangere, ma si trattiene.
“Uccellino?”
“Mh?”
“Irene
può andare all'asilo.” le alza il mento con un dito, e poi la
bacia.
Una
settimana dopo
“Noi
andiamo, allora!” strilla Damon, prendendo per mano Irene ed
uscendo fuori dalla porta. Lo seguo. Alla fine, ha accettato di
accompagnare Irene al suo primo giorno d'asilo. Sembra tranquillo. Ma
ormai ho capito che sarà per sempre l'eterno agitato. Damon si
inginocchia all'altezza della figlia e le infila lo zainetto rosa,
dandole due baci sulla guance.
“Sei
pronta, piccola?” le chiedo io, sorridendole, mentre Damon si
infila il suo giubbotto di pelle preferito. Lei ridacchia e annuisce
con la testa. Damon le prende la mano e tutti e tre iniziamo a
camminare verso la scuola.
“Le
maestre ti scambieranno per un motociclista.” gli faccio notare,
riferendomi al suo modo di vestire. Indossava una camicia nera, dei
jeans neri e il suo inseparabile giubbotto di pelle. Sugli occhi
portava un paio di occhiali scuri. Se li alzò sulla testa.
“Almeno
mi vesto bene, io.” sussurra, leggermente compiaciuto,
rimettendo gli occhiali a posto. Alzo gli occhi al cielo: in fondo,
rimarrà sempre il solito vampiro pieno di sé.
“Io
ti trovo un tantino esagerato.”
“Oh,
andiamo. Stef. Non capisci niente di moda.” brontola lui,
sistemandosi il colletto della camicia. Non dico niente, rimango in
silenzio.
“Principessina?
Come si veste papà?” chiede Damon alla figlia, accarezzandole la
testa con la mano libera.
“Papà
sembra un... Ehm... un divo... del cinema.” recita, perché sta
recitando, Irene. Damon ride. “Brava la mia principessina.”
“Il
suo è un giudizio di parte.” borbotto io, sorridendo sotto i
baffi. Lui sospira e prende Irene in braccio, togliendosi gli
occhiali e lasciandoli penzolare dalla tasca del giubbotto.
“Ok,
siamo arrivati.” dice mio fratello guardando l'asilo con gli occhi
improvvisamente timorosi. Irene è seduta a cavalcioni sulle sue
spalle; hanno la stessa identica espressione. Mi viene da ridere, ma
mi trattengo. Si assomigliano davvero tanto. Damon mette giù Irene,
ed entriamo nella scuola.
“Buongiorno.
Cosa posso fare per voi?” chiede una ragazza all'entrata,
accorgendosi a malapena della mia presenza. In fatti sta guardando
Damon come se non avesse mai visto un ragazzo prima d'ora.
“Ehm...”
mio fratello indica Irene, che sta facendo un sorriso splendente ed
educato alla ragazza. Il tipico sorriso alla Damon. Il sorriso che
dovrebbe ispirare fiducia. Quei due si assomigliano in una maniera
impressionante. Solo un cieco non se ne accorgerebbe.
“Oh,
certo. Dovete lasciare vostra sorellina.” dice la ragazza, facendo
un sorriso da ebete. Damon sorride, compiaciuto.
“No,
è mia figlia.” le risponde, facendo un altro sorriso. La ragazza
lo fissa: sembra incantata. Damon alza la mano sinistra, e mostra la
fede che brilla leggermente sul suo dito.
“Sono
sposato.” dice, soddisfatto.
“Oh,
ehm... Ciao piccola. Si, in effetti le assomiglia molto.” la
ragazza sembra riprendersi, me è visibilmente delusa. Sospira e poi
ci invita a seguirla. Entriamo in una stanza che è piena di bambini
urlanti che giocano, ridono ed alcuni piangono anche.
“Io
dovrei lasciare mi figlia qui?” chiede Damon alla signorina, che
sembra spaventata da quel paio di occhi neri.
“Stia
tranquillo, signore. Si divertirà” lo assicura la signorina. Gli
porge un grembiulino rosa.
“Lo
metta a sua figlia. Poi è pronta per andare a giocare.” fa un
altro sorriso finto, e poi sparisce. Damon sospira e si piega sulle
ginocchia, all'altezza di Irene. Le toglie lo zainetto e le infila il
grembiule.
“Non
fare arrabbiare le maestre.” la ammonisce, sorridendo dolcemente.
Le accarezza una guancia e poi le bacia la fronte.
“Sì,
papà.” annuisce lei. Poi lo abbraccia e dice: “Ti voglio tanto
bene.”
Damon
sorride: un sorriso tenero e dolce, mentre stringe a sé la bambina.
E' bello vederli così. Una visione dolcissima.
“Papà...
Puoi restare a giocare anche tu con i bimbi?” dice Irene, indicando
con un ditino tutti i bambini che giocavano tra loro ridendo ed
urlando.
“No,
Irene. Non posso. Devo andare a casa dalla mamma.” dice Damon, me è
visibilmente commosso dall'innocente richiesta della figlia.
“Per
favore...” lo implora lei.
“Io...
Non saprei.” lui mi guarda, come a cercare conferma.
“Dai,
Damon. Rimani. Lo dico io a Bonnie.”
Sospira.
“E va bene.”
“SI'!
Papà rimane con me!” strilla Irene, buttandosi addosso al padre.
“Ci
vediamo dopo, Stefan.” mi saluta Damon.
“Ciao
zio 'Tefan! Ciao!” mi saluta Irene, ridendo a crepapelle. La porta
a vetri si richiude dietro di loro. Li vedo seduti per terra, sul
tappeto morbido, mentre Damon legge un libro di favole che la figlia
le ha pregato di leggere. Damon è seduto a gambe incrociate e Irene
è seduta tra il suo petto e il libro che sta leggendo, indicando con
un dito le figure del libro, mentre Damon glielo legge. La bambina
sembra felice e anche Damon. Quella scena, oltre ad essere
estremamente commovente, è anche esilarante. Fa ridere vedere Damon
in mezzo ad un mare di piccoli bambini. Poco dopo, anche gli altri
piccoli si siedono attorno a mio fratello, ed ascoltano attentamente
quello che legge. Ci sa fare, con i bambini. Io credevo che li
avrebbe spaventati; insomma, diciamocelo. Damon è inquietante sotto
tutti i punti di vista. Dal carattere, all'aspetto fisico, fino al
modo di vestirsi. Per non parlare del modo di parlare. Una cosa però gliela
devo concedere: è un padre magnifico.
Sorrido
e faccio per uscire dall'asilo.
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