- Rage
-
Una pagina di un
quotidiano abbandonata a terra.
Un mozzicone di
sigaretta accanto.
Un capo di
vestiario sgualcito sul letto.
La stanza
completamente buia, la finestra unica fonte di luce.
La nebbia che
v'era fuori impediva ai raggi solari di illuminare anche in parte la
camera.
Questo placava un
poco l'ira di lei, le trasmetteva un senso di solitudine.
E in quel momento
era l'unica cosa che desiderava.
Essere sola, in
quella stanza tenebrosa, sola, tra i suoi pensieri e le sue maledizioni.
Le lanciava a
lui, a gran voce, come se potessero servire.
Non si era mai
sentita tanto umiliata in vita sua.
Come si era
permesso di trattarla in quel modo, come aveva potuto farlo?
E intanto lei
soffriva, versava lacrime inutili, gridava tutto l'odio che provava nei
suoi confronti.
Poi finiva per
dare la colpa a se stessa, si accusava, trovava ogni
responsabilità nelle sue azioni.
Successivamente
si specchiò e rimase impotente a fissare la sua immagine
riflessa.
Era colpa sua se
lui l'aveva tradita in quell'orribile modo, era colpa di quel viso
magro, di quegli zigomi alti, di quelle labbra carnose, di quegli occhi
scuri e penetranti, di quel naso all'insù.
Non
riuscì più a trattenersi: diede un forte pugno
allo specchio, mandandolo in frantumi.
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