SCHEMAEFP2
Marnia incontra il Mago
Nel villaggio di Dorna, situato nell'entroterra di Anvara, la regione
più meridionale del regno di Karvala, viveva un bambino di nome
Marnia.
Marnia, a differenza di tutti i suoi coetanei, era estremamente pigro e
tutte le volte che la sua mamma gli diceva che c'erano dei lavori da
sbrigare lui riusciva sempre a trovare il modo di scappare per andarsi
a rifugiare fuori dalla città, sul limitare del Bosco Ombroso,
una piccola macchia di alberi enormi e antichi che si diceva fosse
abitato da un uomo vecchio di mille anni con un carattere così
cattivo che, se avesse trovato qualche bambino a gironzolare nel bosco,
se lo sarebbe mangiato per colazione.
Marnia, ovviamente, sapeva benissimo che era una sciocchezza, ed era
per questo che lui gironzolava spesso da quelle parti, così non
avrebbe corso il rischio di trovarsi qualcun altro tra i piedi quando
voleva semplicemente starsene per conto proprio.
E infatti, in quel momento, Marnia stava proprio camminando tra i primi
cespugli che si trovavano sul confine del bosco, calciando di quando in
quando delle foglie rinsecchite o dei ramoscelli e facendo dondolare il
suo cestino della merenda – perché, sebbene fosse pigro,
lui era anche molto previdente – fino a che, ad un certo punto,
la punta del suo piede non toccò qualcosa di grosso e pesante,
decisamente più morbido di una foglia o di un ramoscello. Si
fermò dov'era, il sopracciglio inarcato, mentre scrutava il
grosso cespuglio che aveva davanti e si mise carponi, iniziando a
studiare il suolo. Guardò sotto le foglioline fitte del grosso
cespuglio e poi si appiatti sul terreno, le mani ai lati del viso,
continuando a studiare i contorni di quella grossa figura che non
riusciva a capire cosa fosse. Era troppo grosso per essere un animale,
anche se sembrava essere completamente ricoperto da una soffice e
lanosa pelliccia argentea e Marnia scivolò più sotto al
cespuglio, per vedere meglio, mentre con la mano tastava il pelo
voluminoso fino a che non sentì la cosa
iniziare a muoversi e, quando incrociò il suo sguardo
indemoniato, saltò fuori dal cespuglio, appiattendosi contro il
tronco lustro di un grosso albero.
Era un mostro! Era il vecchio di mille anni che mangiava i bambini!
Sentì le ginocchia tremare e, di riflesso, afferrò il suo
cestino della merenda, maledicendosi per non aver dato ascolto alla sua
Mamma e non essere rimasto a fare i lavori che lei gli aveva assegnato.
Se fosse sopravvissuto, si disse, le avrebbe sempre obbedito, anche se
non ne aveva la minima voglia.
Il mostro sotto il cespuglio iniziò ad agitarsi e Marnia lo vide
strisciare fuori dall'ammesso di foglie come un serpente, trascinandosi
dietro il pelo fitto e la sua pelle lucida di colore blu scuro che lo
ricopriva nella sua interezza, dalla testa puntuta ai piedi che neanche
si vedevano. Era davvero un mostro orribile, pensò Marnia, e se
lo immaginò mentre sollevava la testa appuntita verso l'alto e
lo attaccava, con la sua immensa bocca spalancata, fiondandosi su di
lui proprio come i serpenti fanno con i topolini.
Il mostro strisciò un po', aiutandosi con delle protuberanze che
sembravano spuntargli dalla testa e, quando gli arrivò davanti,
si voltò su se stesso, mettendosi steso a pancia in su, gli
occhi scuri e infossati rivolti verso l'alto. Marnia lo guardò
un momento in silenzio, gli occhi spalancati e, dopo un po', quando
vide che non accennava più a muoversi – è svenuto?
– decise di avvicinarsi di nuovo, per studiarlo meglio da vicino.
Sbatté le palpebre un paio di volte, quando lo vide e,
nell'istante in cui capì finalmente che cos'era, si
lasciò scappare un gemito strozzato.
Quello non era un mostro, era un normalissimo vecchio! Quella che aveva
scambiato per pelliccia era semplicemente la sua barba lunga e fitta e
la testa puntuta altro non era che il cappello che portava, così
come quella che lui pensava essere la sua pelle in realtà era
solo il suo abito, così lungo che arrivava a coprirgli i piedi.
Marnia sospirò, passandosi una mano sulla fronte. Che stupido
era stato, a spaventarsi per una cosa come quella. Si chinò
nuovamente sul vecchio e, con la mano, lo scosse un poco, cercando di
farlo reagire. Forse è morto per davvero, pensò,
guardando la sua faccia grigia e tirata e, proprio quando era sul punto
di arrendersi e tornare a casa, il vecchio emise un lungo gemito e poi
un rantolo e poi una serie di colpi di tosse in rapida successione,
mettendosi a sputacchiare da una parte all'altra.
Marnia lo guardò con un sopracciglio inarcato per tutto il tempo
e, quando ebbe finalmente finito, il vecchio aprì gli occhi e lo
guardò, sollevando una mano nella sua direzione.
«… Qua…» biascicò, con la voce debole
e Marnia si accucciò accanto a lui, il capo chinato da un lato.
«Qua dove?» chiese, studiando la sua mano secca e raggrinzita. «Io non vedo niente.»
«… Q… Qua…» ripeté il vecchio, allo stremo delle forze.
«Guarda che non c'è niente lì,»
ribatté Marnia, lievemente scocciato e il vecchio scosse appena
il capo, inspirando a fondo con tutte le poche forze che gli erano
rimaste in corpo.
«A… c… Acqua…» riuscì a dire
dopo diversi tentativi e Marnia sollevò entrambe le sopracciglia
e si lasciò scappare un Oh! soddisfatto,
quando finalmente riuscì a capire che cosa voleva dirgli.
«Oh! Finalmente ho capito cosa volevi dirmi!» disse,
battendosi una mano sulla coscia.
«Dammi dell'… ac… qua… ti…»
«Non ce l'ho.»
In lontananza, le cicale cominciarono a frinire. Il vecchio rimase un
momento immobile e poi, tutto a un tratto, il braccio gli cadde lungo
disteso accanto al corpo e Marnia sospirò, stringendosi nelle
spalle. «Però se vuoi posso andartela a prendere al
torrente,» disse, indicando con un dito un torrentello fresco e
sottile che si faceva largo tra le rocce a circa mezzo metro da loro.
Il vecchio non gli rispose e lui, che aveva imparato che chi tace o
acconsente o se l'è appena data a gambe, si alzò in piedi
e andò al torrente e, facendo la spola come meglio poteva, nel
giro di una quindicina di minuti era riuscito a portare al vecchio
abbastanza acqua perché lui riuscisse a mettersi seduto con la
schiena appoggiata contro le grosse radici di un albero.
«Ti ringrazio, mio giovane amico. Se tu non mi avessi prontamente
soccorso sarei sicuramente morto sotto quel cespuglio, ma grazie al tuo
coraggio e al tuo buon cuore potrò ancora vivere almeno mille
anni!»
Marnia guardò il suo cestino della merenda che aveva lasciato ai
piedi dell'albero – non quello contro cui era appoggiato il
vecchio, un altro – chiedendosi quando avrebbe potuto tornarsene
finalmente a casa sua, anche perché stava cominciando a fare
tardi, e se fosse arrivato in ritardo per la cena la Mamma non glielo
avrebbe mai perdonato.
«So cosa stai pensando, fanciullino.» Marnia lo
guardò con un sopracciglio vagamente inarcato e il vecchio
disse: «Ti stai chiedendo che cosa siano questo cappello e questa
veste, non è vero?» E, senza aspettare una risposta,
continuò: «La verità, è che io sono un
Mago!» esclamò il Mago, interrompendosi subito dopo a
causa di un attacco di tosse.
Marnia non reagì in alcun modo alla rivelazione e il Mago
annuì vigorosamente, incrociando le braccia al petto.
«Sì, so cosa stai per dirmi: ti stai chiedendo come mai un
Mago del mio calibro si trovi in un posto del genere e in fin di
vita.»
Marnia fece segno di no con il capo e il Mago proseguì,
ignorandolo: «La verità è che torno ora da un
viaggio molto lungo e molto impervio, in cui ho dovuto affrontare
mostri di ogni specie e malvagi stregoni dalla forza straordinaria e
proprio mentre ero sul punto di giungere finalmente alla mia dimora ho
finito le riserve di cibo e acqua e sono svenuto.»
Marnia incominciò fissarsi con insistenza la punta un po'
logora delle sue scarpe e il Mago, apparentemente infatuato della sua
stessa voce, riprese a parlare come se si fosse trovato davanti ad una
platea estremamente numerosa, riuscendo perfino ad alzarsi in piedi:
«Come ho detto, tu mi hai salvato la vita, e siccome sono un Mago
molto potente, ma anche molto giusto, ti darò la ricompensa che
ti spetta!»
Per la prima volta, Marnia gli prestò la più totale attenzione. «Una ricompensa?»
«Esatto, una ricompensa straordinaria.»
«Vuol dire che mi darai dell'oro?»
«No, molto di più!»
«Un castello?»
«Di più, di più.»
«Mi farai diventare un re?»
«Ancora di più!»
Marnia non disse niente e il Mago inspirò a fondo, come se si
stesse preparando a dargli la più sensazionale delle notizie:
«Mio giovane amico, io farò di te un mago!»
«Ah.»
Il frinire delle cicale in lontananza era diventato davvero insopportabile.
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N/A
Fanfic scritta per la Quarta settimana del COW-T @ Mari di Challenge, prompt "Mago".
Tutte le note serie sono nell'ultimo capitolo, perchè farle così è un po' inutile. <3
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