Uno
scoglio
Può l'attimo della morte essere così eterno,
così colmo di...Tempo? Il mago vedeva solo un mondo di silenzio, ad
attenderlo. Un abbraccio di nulla. Lui, che aveva vissuto per anni portando
il peso di due identità, lottando contro voci che sussurravano alle orecchie
della sua mente, che lo mettevano di fronte alle colpe di due persone. Il
professore di Pozioni, accolto come membro dell'Ordine della Fenice e destinato
a tradirlo di nuovo, all'occhio di molti. Il traditore, perdonato da Lord
Voldemort, tornato nelle sue schiere per lasciarsi manipolare. Severus Piton
sapeva che quei giorni erano finalmente alle spalle. Sapeva che il ragazzo chino
sopra di lui aveva accettato di vedere, che sarebbe andato al pensatoio, che non
avrebbe chiuso gli occhi di fronte all'orrore. Scelte. Come quelle che
diciotto anni prima avevano portato lui sul baratro, lungo un sentiero che per
molti anni a venire nessuno avrebbe potuto percorrere per aiutarlo.
Aprile 1980
Era bella, bella come non mai. Severus non
aveva cercato quell'incontro, ma le loro strade si erano incrociate, in quella
serata di primavera, sulla piazza di Hogsmeade. La particolare durezza dei
suoi occhi li rendeva ancora più vivi, più brillanti. Smeraldi che splendevano
di sdegno. Non poteva essere diversamente, a pochi giorni dalla morte dei
McKinnon.Ne parlava tutto il mondo magico e Lily non riusciva a credere che
maghi ben schierati dalla parte degli assassini, come lo era lui, avessero la
faccia tosta di girare per le strade. Perchè era questo il pensiero che fece
sgranare e poi assotigliare gli occhi verdi di Lily. In quel momento vedeva
rabbia segnare lineamenti altrimenti dolci; rabbia che sembrò oscurare la vita
che Lily portava in grembo. "Non mettere mano alla bacchetta." "Perché,
Severus? Perché non dovrei?" "Non voglio farti nulla. Non potrei
mai." "Siete in missione per riferire al vostro Signore quanta paura abbia il
Mondo magico?" Severus sbuffò, infastidito. "James ti sta addestrando bene,
parli già come lui." "Non osare tirare in ballo persone che non c'entrano. Io
non lascio che altri dicano cosa devo pensare!" Non cercò di trattenerla,
quando lei camminò oltre, sfiorando la fontana. Probabilmente stava
ringraziando il cielo che quasi tutti i passanti se ne fossero andati, che i più
vicini a loro non lo fossero a sufficienza per sentire ciò che gli
disse. "Non posso più essere la tua coscienza, Severus. Questo lo hai deciso
tu."
Ti sbagli - avrebbe voluto dirle, mentre si
sentiva cadere nel baratro delle proprie scelte, senza più la forza ( o
l'egoismo ) di aggrapparsi a lei come ad uno scoglio. - Ti sbagli, perché anche
adesso che la vita che cresce dentro di te rende il tuo volto divino, anche ora
sei la mia coscienza. Sei il sentiero di purezza che mi sto lasciando alle
spalle. Sei la vita che sto ripudiando, la roccia alla quale non posso più
aggrapparmi, perché la farei crollare insieme a me.
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