Un paio di note prima di iniziare.
-La fanfic
è stata scritta per l’iniziativa “Black & White
Days”; dovevamo scrivere una fanfic estremamente fluff e romantica con
questi due.
-…e se vi sembri che la
fanfic non sia in tema, almeno per la prima metà, andate fino in fondo e
leggete!
-E’ dedicata a tutte le
utenti del Black Parade <3 vi adoro, ragazze (e ragazzi!).
-E’ abbastanza
particolare. Spero vivamente vi piaccia e non vi faccia uscire pazzi (come
invece ha fatto con me -.-); non vi dico niente, dovrete capire da soli quel
che accade.
-Un solo indizio. I pari sono
scritti dal punto di vista di lei, i dispari da lui.
It’s Friday,
I’m in love
I don't care if Monday's black,
Tuesday, Wednesday heart attack
Thursday never looking back…
It's
Friday, I'm in love.
[The Cure – Friday I’m in love]
[Sesto venerdì]
I due ragazzi urlavano sempre
più; le loro grida avrebbero ben presto fatto scoprire la loro posizione
al nemico –non bisognava fidarsi di nessuno, in quei tempi, di nessuno, nessuno-, tanto che i più anziani
del reggimento iniziarono a storcere il naso mentre erano a cena nelle proprie
tende. Ma il gruppetto di persone lì presenti non poté proprio
fare a meno di osservare la stessa scenetta che si presentava, puntualmente da
sei venerdì a quella parte, fra il loro comandante e la sorella
dell’altro comandante. Avevano urlato nella tenda di lui per una buona
mezz’ora –per quanto fosse incredibile, i due erano insieme da
qualche mese ormai- e adesso s’erano trasferiti nella piccola radura di
erba dove i soldati più giovani erano soliti riunirsi all’ora di
cena, intorno a un fuoco.
«Oh, e pensare che questo è
il nostro capo!» osservò lei, ridacchiando, e beandosi del fatto
che tutti là attorno guardassero il suo pieno trionfo. Aveva assunto la
sua solita posa saccente e beffarda: braccia incrociate al petto, sorrisino
superbo e sopracciglio alzato… quella posa che a lui dava così
tanto fastidio… e lei lo sapeva, e lo faceva proprio a posta…
«Lui, questo ragazzino! La mamma ti ha dato da
mangiare, tesoro?»
Shikamaru rimase dov’era,
sbracato sull’amaca, a sonnecchiare. E questo suo modo ameba e
indifferente di comportarsi la faceva così tanto arrabbiare… e lui
lo sapeva, lo sapeva, sì, e
proprio per questo non reagiva e non rispondeva…
«E neanche risponde!» berciò l’altra, iniziando a
scaldarsi sul serio. Kiba ridacchiò, strizzando l’occhio a Naruto,
che tuttavia non rispose con la solita allegria di sempre; sembrava
preoccupato. Scambiò un veloce sguardo d’intesa con qualcuno fra
la folla.
«Oh scusa»
borbottò Nara dopo un po’, come se si fosse appena svegliato
«hai detto qualcosa? Il mio cervello non capisce il gallinese…»
E rise, soddisfatto…
Lei allargò le narici, e gli
occhi le dardeggiarono.
«Gallinese?» chiese, a
denti stretti.
«Oh sì, sai»
blaterò lui, per poi fermarsi a causa di un enorme sbadiglio «la
lingua delle galline, insomma.»
Temari s’avvicinò;
Naruto, se possibile, impallidì ancora di più.
«Ma che strano» boccheggiò la ragazza «io non vedo proprio galline
qui…»
Lui la guardò, gli occhi
impastati di sonno, e la voce monotona.
«Be’, vuoi uno
specchio?»
Alcuni ragazzi, ancora di
più, risero. Temari strinse i pugni; no, quel dannato idiota non avrebbe
avuto l’ultima parola, no… La ragazza sapeva essere glaciale quando
voleva esserlo; e, con una o due parole, lo avrebbe messo in riga senza
problemi.
«…Una gallina
brufolosa, per di più» continuò senza problemi
l’altro, dandole una rapida occhiata al volto. «Temari, hai
un’emorroide sul volto, per caso?» domandò poi, molto serio,
indicando il (grosso) brufolo proprio al centro del mento della ragazza.
Lei non si scompigliò
né s’intimorì di fronte allo scoppio di risa dei ragazzi;
anzi, allargò il sorriso maligno e si avvicinò al ragazzo.
«Probabilmente sì,
ma… tu, Nara, hai un’emorroide per
volto?» ribattè.
Le risate dei ragazzi aumentarono; i
due continuarono su questo tono per un buon quarto d’ora, lui
sbadigliando e borbottando qualcosa, e lei rispondendo a tono, causando
l’ilarità generale in quei giorni tanto bui e tristi… ci
furono schiamazzi, urla, risate e variopinte pacche sulle spalle; qualcuno
mandò perfino un fischio per quella bella ragazza. Shikamaru
s’infastidì (per le ripetute risposte intonate, per
l’umiliazione subita da parte di una ragazza o per il fischio alla sua ragazza, difficile dirlo):
s’infervorò di colpo e scese dall’amaca con una
velocità impressionante, guardandola adesso arrabbiato.
«Ti diverti a fare uno
spettacolino davanti a tutti, Temari? Ti diverte, questa cosa?!»
Lei aveva ancora impresso sul volto
il sorriso beffardo di prima, e non aveva ancora registrato il repentino cambio
d’umore di lui. Sbatté le palpebre per qualche secondo, perplessa;
alle sue spalle, Ino schioccò pesantemente la lingua, guardando male
l’amico.
«Scusa?» chiese poi
lei, evidentemente non ancora in sé. Gli altri ragazzi, conoscendo bene
quanto potesse essere funesta la sua ira, trattennero il respiro.
«Oh, andiamo, Temari!» fece Nara, quasi esasperato, gettando gli
occhi al cielo e allargando le braccia per aria. Sembrava frustrato e angosciato
per qualche motivo, e sembrava inoltre che questa fosse la prima volta che ne
parlasse da molto tempo. «Non ci vediamo da una settimana, ci vedremo
oggi solo per quattro ore, e tu fai così?! Fai così?!»
Non aveva niente della solita
flemma di Shikamaru Nara; non aveva la sua calma, la sua logica, il suo
raziocinio. La ragazza lo guardò, ancora convinta che stesse scherzando;
e anche lei, stranamente, non aveva parole per rispondergli adesso.
Qualcuno tuttavia iniziò
convulsamente a ridere; e pian piano, dalla folla lì presente
sbucò Naruto, che si avvicinò alla coppia, sempre ridacchiando.
«Questo cretino!»
disse, mentre il suo viso infantile si contorceva sempre di più.
«Ok, ok, Shikamaru, hai vinto. Tieniti i soldi, che palle.» E
così dicendo estrasse dal solito portamonete a forma di rana qualche
spicciolo e una banconota rattrappita.
Temari lo fulminò con i suoi
occhi chiari: se uno sguardo avesse potuto uccidere, Naruto sarebbe morto
all’istante.
«Soldi?» chiese
solamente, fredda.
«Oh, sì»
blaterò, avvicinandosi all’amico e dandogli una poderosa pacca
sulla schiena. «Devo dire che non avrei pensato che l’avrebbe
fatto…» e qui ridacchiò ancora «ma ha avuto
coraggio… sì, questo bisogna dirlo, ha avuto coraggio.»
Il diretto interessato, nel
frattempo, era come se fosse tornato in sé; ora respirava molto
profondamente, guardando l’amico in maniera imperscrutabile.
«Coraggio?» fece
ancora, sempre più gelida.
«Oh, Temari, era una cosa da
ragazzini» continuò l’altro «avevo detto che non
avrebbe mai avuto il coraggio di farti fare una figuraccia eclatante davanti a
tutti… invece, a quanto pare, ce l’ha avuto. Ho perso, eh.»
Shikamaru ora era proprio pallido;
la guardò, deglutendo. Parlò solo dopo qualche secondo.
«Che palle che sei
Naruto… stava andando così bene…» disse poi,
sbuffando.
Un lieve pizzicore al gomito fece
girare la ragazza interessata; Sakura s’era appena messa al suo fianco.
«Sono uomini» le
ricordò. E rise.
Ma Temari guardò Shikamaru,
ancora e ancora. Che cosa stava succedendo? Quanto era idiota… era tutta
una messinscena! Ma sì, erano i loro soliti battibecchi fra fidanzati,
né più né meno della normale
routine settimanale…
«Bene» disse infine,
calmissima «perché adesso non scommettete su quanti venerdì non gli parlerò?»
E detto questo girò i tacchi;
era talmente arrabbiata che i ragazzi antistanti all’uscita aprirono
immediatamente un varco per farla passare. Shikamaru la stava ancora guardando,
quando lei varcò la soglia di quella tenda; Naruto ancora rideva.
[Dodicesimo Venerdì]
«Sai che ci vuole, per
rilassarsi?» disse Sakura, allegra, alzandosi di scatto dalla tavola.
«Fronte Spaziosa, ma dici a
lei o a te?» commentò Ino, per poi ridacchiare.
Sakura socchiuse comicamente gli
occhi.
«Maial-Ino, almeno io dei consigli sensati li do…»
ribatté, orgogliosa.
«Ma per favore!» la bloccò l’altra, alzandosi a sua
volta di scatto e guardandola molto seriamente. «Non ti stai ferma due
secondi, parli in continuazione, sei isterica, inoltre non ti si può
parlare… e sarei io quella che
non dà consigli sensati?!»
«Per tua informazione, in
quella maledetta Squadra Speciale c’è il mio fidanzato, che
sfortunatamente è anche il fulcro di –»
«Oh, ma certo, che idiota!
C’è Naruto in quella missione, c’è solo Naruto! Che strano, avevo sognato
ci fossero anche i miei due migliori amici, nonché compagni di squadra,
a fargli compagnia, e invec–»
«Sakura, Ino!»
urlò Temari, satura di quella discussione. Lei non urlava mai: bastava
il suo sguardo o il suo tono a far raggelare le persone. Le due si zittirono, e
si sedettero, borbottando scuse più o meno sentite.
«…Dicevo» riprese
dopo qualche minuto Sakura, come se niente fosse accaduto «… sai
cosa ci vorrebbe per calmarsi? Un po’ di te.»
E si alzò dal tavolo per
andare nella cucina antistante a preparare qualcosa.
«Ah, Fronte Spaziosa, sei
proprio una brava donnicciola di casa» disse poi Ino, a voce alta,
affinché lei la sentisse da dietro la leggera tenda che divideva le due
piccole stanze. «Quel biondino lì avrà proprio una buona e
brava mogliettina…»
Evidentemente Sakura s’era
imbarazzata per la battuta; si sentì roteare un cucchiaino e la teiera.
«Stupida bionda senza
cervello… E tu rimarrai
zitella, col carattere che ti ritrovi» borbottò l’altra da
dentro la cucina.
Continuarono su questa riga per un
po’; erano evidentemente entrambe molto contente che fosse di nuovo
venerdì. Se durante la settimana (soprattutto il sabato o la domenica)
non facevano altro che litigare o rimbeccarsi, il venerdì mattina
andavano d’amore e d’accordo –per come potevano andare d’amore
e d’accordo Sakura Haruno e Ino Yamanaka, ovviamente- ed erano perfino di
compagnia.
Sakura entrò con un vassoio
contenente tre tazzine di tè e una teiera fumante; sorrideva. La
posò sul tavolino, si inginocchiò sul suo cuscino e diede le
tazze alle sue amiche, premurandosi di servire Ino per ultima. Bevvero in
silenzio, ognuna pensando ai proprio problemi.
«Ti fa ancora male la
ferita?» chiese poi medic-ninja, guardando l’altra con apprensione.
«La benda ieri era insanguinata, e oggi tu sei abbastanza
pallida…»
Temari rispose che no, non le
faceva più male, che andava tutto benissimo, e che la testa non le
doleva più da qualche giorno. Il discorso morì lì.
Calò ancora il silenzio; era
piuttosto imbarazzante.
«Temari-san, su, oggi
è venerdì»
interruppe di nuovo Sakura, ostinata. «Non dovresti essere felice?
Saranno qui fra mezz’ora.»
E guardò Ino,
affinché anche lei potesse aggiungere qualcosa.
«Mi duole dirlo, ma lei ha
ragione» incalzò quest’ultima. «Avete anche fatto
pace…»
Temari le guardò entrambe.
Obiettivamente, erano molto gentili a prendere tanto a cuore la sua situazione;
ma tutto ciò le dava un tremendo fastidio. Erano tutte e due nella sua
stessa condizione; e allora perché sembrava che fosse lei ad aver bisogno di aiuto? Anche loro
due vedevano il rispettivo fidanzato o amico una sola volta a settimana, e per
sole quattro ore; anche loro combattevano quella folle guerra, e anche loro
aspettavano il venerdì con ansia… ma perché era lei quella
che veniva costantemente compatita ed aiutata dalle altre due? No, no, il suo
orgoglio non gliel’avrebbe permesso: non si sarebbe ancora mostrata
debole, no…
«Sì» rispose,
tentando di mantenere la dignità e la calma «ma non capisco
perché voi due vi preoccupiate tanto. Va tutto bene, vi ripeto.»
E proprio mentre diceva queste
pacate parole Sakura le versò una seconda tazza di tè nel
bicchierino… che si crepò. Le altre due stavano parlando e non se
n’erano accorte; ma Temari vide chiaramente una secca crepa nel bordo del
contenitore. Si morse un labbro. Ma che diamine…
[Secondo venerdì]
Quindi, quella sarebbe stata la sua
vita da quel giorno a quindici settimane; quella sarebbe stata, più che
altro, la vita di tutti e sei. Non che lei fosse addolorata o
preoccupata… be’, a parte quel piccolo scatto totalmente imprevisto
della settimana prima… ma quello, insomma, era stato causato dalla
novità della cosa e dal tono grave di quel cretino del suo ragazzo, non
da altro… ora era tranquilla, posata; era tornata sinceramente la Temari
di sempre.
Ma a discapito di tutte queste sue
rassicurazioni interiori, non poteva non essere felice che quel giorno fosse
venerdì… un perfetto, meraviglioso e stupendo venerdì. Il cielo era terso, non c’era una nuvola; e
anche la loro guerra, a quanto pare, procedeva davvero bene. In quella
settimana, stando ai più recenti bollettini di guerra, l’altra
divisione dell’Esercito dell’Alleanza aveva sconfitto
un’enorme parte di quello nemico che si trovava al confine fra Roccia e
Sabbia. I grandi Shinobi resuscitati da Madara continuavano ad attaccarli, ma
in misura minore e con personaggi sempre più carenti rispetto a sei mesi
prima; e fra tutti gli Alleati iniziava ad aleggiare una certa aria di speranza. Era come se si trovassero
vicino alla fine di un tunnel molto lungo e molto buio; era come se quasi ne
vedessero la luce.
I morti, al quinto mese di guerra,
erano stati talmente tanti da costringere i Cinque Kage a ridurre le iniziali
cinque divisioni e tre squadre speciali in due sole divisioni (la loro,
capitanata dall’Hokage e dallo Tsuchikage, e la Seconda, comandata dai
restanti tre) e una squadra speciale, guidata da Kankuro; così essi si
trovavano ora in una zona intermedia fra Foglia e Suono, dove avevano stabilito
il loro quartier generale in un enorme accampamento composto da appena
cinquemila tende. Se le loro perdite erano state tante e gravi, non meno erano
quelle dell’esercito nemico: la gran parte di shinobi del passato era
stata sconfitta, e la guerra pareva procedere a loro netto vantaggio.
La ragazza non l’avrebbe mai
ammesso, ma l’incarico di Shikamaru la riempiva di orgoglio; la missione
sua, di Naruto e Choji era segretissima, e solo loro tre, le tre ragazze e i cinque
Kage ne erano a conoscenza… e proprio il suo ragazzo, Shikamaru, era
stato scelto per quella missione… Shikamaru…
era un eroe. Se nelle prima parte della guerra lui era stato di fatto il
Comandante, adesso era il Vice della Prima Divisione. Lei era così
contenta… Si sarebbero visti solo quattro ore a settimana, in mezzo a una
guerra e a molteplici pericoli, era vero; ma non erano più ragazzini, le
sorti dell’intero mondo ninja erano letteralmente nelle loro mani, e loro
non si sarebbero di certo tirati indietro…
L’aveva presa bene,
dopotutto. E insomma, non era niente di preoccupante… quattro ore a
settimana erano tante, davvero…
«Sarà, Temari, ma a me
non pare che tu sia particolarmente felice di questa situazione…»
commentò lui, quando lei gli fece notare la tranquillità della
sua vita –a parte continui attacchi nemici e qualche copia di Zetsu
squartata, s’intende- anche senza la sua figura accanto.
Lei sbuffò, tignosa. Erano
sbracati sull’amaca preferita del ragazzo, in quella che era la
“sala dello svago” delle truppe della Prima Divisione. Shikamaru
era appena arrivato, stanco e sudato; sarebbe dovuto ripartire solo tre ore
dopo.
«Non sei così tanto importante nella mia vita come pensi, Nara»
replicò ancora. «E ti ricordo che stiamo insieme da ben
poco.»
Era vero: i due formavano una
coppia da circa due mesi. Avevano entrambi avuto la follia di mettersi insieme proprio durante una guerra; i più
anziani avevano commentato in modo molto maligno questa novità del loro
comandante, cosa che a lui aveva dato parecchio fastidio, ma che a lei non
faceva né caldo né freddo.
«Ah sì? E come mai
allora la scorsa settimana hai iniziato ad urlare
quando ti ho detto della nostra missione?»
…E anche questo era
altrettanto vero.
«Ma andiamo, Shikamaru»
disse lei, alzando gli occhi al cielo «credi davvero che abbia urlato per
te? Ero sotto pressione, ero molto stanca, e avevamo litigato, e così
non ho capito bene quel che mi hai detto… e mi sono semplicemente
sfogata…»
Lui abbozzò; non aveva molta
voglia di discutere –o, almeno, adesso stranamente non aveva molta voglia
di avere ragione per la prima volta dopo tanto tempo…
Temari notò tutto questo; e
tacitamente lo ringraziò… Era così bello stare stravaccati
su un’amaca, con lui, in quella guerra, in quel dolore, che tutto il
resto perdeva importanza, era vuoto, era inutile, in confronto… E sarebbe
andato tutto bene… lui… era il suo eroe… e il venerdì non erano concessi brutti musi o
rancore…
[Terzo venerdì]
Pioveva. Starnutì per la
milionesima volta; le sue scarpe affondarono nella milionesima buca ricoperta
dal fango; ed emise la milionesima imprecazione. Ma era a casa, a casa, era a
casa…
Varcò quella tenda a lui
tanto cara; e non fece in tempo a mettervi un altro piede dentro o a dire
qualcosa che una folta chioma bionda si buttò su di lui. Era bagnato,
puzzava e la sua tenuta ninja era impastata di fango e polvere; ma Temari
sembrava non preoccuparsene affatto. Lo baciò appassionatamente; e il
suo cervello si svuotò di tutto, finalmente, si svuotò…
«Se mi saluti sempre
così» borbottò lui non appena si staccarono, le mani
incollate alla schiena della ragazza, il viso a pochi centimetri da quello
dell’altra «prometto di non finire mai questa
missione…»
Lei sorrise, furba; si strinse
ancora di più a lui.
«Ma non sapevi della mia
fissa per gli uomini che puzzano? Quando sei pulito neanche ti
guardo…» commentò. Rise; ed era anche solo quel sorriso che
rendeva stupendi un’intera settimana così brutta e una giornata
così piovosa…
«Allora neanche mi vado a
lavare» continuò l’altro, soffiandole nell’orecchio.
Lei arrossì e piegò la testa di lato; ma ancora i loro occhi si
incontrarono, e ancora le loro labbra si unirono.
Sì… sarebbe andato
tutto bene. Non era poi così poco il loro tempo a disposizione…!
Insomma, quattro ore ogni sette giorni… andava bene, sì. Ce
l’avrebbero fatta… avrebbero restitito… O perlomeno, lui
sapeva che ce l’avrebbe fatta; lui doveva farcela. Era un uomo, oramai.
Ma lei…
Nara ricordava ancora la tremenda
scena che gli aveva propinato non appena le aveva raccontato della missione
affidata loro dall’Hokage; era come se Temari fosse impazzita, come se
non fosse più stata in lei. Gli aveva urlato di non andare, di non
partire, di lasciare Naruto da solo, visto che tanto lui aveva il Kyuubi a difenderlo, di disertare, di non
lasciarla… ma quando lui aveva risposto negativamente, allora lei aveva
detto di farla venire con loro, e che quella missione non poteva certo essere
più pericolosa dello stare continuamente di guardia
all’accampamento. E così avevano litigato, e lui era partito con
un enorme peso sul cuore; ma la settimana prima, in quelle uniche quattro ore
di pace, era andato tutto benissimo, tutto meravigliosamente…
probabilmente aveva urlato quelle cose perché era stanca,
sì… erano tutti stanchi, insomma. Lui non le aveva ancora detto
quel particolare che… ma no, sarebbe andato tutto bene, insomma. Era
inutile rovinare un così bell’ingresso…
Ma quel giorno era venerdì:
sarebbe andato tutto bene. Sì, davvero…
E fu quando le loro labbra si
incontrarono ancora e ancora su quella beneamata amaca che Shikamaru
pensò seriamente che, a guerra finita, avrebbe fatto santo il
venerdì.
[Settimo venerdì]
E come ogni benedetto
venerdì, varcò quella soglia lacera e polverosa; come ogni volta,
era zuppo di fango e di pioggia, e come ogni volta si tolse il giubbotto e lo
buttò sul suo zaino; ma questa
volta, non camminò con il sorriso sulle labbra, né fu contento
come al solito di vedere l’abitudinaria testa bionda. Lei lo
guardò e lo salutò, fin troppo tranquilla per essere credibile;
lui sorrise. Si diresse verso la sua tenda; si spogliò, si
cambiò, si pulì e si lavò. Uscì fuori dopo un
po’; lei era sull’uscio del suo tendone.
L’ultima volta avevano
litigato più o meno scherzosamente; se non fosse stato per Naruto,
tuttavia, la cosa sarebbe stata molto più grave e…
«Come stai?»
Quella era la domanda che Temari
gli rivolgeva sempre per prima. Lui
la guardò: era dimagrita moltissimo, pallida, e i soliti codini erano
legati in un’austera crocchia.
«Bene…» rispose
Shikamaru, grattandosi rozzamente un lato del collo, e guardandola di
soppiatto.
Calò il silenzio.
«Non sembra.»
replicò l’altra, stizzita.
Seguì, ancora, un lungo
silenzio. Shikamaru si sedette e si accese una sigaretta; era stremato, aveva
gli occhi gonfi di sonno, ma doveva parlarle.
«Mi dispiace per
l’altra volta.» disse dopo un po’.
Lei inspirò profondamente e
gli si sedette accanto. Quanta pazienza…
«Sbaglio, o Naruto ti ha provvidenzialmente salvato?»
incalzò. Lui deglutì e, molto lentamente, annuì.
«Ero… ero stanco,
confuso, e avevo sonno… Temari, mi dispiace averti detto quelle
cose… ecco, mi dispiace…» mormorò ancora.
Temari lo guardò di
sbieco… non era arrabbiata, ma era ancora molto perplessa dallo scatto di
ira del ragazzo. C’era qualcosa che non le aveva ancora detto su quella
missione, di questo era sicura; ma non l’avrebbe perdonato per come le si
era rivolto.
«Perché…
perché ti stai scusando? Non era una delle nostre liti normali? Non
era… il nostro solito modo di
fare?»
Nel suo tono c’era quasi una
certa speranza; lui deglutì, ancora.
«No. Io… io,
Temari… e se…» prese un profondo respiro «se, insomma,
mollassimo un po’… mollassimo un po’ la presa? Se…
be’… ci calmassimo un po’?»
Era proprio lì che voleva
arrivare: era quello il nodo centrale della questione. Lei s’alzò
di scatto, quasi il pavimento sotto di lei fosse diventato bollente;
impallidì.
«Che cosa?»
Non sembrava arrabbiata; ma lui
doveva essere un uomo, un uomo, come
gli aveva sempre detto suo padre, e come mai era stato.
«Allentare un po’ la
presa… è una cosa ancora più folle, con questa
missione… andare avanti, ecco…»
Non aveva il coraggio di guardarla;
e fu questo a farle battere un piede a terra e a scuoterlo.
«Parlami diretto, non fare
giri di parole! Non osare prendermi
in giro, Shikamaru, non osare!»
Una nuova rabbia
s’impossessò di lui, la stessa rabbia che gli si era stranamente
montata addosso esattamente una settimana prima. Si alzò a sua volta di
scatto, e a sua volta iniziò ad urlare.
«Ma non capisci?! Guardaci! Ci vediamo sì e no
quattro ore a settimana, e stiamo insieme! E’ una guerra, è
già stata una follia mettersi insieme, che senso ha continuare
ancora?!»
Sembrava che lui l’avesse
schiaffeggiata; avanzò ancora, collerica, urlando:
«Ah, ora ti sembra una follia, ora?!
Non mi parevi della stessa idea, quando insistevi così tanto!»
pestò ancora un piede a terra. «Che cosa ti credi, che io qui stia
ai fornelli o al cucito?! Non hai idea di com’è stare qui dentro,
non hai proprio idea di quant’è angosciante! Non sei l’unico
che rischia la vita, dei due! Tu devi solo accompagnare Naruto o sbaglio?! E con
voi c’è Yamato!»
«Oh, certo, deve essere
terribile! Ma si dà il caso che tu sei qui dentro e non sei costretta a
cambiare topaia una volta a settimana, per venire mandato chissà dove
con altri tre! Sei tu, tu che non hai
idea di com’è la vita lì!»
Lei si riprese: stava
boccheggiando. Non era da nessuno dei due urlare così tanto; ma che
diavolo stava accadendo…?
«Cosa vuoi dirmi,
Shikamaru?» chiese infine, con voce bassa.
Ma per lui fu come se
gliel’avesse urlato; si prese la testa fra le mani, le passò fra i
capelli, scompigliandoseli; come diavolo poteva andare avanti…?!
«Lasciamoci.»
Non attese una risposta;
deglutì ancora, riprese le sue poche cose, e oltrepassò la solita
soglia –non prima di averla guardato la ragazza che ancora era lì,
a bocca aperta.
[Ottavo venerdì]
Era buio. Sentiva voci lontane e
flebili, e un lieve pizzicore alla testa; ma dove era? E dove era quel buono a
nulla del suo fidanzato quando serviva? Ma gliel’avrebbe suonate non
appena l’avrebbe visto, oh, sì –stupido idiota di un Nara,
buono solo a dondolarsi su quella stupida amaca…
«Temari?»
Fannullone, testardo, pigro, che
cosa diavolo se l’era scelto a fare…
«Va tutto bene. Sta inveendo
contro Shikamaru, è tornata in sé» borbottò Ino,
ridacchiando.
Stupido ragazzo, e lei che si
angosciava così tanto per lui, e lui che la ricambiava così… Urlarle quelle cose,
in pubblico! A lei, poi! Se Kankuro avesse saputo qualcosa…
«Certo però che ha
proprio una brutta faccia. E guardale i capelli, quante doppie
punte…»
«Mai visto uno specchio,
tesoro?» s’intromise la diretta interessata, aprendo gli occhi. Ino
sorrise, rivolgendo a Sakura uno sguardo di superbia.
«Visto? Ti avevo detto che
stava bene.»
E si sedette, soddisfatta. Temari
stava per replicare qualcosa –non le era andata giù quella battuta
sulla sua faccia- ma lo sguardo indagatore di Sakura la bloccò:
iniziò a farle una visita medica accurata. Nel frattempo, Temari si
guardò intorno: erano nella tenda dove lavorava la Haruno. Molti
pazienti erano distesi alla bell’e meglio su alcune brandine, e
così anche lei; un leggero lenzuolo la copriva.
In effetti, in sei mesi di assidua
guerra Temari non aveva potuto non domandarsi come ancora non fosse finita in
un ospedale. Il giorno prima –ma che giorno era quello, in effetti?- la
loro divisione aveva subìto un enorme attacco a sorpresa da parte delle
truppe nemiche; era dalla sera precedente che continuavano a combattere nelle
immediate vicinanze dell’accampamento. Sakura e Ino avevano combattuto a contro
due potenti ex Mukenin della Nuvola ricomparsi grazie all’incantesimo di
Madara; lei e altri ragazzi se l’erano invece vista con circa cinquecento
copie di Zetsu. Il suo ultimo ricordo era di Kamatari, la sua donnola, che
faceva razzie di umani e copie…
«E’ tutto
apposto… più o meno. Ti sei rotta una costola e un braccio, ma te
li ho aggiustati con il mio chakra; hai però perso moltissimo sangue
alla testa, è per questo che sei svenuta… Hai preso una bella
botta, Temari-san» disse infine Sakura, distogliendo il fastidioso
sguardo su di lei e rimettendo le bende a posto.
La ragazza si tastò il capo
lì dove le faceva male: vi trovò una grossa benda che copriva
quella che sembrava una sutura. Non aveva minimamente male al braccio o alla
costola, sebbene a ben guardare fosse coperta di lividi proprio in quei due
punti. Temari guardò l’altra: ancora una volta, la sua esperienza
aveva salvato un membro della famiglia Sabaku… da quando aveva avuto
quella conversazione privata con lei, Sakura le andava molto più a
genio.
«Grazie, Sakura.» mormorò
solamente. L’altra sorrise; aveva un labbro spaccato e un profondo livido
sotto l’occhio sinistro… pareva anche molto pallida e meno vivace
del solito.
«Oh, mi è parso di
sentire anche un “grazie Ino per
avermi trovata e portata dal maiale rosa”! Sakura, non l’hai
sentito anche tu?»
Temari assottigliò gli
occhi… e rise. Era un fenomeno talmente raro e inaspettato, soprattutto
in guerra e nelle condizioni in cui la ragazza versava, che Ino rimase a bocca
aperta.
«Be’, prego, Ino» mormorò poi.
E anche Ino, in fondo in fondo,
doveva ammettere che non era tanto male… voleva spesso apparire frivola e
capricciosa, ma molto meno di quanto in realtà lo fosse; litigava con
chiunque, da Temari a Sakura a Shizune, ma sapeva –in un qualche modo
bizzarro e incomprensibile- farsi volere bene; e inoltre era…
Ma perché Sakura era
così pallida? E perché non aveva risposto alla provocazione di
Ino? E poi…
«Insomma, mia cara rivale, ci
hai fatto stare così tanto in pensiero! Ah, io e la cozza rosa abbiamo
sconfitto i due rozzi, ovviamente, e senza tanti pensieri; e adesso godiamoci
un po’ i festeggiamenti, che ne dici…? » blaterò Ino,
a una velocità impressionante, continuando a guardarla e a sorridere.
Afferrò poi una piccola bottiglia vicino a lei, si alzò dal
cuscino su cui era seduta e le si avvicinò. «Abbiamo vinto una
grande battaglia! Saranno stati almeno cinquecento! Prendi il sakè, te
ne ho portato un po’…»
Temari non ne aveva molta voglia,
ma accettò di buon grado: il sakè le piaceva… inoltre aveva
parecchio mal di testa, e sapeva che Ino –che era testarda quasi quanto
lei- non l’avrebbe mollata finché non avrebbe bevuto quel liquore
che lei le aveva portato a discapito dell’integrità dello smalto
delle sue unghie… la cicatrice sulla nuca le pizzicava da morire… era
parecchio intontita… Un lieve rumore lontano indicava che i
festeggiamenti per la vittoria erano ancora in atto; si sentiva la musica, gli
schiamazzi dei suoi compagni, il pavimento calpestato per le danze…
Bevve il sakè dato da Ino:
un lieve benessere si diffuse nel suo corpo malconcio: avevano davvero vinto
una battaglia, e lei aveva dato una valorosa mano alla situazione…
Guardò la finestra: era notte fonda…
Già, era notte… era
notte… notte, ma di che giorno?
«Sakura» fece
d’un tratto, tornando improvvisamente pallida come un quarto d’ora
prima «ma che giorno era oggi?»
Sakura e Ino impallidirono. Era
evidente che era proprio quella la
domanda che meno volevano fosse fatta.
«In… in che senso,
Temari, scusa?» borbottò Ino, arrossendo lievemente, e sorridendo.
«In quale senso, secondo te?! Ho dormito per parecchio tempo… e adesso
è notte. Che giorno è stato, oggi? Oggi, il giorno della
battaglia, che giorno era?!»
Le due si guardarono velocemente.
«Be’, non lo so,
non… non ricordo…» continuò la prima, sempre
guardandola con cortesia; Sakura sembrava incapace di parlare. Temari
andò su tutte le furie: odiava essere presa in giro, e ancora di
più odiava essere trattata come una debole… voleva riscuotersi da
quella sonnolenza…
«Non prendermi in giro, idiota!
Era venerdì, oggi, non è vero?!» sbottò.
Ino stavolta non resse:
ammutolì. Il suo silenzio fu per Temari più pesante di un
insulto: si prese la testa fra le mani, intontita.
«Sì… sì,
era venerdì. Ma… loro…
non sono tornati.» annunciò infine Sakura, sempre più
pallida.
Fu allora che Temari fu
attanagliata dalla paura:
dov’era Shikamaru, che fine aveva fatto? Perché quel
venerdì non erano tornati come sempre, per poi sparire dopo quattro
maledette ore? Perché, perché non era passato da lei…?
L’ultima volta che si erano visti avevano litigato, si erano anzi proprio
lasciati: e se l’ultima cosa
che lei gli avesse urlato erano quelle brutte parole, e se lui fosse…?
«Ma… ma non vuol dire
niente» ribattè Ino, rivolta a se stessa e a entrambe
«domani manderemo un messaggio all’Hokage… e… e vedrete
che ci dirà che lei stessa aveva programmato questa cosa, insomma, e che
questa settimana non dovevano proprio tornare. Vedrete…»
[Quarto venerdì]
«…E un brindisi alla
mogliettina più brava di tutte, nonché la più
brutta!»
Ino non fece in tempo a finire la
frase che Sakura le diede un poderoso calcio sotto il tavolo.
«Cozza, zitta!»
borbottò poi, facendole una linguaccia, e riprendendo a ridere.
Lei, Ino e Temari si erano concesse
un pomeriggio di riposo dagli obblighi dell’accampamento, e adesso
stavano brindando nella piccola cucina (situata accanto alla tenda che le tre
dividevano) con il poco sakè rimasto loro.
«Ah, ma se continui
così, cara mia, tu e il biondino sarete secondi solo a Temari e
Shikamaru come pucci pucci…
E’ o non è vero, eh?» disse poi Ino, vivace come ogni
venerdì, guardando la diretta interessata. Quest’ultima
sbuffò e fece un ironico sorriso, che non si allargò tuttavia
agli occhi freddi.
«Non volevo farti ridere,
volevo farti parlare» ribatté la prima, civettuola.
«Ma neanche per sogno, mia
cara…» fece lei, continuando ancora a sorridere falsamente.
«Oh, andiamo, Temari-san!» fece poi Sakura, alzando gli occhi al
cielo. «Potresti anche confidarti
un po’!»
Temari la guardò. Ma come
diavolo le era venuto in…
«Guardi sempre me e questa
qui» e rivolse una breve occhiata di sfida alla biondina accanto a
sé «come due spine nel fianco. Ma si dà il caso che anche
noi siamo coinvolte in questa dannata storia almeno quanto te… o non
è vero?»
Lei la guardò. Non era un
ragionamento del tutto arbitrario… e non ci aveva mai pensato; aveva
sempre reputato che fosse l’unica a star male, e parecchio, per quella
situazione. Non disse niente; il suo orgoglio però urlava.
«Sappiamo di essere
casiniste, ecco» continuò il ninja medico, tranquillamente, mentre
sorseggiava un po’ di sakè «ma è l’unico modo
per non… farsi risucchiare da questo ambiente, e da questa
atmosfera… che bisogno c’è di tenere il muso? Già siamo
in guerra, e già va abbastanza male la situazione in generale… non
è meglio distrarsi fra amiche?»
«Fronte Spaziosa ha
ragione» confermò l’altra, continuando a mangiare cioccolata
(la sua dieta quel giorno aveva deciso di prendersi una pausa). «Per
carità, siamo parecchio diverse, ma ci conosciamo da tanto, e si
dà il caso che tu sia la ragazza del mio stupidissimo migliore amico,
perciò è come un dovere per
me essere gentile con te… più o meno.»
Lei le guardò ancora. In
effetti, non c’era proprio alcun motivo per cui dovesse ostentare quella
superbia o freddezza nei loro riguardi… no, non c’era proprio
motivo. Sakura aveva ragione: già la situazione andava tanto male, che
bisogno c’era di peggiorarla volutamente? Era anche vero che lei non
aveva mai avuto amiche strette o intime relazioni femminili; inoltre le due
erano piuttosto diverse da lei… Ino era frivola e sciocca, Sakura
infantile e spesso inutile; però… forse, erano entrambe qualcosa
in più… Sakura aveva salvato la vita di suo fratello una volta, e
lei se lo ricordava ancora benissimo; senza di lei, Kankuro sarebbe morto. E
non era stata la Foglia ad essere attaccata proprio da loro? Gaara non aveva
causato molti guai, quando ancora era incontrollabile? E, volente o nolente,
Shikamaru voleva davvero molto bene a Ino…
«Be’…»
mormorò, distogliendo lo sguardo da entrambe. Per la prima volta in vita
sua, era totalmente a corto di parole. Decise di prendere il toro per le corna,
e così abbozzò un sorriso (era venerdì, doveva essere
felice, che diamine, il suo amore sarebbe
arrivato da lì a due ore) e disse:
«Ino, che diavolo è
questa storia del pucci pucci mio e
di quell’altro?»
L’altra capì al volo e
sorrise, radiosa.
«Andiamo, siete sempre
incollati! Non vi si può separare un minuto, e o vi sussurrate paroline
dolci oppure litigate come due tredicenni!»
Se avesse saputo come si facesse,
Temari sarebbe arrossita del tutto; invece, le sue guance si tinsero di un
leggero rosa.
«Ma te le sogni, certe
cose?!» disse, prendendo altro sakè.
«Oh, andiamo, è quel
che dicono tutti! Siete sdolcinati e zuccherosi da far venire il diabete…
e poi…»
E continuò così per
un buon quarto d’ora; e Temari non sapeva se era il sakè, il fatto
che fosse venerdì o l’aver trovato due amiche, ma non negò
né smentì; risero, si presero in giro e continuarono a mangiare
finché non si alzarono di scatto, avendo sentito i soliti passi pesanti che
varcavano la soglia della tenda vicino a quella cucina.
[Nono venerdì]
Varcò ancora quella
maledetta tenda lisa, ancora zuppo e sporco e stanco; ma dentro non
trovò la solita testa bionda ad aspettarlo. C’erano invece decine
e decine di ragazzi che giocavano a freccette, a carte o a shoji; ma lei
lì non c’era. Richiuse velocemente i lembi e andò altrove,
sbirciando più e più volte dentro altri tendoni…
finché non la trovò in una stradina laterale
dell’accampamento. Lei, vedendolo, evidentemente si forzò a non
corrergli appresso o a non buttargli le braccia al collo; lo fissò,
sperando in qualcosa… e in effetti fu proprio lui a correre verso di lei
e ad abbracciarla.
«Come stai?» le chiese.
Lei si sottrasse
dall’abbraccio e lo studiò, ancora.
«Ho… ho sentito che eri
stata ferita…» continuò Shikamaru, quasi fosse una scusa.
«Sto benissimo.»
replicò lei, ferma. «L’altra volta mi volevi lasciare, e ora
solo perché sono stata ferita fai così? Io la tua pietà
non la voglio.»
Fece per girarsi e andarsene; lui
la trattenne per un polso.
«L’altra volta abbiamo
subito un’imboscata… stavo per morire.» continuò lui.
Lei notò che tremava visibilmente; era pallidissimo e veramente molto
magro.
Ma cosa aveva? Perché non si
confidava con lei, non… non le parlava? Aveva un problema, e questo era
evidente… e se…
«Io… io, io ho
sbagliato… io… in quel momento ho pensato a mio padre, a mia madre,
ad Asuma… e ho pensato a te…
io non ce la faccio, non ce la faccio, non posso… stare… senza di
te.»
Lei guardò altrove… ma
perché diamine era dovuto accadere tutto a loro? L’Hokage non
poteva scegliere qualcun altro per quella banale missione? E… e non
poteva scegliere anche lei? D’altra parte facevano solo la guarda a
Naruto, no? Perché, perché le cose dovevano andare
così…
«Ti amo, Tem.»
Che strano: adesso la sua spalla
era zuppa, ma quella era una delle rare giornate di sole…
[Quinto venerdì]
Naruto gli si sedette davanti e lo
guardò, con i suoi occhi grandi e sinceri; lui deglutì.
«Gliel’hai
detto?»
Shikamaru sospirò. Era
mattina, e loro tre erano nell’unica stanza di quel vecchio edificio
ammuffito; Yamato era andato in giro.
Odiava quel posto, odiava quella
missione, odiava quei continui viaggi, e odiava lo stress…
«Non ancora.»
Anche l’altro sospirò.
«Dovresti.»
«Non ce la faccio,
Naruto.»
L’altro sorrise, piano.
«Non ce la fai a dire alla
tua ragazza che forse morirai per la guerra? Ogni ragazza sogna di sentirselo
dire… è una cosa molto eroica.»
Ma l’altro
s’alzò di scatto e prese a battere ripetutamente un piede a terra;
non ce la faceva, non ce la faceva, che diamine… e quei due lì
continuavano a rimbeccarlo, e… e lui non si stava per niente comportando
da uomo… aveva un groppo al cuore, e non riusciva a capacitarsene; se
l’avesse visto suo padre, o Asuma, che cosa –
«Shiakamaru, sei un
codardo.» disse tranquillamente Choji, alla destra di Naruto.
L’interessato si girò di scatto, fulminandolo.
«Codardo?!»
«Oh, sì.»
replicò l’omone, pacato. «Io e Naruto abbiamo detto a
chiunque che questa missione era pericolosa, e che con tutta probabilità
ci avremmo rimesso le penne… e tu l’hai detto a tutti, tranne a tuo
padre, tua madre, e Temari. I primi due sono al Quartier Generale della Foglia,
e va bene… ma a Temari, perché non dirglielo?»
«Non… non voglio che si
preoccupi… ha già due fratelli nella guerra, non le serve un
fidanzato che… che…»
“…che probabilmente morirà”, pensò.
«Questo ragionamento è
perfetto» intervenne Naruto «io stesso a Sakura ho solo accennato
della pericolosità della nostra missione, ma… ma tu di tutti sei
quello che rischi di più… e sei tu che ti sei proposto, no? Tu
combatterai in prima linea, e dietro avrai me…
in versione Kyuubi. E, insomma… perché almeno non le hai accennato
quanto può essere pericoloso? Praticamente le hai detto che tu e Choji
semplicemente mi controllerete come un cane!»
Ma Shikamaru aveva un
presentimento, un brutto presentimento, che non lo faceva dormire, respirare o
vivere: era perennemente inquieto, di malumore, ben lontano dal vecchio
Shikamaru che dormiva su un prato…
Forse doveva lasciarla… era
stata una follia, una follia a mettersi insieme durante la guerra… e
pensare che aveva insistito lui! Che
idiota… non se la meritava proprio… Per quale motivo continuare
ancora la loro relazione, se tanto si vedevano e così poco –no,
anzi, se lui sarebbe morto?
Non aveva nessun senso, proprio
nessun senso… doveva prendere una decisione in fretta… era giunto
il momento di comportarsi da uomo. Doveva lasciarla, per il suo bene.
«Promettimi che glielo
dirai.» parlò poi Naruto: era serissimo.
Shikamaru digrignò i denti.
«Lo farò.»
«La prossima
settimana.»
«Cercherò…»
[Primo venerdì]
«Siamo sicuri che sono
proprio loro i ragazzi di cui
parlavi?»
L’Hokage si girò verso
i tre ragazzi di fronte a sé; li guardò, tutti e tre. Era
orgogliosa di loro.
«Raikage, questi sono i
nostri migliori elementi» proruppe lei, sorridendo con compiacenza.
«Nara, Akimichi e Uzumaki, le sorti della guerra sono nelle vostre mani.»
A queste parole, i tre
impallidirono; Shikamaru abbandonò l’espressione annoiata, Naruto
smise di prenderlo in giro e Choji finì di sbadigliare.
«Hokage… sapevamo che
dovevi parlarci di una certa missione… ma non pensavamo fosse così
importante» disse Naruto, quasi per scusarsi per il loro aspetto
trasandato o per il loro ciondolare. Il Raikage lo guardò; lui sostenne
il suo sguardo senza timore.
Tsunade si alzò e si
approssimò loro; sembrava così tanto più vecchia rispetto
all’inizio della guerra…
«Voi tre formerete un
gruppetto speciale» disse «che viaggerà di settimana in
settimana. Naruto, tu sarai la punta di diamante della missione… e voi
due lo accompagnerete, insieme a Yamato, e sconfiggerete Madara. Questo
è il piano.»
Choji tossì, impacciato.
«Madara? Madara Uchiha?» chiese, boccheggiando. «Voi volete
davvero che noi tre sconfiggessimo Madara?»
«Tsunade, è una
follia, è solo una follia!»
s’intromise il Raikage, battendo un pugno sulla scrivania davanti a
sé. «Non ce la faranno mai a sconfiggere Madara, anche se
–come vai ripetendo tu!- sono forti! E’ fuori discussione, dobbiamo
mandare un gruppo di ninja più anziani ed esperti! E poi…»
Ma lei lo fulminò con uno
sguardo e lo fece zittire; si rivolse di nuovo ai tre.
«Abbiamo trovato dove si
nasconde. Abbiamo già inviato due truppe a combatterlo… ma entrambe
le squadre non hanno avuto sopravvissuti. Siete la nostra
speranza…»
«Cosa dovremmo fare?»,
disse Shikamaru, che fino a quel momento era rimasto in silenzio; guardò
intensamente la donna, e annuì, piano.
«Abbiamo una tattica. Voi tre
vi muoverete una volta a settimana… Madara ha inviato un enorme
battaglione, che sarà qui fra due mesi circa, perché sa che qui
si nasconde Naruto… è lui che Madara vuole» spiegò la
donna, soffermando lo sguardo ora sull’uno, ora sull’altro.
«Vi sposterete in continuazione, e tornerete qui una volta a settimana,
diciamo di venerdì, cosicché Madara non sappia dove si nasconda
il cercoterio; e, qualora venisse a saperlo, non riuscirà a muoversi
abbastanza in fretta, perché cambierete continuamente postazione ogni
due o tre giorni. Noi saremo qui e attenderemo la parte dell’esercito; di
questo voi non dovete preoccuparvi.»
E fin qui, non c’erano
problemi; ma come avrebbero fatto a sconfiggere Madara? Shikamaru
tamburellò le dita su una coscia, nervoso.
«Vi allenerete tutti e tre
insieme per superare al meglio la missione… Naruto, tu riesci già
a controllare il Kyuubi, grazie all’aiuto di Killer Bee, non è
vero?»
Il ragazzo annuì, guardando
poi il fratello del suo mentore; erano uguali.
«Ho fatto notevoli passi
avanti… ma non riesco a controllarlo ancora completamente. Ogni tanto,
specie se sotto pressione, perdo il controllo… e… e Nonna, io ho
paura di non farcela. Io odio
quell’uomo.» digrignò i denti e si morse un labbro, pensando
ciò che gli aveva raccontato sua madre tempo addietro. «Ha ucciso
i miei genitori… ed è stato lui a causarmi questa maledizione. Ho
paura che vedendolo perderò il controllo…»
Sia Shikamaru che Choji rimasero a
bocca aperta: Naruto non aveva mai parlato dei suoi genitori... ma che
diav–
«Yamato sarà lì
per questo» rispose Tsunade, sfoderando un sorriso materno. «Voi
tre combatterete assieme, e sconfiggerete Madara… in quindici
settimane… io so, lo so che ci
riuscirete. Shikamaru, tu sarai il capitano» e fece uno scatto con la
mano per bloccare l’intervento del ragazzo, che aveva aperto la bocca
«e non accetto scuse. Choji, tu segui ciò che Shikamaru ti
dirà e andrà tutto benissimo: voi due siete compagni da piccoli,
vi conoscete alla perfezione, e sapete l’uno i punti deboli
dell’altro. Naruto, tu combatterai Madara nella versione Kyuubi;
Shikamaru lo immobilizzerà con la sua tecnica e tu lo stenderai.»
Calò il silenzio.
«Tutto qui? Sarebbe questo il
piano?» criticò Nara,
aspro.
Lei lo fissò: evidentemente,
era proprio la reazione che si aspettava da lui.
«Oh, be’, per quanto mi
riguarda, il piano è davvero tutto qui… ma altrimenti tu a cosa
serviresti, Shikamaru?»
Il raikage schioccò la
lingua contro il palato, evidentemente ancora scettico; il ragazzo
sbuffò. Si profilava all’orizzonte una rogna di dimensioni
incredibili, ben più grande, forse, di tutta quella guerra… si
grattò la testa, stanco; sapeva che le settimane successive sarebbero
state di fuoco.
«Prima che entri nei dettagli
della strategia da utilizzare, tuttavia» riprese l’Hokage, tornando
alla sua scrivania, e assumendo adesso un’espressione molto seria
«voglio che conosciate i rischi cui andrete incontro. E’ una
missione di livello ben più alto della S… dovrete lottare contro
una leggenda.» deglutì, appoggiando i gomiti sulla superficie del
tavolo e incrociando le braccia al petto. «Probabilmente… uno di
voi, o forse di più, morirà. Pretendo che avvertiate tutti i
vostri cari della pericolosità della missione… mi sono
spiegata?»
Li guardò ancora; e…
Shikamaru si era sbagliato, o i suoi occhi chiari avevano indugiato su di lui
un secondo di più rispetto agli altri?
Un’ora dopo, Shikamaru
uscì dalla tenda dell’Hokage, salutò Choji e Naruto
(pallidi almeno quanto lui) e si diresse verso la sua abitazione. Girò
un po’ per le vie dritte e parallele dell’accampamento, le mani in
tasca e la sigaretta in bocca, per trovare ispirazione; di tanto in tanto si
fermava per osservare il cielo e per sbuffare.
Si grattò un lato della
testa, impacciato… diamine… questo sì che sarebbe stato un
problema… Non ci voleva, non ci voleva proprio. Non che non ne avesse
voglia; era anzi allettante (e non
seccante) escogitare una strategia per sconfiggere Madara, ma…
La veduta dell’oggetto dei
suoi pensieri bloccò il suo monologo interiore. Si trovava proprio fuori
la tenda che condivideva con Ino e Sakura.
«Seccatura» esordì,
accostandosi a lei «devo parlarti.»
Ella si girò col solito
sorrisetto ironico.
«Sei incinto?!»
borbottò, per poi ridacchiare; la vista della sua faccia tuttavia le
gelò il sorriso.
Shikamaru le raccontò del
colloquio con l’Hokage; era quasi arrivato alla questione centrale che
lei lo bloccò.
«Devi partire?!» fu
solamente capace di dire. «Per andare dove? Ma che storia è
questa?! …Tu che cosa le hai detto?»
Egli si rabbuiò. Ma che
andava farneticando?
«Io le ho detto che
andrò, è ovvio» rispose, cauto.
Lei sgranò gli occhi.
«Sei impazzito?! Siamo in
guerra, e voi ve ne andate a zonzo?! Ma così vi prenderanno molto
più facilmente!» berciò. Aveva alzato la voce: non era da
lei. «Per fare cosa poi, la guardia a Naruto? Lui ha il kyuubi dentro di
sé, non c’è alcun bisogno che vi preoccupiate per lui, sa
badare a se stesso splendidamente!»
In effetti, lui non aveva finito il
suo discorso, e in questo modo sembrava proprio che lui e Choji dovessero
semplicemente scortare Naruto da un posto all’altro, onde evitare che
Madara scoprisse dove fosse; e così lei aveva capito. Shikamaru
esitò… doveva andare avanti, doveva dirle che in verità si
sarebbero allenati e avrebbero affrontato proprio la causa di tutti i loro
problemi e di quella guerra? Oppure…
«Lo so benissimo, e lo sa
anche lui» ribatté il ragazzo, mentre ragionava freneticamente
«ma è così che
l’Hokage vuole, e… e vuoi che Madara lo prenda, vuoi che arrivi al
suo progetto finale prendendo tutti i cercoteri? Bee è al sicuro, ma
Naruto no. Dobbiamo proteggerli entrambi, Temari.»
Lei pestò un piede a terra.
Ma che le stava accadendo? Sembrava inquieta e ansiosa; non era da lei
scaldarsi così tanto; lo stava guardando male… Shikamaru
ansimò.
«Ma che cosa diavolo ti
prende?!» chiese poi, disdegnando il suo comportamento.
«Tu non puoi partire! Non
puoi… lasciarmi sola, qui, in questo schifo!»
iniziò lei, spalancando le braccia. «Che sciocchezza è
questa? Avevamo detto che avremmo combattuto in guerra insieme!»
«Lo avevamo detto, è
vero… ma ora la situazione è ben diversa! Ma non capisci? Naruto
è uno dei miei migliori amici! E c’è Choji con lui!»
Lei girò in tondo,
frenetica; sembrava incapace di star ferma.
«Temari, Temari…» mormorò lui, piano, prendendola per le
spalle. «Ma che cos’hai?»
Parve calmarsi un po’;
sospirò, appoggiando la fronte sulla sua spalla.
«Io… io non ho nessun
altro a parte te, i miei fratelli sono chissà dove… e
chissà se sono vivi…» e di nuovo si arrabbiò,
guardandolo male. «E io qui sono fottutamente sola! Non puoi partire,
Shikamaru, non puoi!»
Lui rise, una risata amara.
«Sei sola?! Ma se sono secoli che Sakura o Ino tentano di fare amicizia
con te! E tu le disdegni, o non è vero? E comunque, non mi pare che tu
abbia mai avuto problemi a farti amici! Ma che cos’hai, Temari, che cos’hai?»
ripeté.
«Quelle due sono due
ragazzine, non voglio averci niente a che fare» iniziò, iraconda,
per poi riprendere fiato e bloccarsi. Si passò una mano fra i capelli
sciolti; chiuse gli occhi ed espirò. Era stanca.
«Hai… hai ragione
tu…»
Calò il silenzio. I due non
si guardavano.
«Partiremo fra due
giorni» disse l’altro, tanto per allentare la tensione «e
torneremo venerdì… Temari, sono solo sei giorni di lontananza, non
è niente di che. Ci vedremo una volta alla settimana, e durerà
solo per quindici settimane, insomma… probabilmente sarà
più pericoloso per te stare qui.» Deglutì, e si
sforzò di sorridere. «Io devo solo fare la guardia a un
deficiente, non è proprio niente di che.»
Lei s’avvicinò e lo
abbracciò; sbuffò.
«Portami con te»
mormorò.
Lui l’abbracciò a sua
volta; aveva un nodo alla gola.
«Non è possibile, lo
sai.»
Temari neanche provò a
ribattere; rimasero un bel po’ così, semplicemente abbracciati,
senza dire niente.
«Preferivo quando litighiamo.
Almeno lì ho ragione io.»
Lui sorrise. Eh già...
[Decimo venerdì]
Quei baci, quegli abbracci, quelle
parole sussurrate… che cos’altro potevano significare?
Lei lo amava, lo amava davvero.
Aveva ventuno anni, era giovane… ma lui, lui era l’uomo della sua
vita. Lo amava più di se stessa… era così perfetto,
così meraviglioso, così bello… era Shikamaru… era tutto per lei.
E anche se c’era una guerra,
anche se questa sarebbe continuata per ancora molto tempo, anche se nelle
ultime dieci settimane a conti fatti non lo aveva visto per neanche quaranta
ore… a lei, incredibilmente, andava bene così.
Aveva cambiato la sua vita…
Era stata spesso fredda, insensibile, spietata, cattiva… ma da sei anni a
quella parte, da quando aveva aiutato quel dodicenne in quella folle missione
(o forse quando era stata battuta da lui qualche mese prima) era cambiata.
Non aveva mai pensato che avrebbe
mai potuto bisbigliare al buio certe parole, ma… Lei lo avrebbe amato per
sempre… perché per sempre sarebbe durato…
[Undicesimo venerdì]
Era vero, ancora non gliene aveva
parlato, ed era passato un mese ormai dalla promessa (o insomma, quel che era)
fatta a Naruto; e tuttavia… come diavolo poteva dire a quegli occhi gonfi
e affaticati che la missione di cui
lui aveva parlato era in realtà molto più complicata e pericolosa
di quel che sembrava? Non poteva farcela…
E inoltre, insomma, mancavano
solamente quattro settimane… quattro settimane, e la guerra sarebbe
finita. Naruto andava alla grande negli allenamenti; procedeva davvero
bene… e chissà, magari ce l’avrebbe fatta… magari
avrebbero davvero vinto, magari la sua sensazionale strategia avrebbe
funzionato…
Ogni volta che oltrepassava quella
porta, poteva lasciare indietro i suoi guai; in quelle quattro ore, in quel
magnifico giorno, poteva essere davvero un altro… Quando era partito la
prima volta per quella missione, non sapeva ancora bene quanto sarebbe durata
ancora la sua vita; ora, invece, era pienamente convinto di tutto… aver
solo pensato di lasciarla era stata una scelta straziante… ci aveva
provato, aveva davvero cercato di lasciarla andare… ma non era più
possibile, era troppo… immischiato
in quella situazione –e con enorme piacere…
Era cocciuta, testarda, orgogliosa,
tignosa, superba e arrogante… ma era Temari. Era la cosa più bella
del mondo, era l’unica cosa vera… l’unica cosa per cui ancora
valeva la pena combattere. La amava, non c’erano altre parole… e il
venerdì era un giorno così perfetto, e così
meraviglioso…
[Tredicesimo venerdì]
«Shikamaru, dai, dobbiamo
andare…»
Come ogni maledetto venerdì,
era stato il suo buon vecchio Choji a riscuoterlo dal paradiso di quelle
quattro ore; lui s’alzò dall’amaca, lasciando sola la
ragazza con cui la condivideva, si stiracchiò e raccolse le sue poche
cose. Andò alla sua tenda, si lavò, si sistemò un attimo e
uscì; era pronto a partire. Trovò Temari proprio fuori al suo
uscio, come ogni volta.
«Ci vediamo fra una
settimana» mormorò lui, fintamente annoiato. «Non darti
troppo alla pazza gioia, eh.»
Ma lei non rispose alla
provocazione. Era strano; ultimamente le cose stavano andando davvero molto
meglio. Da quando, un mese prima, avevano fatto pace, il loro rapporto era come
rinato: erano tornati la vecchia coppia che si sfotteva e che scherzava
continuamente; e lui aveva creduto che ce l’avrebbero potuta fare…
ma quel giorno Temari era più bianca del solito, e si stava torturando
il labbro inferiore; non lo guardava.
«Non andare, almeno per stavolta»
gli disse improvvisamente, guardandolo negli occhi. «Almeno stavolta, ti
prego… ho… ho un brutto presentimento.»
Lui sbuffò.
«Oh, ancora la tazza da te
che si è crepata? Andiamo, l’avrai stretta con la tua solita
grazia, e si sarà rotta» borbottò, ridendo.
Ma perché la situazione si
era capovolta? Di solito era lui che cercava di essere serio, e lei che
scherzava; adesso invece lei sembrava mortalmente preoccupata.
«Dimmi che andrà tutto
bene.» disse poi.
«Temari, ma mi stai gufando,
per caso? Guarda che se mi porti jella –»
Lei non ci vide più; lo
prese per la collottola e lo strattonò, forte.
«Shikamaru, sono seria. Dimmi che andrà tutto bene.»
Lui distolse lo sguardo, e
deglutì.
«Manca poco, dai» disse
invece «…tre settimane, e sarà tutto finito. Pensa a questo,
e…»
«Dimmelo.»
Lei lo guardava, sostenuta.
«…Tem, ti amo, lo
sai?» disse solo. E la baciò; fu come rinascere, come se fosse
ancora la prima volta… la strinse a sé, la avvolse con le sue
spalle… e quanto avrebbe voluto che quel momento durasse per
sempre…
Restarono così per un
po’, finché la voce di Choji non si fece più insistente. Egli
prese il suo zaino e si avviò; un po’ di vento sollevò la
sabbia dal pavimento sporco dell’accampamento, soffiandogli nelle
orecchie.
Temari lo guardò andare via.
Shikamaru pensò che non le
aveva detto quelle parole che sperava sentirsi dire.
[Quattordicesimo venerdì]
Pioveva, ancora.
Lei pensò che in quegli
ultimi mesi non aveva fatto bel tempo che in qualche giorno: aveva continuato a
piovere ininterrottamente, continuamente, senza sosta… Era così
bello stare sotto lo scroscio dell’acqua, senza dover parlare o sentire o
pensare…
Naruto la guardò, pallido.
Era zuppo dalla testa ai piedi; aveva un braccio fasciato, una orrenda
cicatrice sotto l’occhio, un labbro spaccato; tuttavia, pur con il viso
così tumefatto, le sorrise.
«Temari» disse
«entriamo dentro, dai…»
Lei lo guardò. Non ne aveva
proprio voglia…
Da lontano, si udirono i fischi e
le grida provenienti dal capannone principale, lì dove una volta
c’era la sua amaca preferita;
stavano tutti festeggiando la fine della guerra, cantando, ballando,
urlando…
Quello era un venerdì, era
vero; doveva essere un giorno bello… ma non lo era, e non lo sarebbe mai
più stato. E allora perché tutti festeggiavano e cantavano e
ballavano? Perché il mondo non si era fermato, perché il cielo
non era imploso, perché tutto continuava ad andare come sempre, quando
niente sarebbe più andato per il verso giusto? Che senso aveva?
Naruto e Choji erano appena
tornati; e, con loro, Kankuro, Gaara, gli altri due Kage e tutti i
sopravvissuti della Seconda Divisione. I primi due, quando lei un’ora
prima era corsa loro incontro, l’avevano semplicemente guardata, e
l’avevano semplicemente abbracciata; lei s’era accasciata al suolo…
allora era vero, era vero quel che le avevano detto…
Shikamaru…
«Temari, Temari» aveva urlato Sakura nel suo orecchio, scuotendola, cercando
di superare il frastuono della pioggia «va… va tutto bene, va bene,
dai…»
Lei non la guardava: osservava
Naruto. Stava piangendo con tutte le sue forze, in ginocchio sul fango,
battendo i pugni per terra; urlava, singhiozzava e imprecava. Era come se
avesse perso un fratello, come se Sasuke se ne fosse andato di nuovo…
Un tocco leggero alle spalle la
ridestò dai suoi pensieri: fu issata in piedi da Choji. Kankuro la
guardava, preoccupato.
«Devi essere orgogliosa di
lui» disse il primo, pallido almeno quanto lei, e tumefatto al volto
più di Naruto. «E’ morto da eroe. Ci ha salvato
tutti.»
E poi fu un turbinio di grida, di
suoni, di pacche sulle spalle, di carezze e di sguardi apprensivi; Temari
pensò che non avrebbe retto, che il cuore le sarebbe esploso; e invece
resse benissimo, e le ore passarono, e le lacrime in qualche modo furono
riassorbite, sostituite subito da nuove…
Ma era venerdì. Doveva
andare tutto bene.
[Quindicesimo venerdì]
Temari non ricordava molto di
quella settimana passata. Aveva un gran mal di testa… In quel momento avrebbe
dovuto essere in una riunione con i suoi due fratelli, e invece c’era
andato solo Kankuro, dopo averle preparato la colazione ed averle schioccato un
bacio sulla fronte; in quel momento avrebbe dovuto festeggiare la fine della
guerra, visto che Madara era morto –l’aveva ucciso proprio lui…
Naruto le era accanto; lui, Sakura,
Ino e i suoi fratelli non la mollavano mai. Un tempo, questo le avrebbe dato
fastidio; adesso, invece, la faceva stare molto meglio…
«Com’è
accaduto?» gli chiese quel giorno, d’improvviso, mentre sorseggiava
il tè verde preparato da Kankuro (era ottimo, ma non l’avrebbe mai
e poi mai ammesso).
L’altro strabuzzò gli
occhi.
«Sei… sei sicura
di…?» iniziò, ma lo sguardo fermo e sostenuto di lei
dardeggiò; capì che sarebbe stato inutile temporeggiare.
Così, le raccontò di
quel che era successo esattamente una settimana prima: che loro, come da
missione, avevano veramente trovato Madara, e che Shikamaru l’aveva
bloccato con la sua tecnica d’ombra, mentre Naruto si trasformava.
Raccontò del piano preparato dall’amico in quei lunghi mesi
d’agonia, mentre erano sbattuti da una parte all’altra del mondo, e
di come l’avevano messo in pratica; raccontò di come avesse
salvato lui, Choji, Yamato e la squadra speciale venuta appositamente per loro,
distraendo Madara e facendo da esca…
E vedendo che Temari non rispondeva,
un dubbio lo assalì.
«Lui… non te ne aveva
parlato?»
«No.»
Non era arrabbiata o triste; aveva
capito da sola, in quei lunghi mesi, che la missione di cui Shikamaru le aveva
parlato era molto più di quel che lui aveva detto. Era un comportamento
così da lui che non se ne stupì: non avrebbe mai sopportato
causare noie, proprio lui che le odiava mortalmente. Anzi, in quel momento lo
ringraziò mentalmente –chissà, magari poteva vederla,
dovunque fosse, o forse era solo una sciocca speranza- per non averla fatta
angosciare ancora di più di quanto non fosse stata ansiosa e
intrattabile.
«E… senti, prima che
noi partissimo per la missione… mi ha detto di darti questo. Non so cosa
sia, non l’ho letto.»
Le mostrò un bigliettino
stropicciato, sporco e bagnato; neanche finì la frase che la ragazza
già lo aveva afferrato. Temari lo accarezzò con cura… quasi
potesse accarezzare la sua
mano… per la prima volta da una settimana, provò un unico momento
di eccitazione: aveva gli occhi lucidi, tremava, era bianca… lo
aprì immediatamente.
Seccatura, oggi è venerdì.
Quindi, “oggi” deve andare tutto bene…
intesi?
Guarda che sennò chiamo il caro Kanky… e sai
che come rompe lui non rompe nessuno, e sai anche che io ti terrò
d’occhio.
E adesso smettila di piagnucolare e ritorna la solita rozza,
eh? Che sennò poi sei troppo femminile e mi fai senso.
Mi raccomando. Oggi
è venerdì.
Crybaby.
Rise. Ma che idiota, insensato,
stupido ragazzo che si era scelta… stupido lui o cretina lei, difficile
dirlo.
Ma quel giorno era venerdì.
E il venerdì andava tutto
bene.
Monday you can fall apart
Tuesday, Wednesday break my heart
Thursday doesn't even start…
It's
Friday, I'm in love.
*******************
Ok, emmò basta xD Sono tre
giorni che vado a letto all’una (e ovviamente il giorno dopo ho lezione all’università
alle nove) e tre giorni che non faccio altro che scrivere… non ne posso
più O_O
Be’, che dire…
sinceramente, i primi due giorni ero veramente contenta della fanfic, mi
piaceva soprattutto questa cosa dei venerdì messi random (e che mi ha
fatto impazzire non poco o_O)… ieri e oggi ho iniziato ad odiarla, eh .-.
Ora, insomma, non so cosa pensarne. Spero ovviamente che a voi piaccia, ma
insomma, a me fa un po’ senso… avrei voluta renderla più
originale, insomma.
E sì, ho veramente fatto
quel che ho fatto .__. Infatti ho paura di quel che accadrà non appena
le mie adorate compagne nere leggeranno tutto ciò. Non vi arrabbiate, vi
prego ç__ç volevo solo mettermi alla prova scrivendo qualcosa di
diverso dalla solita commedia.
Ah ehm, se notate i venerdì
sono quattordici, e loro si vedono quattro ore ogni sette giorni… e la
parola “quattro”, in Giappone, si pronuncia come “morte”. *non mi dite che non vi
avevo avvertito*
Progettarla è stato molto
divertente; scriverla un po’ meno. Come detto, me la sono sparata tutta
in due giorni e mezzo, e adesso ne ho veramente fin sopra i capelli… mi
spiace per le sviste, ma ho riletto una sola volta: non ce la faccio
più, già controllare che coincidesse ogni dettaglio è
stato allucinante… o_o
E spero tanto che il romanticismo
(ogni tanto diabetico, ma era ciò che l’iniziativa voleva) vi sia
piaciuto. Ho fatto appositamente questo trucchetto dei venerdì diversi
per creare un bel po’ di climax. Infatti i primi venerdì sono un
po’ tranquilli, ma gli altri sono sempre di più… fino alla
fine.
Ah, quello che Shikamaru intende
con “oggi è venerdì”
è che (…ovviamente) il biglietto rimarrà per sempre
così, quindi sulla carta ogni giorni sarà sempre venerdì:
è una specie di esortazione affinché Temari consideri ogni giorno
come un venerdì, e che quindi sia ogni giorno felice. Cosa che lei fa,
perché è un po’ la sua ultima volontà… scusate
il pensiero criptico xD
E bon, basta u__u ho già
scritto troppo, direi (questa è la ventesima pagina!)…
Per favore commentate, che voglio un giudizio oggettivo e non snaturato da
mille ore passate al computer o da occhi totalmente a palla xD
Clahp