Primissima fanfiction su Replica del fandom italiano
♥
Una AAA/Regina one-sided, con accenni Zenri/AAA ♥
Spero che qualcuno conosca, perché questi quattro volumi
meritano davvero ♥
Lo dicono i cuoricini ♥
SPOILER del terzo volume, però.
-
La bambola che piange
«Ecco,
è pronto: il nuovo modello di Alice».
Parla da solo in un’enorme
stanza vuota, fingendo
che Zenri sia con lui, che lo stia osservando con interesse e
curiosità mentre lavora, come ha sempre fatto. La
verità è che è
solo, solo dinanzi questa bambola che ha il volto di sua sorella e la
mente di una sconosciuta. Le darà un nome – non
Alice,
naturalmente: Alice non può essere paragonata a questi
giocattoli –
perché la sua presenza sia almeno un po’
più sopportabile, dal
momento che dovranno trascorrere insieme molto tempo.
«Buongiorno, Regina. Ben
svegliata, bambina mia».
Io sono Regina.
Sono la regina di cuori, vivo tra le rose e danzo
per lui. Ballo e ballo, sorridendogli e contemplando il mio abito
svolazzare tra gli steli verdi e le corolle rosse, ballo sino a
quando sono tanto stremata che crollo in ginocchio così
d’improvviso
da tagliarmi le gambe nude con le spine.
Ma non ha importanza: non sono umana, la mia non è
pelle autentica, non mi fa male.
«Ti sei ferita, Regina?»
Eppure lui si preoccupa. Si accovaccia accanto a me
e mi studia con attenzione per sincerarsi che il mio corpo non si sia
graffiato. Poi sorride, sollevato – o, perlomeno, credo che
un
tempo quella smorfia sia stata un sorriso – e si rialza.
«Meno male, non è niente di grave. Puoi mostrarmi
ancora come danzi?»
Mi prende una mano nella sua, calda, inguantata di
bianco, mi aiuta ad alzarmi in piedi e fa un passo dietro, per
lasciarmi lo spazio necessario a muovermi.
Si preoccupa per me, AAA. Quando cado, è sempre
accanto a me per soccorrermi.
Fa tutto per me, AAA. Ha creato per me questo enorme
giardino e ha piantato queste meravigliose rose scarlatte.
Eppure non credo che mi ami, AAA. Non sorride mai,
non mi tocca mai se non è strettamente necessario e mai
senza
guanti, non mi parla mai con alcun genere di calore nella voce
– né
il calore di un padre, né di un fratello, né
quello di un amante –
e non sembra neppure accorgersi dei miei sentimenti.
Non vede quanto io sia sfinita e malgrado questo
riprenda a ballare per lui, non sente il mio pianto, di notte, quando
la nostra distanza mi affligge più che mai, non guarda altro
che
quella sua dannata macchina, all’ultimo piano di Alice.
Soltanto
allora i suoi occhi si colmano di un amore indescrivibile e le sue
labbra vengono solcate da un sorriso affettuoso.
Io lo spio da dietro una colonna e mi chiedo se
quell’espressione sarà mai tutta per me.
Se AAA sarà mai felice con me quanto io sono felice
con lui.
«Oh, Regina, sei proprio brava» approva,
applaudendo alla mia esibizione. Prendo due lembi del mio vestito e
mi inchino con grazia, mentre lui mi scruta con quello sguardo
intenso e malinconico che mi mette a disagio, come se volesse
riconoscere qualcun altro, in questo corpo, che io non sono e non
potrò mai essere. Mi fa una carezza sulla testa, un tocco
fugace e
privo d’emozione, quasi fosse dovuto a che io non lo tradisca
mai –
come se ce ne fosse bisogno, come se io potessi mai lasciarlo.
«Ti
voglio tanto bene, figlia mia».
Odio quando mi chiama così. “Figlia mia”.
In fondo, per quanto lui possa essere anziano, abbiamo
l’aspetto di
due coetanei e, riconoscendomi come sua figlia, non fa che innalzare
l’ennesima parete tra di noi.
«Tu non te ne andrai, vero? Non farai come Cal, che
non ha voluto danzare per me nemmeno una volta, non è
così,
Regina?»
Me lo domanda sempre più spesso, di recente, e ogni
volta il suo tono è così intriso
d’aspettativa e desiderio nel
pronunciare il nome di Cal che nessuno potrebbe pensare che AAA lo
detesti per averlo abbandonato. E, sebbene io non abbia mai visto
Cal, che è fuggito da Alice prima che io venissi costruita,
so che
lo odio come non ho mai odiato nessun altro.
«No, signore, io non me ne andrò».
Gli sorrido, anche se mentre lo faccio il mio cuore
si riempie di odio e bile che quasi potrei vomitare, se avessi uno
stomaco come ogni essere umano. Lui, nonostante sia il mio creatore,
non se ne rende conto; ormai ho perso la speranza che prima o dopo
possa farlo. Che possa vedermi per davvero.
«Che brava bambina» approva AAA, mi getta un
ultimo sguardo nostalgico e mi lascia sola nel mio giardino.
È
davvero un bellissimo giardino, il cui suolo è ricoperto da
un
lenzuolo di rose.
Un bellissimo giardino, costruito soltanto per me.
Per imprigionarmi in una gabbia dorata, di modo da rendermi felice e
impedirmi di desiderare di lasciare il mio padrone. Mi distrugge
riscoprire ogni volta, guardando questi fiori, quanto poco lui mi
conosca: è davvero convinto che io potrei andarmene, come
Cal –
lui vede Cal in me, non Regina.
«Ah,
è inutile!»
Colpisce con un pugno il tubo verticale
in cui, a
suo tempo, andrà inserito il nucleo per attivare Alice. Se
ne pente
l’istante successivo e sfiora con una carezza gentile il
vetro
infrangibile.
«Mi dispiace, Alice,
scusami… Non voglio
arrabbiarmi con te, ma Regina è così
inutile…»
Appoggia la fronte contro il tubo,
abbattuto,
desiderando che esso sia il viso di sua sorella e al tempo stesso la
spalla di Zenri.
Alice è morta, Zenri se
n’è andato. AAA è un
uomo solo.
È un vecchio abbandonato alla
sua stessa pazzia.
«Non fa alcun progresso! Anche
se lei è il nuovo
modello, ricorrerò a Cal…»
Nascosta dietro una colonna, una bambola
piange.
Io lo odio, lo odio.
Vedere il mio volto su di lui accresce ancor di più
il mio odio, perché so che questo viso è anche
quello di lei.
Di Alice. Della donna che ha preso il mio posto nel cuore di AAA.
Perché questa stupida scimmia non si toglie di
mezzo? Perché non mi lascia andare da Cal?
«Ti ammazzo!»
Lo distruggo, questo insulso vecchio modello che mi
separa da lui. Dal fulcro dei pensieri del mio padrone, che io
farò
a pezzi per divenire la sua degna sostituta.
Grazie al vecchio che lo accompagna, però, questo
burattino è potente.
E continua a ridere, ridere, ridere… Ride di me,
come se sapesse ogni cosa, come se soltanto guardandomi avesse
intuito tutto. Sebbene io sappia che lui è Sattsu, la
bambola che
ride – me ne ha parlato AAA nell’espormi il mio
ruolo in questo
suo progetto – non riesco a sopportare quel ghigno sul suo
viso
sfregiato.
Improvvisamente, in preda a non so quale istinto
suicida, si infila a testa bassa tra le rose che mi circondano. Non
sento quel che dice al vecchio, sembra che abbiano un legame molto
stretto.
Forse, se anche io avessi fatto un patto con il mio
padrone, adesso avremmo un rapporto simile.
Poi mi è davanti. Lui, con quello stupido sorriso.
Mi colpisce.
Non ho neppure il tempo di capire che sto per
morire: utilizzo l’ultimo colpo a mia disposizione per
distruggere
il suo nucleo, mentre lui manda in frantumi il mio e io cado riversa
a terra, senza sapere bene cosa fare di quei momenti che mi restano
grazie all’energia d’inerzia del nucleo.
A poca distanza da me, il vecchio è in ginocchio
accanto a Sattsu.
AAA, al contrario, è da qualche parte a cercare
Cal.
Chiudo gli occhi. Io non sono mai stata amata dal
mio signore come questa scimmia è stata amata da
quest’uomo, non
sono mai stata degna di una così alta considerazione.
Ma perché? Che cosa ho fatto? È stato soltanto
perché la prima emozione che ho appreso è stata
l’amore e quella
successiva la gelosia e non la paura, prima, e poi l’odio,
come
Cal? È stato perché non ne ho più
apprese altre, se non l’odio,
la rabbia e la disperazione che scaturiscono da questa gelosia non
corrisposta?
Avrei dovuto essere come Cal per essere amata?
Non avrei mai potuto essere come lui. Non avrei mai
potuto accantonare il mio amore per AAA, sebbene lui non
l’abbia
mai voluto. Ancora adesso, non saprei dire che cosa voglia davvero.
Forse soltanto la sua Alice, che però non tornerà
mai da lui.
Mentre io, che sono una brava bambina, danzerò per
lui per tutta la vita, anche quando avrò i piedi distrutti e
l’abito
ridotto a brandelli.
Io sono Regina.
Sono la regina di cuori, vivo tra le rose e danzo
per lui. Ballo e ballo, sorridendogli e contemplando il mio abito
svolazzare tra gli steli verdi e le corolle rosse, ballo sino a
quando sono tanto stremata che crollo in ginocchio così
d’improvviso
da tagliarmi le gambe nude con le spine.
Ma non ha importanza: quel che rimane delle mie
gambe sono fili scoperti e qualche pezzo di metallo. AAA non si
inginocchia accanto a me, non mi chiede come mi senta.
Mi guarda. Attende.
Aspetta che io riprenda a danzare per lui, ancora e
ancora.
Cal
osserva l’ologramma in cui si riflette il
volto di Manji, contratto dall’ira, quello teso di Shirahime
e
quello divertito di AAA. Quest’ultimo ha in mente soltanto il
modo
per insegnare a Cal la tristezza: non c’è altro
tra i suoi
pensieri, se non che Zenri è dentro Alice, come un tempo.
Regina dev’essere morta, non
ha importanza ormai.
Gli è sempre risultato quasi
insostenibile doverla
guardare in faccia e vedere il volto bello e sano che sua sorella
avrebbe dovuto avere di diritto e sapere che apparteneva, invece a
una stupida macchina.
Non ci sono colonne dietro le quali
nascondersi,
questa volta.
Ma, d’altra parte, non
c’è neppure una bambola
che possa piangere.
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