Il mio nemico

di dareka
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Lo vedo, come ogni dannato giorno, fissarmi con quello che so essere disprezzo, perché è esattamente ciò che anch’io provo nei suoi confronti.
Lo conosco alla perfezione, per questo lo odio; siamo cresciuti insieme: io, lui, ed il nostro reciproco rancore.
I nostri scontri sono interminabili e, ormai, si limitano agli insulti, dalla volta in cui, anni fa, non riuscii a trattenere la rabbia causata da quel volto ripugnante; di quell’episodio è rimasto solo un segno, impercettibile, sulla sua mano destra.
“Fallito, il tuo odore mi dà la nausea”
“Sei patetico”
“Ti ammazzo, bastardo!”
“Devi solo provarci, nullità!”
“Verme, perché non sei nato morto?”
Io voglio resistere, non posso dargliela vinta così facilmente, ma devo cedere e andarmene; diversamente da lui, ho anche altro da fare.
Mi segue lungo le solite strade lastricate di vetrine e di persone; finché sono tra la gente riesco persino ad ignorarlo, smette quasi di esistere, e non mi fa effetto vederlo mentre mi osserva da lontano o incrociare il suo sguardo, per quanto improvviso possa essere.
Ma ora sono solo, e lui è davanti a me.
“Vattene!”
Esplodo, il mio pugno manda in frantumi lo specchio, le nostre mani iniziano a sanguinare e, come quella volta, rimarrà solo una cicatrice a ricordarmi l’accaduto.
Troverò un modo per liberarmi di lui, dovesse essere l’ultima cosa che faccio.




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