Three boys,one dream di Whenulookmeintheeyes (/viewuser.php?uid=85195)
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"Voi
non sarate mai nessuno, non arriverete mai da nessuna
parte".
"Se il vostro precedente album non ha fatto succcesso un motivo
ce".
Quante
volta si erano sentiti ripetere queste frasi? Un migliaio? O forse
più?
Il fatto è che non ce la facevano più di sentirsi dire che erano delle
nullità senza un futuro. Un anno prima avevano pensato che con l'aver
trovato una casa discografica tutti i loro problemi erano risolti. Ma
così non è stato. Perchè non serve solo una casa discografica per
sfondare nel mondo della musica, ma c'è bisogno anche dipersone che
comprino i tuoi dischi e ascoltino la tua musica. Loro di queste
persone che vengono chiamati fan ne avevano trovati veramente pochi. Il
loro primo album "It' about time" non era stato proprio ciò che si
definisce un succeso, cinquantamila copie vendute sono un po' poche; i
ragazzi nelle scuole dove suonavano li guardavano come se fossero degli
alieni scesi sulla terra. E loro si sentivano un po' cosi, come delle
persone fuori posto che non dovevano stare lì.
Poi oltre ai fan devi trovare anche qualcuno che ti supporta e loro a
parte i loro genitori, non avevano nessuno. Già perchè la loro ormai ex
casa discografica gli aveva voltato le spalle senza alcun ritegno,
perchè loro non avrebbero mai venduto un solo altro
cd.
E così tre adolescenti si erano ritrovati a girare tutti gli Stati
Uniti alla ricerca di qualcuno che credesse in loro.
"Ragazzi ce la faremo?" chiese un ragazzo con ancora il viso di un
bambino, con così tanta innocenza da far venire i
brividi.
"Sai Nick, ormai non ci credo più" l'innocenza non toglieva però la
facoltà di ricevere sempre e comunque la verità e questo lo sapeva bene
il fratello maggiore.
"Joe bisogna crederci".
"Kevin a cosa vuoi credere? Sono sette mesi che papà fa solo chiamate
per noi e le risposte sono sempre le stesse" Joe scese dal letto dove
era seduto e andò ad abbracciare il fratello minore; sapeva che ciò che
aveva detto lo aveva ferito, perchè se c'era qualcuno che soffriva più
di Joe e Kevin per quella situazione quello era Nick. Lui era il
ragazzo nato per la musica, lui che già all'età di tre anni
canticchiava sottovoce, lui che a cinque anni aveva già deciso il suo
futuro: fare il cantante.
Per lui come per i suoi fratelli fare il cantante non era un modo per
essere famosi, ma era semplicemente fare ciò che amava. Perchè la
musica li rendeva felici, era parte integrante di loro. Fin da piccoli
il padre li aveva cresciuti con il rock degli anni '80 e i grandi
autori del passato. Loro vedevano nella musica un modo per esprimere
loro stessi, per far sapere alla gente le loro idee,il loro passato e
le loro emozioni. Volevano solo comunicare i loro sentimenti, ma questo
pareva non essere compreso da molti.
Così andavano avanti aspettando che qualcuno si accorgesse di loro,
delle loro doti e della loro buona volontà.
"Nick io volevo solo dire che...."
"Joe so cosa volevi dire e hai ragione. Nessuno ci vuole ed è quasi un
anno che papà si stressa solo per noi, forse dovremo chiudere qui e
tornare a fare i ragazzini normali" disse il riccioletto con gli occhi
lucidi.
"Ma è il tuo sogno Nick!?!" già era il suo sogno, Kevin aveva ragione,
ma il piccolo di casa aveva ragione.
"Forse dovremmo" affermò Joe in sottofondo. Tutti e tre sospirarono
guardandosi.
Forse sarebbero andati avanti per un altro mese, poi avrebbero
definitivamente chiuso con la storia di diventare
rockstar.
I giorni passavano e la situazione era bloccata, avevano rintracciato
tramite alcuni contatti una casa discografica, ma non sapevano se
avesse già sentito la loro musica.
Inutile dire che neanche questa accettò. Anzi disse che i loro pezzi
mancavano di qualcosa, erano vuoti e con poca
fantasia.
Un altro colpo che li affondò sempre più.
"I nostri pezzi sono privi di fantasia? Ma cosa hanno ascoltato?" urlò
un Joe furibondo, faceva avanti e indietro per il salone ed era rosso
dalla rabbia.
"Joe non arrabbiarti è inutile, forse hanno ragione in fondo" ammise
Nick a malincuore.
"Hanno ragione?? Nick ma ti senti? E' da quando hai sette anni che
scrivi canzoni, hai dato l'anima per questo album".
"Joe mi sono stufato di sentirmi dire che le canzoni che scrivo e
scriviamo insieme fanno schifo, io mollo tutto"detto questo si alzò dal
divano dove era seduto e salì in fretta le scale, per chiudersi con un
tonfo la porta della sua stanza alle spalle.
Era finita. Se lui mollava allora non c'era più ragione di andare
avanti.
Per giorni nessuno parlò più di cd, case discografiche o cose simili.
La casa taceva, tutti si erano messi il cuore in pace. Tranne il
padre.
Il signor Jonas continuava a credere nei figli e nel loro talento,
sapeva che un giorno sarebbero diventi dei grandi
cantanti.
Così non si perse d'animo e continuò il suo giro di chiamate,
all'insaputa di tutti eccetto della moglie.
In un pomeriggio abbastanza caldo i tre ragazzi erano in giardino a
giocare con la palla. Si lanciavano quell'oggetto rotondo pensando ai
fatti loro, nessuno seguiva più di tanto le azioni degli
altri.
Finchè i genitori non uscirono di corsa dalla porta di casa, si
bloccarono a fissarli con gli occhi lucidi.
Anche i tre fratelli bloccarono il gioco e fissarono i genitori quasi
preoccupati.
"Ragazzi abbiamo trovato...una-una casa discografica" rimasero
all'inizio immobili per assimilare le parole del padre, ma non appena
quelle lettere si misero ognuna al posto giusto nelle loro teste
iniziarono a saltare e gridare dalla gioia.
Ce l'avevano fatta.
"Come si chiama la casa discografica?"chiese Joe.
"Hollywood Records".
Cinque anni dopo.
Tre ragazzi un po' cresciuti camminano per le strade di L.A. Con una
mano tengono un bicchiere di Sturbucks, mentre con l'altra salutano i
paparazzi.
"Allora a che ora è l'intervista oggi?"
"Joe tu non ti dimentichi come ti chiami perchè sono ventuno anni che
te lo ripetono, comunque è alle tre" gli rispose il riccio più
grande.
Camminavano per quelle strade assaporando l'aria calda della
California.
"Che ne dite ragazzi se prima del concerto di questa sera facessimo una
partita a football, come ai vecchi tempi?"
"Si io ci sto. Tu Kev?"
"Va bene, ma chi perde questa sera fa qualcosa di imbarazzante per le
fan".
"Va bene" annuirono i due più piccoli.
"Qualsiasi cosa per far ridere le nostre fan" affermò Joe aprendo la
portiera della macchina.
La giornata con interviste, foto e incontri con i fan passò davvero
veloce, così eccoli nel backstage del loro quarto tour da
protagonisti.
"Siete pronti?" fece la voce di quel uomo che non gli avrebbe mai
abbandonati, loro padre.
"Un po' emozionati e molto timorosi".
"Ancora? Siete saliti centinaia di volte su un palco e ancora avete
paura come la prima volta?"
"Forse perchè ogni volta è come la prima".
Si misero in cerchio, le mani in alto e un solo grande grido: "Living
the dream".
Perchè loro stavano davvero vivendo il sogno. Stavano vivendo la vita
che avevano sempre desiderato.
Ma anche se avevano milioni di dischi venduti, ogni sorta di oggetto
con le loro facce sopra, milioni di fan che gridavano ogni volta che
respiravano solamente; loro erano rimasti sempre gli stessi. Sempre i
soliti Kevin, Joe e Nick che quel pomeriggio nella loro casa nel New
Jersey avevano iniziato a crederci di nuovo.
Sul palco diedero anche l'anima, adoravano vedere migliaia di ragazzine
urlanti che si muovevano con loro, cantavano le loro canzoni e
gridavano i loro nomi.
"Ah ragazze, prima della fine del concerto assisterete ad uno
spettacolo davvero "carino" di Kevin" disse Joe
riodendo.
La loro storia era già scritta e nessuno può tirarsi fuori dalla
propria storia.
Lo so fa schifo,
ma volevo provare qualcosa di diverso dalle solite storie d'amore. Così
mi sono venuti in mente i piccoli Jonas e le difficoltà che hanno
dovuto passare per diventare quello che sono adesso.
Be' ma se vi piace, fatemelo sapere.
Un bacio,Aly.
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