Time To Marry
Capitolo uno
In un pomeriggio di
maggio di inizio secolo, sotto il tiepido sole primaverile, si stava svolgendo
una partita di golf che non poteva certo definirsi tranquilla e che durava già
da diverse ore.
Quello che aveva
tutta l’aria di essere il campione indiscusso degli ultimi tempi stava sfidando
una donna sui quarant’anni all’apparenza molto esperta, dai
capelli rosso fiamma, un tipo che non si scoraggiava facilmente.
“Ci risiamo…
un’altra volta!” esclamò l’uomo in tipico accento inglese, rendendosi conto che
la sua avversaria aveva vinto per tre volte di seguito da quando si erano
conosciuti al club del golf.
Era inutile negare
l’evidenza.
La pallina era
entrata nel buco per l’ennesima volta.
Si voltò verso la
donna al suo fianco, con espressione sconsolata.
“Non c’è che dire,
lei è un’ottima giocatrice, signorina Rebecca, i suoi tiri sono troppo precisi
per me” disse l’uomo, sorridendo stancamente.
“La
ringrazio mr. Robinson, troppo gentile da parte sua! Che ne dice se ci vedessimo anche domani?” esclamò
la donna in tono allegro, le mani sui fianchi.
“Domani? Ma non aveva detto che aveva un impegno?”
“Ho intenzione di
darle un’ultima possibilità di vincere, consideri il mio impegno annullato”
cinguettò Rebecca, ponendo la sua mazza da golf nella borsa apposita che si era
portata dietro con un sorriso malizioso.
Erano trascorsi
undici anni dalla sconfitta di Argo, della Neoatlantide
e dalla tragica morte di Nemo, l’uomo che Rebecca
aveva amato tanto profondamente anche se non avrebbe
dovuto, e per quanto il ricordo della terribile avventura si facesse vivo ogni
tanto, la donna stava attraversando un piacevole momento della sua vita.
Il suo soggiorno a
Londra si stava rivelando davvero rilassante ed era stata un’ottima idea iscriversi
al club del golf tre giorni prima e concentrarsi unicamente sullo sport.
Nonostante avesse
trentanove anni compiuti, Rebecca era rimasta l’affascinante donna di sempre,
anzi, a dir la verità, la sua bellezza era notevolmente aumentata nel corso del
tempo.
La pelle bianca, i
lucenti occhi chiari e i lunghi capelli rossi facevano di lei la donna con cui
ogni uomo avrebbe voluto trovarsi in compagnia.
Non erano pochi
quelli che le facevano la corte, lì al club, e non solo.
Le occhiate
maschili compiaciute al suo passaggio non mancavano mai, quando Rebecca andava
a fare compere in giro per la città.
Una donna sola di
una tale bellezza attirava sempre l’attenzione.
Era da molto tempo
ormai, che la gang di Rebecca si era sciolta.
I suoi componenti
adesso avevano una loro vita, e lei se ne rendeva pienamente conto, anche se a
volte sentiva la mancanza dei bei tempi passati con Sansone e Hanson, quando andavano a caccia di tesori a bordo del Retan, senza lasciarsi spaventare dalle difficoltà della
vita.
Aveva ricevuto una
lettera di Hanson appena una settimana prima, e
Rebecca era stata felice di apprendere come gli affari dell’amico stessero
proseguendo nel migliore dei modi.
Senza dubbio quella
era la vita che Hanson aveva sempre sognato.
La sua azienda
automobilistica si stava rivelando una delle più promettenti dell’intera
New York, e la donna non vedeva l’ora di andare a trovare l’amico per
vedere con i suoi occhi quanto fosse diventato ricco e rispettato da tutti gli
altri magnati degli affari.
Quanto a Sansone le
aveva scritto dicendole che sarebbe venuto a trovarla a Londra quella settimana
stessa partendo da Le Havre, dove lavorava come
autista e dove aveva trascorso qualche giorno a casa di Jean e Nadia.
A quanto pareva, i
due giovani stavano bene e si prendevano cura del loro primogenito, Jean
junior, un bambino molto vivace che prometteva di diventare un degno successore
del padre.
Jean era ormai
diventato un bravo inventore, e lui e suo zio avevano molto successo a Parigi e
nei dintorni.
Nadia lo aveva
pregato di portarle i suoi saluti.
La giovane non
sapeva, infatti, quando avrebbe avuto la possibilità di andare a trovare
Rebecca, vista l’intensità della vita quotidiana.
Crescere il primo
figlio che aveva avuto da Jean non era mica un’impresa facile, soprattutto se
il bambino si divertiva a combinare disastri!
Rebecca tornò alla
realtà con un sospiro e si diresse verso il café che
era stato aperto da poco all’interno del club per concedersi una pausa, decisa
a prendere le distanze dai suoi corteggiatori, ma non appena lei mise un piede
all’interno del locale, uno sciame di giovani uomini le venne incontro
offrendole mille cortesie.
“Come sta,
signorina Rebecca?”
“Signorina Rebecca,
vuole sedersi con me laggiù?”
“Ordiniamo
qualcosa, signorina?”
Lei sorrise, si scostò i capelli
dalla fronte con una mano con un gesto molto elegante, quindi si guardò intorno
senza sapere che fare.
Doveva trovare una
via di fuga ad ogni costo!
Prima che potesse
fare qualcosa, però, qualcuno la afferrò inaspettatamente per un braccio.
“Mi dispiace, ma la
signorina viene con me!” disse una voce familiare.
Rebecca si girò di
scatto. Non credeva ai suoi occhi.
Si ritrovò davanti
ad un uomo di circa trentotto anni, dagli occhi di ghiaccio e i capelli
pettinati con cura, dal fascino indiscutibile nonostante fossero trascorsi
alcuni anni dall’ultima volta che la donna l’aveva visto.
“Sansone! Sei proprio tu?” esclamò la donna con gioia, gettandoglisi al collo davanti a tutti, e i suoi
corteggiatori si allontanarono mestamente, proponendosi di farle la corte il
giorno successivo, chiedendosi chi fosse mai quell’uomo che sembrava essere
tanto in confidenza con Rebecca.
“Ciao
Rebecca, a quanto pare avevi bisogno di una mano!
Non c’è che
dire, ancora una volta sono intervenuto al punto giusto!” rise Sansone, uscendo
dall’edificio seguito dall’amica.
Mancavano poche ore
al tramonto del sole, e c’era poca gente in giro.
Non gli sembrava
vero di trovarsi nuovamente con Rebecca.
“Non mi lasciano in
pace un attimo, e non riesco a capire cosa vogliono da me!”
“Bè,
non è difficile capirlo! Anche se
gli anni passano per tutti, non si può negare che hai ancora fascino da
vendere, e lo stesso vale per il sottoscritto” commentò Sansone, passandosi una
mano tra i capelli come per controllare che fossero a posto.
Rebecca rise.
Conosceva fin
troppo ben quel piccolo gesto di vanità.
L’amico aveva
ragione.
Nonostante tutto,
Sansone era ancora l’uomo affascinante di sempre, ma la sua era una bellezza
più matura, e Rebecca notò con piacere come fosse diventato un uomo a tutti gli
effetti.
I suoi occhi di
ghiaccio erano sempre gli stessi, però.
“Non
pensavo che saresti arrivato oggi! Perché non me
l’hai detto nell’ultima lettera che mi hai mandato? Ti avrei
incontrato alla stazione, e almeno sarei stata lontana dai miei corteggiatori!”
gli chiese Rebecca.
“Secondo te?” fece
lui con espressione eloquente.
“Oh! Volevi farmi una sorpresa?” esclamò Rebecca
deliziata.
“So
bene che le adori! Ci conosciamo
da così tanto tempo che mi è impossibile dimenticare le tue abitudini… come del
resto, i bei tempi in cui giravamo per tutta l’Europa in cerca di avventure… o
forse è meglio dire, in cerca di guai?” si corresse Sansone in tono allegro.
“La nostra vita era
così movimentata!” sospirò Rebecca. “Ma prima o poi ci si deve sistemare in
qualche modo, e fare una vita spericolata non è il modo migliore per farlo, non
credi?” aggiunse sorridendo malinconicamente.
Sansone la guardò
con una strana luce negli occhi, trovandosi perfettamente d’accordo con lei.
Era tempo di
sistemarsi.
Che a loro piacesse
o meno, il tempo delle avventure era finito.
Adesso era arrivato
il momento di darsi da fare e di formare una propria famiglia, o almeno era
questo il pensiero fisso di Sansone da alcuni mesi.
Si era trovato
molto bene in compagnia di Jean e Nadia e del loro piccolo, ma vederli così
uniti e felici gli aveva messo addosso una strana
malinconia.
Gli avevano fatto
rendere conto di essere solo, e avevano portato alla luce un desiderio che
Sansone non avrebbe mai pensato di provare, dopo aver passato una giovinezza da
latin lover.
Quello di trovare
una buona moglie.
E lui aveva già in
mente chi potesse essere la donna con cui voleva passare il resto della vita…
“Per quanto tempo
ti fermerai qui?” chiese Rebecca ad un tratto, riportandolo bruscamente alla
realtà.
“Dipende…” rispose
Sansone, riflettendo. “…da molte cose… diciamo che ho prenotato la mia camera
in albergo per un paio di giorni, ma può darsi che resterò a farti compagnia
per più tempo!”
“Sei
sempre il solito! Non c’è bisogno
di fare tanto il misterioso, con me” disse la donna dai capelli rossi in tono
autoritario, e Sansone le rivolse il suo sorriso più seducente.
“Immagino
di no. Bè, che ne dici? Ti va di
fare un giro?” le propose, sicuro che lei avrebbe accettato la sua
richiesta.
**
Una carrozza si
fermò davanti a quella che sembrava essere una splendida villa di Londra,
facendo scendere una giovane dai capelli castani vestita molto elegantemente.
“Benvenuta nella
dimora del conte Ayrton Grenavan, signorina” le disse
un uomo dall’aspetto composto e dignitoso.
“Grazie!” esclamò
la ragazza, guardandosi intorno con un certo nervosismo.
“Vuole che l’accompagni?” chiese James facendo un mezzo inchino e
indicandole il viale interminabile e circondato da un curatissimo prato
all’inglese che conduceva all’entrata della villa.
“Sì, grazie”
rispose la ragazza, emozionata.
Non riusciva a
crederci.
Lei, Marie Lowenbrau, una ragazza come tante, era stata invitata per
la prima volta della sua vita a una festa organizzata da Ayrton, ed era persino
riuscita a trovare qualcosa di elegante da mettersi per l’occasione.
Ultimamente la
fortuna le sorrideva.
La ragazza ripensò
alle proteste della zia, con cui viveva a Marsiglia da quando Argo era stato
sconfitto.
Era felice di aver
trovato un membro della sua famiglia dopo la morte dei suoi genitori, ma la
sorella di sua madre era una donna rigida e piuttosto all’antica, che non
riteneva “decoroso”, per una giovane donna, partecipare a una festa.
Marie era fiera di
essere riuscita a convincerla a lasciarla partecipare al banchetto organizzato
dal conte.
Il viaggio per
andare a Londra era stato molto tranquillo, ed era stata perfettamente in grado
di cavarsela da sola.
Dopotutto non era
più una bambina, e aveva il diritto di scegliere cosa fosse meglio per lei,
battendosi con ostinazione per ottenere quello che voleva, proprio come le
avevano insegnato Sansone e Hanson.
Dopotutto lei e
Ayrton erano vecchi amici, e non c’era niente di male nel passare un intero
giorno in sua compagnia…
Sarebbe stato
divertente.
Si riscosse dai
suoi pensieri.
Lei e quello che
aveva tutta l’aria di essere il maggiordomo del conte avevano oltrepassato la
porta della villa, e ora si trovavano in un ampio e luminoso vestibolo.
“Il signore la sta aspettando, signorina. L’accompagno da
lui” disse l’uomo, e Marie si limitò a seguirlo, chiedendosi se i suoi capelli
fossero a posto.
Attraversarono una
serie di sale splendide, ornate da quadri e arazzi che dovevano appartenere
alla famiglia di Ayrton da generazioni e da soprammobili lucidati con cura.
C’erano grandi
finestre che davano sul giardino della villa, lampadari scintillanti e
domestici in movimento da ogni parte, che portavano con sè
piatti colmi di chissà quali prelibatezze.
Quando varcarono la
soglia di una grande sala piena di tavole imbandite e di ragazze che avevano
circa la sua stessa età, Ayrton smise di scherzare con una signorina bionda
molto elegante e le venne incontro.
“Marie! Che piacere averti qui! Sapevo che saresti venuta!”
esclamò l’uomo con gioia.
Era proprio come lo
ricordava, ma adesso vestiva con abiti di raffinata eleganza e si era fatto
crescere un paio di baffi tenuti con cura.
Marie rise, mentre
lui eseguiva un perfetto baciamano e si scostava per guardarla meglio.
“E’ incredibile
come sei diventata bella!” aggiunse Ayrton con un sorriso compiaciuto, senza
smettere di osservare i lucenti capelli scuri che le scendevano sulle spalle, i
grandi, vivaci occhi azzurri e le guance morbide e ancora spruzzate di
lentiggini della ragazza.
“Lo pensate
davvero, Ayrton?” rise lei, apprezzando il suo complimento.
“Oh, dammi del tu,
questi formalismi sono inutili quando ci si conosce da anni!” disse l’uomo
trascinandola verso un tavolo pieno di cibo in mezzo alle altre invitate alla
festa. “Da quanto tempo non ci vediamo?”
“Bè, da un anno,
credo… da quando Jean e Nadia sono venuti a Londra, e…”
“Ah, certamente! Ora ricordo!” esclamò Ayrton, quindi le rivolse un sorriso
seducente. “Credo di aver fatto proprio bene ad invitarti alla festa,
come vedi ho mantenuto la mia promessa!”
“Quella che mi hai
fatto tanti anni fa, sull’isola mobile?” gli chiese Marie allegramente.
“Certo! Ora potrai assaggiare tutti i miei manicaretti e divertirti per
un’intera giornata in mia compagnia! Vedrai, non vorrai più
andartene!” commentò il conte, sicuro di sè.
Contagiata dalla
sua allegria, Marie rise allegramente.
“Sì, credo proprio
che mi divertirò” pensò la ragazza.
Fine primo capitolo