L'odore dei ricordi 2
Come promesso, eccovi il secondo capitolo.
Ringrazio
tutti coloro che hanno letto (dalle visualizzazioni sembrate tanti e la
cosa mi riempie di gioia *___*), le persone che hanno inserito la
storia tra le preferite, le seguite e le ricordate. E DUE grazie a chi
ha inserito me tra gli autori preferiti. Non ho parole.
Ciò
che scrivo non ha alcuna pretesa, è solo uno svago, ma sapere
che può piacere a qualcuno mi riempie di orgoglio.
Ma vi lascio al capitolo...che è meglio. Ci vediamo "giù" XD
Secondo capitolo
EYES FROM THE PAST
- EJ che hai? - dice una vocina
sottile – non piangere.
Alzo lo sguardo e vedo due occhi
spalancati che mi guardano. Sono lucidi, tremano e in un attimo si
riempiono di lacrime.
- E ora tu perché piangi? - Le
domando, tirando su col naso.
- Perché EJ c'ha la bua – dice
abbassando il capo e nascondendo il viso.
Mi alzo e mi asciugo gli occhi –
non piangere – le dico sforzando un sorriso – guardami: è
passato.
Quando alza la testa un sorriso le
si apre sul suo visetto a forma di cuore ed è come se non fosse
successo nulla.
Si rimette dritta velocemente e con
le manine si liscia le pieghe del vestitino.
- Allora andiamo a giocare –
esulta porgendomi la sua mano.
Devo prenderla...voglio
prenderla...ma lui arriva.
-EJ che diavolo fai lì? Pensavo di
avere un figlio maschio! Da quando te la fai con le femminucce? - la
sua grassa risata mi fa vergognare.
Perchè quando capo Swan gioca con
sua figlia ride e la sua risata è dolce, tranquilla.
Ma quando lui ride è ubriaco e dopo
si avventa sulla mamma.
E infatti mi afferra per un braccio,
trascinandomi dentro casa.
Anche se per un attimo, vedo la sua
mano che lentamente si abbassa e poi il buio...
Lui continua a picchiarla ma io non
riesco a fermarlo.
Li vedo lontani e corro, corro per
raggiungerla, ma è come se andassi nella direzione opposta
- Mammaaaaa – urlo con tutto il
fiato che ho nei polmoni, ma lei non mi sente.
È riversa per terra, immobile e
lui continua...continua...
-Edward...Edward
svegliati – la voce che sento è lontana, vorrei
svegliarmi...vorrei, ma non ci riesco.
Vorrei aiutare la mamma e non posso,
vorrei non sentire questo macigno sul petto, ma lo sento premere
sempre più forte...e vorrei non piangere, ma le lacrime si riversano
inarrestabili e i singhiozzi mi scuotono violentemente.
Quando apro gli
occhi mi ci vuole un po' per capire dove mi trovo. Il respiro è
affannato e il cuore sembra voglia uscire dal petto.
- Non è niente
calmati, era solo un brutto sogno.
Due mani fredde mi
trattengono il viso e ciò non fa che aumentare la sensazione di
panico che si è impossessata di me. Mi scanso bruscamente e poggio i
piedi a terra. Una piccola luce si accende e, finalmente, capisco
dove mi trovo. Lo capisco dal colore della moquette, dai vestiti
sparsi per terra e da questo maledetto profumo che adesso mi dà la
nausea.
- Edward, c'è
qualcosa che non va?
- No, nulla...ho
avuto un incubo. Non preoccuparti. Adesso passa – le rispondo,
cercando di convincere me stesso. E mi rendo conto che sarebbe stato
meglio se lo avessi chiamato quel fottuto taxi. Mi sarei svegliato a
casa mia, nel mio letto e non avrei dovuto fingere che va tutto bene.
Perché non va bene un bel niente!
Sento il materasso
muoversi e capisco che lei si sta avvicinando, vorrà
tranquillizzarmi, penso un attimo prima di sentire la sua lingua
avvolgermi il lobo dell'orecchio.
- Vieni qui...ti
faccio passare io la paura – sussurra. Le sue unghie percorrono i
muscoli contratti della mia schiena, ma questo non contribuisce a
rilassarmi, anzi, sento la tensione farsi sempre più insopportabile.
-Tanya,
non è il momento...dammi un attimo – cerco di non sembrare
eccessivamente disturbato dal suo atteggiamento, ma se potessi me la
scrollerei di dosso e la manderei al diavolo. La voce di mio padre
risuona ancora vivida nella mia testa. Chissà cosa direbbe se mi
vedesse...sarei abbastanza uomo adesso davanti ai suoi occhi?
Probabilmente no. È vero, io le donne le uso...ma non le
ammazzo. Razza di...
- Eppure non mi
sembra che tu abbia bisogno di un momento – ghigna portando la mano
tra le mie gambe.
Testa
e corpo sembrano scollegati oramai: la prima vorrebbe solo un attimo
di tregua, vorrebbe cercare di cacciare i torbidi pensieri che mi
tormentano...vorrebbe che le labbra di Tanya non prendessero il posto
della sua mano...e invece, cazzo! Lo fanno!
Il
secondo quei pensieri li ha già scacciati ed esulta in
maniera indecente, assecondando il movimento della sua bocca.
Ho talmente tanta
rabbia dentro che la prenderei per capelli pur di farla allontanare
da me. Ma è un'azione che non posso permettermi di compiere, per un
bel po' di motivi: lei, oramai, è la mia principale fonte di
reddito, mi paga profumatamente e per questo posso concedermi di
rifiutare altre offerte, se dovessi contrariarla sarei nella
merda totale; inoltre non sono un violento...e già
papà...rassegnati...non farei mai del male intenzionalmente ad
una donna, non se non è lei a chiedermelo, ovviamente!
In ultima analisi,
lei è fottutamente brava!
Cerco con tutto me
stesso di non pensare a ciò che sto subendo, ma il modo in
cui la sua lingua mi avvolge, mi lambisce...il modo in cui la mano
accompagna il movimento, il contrasto della sua pelle dorata con
quella oramai arrossata del mio sesso, i capelli che mi solleticano
le cosce, ogni cosa mi sta facendo perdere il contatto con la realtà.
Senza nemmeno
accorgermene il fiato si fa corto e gemiti sempre più rapidi escono
dalle mie labbra. Mi porto indietro con la schiena, poggiandomi sui
gomiti, e chiudo gli occhi.
È come se
riuscissi a vedere la scena dall'esterno: nudo, seduto sul letto, i
piedi poggiati sul pavimento, i fianchi che si muovono su e giù, in
una danza dettata dalla bocca di una donna, che se ne sta
scompostamente per terra, tra le mie gambe, i capelli le coprono in
parte il viso, in parte le cadono sulle spalle, che ritmicamente
ondeggiano regalandomi pura estasi.
Questa femmina non
ha il minimo pudore...
...il modo in cui i
suoi occhi, senza vergogna,
mi osservano
maliziosi, rivendica ciò che sta facendo, sottolinea che è lei la
padrona adesso. Mi ha in pugno...in tutti i sensi!
Potrei lasciarmi
andare. Potrei, per una volta, pensare solo ad ottenere senza
dare...ma non è quello che vuole lei e, stranamente, non è ciò che
voglio io.
Non si tratta della
mia donna, farle terminare ciò che ha iniziato sarebbe una cosa
troppo personale. Non è mai successo e mai permetterò che accada.
Per stanotte sono
stato fin troppo succube delle mie debolezze.
Le avvolgo una
guancia con la mano, carezzandole l'orecchio con il pollice e
infilando, poi, le dita tra i capelli.
Si stacca da me per
nulla contrariata, anzi...vogliosa e piena di aspettative. Sa
benissimo che adesso tocca a lei.
…...
Quando la luce
impietosa penetra dalle finestre, mi coglie nel pieno del sonno.
Avrò dormito un
paio d'ore, per fortuna senza incubi, stavolta.
Allungo una mano e
cerco alla rinfusa i pantaloni. L'unica cosa che trovo è una
scarpa...col tacco...la lascio cadere e mi allungo, scivolando col
torace sul materasso, afferrando qualcosa. Una calza...
Porc...cominciamo bene!
Apro gli occhi
imprecando mentalmente e cercando di capire dove cazzo siano finiti i
miei pantaloni.
All'ennesimo
tentativo finito male decido di alzarmi.
Dall'altro lato del
letto arriva un fruscio di lenzuola.
-Mmh...Edward? Che
fai...vieni qua – dice allungando una mano verso di me.
- Tanya devo
andare, è tardi, ho da fare e devo passare da casa per farmi una
doccia.
Continua a
borbottare qualcosa, ma non la sto a sentire, faccio il giro della
stanza per scovare i miei vestiti e li sistemo sulla sedia, cercando
di lisciare le pieghe.
Prendo l'orologio
dalla tasca e, per fortuna, mi accorgo che non è tardi.
Tardi per cosa poi?
Semplicemente
voglio andare via, se ancora non fosse chiaro.
- Falla qui...la
doccia. Hanno installato un nuovo box.
La sua voce è più
chiara adesso, segno che si sta svegliando. Entro nel bagno per
sciacquarmi il viso e non posso fare a meno di notare l'astronave che
quella pazza ha fatto montare al posto della vecchia ed obsoleta
doccia...scuoto il capo passandomi le dita tra i capelli.
Perché no?
- Vuoi farla
insieme a me? - dice, raggiungendomi e allacciando le braccia alla
mia vita.
Mi volto verso di
lei, facendo scontrare i nostri corpi nudi e posando le labbra sul
suo piccolo orecchio sussurro – No! Non sono previsti extra per
oggi.
- Uhmf...lo sai che
i soldi non sarebbero un problema – il suo tono è visibilmente
offeso. In fondo è ancora una ragazzina viziata ed io sono solo il
suo giocattolino. Quando si stuferà di me, non ci penserà due volte
a gettarmi via.
Com'è che si chiamava? Ah sì...Ken.
Sono il suo Ken gigante e umano, da vestire e spogliare a suo
piacimento...beh, con una piccola differenza. Anzi...non tanto
“piccola”.
Esce dal bagno
chiudendosi la porta alle spalle e finalmente posso concedermi questa
esperienza ultraterrena.
Quando riesco a
capire come azionare i comandi, sei getti d'acqua colpiscono
simultaneamente il mio corpo. Il massaggio che eseguono sui muscoli
riesce a sciogliere la tensione accumulata durante la notte. Non ho
scordato l'incubo che ho fatto, anzi...le immagini scorrono nella mia
testa nitide. Probabilmente si tratta di un ricordo vero, di qualcosa
che ho rimosso crescendo e che, non so per quale motivo, il mio
subconscio ha ripescato.
Schiaccio un altro
pulsante ed un getto vigoroso mi investe dall'alto.
Poggio le mani sul
vetro e mi lascio andare ud una sensazione di puro godimento.
Ma cosa...?
Qualcosa alla base
della cabina comincia a muoversi sotto i miei piedi. Il massaggio è
vigoroso e si trasmette dalla pianta alle gambe.
Potrei stare qui
dentro per ore.
Le mensole sono
piene di boccette, tutte dall'aspetto costosissimo. Ne afferro una a
caso e dopo aver svitato il tappo la annuso per controllare che non
sia uno stucchevole sapone zuccheroso. Per fortuna l'odore è
gradevole, speziato e pungente. Ne verso un po' sulla mano e comincio
a passarla sul petto, sulle braccia, insapono l'addome e scendo giù
sull'inguine e poi le cosce e le gambe. Lascio che l'acqua lavi via
la schiuma, concedendomi ancora qualche minuto di questa meraviglia.
Un piccolo schermo
lampeggia sotto lo specchio. Una playlist alquanto discutibile fa
bella mostra di sé. Lo scroscio dell'acqua è un sottofondo
decisamente migliore. Me la immagino Tanya dimenarsi sulle note di
Lady Gaga.
A malincuore chiudo
l'acqua ed esco fuori. L'ambiente del bagno è decisamente più
freddo, rispetto alla cabina e rabbrividisco a contatto con l'aria.
Afferro un a spugna ampia e morbida e me la passo sul viso, sul petto
e sulla testa, per poi avvolgerla attorno ai fianchi.
Maledizione...i vestiti...
Faccio ritorno in
camera da letto sperando che la mia mise non la inviti a sferrare un
altro attacco.
Per fortuna il
broncio che ha messo su prima è ancora lì e, nonostante mi osservi
dallo specchio, non mi rivolge la parola...
Quando si accorge
che sorrido per la sua finta indifferenza, abbassa lo sguardo e
comincia a rivestirsi.
Indossa l'intimo,
con movimenti lenti, sensuali...vorrebbe essere fermata, ma non lo
faccio. Comincio a rivestirmi anche io, senza staccarle gli occhi di
dosso. Non voglio lasciarla così e so come farla cedere.
Guarda per un
attimo il proprio riflesso, passandosi le dita tra i capelli
arruffati, per poi cominciare a spazzolarli, consapevole del mio
sguardo su di lei.
Vorrei sorridere,
ma mi impongo di rimanere serio.
Tra di noi è una
sfida continua.
Sappiamo bene che è
lei ad avere il comando, di tutto, ma mi ha sempre trattato come un
suo pari, lasciandosi provocare e provocando a sua volta. Spesso mi
chiedo se questo suo comportamento non sia dettato da qualcos' altro,
ma scaccio subito il pensiero, illudendomi, forse, che le sia ben
chiara la situazione e che un coinvolgimento di quel tipo da
parte sua, implicherebbe la fine di tutto.
Una persona come me
non è capace di amare.
O probabilmente il
mio è un semplice rifiuto, dettato dal fatto che ogni persona in cui
ho riposto il mio affetto è venuta a mancare, o peggio, mi ha usato,
maltrattato, umiliato.
Scaccio questo
ennesimo pensiero deprimente dalla testa e afferro la camicia.
Maledizione...è cominciata proprio
bene questa giornata!
Finisco di
abbottonarla e vedo che lei stavolta mi guarda seria. Le braccia
lungo i fianchi, un'espressione delusa, le labbra strette in un
broncio.
Mi avvicino
lentamente, mentre i suoi occhi si spalancano increduli.
- Devo andare
davvero...mi dispiace.
Le circondo il
collo con una mano e dolcemente la costringo ad indietreggiare fino a
farle incontrare il comò. Le boccette di profumo tintinnano e
qualche cosmetico cade per terra. Le stringo un fianco, infilando le
dita sotto il bordo dello slip. L' altra mano scende sulla stoffa
liscia del reggiseno, raffinato, ma molto più casto di quello di
ieri sera. Col pollice le accarezzo il seno e la risposta è
immediata: i brividi che ricoprono il suo petto culminano nel
capezzolo che, turgido, spinge contro il tessuto sottile.
- Oh
Edward...rimani ti prego.
Il suo corpo è già
caldo e se fosse un altro giorno, un altro momento, non avrei
esitato.
- Per stavolta
basta così – soffio sulle sue labbra prima di premervi le mie.
Quando sento che le schiude per approfondire il bacio mi stacco da
lei, allontanandomi, solo dopo essermi assicurato che avesse i piedi
ben piantati a terra.
- Chiamo un taxi.
- NO! - è la sua
risposta quasi urlata.
- Tanya, ti ho
dett...- poggia un dito sulla mia bocca, per azzittirmi, e per un
attimo spero che non mi chieda ancora di rimanere. Mi preparo
mentalmente ad un rifiuto, quando invece è lei a voltarmi le spalle.
Si dirige verso
l'ingresso e si china a raccogliere qualcosa, mi sporgo per cercare
di capire cosa stia facendo. Si alza e lancia ciò che ha raccolto
verso di me. Afferro prontamente il piccolo oggetto e, quando apro la
mano, noto che si tratta di un'unica chiave. Il logo impresso sopra è
inconfondibile.
- Non c'è bisogno
che mi presti la tua auto – le dico controvoglia, senza alzare gli
occhi. In realtà il solo pensiero di poggiare le mani sul volante mi
eccita a dismisura.
- Non si tratta di
un prestito, consideralo come...un piccolo regalo!
- Ma...ma...no.
Tanya no! N-non potrei mai accettare – balbetto come un idiota, o
peggio, come un bambino che vorrebbe mettere le mani su un giocattolo
ma sa che non dovrebbe farlo.
- Certo che puoi. E
poi oramai cosa potrei farne? Lo sai che giro in Limo e se avessi
dovuto comprarla per me, non avrei assolutamente scelto una macchina
del genere.
- Io...io non so
cosa dire.
- Oh, non dire
nulla. Ci sono altri modi per ringraziarmi. Modi che preferisco.
Non so per quanti
minuti me ne sto lì, impalato. Quando alzo gli occhi davanti a me
non c'è più la donna che mi ha sedotto stanotte. La donna che paga
per sentirsi tale è scomparsa. Ora davanti a me c'è la signora
Leech, bellissima, seria, fiera...e spenta.
- Vado avanti io –
dice cupa – aspetta dieci minuti e poi esci. Non preoccuparti della
porta, tra un'ora viene la domestica.
È nel momento del
commiato, che involontariamente lei sottolinea l'abisso che corre tra
noi. E, per questo motivo, il metallo della chiave brucia sul palmo
come ferro incandescente. Non essere riuscito a rifiutare mi mette in
una posizione scomoda...troppo scomoda!
Non ho mai lasciato
che si creasse un legame. Avrei dovuto troncare quando ho cominciato
a provare compassione per lei. Quando vederla imbronciata mi causava
un senso di pietà.
Coglione...sei un coglione!
Poggio le spalle al
muro ed è proprio così che mi sento...senza via d'uscita. Quando
arriverà il momento, e prima o poi arriva sempre, sarà difficile
tagliare con lei.
Estraggo l'orologio
dalla tasca e mi accorgo che posso andare.
Per un attimo,
fuori dall'appartamento, dimentico tutto e guardo compiaciuto la mia
macchina.
È favolosa.
Nemmeno fra cent'anni avrei mai potuto possedere una cosa simile.
Premo il pulsante sulla chiave ed il bip che segue è un armonioso
invito a salire a bordo.
Sistemo il sedile
all'indietro, di poco, considerando la notevole statura di Tanya,
sistemo lo specchietto e indosso la cintura di sicurezza.
Wow...
Il rombo del motore
mi causa un brivido lungo la schiena e quando, lentamente, quasi con
timore, lascio andare la frizione, sembra che la strada si apra al
mio passaggio. Sono consapevole che non sia giusto, ma in questo
momento voglio solo godere di questa sensazione di benessere.
Abbandono la
postura rigida che avevo assunto, per poggiarmi completamente sullo
schienale morbido.
Ho letto su una
rivista che le prestazioni di questa macchina sono elevatissime. Il
motore è in grado di raggiungere in pochissimi secondi velocità
impronunciabili. Ma non è questo ciò che voglio fare adesso. La mia
guida è tranquilla, rilassata. Voglio vedere il paesaggio che scorre
e sentire i rumori, che, all'interno, arrivano ovattati e lontani.
Ho mentito prima.
In realtà non ho alcun impegno. Volevo solo starmene da solo e
cercare di capire il motivo di certi ricordi.
Avevo rimosso
completamente la mia amicizia con la figlia degli Swan. Avevo rimosso
che, dopo quell'episodio, non le avevo più rivolto la parola.
Lui accusò
mia madre di aver cresciuto una femminuccia, di essere una buona a
nulla, ed era colpa mia. Cercavo di comportarmi in modo che non
trovasse un pretesto per picchiarla, ma ogni giorno c'era un motivo:
la cena era troppo calda o troppo fredda, la casa non era pulita, non
c'era abbastanza birra in frigo...se tutto andava bene, si limitava a
capovolgere il tavolo, far volare qualche sedia e imprecare.
Sennò...
Colpisco il volante
con entrambe le mani e cerco di scacciare questi pensieri.
Forse con un po' di musica...
Sfioro il computer
di bordo con le dita e vedo un piccolo dispositivo usb inserito.
Quando premo play,
vengo investito da un rumore assordante
Don't call my name
Don't
call my name
Alejandro
I'm not your babe
I'm not your
babe
Fernando
Don't wanna kiss
Don't wanna touch
Just
smoke my cigarette and hush
Don't call my name
Don't call my
name
Roberto
Afferrare
quell'aggeggio e lanciarlo fuori dal finestrino è qualcosa che
faccio senza nemmeno pensarci su.
Fottiti Tanya, tu e la tua musica
del cazzo!
Smanetto un po' con
i pulsanti, fino a trovare una stazione che trasmetta qualcosa di
decente...impresa assai ardua al giorno d'oggi.
Quando le prime note di Nothing
Else Matters si diffondono
nell'abitacolo, chiudo per un brevissimo istante gli occhi.
Ascolto la melodia
tamburellando con le dita il ritmo sul volante.
Penso a mia
madre...cerco di ricordare i momenti in cui sorrideva. La musica la
faceva sorridere,
guardarmi giocare
dalla finestra, suonare. Le risate della piccola Swan la facevano
sorridere, adorava quella bimba.
Ma come diavolo si chiamava?
Senza nemmeno
rendermene conto mi trovo nella stessa strada di ieri pomeriggio.
Rallento e abbasso il volume.
Perché no?! Il caffè non era tanto
male...
Arrivato davanti
l'ingresso del locale, accosto e spengo il motore.
Rispetto a ieri c'è
un po' più di gente. Nulla di caotico per fortuna.
Senza dire
buongiorno mi siedo allo stesso tavolo e dalla vetrina controllo che
nessuno si avvicini alla mia macchina.
- Cosa desidera?
Questa voce...Uff...di nuovo lei.
- Un caffè...e
nient'altro – rispondo seccato, sperando che stavolta faccia
diligentemente il suo dovere.
Dopo qualche minuto
sento posare qualcosa sul tavolo e il rumore della bevanda che
fuoriesce dalla caraffa. Immediatamente l'odore deciso mi riempie le
narici.
Non faccio in tempo
ad ingoiare il primo sorso che un altro rumore attrae la mia
attenzione.
- Ecco! È appena
sfornata! Ho apportato alcune modifiche alla ricetta. Vedrà se non
si tratta della più buona torta di mele che abbia mai mangiato!
Ma dannaz...Quando
sollevo lo sguardo è come ricevere un pugno nello stomaco.
Quegli occhi...due
occhi color cioccolato mi fissano curiosi. Sono grandi, limpidi,
luminosi. Nel momento in cui riesco a mettere a fuoco tutto il resto,
vorrei che qualcuno mi desse uno scossone per ridestarmi dal sogno.
La sua pelle è
come una distesa di neve candida, che non è mai stata calpestata da
nessuno, liscia, perfetta. Un lieve rossore colora le guance,
sottolineandone le curve deliziose.
Sembrano essere
state create per posarvi dolcemente il palmo della mano, per essere
ricoperte da leggeri baci.
Il naso, piccolo e
grazioso guida lo sguardo più in basso, verso la sua bocca.
Le labbra...Dio
quelle labbra...tirate in un timido sorriso, sono tra le cose più
belle che io abbia mai visto.
Quale rosa è stata privata del suo
colore?
A cosa hai rubato tanta morbidezza?
E il tuo profumo? Da cosa si ottiene
un distillato così puro? È forse una pozione? È così che incanti
gli uomini? Una strega forse....
- Hey? Che fai,
dormi?
Le sue parole sono
quello scossone che temevo. Ma il sogno rimane reale e vivido davanti
a me.
Cazzo Edward! Datti un tono...sembri
un idiota!
E poi l'occhio cade
lì...sulla piccola targhetta appuntata sul colletto bianco della
divisa.
Isabella S.
...Bella...ecco come ti chiami
piccola Swan!
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Spero che questo secondo capitolo vi sia piaciuto.
Grazie.
Miki.
PS: il prossimo, tra una settimana, forse meno ;)
|