Prima di tutto ci tengo a
ringraziare tanto harrydipendente per le sue belle
recensioni e le buona volontà di leggere le mie assurde e orribili storie,
grazie XD
Ora vi lascio a questa piccola cosina… che a dirla tutta l’avevo
scritta per il concorso del sito “what
if” ma poi ho cambiato idea più o meno all’inizio,
infatti non è molto what if...anzi…
***
Davanti a
lei, quella notte magica, quella notte molto strana, quella notte che nulla
aveva di tranquillo. Quella notte che poteva essere considerata la fine,
ma anche l’inizio, dipende dai punti di vista, dipende da quello che
sarebbe successo, di lì a poco …dipende tutto…da
quello che sarebbe successo. Alcuni poderosi schianti
dall’interno del castello, accompagnato da brividi di paura. Lacune
persone che correndo all’impazzata, inciampando, cadendo ma anche rialzandosi
aiutati da alcuni compagni che corrono fuori, nella vaga nebbiolina tetra.
I suoi
occhi che cercavano i miei, per tutta la sera, anche per più. Da sempre
in un certo senso. Lui cercava il mio sguardo per sicurezza. Io sapevo sempre
cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Questa volta non
gli fui di aiuto. Le sue mani
stretta saldamente alle mie spalle, scaldandole nonostante il freddo che
sentivo nel resto del corpo. Le gambe leggermente piegate per guardarmi negli
occhi diritto. Vedevo quella luce verde ardere nuova. Nuova e determinata.
Mentre la luce nei miei occhi faticava a restare in vita,
sostenuta solo dalla fiamma verde che avevo di fronte. Lo vedevo cercare
di sorridere ma non farcela, lo osservavo mentre cercava di non far cadere delle
lacrime amare e di paura, rabbia e chissà cos’altro.
Lui osservava i miei occhi mentre io invece avevo perso di già la lotta contro
le lacrime, che pian piano si facevano strada sulla pelle ancora asciutta, per
lasciarsi dietro una scia salata e dolce. Lui aprì la sua bocca trattenendo un
piccolo gemito strozzato che proveniva dal fondo della gola, prima di parlare
con una voce un po’ roca.
“I miei giorni spesi con te
Non c'è stata un'ora inutile
Sono tutti vivi dentro me
Stanotte”
Mi mordo il labbro inferiore,
cercando qualcosa da dire, ma le parole non vogliono uscire, troppo spaventate
per intraprendere quel viaggio. Sento che non ci sarà più una sera come questa,
sento che non avrò più l’occasione. Sento che sarà l’ultima.
Ma non ce la faccio. Mi limito a guardarlo negli occhi, sperando che
capisca quello che non riesco a dirgli a parole.
Riesco a dire un minuscolo “Harry…”tu abbozzi
un piccolo sorrisino incerto, mi sfiori i capelli sulla fronte, scomposti per la
fuga dal castello invaso dai mangiamorte. Sbatto le
palpebre per cercare di arginare il bruciore che c’è sopra
le pupille, ma non cambia nulla. Tirò su con il naso come
un bambina piccola e lui sorride ancora di più,
guardandomi con tenerezza. Con due dita piegate mi sfiora il dorso della guancia
leggermente umida, in qualche tratto. Io prendo quella mano gentile con un
singhiozzo soffocato, dovevo sembrare una scema, lì davanti a lui a piangere
mentre lui aveva soltanto bisogno di aiuto, dovevo
essere orribile. Dovevo avere un aspetto preoccupante per lui, che si tormentava
più per me che per lui, che era pieno di graffi ovunque, sotto la veste
strappata. Delle urla strazianti venire dal piano superiore,
accompagnati da degli echi di pianti ma anche di corse verso l’uscita.
Ancora una volta parlasti con voce tremante ridendo appena, nervoso ma con aria
di urgenza nella voce calda.
”E tu sei più bella che mai
Come un'onda sull'oceano
Se potessi chiederei mille secoli di te
Di noi”
Io mi accorgo che sto
trattenendo il respiro, se prima non riuscivo a parlare ora
ero destinata a morire di soffocamento, ogni parte del mio corpo è
immobile a quelle parole rivolte a me. Solo a me. Mi sento ancora più stupida a
non fare niente dopo che tu hai detto una cosa del genere. Riesco a balbettare
ancora il tuo nome, nient’altro. Non so come, oramai sembra l’unica parola
possibile da esistere. Ora mi sembra la più bella a segreta.
Quella parola che fino a poco tempo fa per me rappresentava solo un amico, che
per me non era più solo questo. La persona più importante della mia vita,
davanti a me, forse per l’ultima volta e io non facevo altro che ripetere il suo
nome. Una cosa crudelmente comica, quasi. Non, non c’è niente di comico, almeno
per me, questo è il ricordo più bello che io abbia di
lui, ma così brutto allo stesso tempo. Mi fa sorridere tra le lacrime. Come
facevo quella volta davanti a lui, con gli occhi persi nei suoi, come feci per
molto altro tempo ancora dopo…. Anche ora.
Se solo ci penso rido e piango. Abbasso lo sguardo in
basso, ma lui con decisione e dolcezze infinita mi sfiora
il mento invitandomi a non distogliere lo sguardo dal suo dicendomi “voglio
ricordare i tuoi occhi, voglio guardarli ancora. Ancora una volta” strano,
anche io stavo pensando la stessa cosa. Apro la bocca, prendendo fiato, la
richiudo e tirando ancora su con il naso riesco a mormorare,
un lacrima scende lungo il mio viso, fermandosi sulle labbra tremanti.
Mi avvicino ancora di più a
te, dicendo queste parole come una preghiera, tante volte ripetuta nei miei
sogni più belli. Nei sogni nei quali finalmente stavo accanto a te non più come
una amica.
”Abbracciami e stringimi
Ai giorni tuoi”
Tu mi circondi le
spalle mentre ancora una scossa mi scuote da dentro. Un
singhiozzo di dolore o di gioia. Sollievo, paura. Non saprei dire.
Scegliete voi. So solo che in quel momento non ero più l’amica di Harry, io mi
sentivo parte di lui, irrimediabilmente.
Anche se lui non aveva fatto nulla per farmi capire questo.
Un terribile boato, molto forte nonostante probabilmente sia anche molto lontano
dalla nostra postazione, sentiamo alcuni gridi striduli provenire da luoghi
diversi. Più vicino a noi un nome urlato nella caligine
bianca, una voce familiare che grida il nome di sua sorella
“Calì!” Ancora uno
scossone del mio corpo, ormai sono incontrollabile, non
penso che riuscirò a trattenermi. Piano mi sussurri
in un orecchio, provocandomi fremiti bollenti e gelidi per tutto il corpo, e per
un istante abbandono l’esigenza di piangere. Io assimilo dopo le tue parole
tristi.
“In questo tempo assurdo che c'è
La sola cosa vera mia sei te”
Nascosi il viso nel tuo
petto, lasciando asciugare le lacrime dal tuo abito caldo, sfregando il naso
contro la ruvida stoffa. Mi stringi di più accarezzandomi i capelli, mentre io
lascio perdere qualunque cosa fosse che mi tratteneva dal piangere come
un fontana e lo faccio. Scossa da singhiozzi
chiassosi soffocati dal tessuto della tua veste a da
te, che appoggiato il mento sulla mia testa continui ad coccolarmi, cullandomi
un po’ sul tuo corpo caldo di dolce bollore. Sentii alcune voci che piano
dicevano consolando qualcuno dietro l’angolo “Padma…Lavanda...venite
via, è pericoloso…venite, ormai non potete più…- la voce si spezza, Dean Thomas
prende le mani di Padma che lancia un ultimo sguardo a sua sorella stesa nella
neve, esanime. Lavanda li seguì a poca distanza, scossa anche lei da singhiozzi
indomabili, nella consapevolezza di aver perso qualcuno di
importante. Una scossa del mio cuore, certamente
dolore al pensiero di quello che era appena successo. Mi costrinse a
guardarlo, nonostante io voglia nascondergli quella
visione di me così debole e malinconica. –io non sono
così- mi dico mordendomi le
labbra. Allora decise di rassicurarmi, che quello che pensavo non
sarebbe, che forse non sarebbe stato necessario che
lui combattesse, forse. Dice che poi andrà tutto bene e
mille altre cose così. Aggiunge poi delle parole dolcissime, che mi fanno
davvero sperare in un futuro per noi.
”Poi domani quando verrà
Lo attraverseremo liberi”
Il primo pensiero che mi
passa per la mente è che dovrei essere io a rassicurare lui, visto che lui mi
sta rassicurando che andrà tutto bene, visto che io
ho paura per lui. Capisco che lui non vuole questo, capisco che gli basta sapere
che io sono con lui, che gli basta essere consapevole che non è solo. Vedo nella
nebbia, che si è un po’ diradata dei piccoli fiocchi di neve cadere, e
lentamente coprire lo strato già formato di neve,residua
dal giorno prima. Non so come ma giungo a pronunciare in modo indistinto alcune
parole, così piano che le ho sentite a male pena, io. Ma
lui le sentì e le ripeté più lentamente. Come fossero
un tesoro grande, come fossero una cosa unica ed inestimabile, che non vuole mai
dimenticare, mai.
“Le carezze che mi fai in ritorno le
riavrai
Da me”
Capisco che dopotutto ha
bisogno anche lui di sentirsi dire che lo amo alla
follia, come non ho mai amato nessun altro, nemmeno me stessa, mai così tanto.
Ha bisogno di capire anche lui ha la necessità di sentirsi amato come
probabilmente non aveva mai sentito. Pensare a questo
mi fa salire ancora le lacrime, più calde a amare
delle precedenti, perché ho una dannata paura che lui non veda il continuo di
questa storia. Delle grida poco lontane, molte persone che escono dalla scuola,
urlando, molti studenti, ci sporgiamo di poco,
vediamo alcune zazzere rosse correre verso la foresta con gli altri, seguendo le
indicazioni di Hagrid, che era uscito da poco dalla sua capanna e che stava
dirigendo tutti gli studenti che uscivano: Ron e Ginny. Un
sospiro di sollievo per loro. Ma altre lacrime
cadono calde sulle gote. Mi vedi, per qualche strano motivo mi sussurri ancora
parole di conforto, per qualche strano motivo lo fai ancora, anche se anche tu
hai necessità di essere incoraggiato, compreso e tanto altro.
E questo mi fa ancora più paura, non voglio che tu te
ne vada senza avere il mio aiuto, anche se piccolo. Anche
se minuscolo. Ascoltarti dire queste parole però mi fa concepire che tu conosci
bene la mia paura , lo dici perché sei consapevole
che io non voglio perderti. “fidati di me…”. Mi riscuoto, non è il
momento di smettere di essere Hermione, non è questo
il momento. Non ora, ne avrò il tempo. Dopo. Ora lui
ha bisogno di me. Riesco anche io a dire quello che avrei
dovuto dire da subito, e che invece aveva detto lui a me.
”Abbracciami e fidati
Dei brividi che tu mi dai
Il resto poi il resto è
Da scrivere”
Lo guardo negli occhi a mezzo
metro di distanza de me, la sua mano nella mia, stretta al cuore. Sorridendo.
Sorridiamo entrambi nonostante la consapevolezza che non sarà facile e che
difficilmente cambierà qualcosa poi. Mi rabbuiai un poco pensando questo, ma i
miei occhi devono tradire tutta l’angoscia e il terrore che c’è dietro di loro,
per lui sono sempre state come finestre aperte, aveva
sempre capito tutto, così come me, che nei suoi occhi leggevo come in uno dei
miei amati libri. Solo che i libri non mi facevano innamorare, né mi stregavano
così. Non mi incatenavano a loro. No, questo non mi
era mai successo prima era una sensazione del tutto nuova per me. Ma sembrava
anche bella, allora non sapevo quanto questa sensazione poteva ferire nel
profondo di me stessa. Ancora ci sono le ferite aperte,
credo che siano irrimediabilmente infette, perché non si rimarginano.
Perché ricordare quello che lui mi disse mi fa ancora male.
Lui si voltò a sentire un uomo uscire con passi leggeri ma di fretta, lo
sentimmo incitare la professoressa Cooman a scappare un po’ più velocemente,
come lui era tranquilla. poi
si rivoltò ancora verso di me.
”Tu abbracciami e parlami
Con gli occhi che sorridono
E se vorrai il resto è
Da vivere”
Senza smettere di guardarlo
negli occhi verdi mi avvicinai e lo baciai piano, a fior di labbra, sfregandole
quasi le une sulle altre, per poi allontanarle di mezzo centimetro e dire piano
quello che sperava veramente il mio cuore. Quello che voleva
disperatamente, quello che pregava la mia anima e tutto quello che faceva di me
un esser umano. Quello che stavo chiedendo al Dio che non avevo mai
pregato, quello che stavo implorando al resto del
mondo. Solo di non togliermi tutto questo, solo di non farmi
rinunciare a lui. Speravo nel futuro che avremmo potuto avere.
Che avremmo avuto se non fosse stato per qualche
minuto dopo.
”Il resto è da scrivere”
Mi sorride come non
aveva mai fatto, guardandomi mentre avvicinava la sua
bocca alla mia. Ci baciammo a lungo, cercando di trasmetterci del calore,
dell’amore, della speranza che poteva andare perduta in
quella assurda lotta. Ma che noi non dimenticheremo
mai. Poco lontano dall’angolo dietro il quale ci
eravamo rifugiati , fuori dal castello sentimmo dei passi veloci e
pesanti, lui sbirciò e vide alcuni studenti parecchio malconci cercare di
raggiungere degli altri che invece si erano rifugiati tra i primi alberi della
foresta, sperando di cavarsela. La professoressa Sprite era con loro, e li
incitava a correre. Alcuni scoppi lontani, in un’ala
comunque poco distante dall’ingresso. Ancora una corsa frenetica, la
professoressa Sinistra, che correva avvertendo l’altra
insegnate che era scesa poco prima seguendo gli studenti –Stano
arrivando, scappate, veloci avanti!- lui si gira di scatto e mi rivolge uno
sguardo pieno di fretta, di richieste mai fatte ma sempre esistite. Fece un
respiro profondo prima di ripetere ancora una volta. Spaventato, per sentirsi
meno solo.
”Ti dico ancora… abbracciami e stringimi”
Subito lo abbracciai mentre
lui chinava la testa sulla mia spalla, sussurrando un “grazie” un po’
tremolante. Allora mi abbassò leggermente per poi spingerlo piano verso l’alto,
per fargli capire che deve alzare la testa dalla mia
spalla. Mi guarda con gli occhi un po’ più dilatati del solito, ora negli occhi
c’è una patina di paura, ma nei miei è pressoché scomparsa, solo grazie a lui.
Devo fare qualcosa, lui deve capire cosa provo, lui deve sapere tutto. Scelgo di
farlo, dico il suo nome, e lui appoggia la sua fronte alla mia, trovandola
fredda, al contrario della sua che scottava, probabilmente
aveva che qualche linea di febbre. Riesco a dirgli quello che desidero
veramente, quello che so che voglio e riuscirei a fare. Se
ne avessi il tempo. Decido che questo è il modo migliore per farglielo
sapere, questo è il modo in cui lui capirà quello che io desidero per noi,
quello che sarà. Ma che non è stato.
”Affidami i giorni tuoi
Li accetterò il resto è
Da vivere”
Perché ero certa che avrebbe
superato quella notte, ne ero assolutamente sicura.
Ed ero sicura che saremmo stati vivi, entrambi.
Insieme. Gli avvolsi le braccia attorno a collo, facendolo avvicinare, lui
ne approfittò per baciarmi ancora. Ancora, e ancora.
Ancora dei botti e delle leggere scosse di terreno che li
accompagnano. Delle grida provenienti delle finestre subito sopra di noi.
Guardiamo verso l’alto e vediamo che delle fiamme si levano
alte dentro quella sala, forse ovunque su quel piano, forse in tutta la
scuola. Ancora dei passi di corsa, frettolosi, ancora delle
urla disperate e spaventate. Un uomo che grida “Minerva, ci sono rimasti
studenti?” e un’altra voce che risponde sempre urlando sopra al caos “non so,
Albus, credo che ci sia rimasta qualche bambino del
primo anno dentro” si sentono ancora dei passi, stavolta più lenti e vediamo la
testa di Silente sbucare da dietro l’angolo. Sorride. E ci dice sottovoce “non
so voi, ma questo non mi sembra il posto adatto, ma soprattutto il momento più
consono per tubare, non credete?” un lampo di rabbia o indignazione deve aver
attraversato i miei occhi perché lui mi rispose smettendo di sorridere, come se
fosse arrivato improvvisamente alla parte brutta e dolorosa del discorso
di inizio o fine anno. “signorina Granger, mi
dispiace, ma abbiamo bisogno di Harry ora” detto questo ritorna sui suoi passi,
scomparendo alla nostra vista salutando con un semplice “mi dispiace” Poi varie
persone attraversare il corridoio posto dietro noi
due, dietro le imponenti mura di pietra. Per poi uscire all’aperto e correre
verso la foresta, accompagnati dalla professoressa McGrannit e dal prof Vitius
che correva il doppio degli altri per stare dietro al gruppo di studenti
ritardatari.
Silenzio
profondo, solo dei passi davanti l’entrata che facevano avanti ed indietro.
Alcuni minuti di calma prima di altre voci
appartenenti ad alcuni membri dell’ordine, e ad alcuni Auror che difendevano la
scuola, molto probabilmente i soli rimasti in vita. Dissero a silente che
avevano perso di vista voldemort ma che avevano messo KO la maggior parte di
suoi seguaci. Harry si chinò nella direzione di quella voce, e io lo abbracciai
da dietro, stringendomi alla sua schiena. Impaurita.
“andatevene, tutti” disse
senza tante cerimonie agli auror, che si affrettarono a raggiungere gli studenti
nella foresta, per controllare c quanti fossero e
capire cosa fosse realmente successo in quella notte maledetta. Pochi minuti
dopo udiamo una conversazione tra l’irato e l’ironico di due uomini.
“perché
l’hai fatto, Tom?”
Tom Orvoloson Ridde, alias
Voldemort proruppe in una risata fredda, prima di dire
“sei sempre così sciocco
Silente!” questo invece gli rivolse un sorriso ironico ma anche sincero, visto
che tradiva anche il disprezzo per quello che era diventato uno degli studenti
più brillanti della scuola. “anche tu Tom, devo
avertelo insegnato io, non credi?”
Voldemort lo guardò per
un attimo prima di riassumere il tono spiccio e
freddo di chi si stava annoiando e stava perdendo tempo.
“dove l’hai nascosto
Silente?” Strinsi ancora di più Harry a me, avevo capito tutto, anche lui
infatti si nascose smettendo di sbirciare.
“non capisco di cosa parli”
rispose dondolando sulle fine caviglie, affondate
parzialmente nella neve.
“non capisci,Silente?
Non capisci?! Smetti di fare il vecchio rimbambito e dimmi dove è nascosto Harry
Potter!” lo sentì sussultare leggermente prima di
ritirarsi ancora di più, voltarsi e guardarmi ancora negli occhi. Io ti bacio
ancora, non ora, non ora! Non potevo perderlo proprio ora che l’avevo raggiunto!
“Harry Potter? Non so dov’è,
non posso tenerlo d’occhio così come non riesco a sorvegliare tutti i miei
studenti in situazioni come queste, non so come io possa sapere dove
sia”
“lo sai, dimmelo e falla
finita”
“anche se lo
sapessi pensi davvero che te lo direi?”
“ forse ti serve un po’ di
convinzione per farlo” così detto alzò la bacchetta, Harry strinse gli occhi,
capito cosa intendeva Voldemort per convinzione ma la
voce di silente glieli rifece aprire subito.
“credi che dopo
tutto quello che ho passato io sia spaventato o
perlomeno impressionato da una semplice maledizione Cruciatus? Hai ancora molto
da imparare Tom .”
le
narici di voldemort fremettero voltandosi nella direzione di Harry ed Hermione,
i quali si erano completamente nascosti dietro l’angolo da un po’.
Ma loro non lo potevano sapere.
“dimmi…Silente…chi c’è dietro
l’angolo?”
Guardai
Harry intensamente, lui piantò i suoi occhi nei miei, trapassandomi di
dolore. Paura. Lo abbracciai forte, prima di baciarlo ancora, sentivamo vaghe
ancora delle parole tra i due uomini, ma non me ne importava più nulla di loro
ora. Ora c’eravamo solo io e Harry. Ancora per un attimo, forse. Lui invece capì
che era il momento di fare qualcosa, fece per farsi avanti ma io lo trattenei
per una mano, le gote di nuovo umide. Gli dissi
qualcosa che lo convinse a tornare indietro per salutarmi ancora.
”I miei giorni spesi con te
E nemmeno un'ora inutile
Sai che amarti è sempre stato il mio
Pensiero”
quell’attimo
di magia si spezzò quando sentimmo dei passi venire verso il nostro
nascondiglio,
io
creddetti di svenire per un attimo, poi vidi il viso di Harry sbiancare in modo
esagerato. Lo guardai mentre il cuore martellava forte nel petto ad ogni mortale
passo di quell’esser abominevole, una lacrima si
fermò sulle gota sinistra del mio viso, minacciando di cadere da lì, vista la
testa inclinata, Harry ,mentre ella cadeva la prese con un dito, poi sollevò
ancora gli occhi e sussurrò
“ti amo…”
ora
i passi erano più vicini, anche se ovattati dalla neve, mi disse di fuggire e
nascondermi ma io non l’avrei lasciato solo, non ora. Non era il momento di
andarmene, ma di restare.
“ti aiuterò come ho sempre
fatto…Harry…ti prego…morirei senza poter…”
in
quel momento una figura adombrò quel poco barlume che stillava dalla bruma
lattescente di nebbia.
“Harry…Harry…Harry…ma che
bella sorpresa…”
“vattene”sibilai
guardandolo con occhi di ghiaccio mentre Harry cercava senza riuscirci
di farmi ritirare, ero al suo fianco, aggrappata
disperatamente al suo braccio, avrebbe voluto proteggermi ma io restavo lì e
volevo aiutarlo. Voldemort agitò la bacchetta senza levargli lo sguardo di dosso
mandandomi a capottare contro il muro. Harry mi fu
subito accanto “stai bene?” feci di sì con la testa ma in quel momento vidi
Voldemort scagliare ad Harry un’altra maledizione dal
colore giallo acceso, mi buttai su Harry senza pensarci finendo a terra una
sull’altro, Harry si rialzò con occhi perforanti dicendo a denti stretti “lei
non centra niente”
“centra quanto tua madre,
Harry…lei centra quanto centrava tua madre. Chiunque si mette in mezzo…”
Harry sollevò la bacchetta
scagliando una maledizione che però Voldemort deviò subito, senza problemi.
In capo a qualche minuto una
luce verde partiva dalla bacchetta di Voldemort, mentre Harry scagliava un
Protego, per quanto inutile, abbracciandomi, così come gli avevo chiesto poco
prima, in lacrime... mentre sentivo le sue braccia
abbandonarmi scendendo verso il basso, quando avevo capito che non mi sarei più
persa in quegli occhi… quando ho scorso il luccichio di una lacrima alla crudele
verità di quello che non avremmo mai avuto. Quando ho visto
quella piccola lacrima posarsi sulla mia mano e mescolarsi alle mie lacrime
copiose. Mentre cadevo in ginocchio accanto a chi
fino a poco prima era il centro del mio universo e che lo sarebbe stato pur
collassando su sé stesso. Tutto girava vorticosamente attorno a noi.
Quelle piccole lacrime ora brillanti al sole mattutino che
perforava la densa nebbia come piccoli diamanti. Senza staccare gli occhi
da Harry che mi fissava con occhi privi di ogni vita
e emozione…ma con calore... con quello sguardo pieno e vuoto di quando stava nei
suoi pensieri, mi alzai in piedi e lo feci.
Forse l’ho colto impreparato...
ma quel giorno tutto è finito.. sia per Harry che per Voldemort... che
per me…
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