Come petali di ciliegio
Titolo: Come
petali di ciliegio
Autore: My
Pride
Fandom: Sengoku
Basara
Characters: Sanada
Yukimura, Date Masamune
Tipologia: One-shot
Genere:
Generale, Vagamente Azione, Malinconico, What if?
Avvertimenti: Slash
ad interpretazione personale, Probabile Missing Moment tra il quinto e
il settimo episodio della prima serie
Rating: Giallo
Lyrics scelta: Numero
20 › I got you
Introduzione: Ciò
di cui era certo era che lui, Sanada Genjurou Yukimura, era rimasto
abbagliato negativamente dalla potenza sprigionata dal re demoniaco.
Non aveva provato quella stessa adrenalina che l’aveva
investito nella battaglia contro il signore di Oshu, Date Masamune, ma
una sorta di timore che non gli sembrava nemmeno giusto chiamare
così.
Prompt: Emozioni
SENGOKU BASARA © 2005CAPCOM. All Rights Reserved.
Go ahead and make me cry,
I’ll be allright.
- I got you, Leona Lewis -
Il vento portava a valle il profumo della primavera,
sussurrando a chi
era ancora in ascolto parole incomprensibili ad orecchio umano. Tutto
era illuminato soltanto dalla luna che, alta e piena nel cielo,
inondava con il suo alone argentato il villaggio sottostante, donando
ai dintorni uno stato di calma così intenso
d’apparire quasi inverosimile.
Nonostante fosse un periodo di guerre e
conflitti interni, quello,
sembrava quasi che la popolazione di Kay vivesse serena, o
probabilmente era proprio quella strana quiete a dare
un’impressione del genere. Le alleanze stipulate avevano
fatto in
modo che, almeno
temporaneamente, non dovessero temere attacchi da altre fazioni, ma non
tutti la pensavano allo stesso modo. Lontano dal palazzo e dal
villaggio stesso, difatti, c’era chi ancora credeva che,
presto o tardi, avrebbero potuto condurre alla disfatta, sebbene avesse
fiducia nelle decisioni del suo maestro. Lui stesso aveva affermato che
per poter riuscire a fermare Nobunaga Oda, il sesto re demoniaco della
provincia di Owari, il solo esercito della fazione Takeda non era
sufficiente. Colui che avrebbero dovuto affrontare non era un semplice
essere umano e mai lo era stato, forse, dunque, nonostante le
perplessità iniziali, portare dalla propria parte
più Generali possibili era la scelta migliore da fare. E
riflettendoci adesso, all’ombra dei ciliegi in fiore sotto
i quali si era rifugiato, quella soluzione era l’unica a cui
egli stesso riuscisse a pensare. Anche se per un misero attimo, lui
aveva ben visto cosa Nobunaga fosse capace di fare. Per quanto forti
fossero, da soli non sarebbero mai riusciti ad averla vinta contro un
avversario del suo calibro.
Proprio a quei pensieri si
ritrovò a socchiudere di poco gli
occhi e a scostarsi i capelli dal viso, non prima d’essersi
tolto la fascia rossa che gli nascondeva la fronte. Non se ne liberava
quasi mai, se non in rare occasioni. E forse quella l’aveva
reputata tale, nemmeno lui avrebbe saputo dirlo con certezza.
Ciò di cui era certo era che lui, Sanada Genjurou Yukimura,
era rimasto abbagliato negativamente dalla potenza sprigionata dal re
demoniaco. Non aveva provato quella stessa adrenalina che
l’aveva investito nella battaglia contro il signore di Oshu,
Date Masamune, ma una sorta di timore che non gli sembrava nemmeno
giusto chiamare così.
Un sospiro tremulo si levò
dalle sue labbra, e
l’espressione che si dipinse sul suo volto si
rivelò in netto contrasto con quelle che spesso era solito
fare. Era molto più facile vederlo caparbio e di buon umore,
difatti, che con la tristezza a fare da padrona sul suo viso. Non
sembrava affatto lui, in quel momento, ma solo un semplice ragazzo che
si era ritrovato a fronteggiare senza volerlo la vera prospettiva
del Paese.
Aprendo gli occhi si adagiò
con il capo contro il tronco
dell’albero al quale si era appoggiato, allungando distratto
una mano per carezzare con due dita l’acciaio rovinato
d’una delle sue lance. Per un guerriero come lui
rappresentavano la vita stessa e non se ne separava mai, nemmeno in
momenti come quello. Anche se tutto era avvolto nella quiete
più pura, non voleva di certo dire che il pericolo non fosse
in agguato. E proprio nel momento stesso in cui stava
allungando l’altra
mano per afferrare il sakè che si era portato dietro, con i
suoi sensi sviluppati avvertì l’approssimarsi
d’un’altra presenza. Afferrò entrambe le
lance senza nemmeno pensarci due volte, scattando in piedi e puntandone
una verso quel malcapitato aggressore.
«Date Masamune!»
esclamò non appena quel
viso fu illuminato dalla luna, e il sorriso che vide sulle labbra del
signore di Oshu riuscì solo a farlo fremere. Se fosse per
rabbia o per altro, non avrebbe saputo dirlo.
Masamune portò una mano
sull’elsa d’una
delle sei spade che componevano il suo armamentario, forse
più per istinto che per ingaggiare un vero e proprio
combattimento, ma tenendosi comunque pronto per ogni evenienza.
«Abbassa le armi, Sanada Yukimura», si fece sentire
infine a bassa voce, squadrandolo attentamente. «Non sono qui
con intenzioni ostili. You
see?» soggiunse poi in tono
vagamente sarcastico. Aveva persino allargato di poco il sorriso, come
se quella situazione lo divertisse.
Yukimura sembrò restio ad
eseguire
quell’ordine, non potendo sapere con quali intenzioni il
signore di Oshu fosse venuto fin lì. Dal loro primo incontro
non aveva fatto altro che pensare a lui, alla sensazione che gli aveva
provocato l’aver incrociato le lame con quell’uomo.
E farsi trovare impreparato dinnanzi a lui non era la miglior idea che
avrebbe potuto venirgli in mente.
Fissò intensamente
l’unico occhio che Date
possedeva, rinserrando la presa sulle proprie armi senza
però abbassare la lancia. «Cosa ti ha portato qui,
drago con un occhio solo?» domandò dopo poco, non
riuscendo più a tener dentro di sé quel quesito
che lo martoriava. Da quel che ricordava, l’esercito di Date
non aveva voluto allearsi con quello di Takeda, nonostante entrambi
avessero un obiettivo comune: la disfatta di Oda.
Masamune fissò le punte delle
armi con un sorriso, quasi si
fosse aspettato quel modo di fare dal suo giovane interlocutore.
«Per quanto io stesso frema dalla voglia di incrociare ancora
una volta i miei artigli con te, giovane tigre del Kay, non sono venuto
per questo», asserì poi semplicemente, facendo
persino un breve cenno con il capo. Dal suo tono sembrava sincero, ma
era quell’unico occhio che possedeva a smentire probabilmente
le sue reali intenzioni. «Il messaggero dei Maeda
è venuto a farci visita, e sembra stia organizzando
un’alleanza anti-Oda come il tuo maestro».
«Sei venuto sin qui solo per
dirmi questo?» chiese
ancora Yukimura, più scettico di quanto non fosse apparso
poco prima. Però Masamune si limitò a sorridere
maggiormente, facendo un piccolo cenno affermativo con il capo e
sconcertando ancor più la giovane tigre del Kay.
Alzò ancor più, forse incerto, una delle sue due
lance. «Non ti credo, signore di Oshu»,
esordì pacatamente, mettendosi subito dopo in posizione
d’attacco.
Al che Masamune scoppiò in
una sonora risata.
«Vuoi davvero combattere con me?»
domandò quasi sarcastico. «Qui? E
adesso?»
«Non ti saresti sprecato in
così tante parole,
giorni fa», ribatté l’altro, rinserrando
la presa sulle proprie armi. In realtà, l’ultima
cosa che in quel momento voleva fare era proprio combattere contro
Masamune. Si sarebbe volentieri seduto con lui come se appartenessero
allo stesso esercito e, sotto quell’albero di ciliegio, si
sarebbe abbandonato ai piaceri che il sakè avrebbe potuto
offrire ad entrambi. Ma non potevano. Erano guerrieri, e un guerriero
doveva far sì affidamento sul proprio cuore, in battaglia,
ma ancor più doveva essere capace di sapersi estraniare
dalle emozioni per non rischiare di cadere vittima di esse. Eppure era
proprio quel che era successo. Aveva ancora la mente troppo affollata
dai pensieri per potersi destreggiare in un duello con la stessa
concentrazione dell’avversario, e non aveva intenzione di
apparire debole quando in realtà non lo era mai stato.
Date colse ben presto la sfida che gli
era stata lanciata, sfoggiando
un altro dei suoi sorrisi. «Okay, then, as you
wish!» esclamò divertito, come se
quella
situazione gli piacesse, facendo persino un breve inchino prima di
sfoderare una delle sue spade e puntarla contro di lui.
«Let’s
party, Sanada Yukimura!»
Le lame si sfiorarono quando si mossero
in simultanea, provocando un
lieve tintinnio metallico prima che entrambi ritornassero in posizione
d’attacco con le armi inclinate da un lato e impugnate a due
mani. Si lanciarono nuovamente l’uno contro
l’altro, scontrandosi violentemente fra sibili
d’acciaio e sguardi. Un attacco fulmineo, un fendente; le
gambe si muovevano ritmicamente seguendo i passi dell’altro,
i corpi compivano movenze eguali creando archi invisibili al suono
delle armi.
Con un attacco netto e laterale, il
signore di Oshu
riuscì a colpire Sanada che, repentino, scattò
immediatamente all’indietro, evitando così che il
fendente risultasse per lui fatale. La lama l’aveva centrato
difatti non poco più sotto del petto, scalfendogli
l’armatura. Se non l’avesse indossata, Masamune
l’avrebbe ucciso.
Mentre incrociava ancora una volta le
lame con il proprio avversario,
però, non poté frenare quelle poche gocce salate
che cominciarono ad offuscargli la vista e a rigargli le guance. Si
maledì, indietreggiando svelto per strofinarsele via,
furente con se stesso per quell’attimo di debolezza. Per
quanto avesse cercato di soffocare i suoi sentimenti, essi si erano
fatti breccia nel suo cuore ed erano spuntati fuori proprio quando non
avrebbero dovuto.
Forse quel modo di fare stupì
Masamune, non ne fu realmente
sicuro nemmeno lui stesso, ma fu abbastanza per far sì che
la sua voglia di combattere svanisse del tutto, così
rapidamente com’era giunta. «Stai piangendo,
Yukimura», sussurrò, decidendo infine di abbassare
la lama d’una katana verso il terreno. «E il pianto
non si addice ad un guerriero».
Sanada strinse gli occhi, mordendosi
furente il labbro inferiore.
Quella era l’unica debolezza che non avrebbe mai voluto
mostrare al signore di Oshu. Un guerriero combatteva fino alla morte,
non lasciava che le lacrime compromettessero uno scontro che avrebbe
potuto rivelarsi mortale. Come samurai dei Takeda, si sentiva
disonorato. Si lasciò dunque cadere in ginocchio dinanzi
all’avversario dopo aver abbandonato le proprie armi,
sistemando i piedi in modo che le punte fossero rivolte
all’indietro e chinando il capo. «Non sono degno di
continuare a servire il mio signore», esordì
pacatamente nonostante la voce resa roca dal precedente sfogo,
ritrovandosi in seguito a portare la punta di una delle lance
all’altezza del ventre, sulla sinistra. «Merito di
morire, Date Masamune, signore di Oshu». Era pronto ad
espiare la propria colpa e a lavar via il proprio disonore, tagliandosi
il ventre con le sue stesse armi in mancanza di un pugnale. Non solo
aveva perso quel duello, ma aveva inoltre mostrato la propria
fragilità al nemico. «E voglio che tu sia il mio
kaishakunin».
Più del rituale,
però, a far dilatare
l’unico occhio del signore di Oshu fu proprio quella
richiesta. Un samurai non chiedeva mai ad un nemico di assisterlo in
quell’atto. Mai.
«Non lo
farò», si fece sentire infine, scuotendo di poco
il capo. «Non è la prima volta che ci scontriamo,
giovane tigre, il nostro combattimento non era ufficiale».
«Merito la morte!»
insistette però lui,
poggiando la punta della lama contro l’armatura, pronto a
spingere per squarciarsi il ventre. «Ho profondo rispetto per
te, drago con un occhio solo... non disonorarmi più di
quanto non abbia già fatto con le mie stesse mani».
«Non è da te
comportarti in questo
modo», esordì pacatamente Masamune, osservando
dall’alto in basso il proprio avversario. La prima volta che
l’aveva veduto, aveva scorto in lui un fuoco che non era mai
riuscito a vedere in nessun altro guerriero. Vederlo inerme e
arrendevole, adesso, gli faceva rabbia. Non era la tigre aggressiva che
aveva avuto il coraggio di sfidare il dragone, quella che aveva
dinanzi.
Sotto lo sguardo incredulo
dell’altro si ritrovò
ad inginocchiarsi a sua volta, strappandogli l’arma di mano e
afferrandolo per il collo del kimono che sporgeva oltre
l’armatura cremisi. «Reagisci, Sanada
Yukimura!» esclamò adirato, scrollandolo
malamente. «Non è questo l’uomo che ha
risvegliato in me l’eccitazione del combattimento!»
Quell’impeto selvaggio e quel
modo di fare sembrarono
lasciare interdetto Sanada, che si ritrovò ad osservare il
viso di Date ad occhi sgranati, quasi non si capacitasse della sua
presenza. Non riuscendo a spiccicare una parola riabbassò lo
sguardo, chiedendosi se, contrariamente a ciò che aveva
pensato, agli occhi del signore di Oshu fosse apparso debole proprio a
causa di quella sua inconsueta arrendevolezza.
Perché si stava comportando
così? Non avrebbe
saputo dirlo, ma la risposta gli giunse non appena avvertì
una carezza al viso, rendendosi conto soltanto in un secondo momento
che quella che gli aveva appena sfiorato la guancia era la mano di
Masamune. Sentì il cuore perdere un battito, in attesa; fra
loro il
silenzio si protrasse a lungo, facendo sì che gli unici
suoni fossero le risate ai piedi della collina, i richiami dei rapaci
notturni e i loro flebili respiri.
Quando si accorse che il signore di Oshu
si era fatto più
vicino si irrigidì, nuovamente pronto ad impugnare le
proprie armi se si fosse ritenuto necessario. Ma il drago con un occhio
solo non fece nulla né sembrò intenzionato a
farlo, e l’unica cosa che Yukimura sentì fu la sua
presenza costante aleggiare intorno al viso. Stringendo una mano su una
delle lance abbandonate, si
azzardò ad alzare di poco lo sguardo, adocchiando
l’altro: lo guardava con quel suo unico occhio profondo, con
un’intensità tale che mai gli sembrò di
avergli visto fino a quel momento. Proprio quest’ultimo,
vedendo contraccambiato il proprio sguardo,
s’allontanò di scatto e si rialzò,
dando la schiena al proprio avversario. Aveva sì visto che
Sanada aveva impugnato nuovamente le armi, ma era certo che non
l’avrebbe mai attaccato alle spalle. Ne andava del suo onore.
«Torna dal tuo signore, Sanada
Yukimura»,
esordì infine. «Guerrieri del tuo calibro sono
troppo preziosi in questi tempi bui, don’t you
think?» soggiunse, tornando ad osservarlo in
viso con la sua
solita espressione. Sembrava che le emozioni che l’avevano
animato fino a quel momento fossero del tutto scomparse, quasi avesse
indossato una maschera.
Non aspettò che Yukimura
rispondesse, sentendo il pressante
bisogno di allontanarsi da lì il più in fretta
possibile. Accennò dunque un saluto, quasi domandandosi lui
stesso il motivo per cui aveva cavalcato fin lì a
quell’ora della notte. Il motivo in realtà era
semplice, ma non aveva intenzione di farci i conti. Per il momento gli
interessava solo l’aver lasciato in vita il guerriero di
Takeda.
L’aveva lasciato vivere
com’era giusto che fosse,
forse perché non avrebbe nemmeno sopportato vederlo morire.
Era stato lui ad essersi disonorato, era stato lui a soccombere, e
l’aveva ampiamente dimostrato con quel semplice gesto.
Yukimura aveva combattuto con onore fino all’ultimo,
tenendogli testa anche quando era sembrato in difficoltà;
lui, invece, aveva lasciato che le emozioni e le sensazioni che aveva
cominciato a provare per Sanada gli offuscassero la mente, senza
permettergli di pensare in modo razionale.
Scosse il capo, non volendo pensarci
oltre. Gettò solo un
altro rapido sguardo verso il grande albero sotto il quale aveva appena
lasciato il samurai e, racchiudendo dentro la sua anima quel sentimento
così impronunciabile, ridiscese la collina in silenzio,
lasciandosi trasportare dal vento come i petali dei ciliegi appena
sbocciati.
_Note conclusive (E
inconcludenti) dell'autrice
Okay,
finalmente ecco la mia seconda storia su questo fandom. A dir la
verità la trovo pessima. Non so il motivo, sebbene si sia
piazzata quinta
allo Sfigafandom Contest
per il quale era stata scritta in origine, e nonostante partecipi anche
all'iniziativa The
one hundred prompt project.
Diciamo più che altro che... beh, aye, credo che avrei
potuto
fare di meglio. I personaggi non mi sembrano propriamente loro, ma se
è solo una mia impressione meglio così. Forse
è
solo l'emozione che mi fa parlare in questo modo - e un pochino lo
spero, lo ammetto -, però quando ho consegnato questa storia
mi
sono sentita un tantino imbarazzata e agitata.
Come credo si sia notato è una specie di Missing Moment e
What if dei primi episodi dell’anime, visto che è
più o meno ambientata dopo l’incontro di Yuki e
Masa con Oda. Vorrei poi spiegare la scelta del titolo, visto che in un
primo momento
non ci avevo fatto minimamente caso mentre procedevo con la scrittura.
Il ciliegio era l’emblema dei samurai: rappresentava al tempo
stesso la bellezza e la caducità della vita.
Non saprei che altro dire su questa storia, in effetti, sebbene molto
spesso perda parecchio tempo a stendere le note finali.
Un ringraziamento anche a chi ha letto e commentato Precious
Wonder.
Spero che la storia vi sia piaciuta e che non abbia fatto
così schifo. ♥
COME PETALI DI CILIEGIO
QUINTA
CLASSIFICATA A PARIMERITO CON SALICE MACMAY
Sintassi e grammatica: 9.5/10
Ci sono alcuni passaggi in cui avresti potuto modificare un
po’ la punteggiatura (esempio: Colui
che avrebbero dovuto affrontare non era un semplice essere umano e mai
lo era stato, forse, dunque, nonostante le perplessità
iniziali...->
in questo periodo sarebbe opportuno separare le due parti di
discorso con un punto e virgola, o il lettore rischia di perdersi);
c’è
poi la forma non avrebbe sopportato vederlo morire dove manca un
‘di’, e essere capace di sapersi (estraniare) che
è
una ridondanza superflua. Ad ogni modo bravissima!
Caratterizzazione dei
personaggi (IC): 10/10
Date-dono. Date-dono è meraviglioso. È
meravigliosamente lui. *_* Ok,
torno seria. (Perdona l’attacco di fangirlismo, avevo giurato
a me
stessa di evitarlo ma non posso farci niente: adoro alla follia quel
personaggio.) Tanto Masamune quanto Yukimura sono resi benissimo, il
primo con quel suo adorabile fare sarcastico e bastardo, il secondo con
l’esuberanza che fa da facciata a un animo davvero molto
sensibile.
Ogni pensiero, ogni singola azione della tua storia appartiene loro.
Non posso che farti i miei complimenti.
Originalità:
9/10
Sono rimasta
favorevolmente colpita dall’idea di una
‘incursione’ di Date-dono dai
Takeda. Non lo rende OOC, affatto, eppure non è
ciò che ci si aspetta
da lui. Così come la sua reazione di fronte
all’emergere dei sentimenti
di Yukimura attraverso le lacrime – uno stupore che in
qualche modo non gli si addice,
o perlomeno questa è la prima sensazione: perché
poi il suo scuotere il
nemico è invece totalmente verosimile. Temo di essermi
incartata.
Volevo solo dire che hai sviluppato una trama davvero interessante,
semplice ma per nulla banale.
Stile: 8.5/10
Attenzione alle
ripetizioni! Ho notato il ritornare di qualche espressione qua e
là, il
che rende la lettura un po’ meno fluida. Però
adoro il tuo stile,
adeguatamente ricercato ma non troppo aulico, facilmente accessibile ma
portatore di ricordi di storie antiche: bellissimo!
Gradimento personale:
9.5/10
Sappi in
primo luogo che mi sono innamorata follemente del pairing, e che
sì, la
mia idea di romantico si avvicina molto a ciò che ho letto.
xD Ma non è
soltanto per questo che mi è piaciuta la tua storia:
è veramente ben
scritta, scorrevole, delicata e intensa insieme - cosa aggiungere?
Grazie davvero per avermi fatto conoscere questo fandom!
+ 5 punti bonus per la lyric
Totale:
51.5/55 punti
Messaggio No Profit
Dona l'8% del tuo tempo
alla causa pro-recensioni.
Farai felice milioni di
scrittori.
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