Don't
forget to think about me.
Quello
che non era chiaro a Sheena era questa assenza di specifica
procedura, quest'anarchia delle singole persone che non si fanno
calzare un modello preciso ed hanno bisogno sempre di parole diverse
– ma le parole sono infinite, diamine, come si scoprono
quelle
giuste?
Non
le era chiaro, in effetti, com'è che ogni suo singolo
conoscente
fosse in grado di darle un consiglio diverso: chiamalo, assolutamente
non lo chiamare, saltagli addosso, se ti bacia schiaffeggialo,
mandagli un sms, se ti scrive aspetta un po' prima di rispondere.
Era
fine, Sheena, ma ogni tanto uno e 'sti cazzi! le
scappava,
soprattutto se a causa di tutte quelle voci che le ronzavano nelle
orecchie si ritrovava sdraiata sul suo letto a baldacchino, con il
cellulare stretto nella mano destra, e la mano sinistra sul ventre, a
contatto con la pelle nuda, a tracciare parole che neanche aveva il
coraggio di fissare su un foglio bianco, ma che sentiva il bisogno di
scrivere, nell'attesa di qualcosa, che questo qualcosa fosse una
chiamata o il coraggio di premere quel benedetto tasto verde.
L'orologio
segnava le ventuno, e le venne improvvisamente voglia di gelato alla
fragola. Sospirò, sollevando appena il collo per fissare le
gambe
nude. Di muoverle non se ne parlava neanche.
«Mamma!»
gridò, trascinando un po' l'ultima vocale.
Sentì
la madre abbassare il volume della televisione. «Che
vuoi?».
«Mi
porti la vaschetta del gelato ed un cucchiaio?».
Uno
sbuffo, e le molle del divano che cigolavano. «T'ho fatto il
culo di
piombo, per caso?».
Sheena
rise. «Di quelli grandi, eh, ché ho la bocca
capiente!».
Si
sedette sul letto e si passò una mano tra i capelli,
guardandosi
intorno. Quando le aveva attaccate tutte quelle foto alle pareti?
Assottigliò lo sguardo, analizzando ogni suo scatto, dal
musetto del
suo gatto alle sopracciglia del suo migliore amico, e sorrise.
Sentì
la porta della camera aprirsi ed incrociò le gambe.
«Grazie mamma».
La
madre si sedette sul letto, fissandola mentre rimuoveva il coperchio
di plastica dalla confezione ed affondava il cucchiaio nel gelato.
«Gli altri esemplari di sesso femminile di solito si tuffano
nella
cioccolata. Per la cosa della serotonina, hai presente?».
«Non
hanno capito niente» borbottò. «Tutto
quello che sa di fragola è
decisamente più efficace. Prova».
Riempì
il cucchiaio e lo avvicinò alla bocca della madre, che tenne
la
bocca serrata, scuotendo la testa. Sheena alzò gli occhi al
cielo.
«Non capisci niente. Meglio, ce n'è di
più per me».
«Se
vuoi sapere la mia opinione, si farà sentire presto. Nessun
ragazzo
è tanto stupido da rischiare di non averti,
Sheena». Le lasciò una
carezza sui capelli neri e si alzò.
«Mamma?».
La donna si bloccò, una mano già sulla maniglia.
«Grazie».
Un
ultimo sorriso dolce e la madre uscì, tornando alla sua soap
opera
sudamericana.
Sheena
si sistemò meglio sul letto, stendendo le gambe e muovendo
le dita
dei piedi, trangugiando il suo gelato. «Altro che cioccolata.
Le
fragole fanno i miracoli. Le fragole!».
La
vibrazione del suo telefono la fece sobbalzare. Si tuffò per
raggiungerlo e per poco non rovesciò il gelato sulla
trapunta color
panna.
Aprì
il messaggio con le sopracciglia corrugate, e le scappò una
risata
nervosa.
“Ascolta,
io ho provato cinque volte a scriverti un messaggio dolce, ma tanto
non sono capace. Però sei bellissima, i tuoi occhi mi fanno
tremare
le ginocchia e senza di te probabilmente sarei già
perso”.
Le
ventuno e sette minuti, diceva la sua sveglia, e probabilmente era un
po' troppo tardi per essere tristi.
Sorrise.
Non
ho tanto da dire, onestamente, se non che ho dovuto chieder consiglio
prima di pubblicare 'sta cosa, ché non mi convince tanto.
Però
insomma, ormai è qui. Spero non sia poi così
tanto orribile.
Fatemi
sapere qualcosa, se vi va, sennò mandatemi a farla
da Paolo e
basta, forse me lo merito.
Un
abbraccio,
Human_
(che ringrazia i suoi amici che le mandato messaggi
tanto bellini che non può fare a meno di scriverci qualcosa
intorno).
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