All
of my memories keep you near...
Nevicava…
Il cielo piangeva disperatamente
lacrime gelate. Ricopriva
il mondo di un candido, gelido dolore. Il paesaggio sembrava
annichilito da
quella coltre; solo qualche spoglio albero spiccava nella nebbia,
mostrando i gracili
rami nudi. Quella casetta
sperduta nella campagna sembrava un nido abbandonato, col legno
sbiadito, le
finestre rotte: un patetico rifugio che di certo non era in grado di
reggere
quel freddo che annullava il calore umano.
O forse…
Proprio quando la tempesta di neve
divenne più violenta, lei
apparve, fragile fiore appassito, pallida e vestita di bianco, quasi si
mimetizzava come una lepre albina tra i monti. Lei, ricoperta solo da
quella
veste, a piedi nudi, uscì da quella spoglia casa per
affrontare il Signor
Inverno, e sconfiggerlo. Al collo, l’unico monile che
esprimesse una delicata e
soffusa vitalità: una catenina d’oro, che
gelosamente racchiudeva ogni sua
memoria.
Lei, il cui corpo, appesantito dal
tempo, tremava al solo
contatto col mondo esterno, avanzò pian piano, lasciando che
i suoi piedi
affondassero nella neve, marchiandola con effimere impronte. Il cielo
plumbeo
la minacciava, sembrava annunciarle una fine miserabile, se avesse
osato
continuare in quell’impresa dal sapore folle. Lei lo
ignorò, semplicemente. Si allontanava
sempre di più dalla sua piccola dimora, un tempo ricca di
ogni gioia e gloria,
ora spoglia di tutto. Se ne allontanava, passo dopo passo, a poco a
poco,
inciampando, rialzandosi a fatica, respirando con
difficoltà, sfruttando quel
poco di ossigeno che i suoi polmoni riuscivano a trattenere. Quel
piccolo cuore
stanco batteva, testardo. Non si sarebbe fermato per nulla al mondo. Il
copro
urlava, implorava pietà, ma quel piccolo cuore ignorava
quegli arrendevoli
messaggi che gridavano “Basta!”.
Si fermò, dopo aver
percorso metri e metri di neve. Quanto
tempo era trascorso? 5 minuti? Un’ora? Un giorno? Il gelo
aveva forse congelato
anche il tempo?
Lo vide finalmente. Un albero alto,
il cui fatto di essere
senza foglie non lo rendeva meno imponente. Il legno, a differenza di
quella
donnina, non sembrava aver subito gli incessanti secondi che lo
attraversavano.
Quell’albero che l’aveva vista crescere, come un
padre amorevole, l’aveva
accompagnata nei suoi giochi mentre si nascondeva dietro di lui,
provava ad
arrampicarvisi, o semplicemente si accoccolava alla sua ombra nelle
calde
giornate d’estate. Quell’albero, che aveva visto lo
sbocciare di un amore.
Aveva visto quando lui e lei si incontrarono, per caso, alla ricerca di
un
posto grazioso in cui cercare ristoro. Era stato la cornice dei loro
umori, dei
loro abbracci, dei loro baci, della loro intimità. Al suo
ramo più robusto
erano legate delle corde che reggevano una sterile tavoletta di legno,
formando
quell’altalena in cui lui e lei avevano giocato, spingendosi
a vicenda.
Finalmente l’aveva trovato, il suo tesoro, l’unico
posto dove la sua giovinezza
riaffiorava nel suo animo. La vecchia contemplò
quell’altalena, quella
protagonista dei suoi giochi d’amore da ragazza. Vi si
avvicinò, sempre con movimenti
tremanti, privi di
alcun tipo di vigore.
Una mano esile afferrò una corda, e così fece
l’altra…la donna diede una lieve
spinta per sollevarsi, ma non riuscì subito ad accomodarsi
sulla sua altalena.
Tutti quei movimenti che da ragazza erano scattanti come battiti di
ciglia, ora
non erano altro che vane ed impossibili imprese. Determinata,
nonostante il
fisico ormai stesse per cedere, diede un’ulteriore spinta,
una terza, una
quarta…una misteriosa forza, forse dettata da quel cuore
rinvigorito dai ricordi,
le permise di riuscire a salirvi.
Il mondo iniziò ad
apparirle stranamente così …così
diverso…
Seduta lì, le gambe piegate, le mani strette alle due corde,
sentì di nuovo la
vitalità di quando era adolescente.
Inclinò delicatamente la testa, osservando con
sguardo malinconico i
fiocchi che scendevano dal cielo, leggeri, complici della loro stessa
fine. Una
leggerezza così innaturale…
Come per incanto, i fiocchi divennero
petali. Il cielo perse
il suo grigiore, trasformandosi in un’immensa distesa
azzurra. Uno splendore
nel quale si materializzarono, davanti ai suoi occhi, due
figure…
Due fanciulli giocavano, ricorrendosi
attorno ad un albero
così simile a quello in cui si trovava…Entrambi
avevano la testa coronata da
riccioli biondi, così splendenti da confondersi con i raggi
del sole. Lui,
quell’angelo dal viso roseo, e gli occhi azzurri, invitava la
fanciulla ad
accomodarsi su un’altalena, per poi spingerla, e darle
l’illusione di poter
accarezzare il cielo, lo sguardo brillante, come la catena
d’oro che portava al
collo…
Quale calore l’avvolse,
quale dolce torpore le inibiva i
sensi. Neppure lei
sapeva descriverlo.
Una lacrima le scivolò sul viso emaciato, per poi morire
sulle labbra sottili,
i cui angoli tendevano a formare un dolce sorriso. Chiuse gli occhi e
si lasciò
finalmente abbandonare a quella sensazione di puro benessere. Benedetta
dal
poter rivivere la sua fanciullezza, ancora una volta, trovò
la vera pace, il
vero calore, la vera gioia di vivere tra il freddo abbraccio della neve.
Note:
Questa storia l'ho
sognata. Sul serio. So che non è bellissima...ma mi sono
svegliata in lacrime. Giuro.
Il titolo è
preso da "Memories" dei Within Temptation. Nel sogno c'era questa
musica di sottofondo. Mi è sembrato giusto renderla
partecipe, in qualche modo.
Riconosco la pessima
qualità. Consigliate, se potete.
Grazie anche a chi ha
aperto questa storia solo per curiosità.
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